domenica 28 febbraio 2010

L'apologo di Menenio Agrippa

Nel tempo in cui nell'uomo non regnava come ora una perfetta armonia fra tutte le parti, ma ogni membro aveva un suo particolare modo di pensare, un suo particolare modo di esprimersi, si sdegnarono le altre parti che tutto ciò ch'esse si procuravano con la loro attività, con la loro fatica, con la loro funzione andasse a vantaggio del ventre, mentre questo se ne stava tranquillo nel mezzo, e ad altro non pensava che a godersi i piaceri che gli venivano offerti.
Fecero dunque una congiura e convennero che le mani non portassero più cibo alla bocca, che la bocca rifiutasse quello che le veniva offerto, che i denti non masticassero quello che ricevevano. La conseguenza di questa ribellione fu che, mentre si proponevano di domare il ventre con la fame, non soltanto questo, ma insieme con esso anche le membra e tutto il corpo si ridussero a un estremo esaurimento.
Risultò quindi evidente che anche il ventre non se ne stava in ozio, ma aveva una sua funzione, e che non era nutrito più di quanto non nutrisse restituendo a tutte le parti del corpo, equamente distribuito per le vene, questo sangue cui dobbiamo la vita e le forze e che si forma con la digestione del cibo...

Tito Livio

Il vero sacrificio

Il «vero sacrificio» è il sacrificio di Cristo, ma comprende anche tutti gli atti di virtù che i cristiani offrono: lode di Dio, umiltà di cuore, contrizione, beneficenza, che, animati dalla carità, ci uniscono veramente a Dio...

La città di Dio, X
Agostino di Ippona (354 – 430), Vescovo, Santo

giovedì 25 febbraio 2010

Il mistero della gioia

“La tua legge, Signore, è la mia gioia!”

Il motivo della gioia sta nell'avere finalmente trovato il tesoro che conta, di fronte al quale si possono vendere tutti gli altri beni. Perché dunque essere tristi?

“Va' dove ti porta il cuore” non è soltanto il titolo di un fortunato romanzo; è ormai diventato l'emblema di un modo di pensare e di vivere. Non si chiede ad altri che cosa si possa o si debba fare, non si imita il giovane re Salomone che domanda a Dio di concedergli un cuore docile (1 Re 3, 5. 7 - 12), si ubbidisce al proprio cuore che talvolta è sinonimo di istinto, di passione e di egoismo. Il proprio io è sovrano, al punto che l'antico comandamento “non avrai altro Dio all'infuori di me” viene interpretato in modo blasfemo; si rischia di essere gli adoratori di se stessi. Idolatri, dunque, al di là delle intenzioni.

Dov’è il tuo tesoro, ivi è la tua gioia
Non così si comporta il devoto israelita di cui parla il salmo 118; gli viene spontaneo, davvero dal cuore, dire con tono di preghiera e di professione di fede: “La tua legge, Signore, è la mia gioia”. Nel colossale salmo sapienziale un'interminabile litania canta la lode della legge di Dio ossia della fedeltà del Signore che si china sulla sua creatura prediletta in un impeto di misericordia e di donazione. Di qui nasce la gioia: dall'essere certi che l'amore di Dio (declinato con varie espressioni: parola, promessa, legge, precetti, alleanza, giustizia, ognuna delle qui si trova in ciascuno dei 176 versetti del salmo) è un vero tesoro che nessuno potrà mai togliere. Del resto, si può ben essere certi che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stai chiamati secondo il suo disegno" (Romani 8,28).
È singolare il tema della gioia. Torna insistente nelle parole di Gesù quando presenta il suo Regno attraverso similitudini varie. Nel Vangelo di Matteo (13, 44 52) la gioia risulta essere l'atteggiamento dominante in coloro che cercano "il tesoro nascosto" o la perla preziosa o i tanti pesci raccolti in una rete a strascico. Il motivo della gioia sta nell'avere finalmente trovato il tesoro che conta, di fronte al quale si possono vendere senza tristezza tutti gli altri beni. La gioia è motivata, nasce dalle profondità del cuore dove non arrivano le emozioni superficiali.
Nel cuore dell'uomo sta il "mistero nascosto" ossia l'incredibile amore di Dio.

