venerdì 6 marzo 2009

La pecorella rubata

L'appropriazione della "roba" non è sottrazione ad altri quanto possesso proprio di ciò che attrae e diletta. Non voglio così dicendo formulare un giudizio sul furto, ma semplicemente indagare su i furtarelli dei ragazzi.
Un giorno, come per magia, fui attirato dalla vista di un coltello tascabile, nichelato e con il manico in osso.Se dovessi dire che cosa mi ripromettessi possedendolo non saprei assolutamente dirlo.
Io penso che fossi come ammaliato e stregato da quella vista.Gironzolai intorno al banco nella piazza del mercato. Più volte mi fermai per poi allontanarmi. E ogni volta tornavo all'ascolto. Una di queste lo presi in mano per ammirarlo, girandolo e rigirandolo, quasi mi scottasse. Dopo una mezz'ora mi feci di nuovo vivo deciso a tentare il colpo. La gente stava sfollando e i venditori ri ponevano svogliatamente la merce. Il coltellinaio si apprestava a caricare nel furgoncino le cassette e per questo andava indietro e avanti, voltando necessariamente le spalle. Con mossa fulminea allungai la mano, che all'ultimo istante sembrò incepparsi. Ci volle da parte mia un atto risoluto di volontà per costringerla a scattare.
Il piccolo oggetto fu agguantato. Ora non mi restava che andarmene.
Per non compromettere il risultato, mi trattenni ancora per qualche istante, durante il quale il venditore incrociò il mio sguardo. Occupato com'era nel suo lavoro, non si accorse del mio disagio. Lo interpretò come il desiderio inappagato di un ragazzo senza soldi. Abbozzò un sorriso e poi si volse. Fu in quel preciso momento che io mi dileguai.
Nascosi il coltello perché mia madre non lo scoprisse chiedendomi la provenienza. Dopo qualche giorno la febbre del coltello era passata e io dimenticai l'oggetto del mio furto.Prima di possederla una cosa crea in noi spasimo di desiderio; una volta ottenuta provoca non dico nausea e disgusto, ma indifferenza.
Una vera passione produsse in me una figurina in gesso del presepio.Per due anni almeno fui tentato di rubarla. Era una pecorella con il muso camita, direbbe il poeta Umberto Sala, posata sul muschio, isolata dal gregge, quasi appartata. Volendo l'avrei potuta agguantare. Solo che avevo una gran paura d'essere scoperto. La chiesa non era molto frequentata, specie durante i giorni feriali. Era molto buia e quell'oscurità sacra mi lasciava perplesso.Un giorno, dopo ripetuti tentativi andati a vuoto, entrai in chiesa con la risoluta volontà di perpetrare il mio furto. Andai diretto alla cappella laterale dove era stato allestito il presepio. Mi soffermai alquanto prima di decidermi. Mi guardai intorno per vedere che non ci fosse nessuno. Ero solo. Dalla sacrestia mi giungeva un rumore indistinto. Il sacrestano stava parlottando con qualche frate. La porta era socchiusa. Mi feci animo avvicinandomi più che potevo alla statuina. Era a portata di mano. Mi protesi in avanti e con celerità felina la carpii.
Tremava la bestiola. O ero io che tremavo tutto? La nascosi in una tasca e a passi svelti raggiunsi la porta della chiesa.Uscii di corsa senza voltarmi. La piazzetta era deserta. Mi sembrava di essere inseguito e che mille occhi mi guardassero dalle finestre. Era una suggestione, dalla quale non mi liberai che dopo aver guadagnato il vicolo di casa mia.
Sotto il portico tirai fuori la pecorella rimirandola a lungo.
E ora dove l'avrei nascosta? Nel mio presepio non potevo collocarla. Era troppo bella. I miei parenti mi avrebbero chiesto chi me l'avesse regalata. La riposi in un nascondiglio. Alla fine fui costretto a ucciderla. Con un martello la frantumai riducendola in tanti pezzi minuti. Quindi gettai i poveri resti nella terra di un campo.
Non mandò un lamento. Si lasciò uccidere senza emettere un belato.
Eppure i suoi occhi dolcissimi non posso scordarli. Mi fissa ancora, muta.

[ Il vecchio racconta... ]

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