martedì 3 marzo 2009

Natale

Padre de Foucauld è stato una figura molto importante; si definiva il Fratello universale. E parecchie volte aveva scritto a sua sorella: «Ti ricordi i Natali della nostra infanzia? Mi hanno lasciato dei ricordi così dolci nel cuore. Prepara anche per i tuoi figli un bel Natale; così la loro vita si aprirà su un uni­verso di gioia, in quanto sarà un universo di carità». Io penso che questo fratello universale sia stato un bel modello per un'opera destinata a propagare la notte di Natale, a diffondere in questa notte un po' di gioia, di serenità e di pace. Nel 1945 avevo lanciato questo appello: «Natale, notte di speranza e festa dell'amore, per chi, per chi la vive­te? Per voi soltanto? O poveretti! Per i vostri cari? Benissimo, ma non è sufficiente. Natale deve essere un atto di amore universale. Grazie a voi, nel giorno di Natale, un vecchio non sarà più solo, un bimbo sorriderà... ». E poi ho chiesto che la gioia dei bambini, nel giorno di Natale, questa gioia radiosa, meravigliosamente innocente come il poverello nato in questo giorno e il cui amore doveva sconvolgere il mondo, io ho chiesto che questa gioia i bambini la condividano subito con gli altri, offrendo a un bambino povero uno dei giochi ricevuti; così anche i bambini poveri riceveranno subito la gioia del Natale. Perché è piuttosto scandaloso, a mio parere anche sacrilego, il fatto che la mattina di Natale ci siano bambini sovraccarichi di doni ed altri bambini che non possono fare altro che guardare i bambini carichi di doni. Nell'infanzia c'è un bisogno di giustizia e di fraternità che occorre risvegliare, far sbocciare, far fiorire. Mi ricordo, era il 24 dicembre 1948, mio Dio com'ero stanco! Tutto il giorno tra telefono, pacchi, visite lettere... Tutta la giornata era passata come in un sogno e io ne senti­vo tutto il peso. Non ero veramente stanco, è difficile che io lo sia, ma un po' stordito, da tutto quel movimento. Suonarono alla porta. Ho avuto un moto di impazienza, poi sono andato ad aprire. C'era un bimbetto pallido pallido, con due occhi che guardavano lontano, molto lontano, chissà cosa, guardavano cose che i grandi non riescono a vedere; mi tese una busta e poi scappò via. Chiusi la porta, la riaprii per riprenderlo, ma aveva già sceso le scale a precipizio, e la strada l'ave­va riassorbito. Aprii la busta; conteneva 25 franchi, poi c'erano scritte queste righe: «Signore, per amor di Dio, vogliate accetta da parte di un operaio nel suo sesto anno di malattia, questo modesto contributo, per non privarlo della gioia di donare nel giorno di Natale». Sono tornato nel mio ufficio. Vi tengo pure a portata di mano quella che io chiamo la «cartella blu»; è una cartella piena di carte insignificanti, coperte di scritture goffe, tutti gli errori di ortografia immaginabili vi si sono dati appuntamento; per questo per me è il tesoro più bello del mondo: è il «libro d'oro della carità ». Ho preso le ultime lettere ed ho letto: « Le mando cento franchi per il suo Natale, avrò un po' meno giochi, ma non importa, mi diverto lo stesso nella nostra fattoria, perciò posso fare a meno dei giochi». «Ti mando cento franchi che mi ha dato la mamma; ho sette anni; non siamo ricchi, ma è così bello fare regali ». «Aleth e Marie Francoise hanno ricevuto tre franchi ogni volta che hanno asciugato i piatti o pulito la verdura. Con questi soldi hanno comprato una bambola e ora la mandano per una bambina che non ha giochi ». «Ho cinque anni, la mamma non può mandarvi qualcosa, come faceva un tempo, allora io e mia sorella abbiamo preso nel nostro salvadanaio perché la mattina di Natale un bimbo come noi possa sorridere a Gesù Bambino per ringraziarlo». Dopo i piccoli, i grandi, i poveri, gli umili, gli sconosciuti, che sono i grandi del mondo. «In ricordo dei miei figli internati come me per motivi razziali, mia figlia, mia nipotina, mio genero deportati nel 1943, martirizzati e uccisi, mia moglie morta di dolore durante l'occupazione. Tutti questi ricordi spronano alla carità, nel loro ricordo le mando il mio contributo un assegno di mille franchi». «20 franchi. Vorrei avere il cuore abbastanza grande per racchiudervi tutta la miseria del mondo». «5 franchi. Perdoni questa offerta così modesta, ma mi sentirò veramente povero solo il giorno in cui, anche provandomi, non potrò più donare nulla». Ho richiuso la cartella e improvvisamente mi sono accorto che stavo cantando. Sono passati più di venti anni e quella canzone resta viva nel mio cuore, ed io ora so che non mi scoraggerò mai, che non perderò mai più la pazienza, anche alla fine di una giornata spossante, se suoneranno alla porta per la centesima volta perché, aprendola, spererò sempre di rivedere il bimbo, il piccolo bambino pallido pallido, con gli occhi che guardavano... ora so dove... ora so cosa... Il bambino di Natale è venuto a re­insegnarmi l'amore. Spesso durante tutta la mia vita ho detto: «Per fortuna che per i poveri ci sono i poveri». Perché sono soprattutto loro che mi hanno aiutato, che per primi mi hanno capito, sostenuto più di tutti gli altri, che più degli altri mi hanno voluto bene. Nel corso di questa mia vita errante, ho distribuito, prima ai lebbrosi, poi a tutti i lebbrosi del mondo - perché ci sono anche altre lebbre diverse dalla lebbra - ho distribuito, ricevuto e distribuito, circa tre miliardi di vecchi franchi. Ebbene per amore della verità devo dire che i tre quarti di questa somma sono state le persone più povere a darmeli; gente che talvolta li ha tolti dal necessario, per i quali questa offerta è stata un vero sacrificio. 

É stata carità vera. 

Buon Natale! 

Raoul Follereau (1893 - 1977), giornalista, filantropo e poeta francese 

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