Il diavolo è triste
Chi ha riflettuto a lungo sulla gioia, "gigantesco segreto" dei cristiani è Georges Bernanos. Riesce interessante e puntuale la sua ricerca delle radici della gioia; puntuale in rapporto a molte tristezze che affiorano nei volti delle giovani generazioni (e non solo). Sono ragazzi e ragazze, immobili su un fantasioso muretto, che comunicano più noia e drammi che non l'allegra risata di un cuore appassionato. Perché essere tristi? Perché le nostre comunità cristiane non dispensano gioia, lasciando alle discoteche il privilegio di una gioia anche gridata: gioia bruciata purtroppo in poche ore?
Annota Bernanos: "Niente giustifica la tristezza; soltanto il diavolo ha ragioni per essere triste... Dal sentimento della propria impotenza il bambino trae umilmente il principio stesso della propria gioia... Saper cogliere la propria nella gioia degli altri è il segreto della felicità". Si tratta di pillole di sapienza, germinate nell'humus evangelico e coltivate con la pazienza di chi da un suo tesoro trae cose antiche e cose nuove. Non si gusta la gioia senza un appassionato abbandonarsi a colui che rinnova la nostra vita (salmo 118, 76 77). Quando il cuore si fa arido e non cerca più la sua fonte di gioia, non è più capace di donare gioia ad altri. Senza gioia la città è senza luce.

Pino Scabini, presbitero e teologo italiano

Desiderata

Procedi con calma in mezzo al fragore ed alla fretta.
Ricorda sempre quale pace può esserci nel silenzio.

Per quanto ti è possibile, senza arrenderti, sii sempre in buoni rapporti con il tuo prossimo.
Manifesta la tua verità con tranquillità e chiarezza; e presta ascolto agli altri, anche agli sciocchi e agli ignoranti: perchè anche essi hanno una loro storia.

Evita le persone rumorose ed aggressive: esse rappresentano delle irritazioni per lo spirito.
Non ti paragonare ad altri perchè potresti diventare vanitoso ed amaro, perchè esisteranno persone superiori e inferiori a te stesso.
Goditi sia i successi che i progetti.

Mantieniti sempre interessato alla tua carriera, per quanto umile questa sia: essa rappresenta una vera e propria ricchezza nelle mutevoli fortune del tempo.
Sii sempre cauto nei tuoi affari perchè il mondo è pieno di inganni.
Ma non lasciare mai che ciò ti renda cieco verso quello che è la virtù: molta gente lotta per degli alti ideali; e dovunque la vita è costellata di atti d'eroismo.

Sii sempre te stesso. In particolar modo non fingere affetto.
E non essere neppure cinico nei confronti dell'amore, in quanto, di fronte a tutte le aridità e le disillusioni, esso è eterno come l'erba.

Prendi benevolmente i consigli che ti derivano dall'esperienza degli anni e abbandona garbatamente le cose della giovinezza.
Alimenta continuamente la forza dello spirito per proteggerti nelle avversità improvvise. Ma non angustiarti con delle chimere.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.
Al di là di una sana disciplina, sii sempre garbato con te stesso.

Tu sei un figlio dell'universo, non meno di quanto lo siano gli alberi e le stelle: tu hai diritto di essere qui. E, ti sia chiaro o no, non c'è dubbio che l'universo prima o poi ti si aprirà come dovuto.

Perciò sii in pace con Dio, qualsiasi cosa tu creda Egli sia, e quali che siano i tuoi compiti e le tue aspirazioni, nella rumorosa confusione della vita mantieniti in pace con la tua anima.

Con tutte le sue falsità, le sue ingratitudini e i suoi sogni infranti, questo rimane pur sempre ancora un mondo meraviglioso. Sii prudente e fa' di tutto per essere felice.

Raccolta "Old St. Paul's Church, Baltimore, A.C. 1692", Frederick Kates ed., 1959

Max Ehrmann (1872 - 1945), poeta e scrittore statunitene

L'amore

Quando l'amore chiama, seguitelo
anche se ha vie sassose e ripide.
E quando vi parla credete in lui
benché la sua voce possa
disperdere i vostri sogni
come il vento del nord devasta il giardino.
Poiché come l'amore vi esalta così
vi crocifigge e come vi matura così vi poterà.
E vi consegna al suo sacro fuoco
perché voi siate il pane santo
della mensa di Dio.
Tutto ciò compie l'amore in voi
affinché conosciate il segreto del vostro cuore
e possiate diventare un frammento
del cuore della Vita.
L'amore non dà nulla fuorché se stesso
e non coglie nulla se non in se stesso.
L'amore non possiede
né vorrebbe essere posseduto
perché l'amore è sufficiente all'amore.
E non pensate di dirigere l'amore
perché se vi trova degni è lui che vi conduce.
L'amore non desidera che consumarsi!
Se amate davvero siano questi i vostri desideri:
destarsi all'alba con un cuore alato
e ringraziare per un altro giorno d'amore;
addormentarsi a sera
con una preghiera per l'amato nel cuore
e un canto di lode sulle labbra.

