venerdì 27 novembre 2015

Il parroco sbaglia sempre

Se il parroco ha un volto gioviale: «È un ingenuo».
Se è pensoso: «È un eterno insoddisfatto».
Se è bello: «Perché non si è sposato?».
Se è brutto: «Nessuno l’ha voluto!».
Se va all’osteria: «È un beone».
Se sta in casa: «È un asceta sdegnoso».
Se va in borghese: «È un uomo di mondo».
Se veste con la tonaca: «È un conservatore».
Se parla con i ricchi: «È un capitalista».
Se sta con i poveri: «È un comunista».
Se è grasso: «Non si lascia mancar niente».
Se è magro: «È un avaro».
Se cita il Concilio: «È un prete moderno».
Se parla di catechismo: «È un tridentino».
Se fa una predica lunga più di 10 minuti: «È un parolaio».
Se fa una predica corta: «Non sa cosa dire».
Se alla predica alza la voce: «Grida e si arrabbia con tutti».
Se parla con tono normale: «Non si capisce niente».
Se possiede una macchina: «È mondano».
Se non ce l’ha: «Non segue il tempo».
Se visita i parrocchiani: «Gironzola e ficca il naso nelle loro cose».
Se sta in canonica: «Ama il distacco e non va mai a visitare i suoi parrocchiani».
Se chiede delle offerte: «È avido di denaro».
Se non organizza delle feste: «La parrocchia è morta».
Se trattiene i penitenti a lungo in confessionale: «Dà scandalo» o: «È interminabile».
Se nel confessionale è svelto: «Non ascolta i penitenti».
Se comincia puntualmente la Messa: «Il suo orologio è avanti».
Se ritarda appena un po’: «Fa perdere tempo a tutti».
Se fa restaurare la Chiesa: «Fa spreco di denaro».
Se non lo fa: «Lascia andare tutto alla malora».
Se parla con una donna, si pensa subito di costruire un romanzo rosa.
Se vuol bene alla gente: «È perché non la conosce...».
Se è giovane: «È senza esperienza».
Se è vecchio: «È ora che se ne vada in pensione».
E...... se va altrove, in missione o se muore...: chi lo potrà sostituire...?
Come è facile criticare: ...ma quanti al Prete danno una mano...?

giovedì 19 novembre 2015

Quel grande mistero di Dio

“Io ho sempre sentito e sento la mancanza di fede come una profonda ingiustizia che toglie alla mia vita, ora che ne sono al rendiconto finale, ogni senso. Se è per chiudere gli occhi senza aver saputo di dove vengo, dove vado, e cosa sono venuto a fare qui, tanto valeva non aprirli”

Indro Montanelli (1909 - 2001) è stato uno dei giornalisti più noti e più amati dal pubblico italiano. Reporter di guerra, polemista, scrittore, saggista, è stato autore della fortunata serie della «Storia d'Italia» scritta in collaborazione con R. Gervaso, nel suo stile demitizzante e anticonformista.
Quando parla, lui laicista convinto, della sua fede cristiana, ha accenti che fanno pensare. Nel dibattito laici-cattolici aperto da E. Scalfari su La Repubblica, un lettore gli aveva rivolto un invito originale:

«Caro Montanelli, perché non ha mai scritto, trattato e analizzato il problema religioso? Non può abbandonare per un po' la politica, la cronaca, i personaggi, la storia e dare un po' di spazio al problema principale?».
Con la consueta sincerità, Indro risponde: «A Lei posso dire che evito di parlare di questo problema in pubblico prima di tutto per una sorta di pudore, e poi perché non ho soluzioni da offrire. Di questo però non mi faccio un tormento come il mio povero amico Augusto Guerriero, che morì disperato di non aver trovato la Fede ("Venire dal nulla, operare nel nulla per tornare nel nulla: sarebbe questo il senso della vita?" mi ripeteva). E non me ne faccio neppure un furore, come l'altro mio grande amico, Prezzolini, che della sua mancanza di fede dava la colpa a Dio che non gliela aveva concessa... A me, la mancanza di fede dà soltanto una grande malinconia. Sento che mi manca la cosa più importante, quella che renderebbe secondarie tutte le altre, compresa la stessa vita. Ma so anche che non posso trovarla battendo la strada della Ragione, che inutilmente aveva battuto Guerriero, né quella della Passione che seguiva Prezzolini. La fede, mio caro amico, è una Grazia. E io non posso credere che il Signore, se c'è, sia tanto ingiusto da concederla o negarla a suo piacimento, come sostengono Lutero e Calvino.
Si contenti di questo, caro amico. Lei deve avere press'a poco la mia età alla quale chi non si pone le tre domande fondamentali: di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare, vuol dire che non è un uomo, cioè un animale che solo il dubbio esistenziale distingue da tutti gli altri animali. E tanti saluti ai suoi nipoti e bisnipoti. Ma dia retta a me, di queste cose non gliene parli».
«...tanto valeva non aprirli»
Il discorso di Montanelli provocò altri interventi dei lettori. Tanto che Indro lo riprendeva: «Io ho sempre sentito la mancanza di fede e la sento come una profonda ingiustizia che toglie alla mia vita, ora che sono al rendiconto finale, ogni senso. Se è per chiudere gli occhi senza aver saputo di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare qui, tanto valeva non aprirli. La mia è soltanto una dichiarazione di fallimento» (Corriere della Sera, 28 febbraio 1996).
Malinconia, fallimento. Ma Indro va oltre, sollecitato dal dibattito che gli ha preso la mano. E a un lettore che l'aveva qualificato come ateo, Montanelli seccato risponde: «Io non mi considero affatto ateo e non capisco come si possa esserlo. La nostra vita, il Mondo, il Creato, l'Esistente devono pure avere un perché che la mia mente e la mia ragione non riescono a spiegarmi. Ed è là dove mente e ragione finiscono - e finiscono purtroppo presto - che per me comincia il Grande Mistero di Dio, che Dio non mi ha dato i mezzi per capire.

Per Lei evidentemente Dio non è affatto un Mistero perché, da buon cattolico, accetta come Verità quella "rivelata" dalla Chiesa. lo la invidio, ma non riesco a seguirla perché mi manca la Fede in quella rivelazione, come in quelle di tutte le altre religioni e confessioni. So che morrò senza aver trovato risposta alle tre più importanti domande della nostra vita: di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare: il che mi dà, quando ci penso (e ci penso sempre più spesso) un senso di disperazione. Ma non posso giocare a rimpiattino con me stesso, tanto meno con Dio, fingendo una fede che non ho...».

giovedì 5 novembre 2015

Quanno me sento solo



Quann'ero ragazzino, mamma mia
me diceva: "Ricordate, fijolo, 
quanno te senti veramente solo
tu prova a recità 'n'Ave Maria.

L'anima tua da sola spicca er volo
e se solleva come pe' maggìa".
Ormai so'vecchio, er tempo m'è volato,
da un pezzo s'è addormita la vecchietta,
ma quer consijo nun l'ho mai scordato.

Come me sento veramente solo
io prego la Madonna benedetta
e l'anima da sola pija er volo.

Trilussa - Carlo Alberto Salustri (1871 – 1950), poeta italiano