Khalil Gibran (1883 - 1931), poeta, pittore e filosofo libanese

Aforismi Storia

Il tempo, nel suo scorrere perpetuo e irresistibile, trascina via con sé tutte le cose create, e le sprofonda negli abissi dell'oscurità, siano esse azioni di nessun conto o, al contrario, azioni grandi e degne di essere celebrate, e pertanto, come dice il grande poeta tragico, "porta alla luce ciò che era nascosto e avvolge nell'oscurità ciò che è manifesto [Sofocle, Aiace]". Ma la storia è un valido argine contro il fluire del tempo, e in certo modo costituisce un ostacolo al suo flusso irresistibile, e afferrando con una salda presa quante più cose galleggiano sulla sua superficie, impedisce che scivolino via e si perdano nell'abisso dell'oblio. (Anna Comnena, Alessiade)

Non chiederti perché i tempi antichi erano migliori di quelli attuali: non è una domanda intelligente! (Bibbia, Qoelet 7,10)

Laudator temporis acti se puero [ lodatore del tempo passato, quando egli era fanciullo ]. (Orazio, Ars poetica, 173)
Per Orazio questa è una delle caratteristiche, veri e propri malanni, degli anziani che spesso parlano del tempo andato nel quale, a loro parere, tutto andava meglio rispetto al presente. "Laudatores teporis acti" sono i conservatori, i nostalgici e i tradizionalisti... cioè coloro che spesso non accettano novità e cambiamenti.

Ciò che l'esperienza e la storia insegnano è questo: che uomini e governi non hanno mai imparato nulla dalla storia, né mai agito in base a principi da essa edotti. (G.W. Friedrich Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia). [...in altre parole: Ciò che l’uomo ha imparato dalla storia è che dalla storia l’uomo non ha imparato niente! ]

Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato. (George Orwell)

La storia, ossia « ... scoprirvi all'opera in maniera misteriosa e umanamente inspiegabile la grazia di Dio». (Karl Rahner 1904 – 1984)

L'incomprensione del presente cresce fatalmente dall'ignoranza del passato. (Marc Bloch)

Trasportare ai secoli remoti tutte le idee del secolo in cui si vive, è la più feconda sorgente dell'errore. A quelle persone che vogliono rendere moderni gli antichi secoli io dirò quanto dissero a Solone i sacerdoti d'Egitto: "O Ateniesi, voi non siete che fanciulli" (Montesquieu, Lo spirito delle leggi, XXX, 15)

L'istruzione non è memorizzare che Hitler ha ucciso sei milioni di Ebrei. L'istruzione è capire come è stato possibile che milioni di persone comuni  fossero convinte che fosse necessario farlo. L'istruzione è anche imparare a riconoscere i segni della storia, se si ripete". (Noam Chomsky)

Non c'è futuro senza memoria. (Primo Levi)

Bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro. (Tucidide)
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Historia magistra vitae

La storia è vera testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità. – Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis. (Marco Tullio Cicerone)

La storia è maestra, ma non ha scolari. (Antonio Gramsci)

O la storia è una cattiva maestra. O i suoi alunni troppo asini. O entrambe le cose. (Stellario Panarello)

La storia è maestra di vita, ma chi ascolta ancora gli insegnanti?! (Tomislav Markovic)


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Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla. (Edmund Burke)


Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo. (George Santayana)

Chi non conserva la lezione ricevuta attraverso le esperienze della vita è inesorabilmente destinato a inciampare di nuovo in errori e fallimenti. (Gianfranco Ravasi)

Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo. (Primo Levi)



Preghiera del discepolo dell'amore

Signore Gesù,
Tu vieni a me come il Vivente,
che sovverte e inquìeta
i miei progetti e le mie difese.
Aiutarní, Ti prego,
a non crocifiggere Te sulla croce delle mie attese,
ma a crocifiggere le mie attese sulla Tua croce.
Aiutami a lasciarmi turbare da Te,
perché, rinnegando me stesso,
possa prendere la mia croce ogni giorno e seguirTi.
Tu sai che non so dirTi la parola dell'amore totale:
ma so elle anche il mio povero amore Ti basta,
per fare di me un discepolo fedele fino alla fine.
É l'umile amore che Ti offro:
prendilo, Signore, e di' ancora e in modo nuovo
la Tua parola per me: «Seguimi».
Allora, la mia vita si aprirà al futuro della Tua croce,
per andare non dove avrei voluto o sognato o sperato,
ma dove Tu vorrai per me, abbandonato a Te,
come il discepolo dell'amore e dell'attesa,
in una confidenza infinita.
Allora, non sarò più io a portare la croce,
ma sarà la Tua croce a portare me,
colmando il mio cuore di pace,
e i miei giorni di speranza e di amore.
Amen.

Bruno Forte, vescovo e teologo italiano

Tu sei tutto in tutti...

In definitiva sei pur sempre soltanto Tu e tutto in tutti..
Noi non siamo perché quanto di buono è in noi lo sei Tu,
mentre ciò che noi siamo non entra in questione.
Noi scompariamo di fronte a Te e non vogliamo essere null'altro
che il Tuo specchìo e la Tua finestra per i nostri fratelli.
Il nostro declino di fronte a te segna il Tuo elevarsi in noi,
il nostro sciogliersi in Te è il Tuo ingresso in noi.

Hans Urs Von Balthasar (1905 – 1988) presbitero gesuita e teologo svizzero

Amore, l’altro nome di Dio

Se vuoi vedere Dio, hai a disposizione l'idea giusta: Dio è amore. Quale volto ha l'amore? quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani? Nessuno lo può dire. Esso tuttavia ha i piedi, che conducono alla Chiesa; ha le mani, che donano ai poveri; ha gli occhi, coi quali si viene a conoscere colui che è nel bisogno; dice il salmo: Beato colui che pensa al povero ed all'indigente (Sal 40, 2). La carità ha orecchie e ne parla il Signore: Colui che ha orecchie da intendere, intenda (Lc 8, 8). Queste varie membra non si trovano separate in luoghi diversi, ma chi ha la carità vede con la mente il tutto e allo stesso tempo. Tu dunque abita nella carità ed essa abiterà in te; resta in essa ed essa resterà in te. È mai possibile, o fratelli, che uno ami ciò che non vede? Perché allora, quando si fa la lode della carità, vi sollevate in piedi, acclamate, date lodi? Che cosa vi ho mostrato? Vi ho forse mostrato alcuni colori? Vi ho messo innanzi oro e argento? Vi ho sottoposto delle gemme tolte da un tesoro? Che cosa di grande ho mostrato ai vostri occhi? Forse che il mio volto nel parlarvi si è mutato? Io sono qui in carne ed ossa, sono qui nella stessa forma in cui ho fatto il mio ingresso; anche voi siete qui nella stessa forma in cui siete venuti. Ma si fa la lode della carità e uscite in acclamazioni. Certamente i vostri occhi non vedono nulla. Ma come essa vi piace quando la lodate, così vi piaccia di conservarla nel cuore. Capite, o fratelli, ciò, che voglio dire: io vi esorto, per quanto il Signore lo concede, a procurarvi un grande tesoro. […] A voi vien fatto l’elogio dellacarità. Se essa vi piace, abbiatela, possedetela; non è necessario che facciate un furto a qualcuno, non è necessario che pensiate di comprarla. Essa è gratuita. Tenetela, abbracciatela: niente è più dolce di essa. Se di tal pregio essa è quando viene presentata a voce, quale sarà il suo pregio quando è posseduta?

Commento alla Prima Lettera di S. Giovanni (In Io. Ep. tr. 7, 10)

Agostino di Ippona (354 – 430), Vescovo, Santo

Una vita meravigliosa e incredibile!

I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano di un qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere di vita. La loro dottrina non è stata inventata per riflessione e indagine di uomini amanti delle novità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano.
Abitano in città sia greche che barbare, come capita, e pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, per ammissione di tutti, incredibile. Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il talamo.
Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi.
Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati. Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arricchiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza. Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia.
Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati ignominiosamente e ricambiano con l'onore. Pur facendo il bene, sono puniti come malfattori; e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. I giudei fanno loro guerra, come a gente straniera, e i pagani li perseguitano. Ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia.
In una parola i cristiani sono nel mondo quello che è l'anima nel corpo. L'anima si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il loro vero culto a Dio rimane invisibile.
La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all'anima, perché questa le impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria alcuna, solo perché questi si oppongono al male.
Sebbene ne sia odiata, l'anima ama la carne e le sue membra, così anche i cristiani amano coloro che li odiano. L'anima è rinchiusa nel corpo, ma essa a sua volta sorregge il corpo. Anche i cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma sono essi che sorreggono il mondo. L'anima immortale abita in una tenda mortale, così anche i cristiani sono come dei pellegrini in viaggio tra cose corruttibili, ma aspettano l'incorruttibilità celeste.
L'anima, maltrattata nei cibi e nelle bevande, diventa migliore. Così anche i cristiani, esposti ai supplizi, crescono di numero ogni giorno. Dio li ha messi in un posto così nobile, che non è loro lecito abbandonare.

Lettera a Diogneto, 5 - 6

Anonimo del II sec.

mercoledì 24 febbraio 2010

Il lento dardo della bellezza

La più nobile specie di bellezza è quella che non trascina a un tratto, che non scatena assalti tempestosi e inebrianti (una tale bellezza suscita facilmente nausea), ma che si insinua lentamente, che quasi inavvertitamente porta via con sé e che un giorno ci si ritrova davanti in sogno, ma che alla fine, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore, si impossessa di noi e ci riempie gli occhi di lacrime e il cuore di nostalgia. Di che abbiamo nostalgia alla vista della bellezza? Dell'essere belli: ci immaginiamo che molta felicità debba andare a ciò congiunta. Ma questo è un errore.

Umano, troppo umano

Friedrich Nietzsche (1844 – 1900), filosofo e scrittore tedesco

lunedì 22 febbraio 2010

Il rovescio dell'arazzo

Per spiegare il perchè di molte cose che nel mondo appaiano sbagliate e incomprensibili, Padre Pio usò l'esempio di una mamma che tesse un arazzo. La donna è intenta a tessere l'arazzo al telaio, quando il figlio le chiede il perchè di tanta fatica per un arazzo così brutto. Il bambino aveva ragione, quello che lui vedeva in realtà era una bruttura: una marea di fili, di intrecci di ordito e trama. Che confusione! Poi la mamma prese in braccio il bambino e gli fece vedere il lavoro dall'alto, nel verso diritto e non rovescio come vedeva il bambino dal basso. Ed ecco che ordito e trama si univano assieme per formare un lavoro stupendo.
Noi siamo abituati a guardare il rovescio dell'arazzo, Dio guarda la parte davanti...

domenica 14 febbraio 2010

Nel momento in cui chiuderò gli occhi...

Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l’uomo immortale, per l’immortalità, secondo la sua natura l’ha creato. Dentro di noi, quindi, c’è già l’immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell’abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura.
Pane Quotidiano, Novembre - Dicembre 2007
Oreste Benzi (1925 - 2007), prete cattolico

mercoledì 10 febbraio 2010

Poté di più colei che più amò

Scolastica, sorella di san Benedetto, consacratasi a Dio fin dall'infanzia, era solita recarsi dal fratello una volta all'anno. L'uomo di Dio andava incontro e lei, non molto fuori della porta, in un possedimento del monastero.
Un giorno visi recò secondo il solito, e il venerabile suo fratello le scese incontro con alcuni suoi discepoli. Trascorsero tutto il giorno nelle lodi di Dio e in santa conversazione. Sull'imbrunire presero insieme il cibo.
Si trattennero ancora a tavola e, col protrarsi dei santi colloqui, si era giunti a un'ora piuttosto avanzata. La pia sorella perciò lo supplicò, dicendo: «Ti prego, non mi lasciare per questa notte; ma parliamo fino al mattino delle gioie della vita celeste». Egli le rispose: «Che cosa dici mai, sorella? Non posso assolutamente pernottare fuori del monastero».
Scolastica, udito il diniego del fratello, poggiò le mani con le dita intrecciate sulla tavola e piegò la testa sulle mani per pregare il Signore onnipotente. Quando levò il capo dalla mensa, scoppiò un tale uragano con lampi e tuoni e rovesciò di pioggia, che né il venerabile Benedetto, né i monaci che l'accompagnavano, poterono metter piede fuori dalla soglia dell'abitazione, dove stavano seduti.
Allora l'uomo di Dio molto rammaricato cominciò a lamentarsi e a dire: «Dio onnipotente ti perdoni, sorella, che cosa hai fatto?». Ma ella gli rispose: «Ecco, ho pregato te, e tu non hai voluto ascoltarmi; ho pregato il mio Dio e mi ha esaudita. Ora esci pure, se puoi; lasciami e torna al monastero».
Ed egli che non voleva restare lì spontaneamente, fu costretto a rimanervi per forza.
Così trascorsero tutta la notte vegliando e si saziarono di sacri colloqui raccontandosi l'un l'altro le esperienze della vita spirituale.
Non fa meraviglia che Scolastica abbia avuto più potere del fratello. Siccome, secondo la parola di Giovanni, «Dio è amore», fu molto giusto che potesse di più colei che più amo.
Ed ecco che tre giorni dopo, mentre l'uomo di Dio stava nella cella e guardava al cielo, vide l'anima di sua sorella, uscita dal corpo, penetrare nella sublimità dei cieli sotto forma di colomba. Allora, pieno di gioia per una così grande gloria toccatale, ringraziò Dio con inni e lodi, e mandò i suoi monaci perché portassero il corpo di lei al monastero e lo deponessero nel sepolcro che aveva preparato per sé.
Così neppure la tomba separò i corpi di coloro che erano stati uniti in Dio, come un'anima sola.

Dialoghi, Lib. 2, 33 (PL 66, 194-196)

Gregorio Magno (540 - 604), papa e santo

martedì 9 febbraio 2010

Nessuno sa cosa sia la morte

Nessuno sa cosa sia la morte e se essa non sia il maggiore di tutti i beni; e invece gli uomini ne hanno paura, come se sapessero bene che essa è il più grande dei mali.

Platone (427 - 347 a.C.), filosofo greco

L'ottimismo

L'essenza dell'ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, il futuro lo rivendica a sé.

Dietrich Bonhoeffer (1906 - 1945), pastore e teologo tedesco

lunedì 8 febbraio 2010

Hai ragione tu!


Il David di Michelangelo è l’opera scultorea più famosa e conosciuta al mondo. Realizzata tra il 1501 e l’inizio del 1504, è stata definita da molti artisti e storici dell’arte l’oggetto artistico più bello che sia stato mai creato dall’uomo.
Si racconta che, ad opera quasi ultimata, Piero Soderini, gonfaloniere della Repubblica Fiorentina, si recò da Michelangelo ad ammirare la statua. Dopo averla a lungo osservata con interesse, si rivolse al maestro dicendo che a parer suo, il naso del David era troppo grande. Michelangelo afferrò allora un pugno di polvere di marmo e uno scalpello con cui fingere di correggere il presunto errore. Un po' alla volta fece cadere la polvere dalla mano, chiedendo poi il parere del gonfaloniere, il quale soddisfatto, dichiarò finalmente la perfezione dell'opera!

sabato 6 febbraio 2010

Più si è uniti al prossimo, più si è uniti a Dio

Immaginate che il mondo sia un cerchio, che al centro vi sia Dio e che i raggi siano le differenti maniere di vivere degli uomini. Quando coloro che, desiderando avvicinarsi a Dio, camminano verso il centro del cerchio, essi si avvicinano anche gli uni agli altri oltre che verso Dio. Più si avvicinano a Dio, più si avvicinano gli uni agli altri. E più si avvicinano gli uni agli altri, più si avvicinano a Dio. ....così è la carità.
Istruzioni VI, 78
Doroteo di Gaza (? – 560 c.a.), monaco e scrittore bizantino, santo

La paura bussò alla porta

La paura bussò alla porta. La fede andò ad aprire. Non c’era nessuno.

La forza di amare

Martin Luther King Jr. (1929 - 1968), pastore protestante, politico e attivista statunitense

venerdì 5 febbraio 2010

Testamento di Davide

Sentendo avvicinarsi il giorno della sua morte, Davide fece queste raccomandazioni al figlio Salomone: "Io me ne vado per la strada di ogni uomo sulla terra. Tu sii forte e mostrati uomo. Osserva la legge del Signore tuo Dio, procedendo nelle sue vie ed eseguendo i suoi statuti, i suoi comandi, i suoi decreti e le sue prescrizioni, come sta scritto nella legge di Mosè, perché tu riesca in ogni tua impresa e in ogni tuo progetto, perché il Signore attui la promessa che mi ha fatto quando ha detto: "Se i tuoi figli nella loro condotta si cureranno di camminare davanti a me con lealtà, con tutto il cuore e con tutta l’anima, sul trono d’Israele siederà sempre uno dei tuoi discendenti".

1 Re 2, 1 - 4