giovedì 27 settembre 2018

O Dio, mandaci dei matti!


O Dio, mandaci dei matti,
di quelli che siano capaci di esporsi,
di quelli che siano capaci di scordarsi di loro stessi,
di quelli che sappiano amare con opere e non con parole,
di quelli che siano totalmente a disposizione del prossimo.

A noi mancano matti, o Signore,
mancano temerari, appassionati,
persone capaci di saltare nel vuoto insicuro,
sconosciuto e ogni giorno più profondo della povertà;
di quelli che sono capaci di guidare la gente
senza il desiderio di utilizzarla come sgabello per salire loro;
di quelli che non utilizzano il prossimo per i loro fini.

Ci mancano questi matti, o mio Dio!
Matti nel presente, innamorati di una vita semplice,
liberatori del povero, amanti della pace,
liberi da compromessi, decisi a non tradire mai,
disprezzando le proprie comodità o la propria vita,
totalmente decisi per l'abnegazione,
capaci di accettare tutti i tipi di incarichi,
di andare in qualsiasi luogo per ubbidienza,
e nel medesimo tempo liberi, obbedienti,
spontanei e tenaci, allegri, dolci e forti.

Dacci questo tipo di matti, o mio Signore.

Louis Joseph Lebret (1897-1966) presbitero domenicano, sociologo e filosofo francese

martedì 25 settembre 2018

Il Dio in cui non credo


Non credo nel Dio della “pura ragione”: non merita fiducia e non è sufficiente. Si può credere in Dio attraverso la riflessione filosofica, ma non giungere alla FEDE in Dio, cioè a considerare Dio come riferimento delle proprie decisioni, per giungere a conoscere e ad amare in un modo nuovo. Se non scopri che c’è un Dio che ti ama e che ti consente di giungere a una forma nuova di vita a che ti serve?

Non credo nel Dio che opera nella creazione e nella storia intervenendo, modificando le situazioni, completando le creature, rimettendo in funzione i meccanismi della creazione e della storia quando si inceppano. L’azione di Dio è un’azione creatrice che offre possibilità, che alimenta il processo, ma che non si sostituisce mai alle creature, proprio perché fa esistere ed operare le creature. […] Dio è provvidente non nel senso che risolve tutti i problemi, ma nel senso che, ovunque l’uomo si venga a trovare, il suo amore è tale che può condurlo al suo compimento. Dio non può risolvere alcun problema storico se non ci sono creature che, aprendosi alla sua azione, indicano e realizzano la soluzione. Il “dio tappabuchi” non può essere il Dio della fede.

Non credo nel Dio che punisce i peccati, che manda le pestilenze per far ravvedere gli uomini. Per moltissimo tempo si è pensato così.

Non credo nel Dio che cambia atteggiamento per la preghiera degli uomini. Come se noi pregando sollecitassimo Dio a fare qualcosa di nuovo. È una pretesa insensata, un modello antropomorfico. La preghiera ha un grande valore perché mette in moto in noi dinamiche di novità e di cambiamento, non perché modifica l’atteggiamento di Dio […] ma perché noi accogliamo la sua azione in modo molto più profondo e ricco.

Non credo in un Dio che può fare le cose perfette dall’inizio perché la creatura è tempo e può accogliere il dono solo a frammenti, nella successione. Dio è eterno, è pienezza di vita, è perfezione compiuta, ma la creatura è tempo e non può accogliere l’offerta divina tutta in un solo istante. Non ci può essere una creatura perfetta all’inizio. Nella prospettiva evolutiva si capisce bene che Dio alimenta il processo continuamente, cioè la creazione continua tuttora. Il compimento è il traguardo del cammino, la perfezione piena è solo alla fine.

Non credo nel Dio che vuole la riparazione del male attraverso la croce di Cristo o per mezzo di coloro che si uniscono alla sua sofferenza. Dio non vuole che gli uomini siano nel dolore, e quando qualcuno soffre Dio è dalla sua parte per sostenerlo nel suo cammino, perché possa giungere ad amare anche in quella condizione. I santi che hanno attraversato grandi sofferenze si sono santificati per l’amore a cui sono pervenuti. Lo stesso Gesù è giunto ad un amore supremo sulla croce e per questo è risorto. Amando Gesù ci ha salvato: è redentore non perché ha sofferto, ma perché la sofferenza è stata l’ambito in cui l’amore è fiorito in forme sublimi.

Non credo al Dio che parla all’uomo con parole umane. Dio parla nel silenzio perché non pronuncia parole umane, bensì divine, per noi silenziose. La sua Parola però alimenta la nostra vita come forza creatrice. Il contatto con Lui ci rigenera. Ma questo contatto non diventa parola, non diventa idea, non diventa immagine, bensì diventa esperienza vitale, evento di storia. Quando diciamo che la Scrittura è “parola di Dio” dobbiamo intendere la formula in senso analogico cioè di relazione. La Parola è quella forza di vita che ha suscitato gli eventi di salvezza, narrati dagli uomini secondo i modelli con cui li hanno vissuti e interpretati, e trascritta secondo i modelli culturali del tempo. Il processo che ci consente di cogliere il senso della Parola è rivivere le esperienze di fede che hanno caratterizzato l’evento narrato, coglierne la trama divina, e percepire nel silenzio la presenza che le ha rese possibili.

Non credo nel Dio del Progetto intelligente (Intelligent Design) come lo presentano i gruppi statunitensi che si battono per introdurre nelle scuole l’insegnamento alternativo all’evoluzionismo neo-darwinista. Il Dio della fede non è semplicemente il Dio delle origini ma del processo nella sua interezza. Le cause dei processi cosmici sono imperfette e il male accompagna sempre lo sviluppo della vita sulla terra. Il caos e la complessità caratterizzano molti eventi, perché Dio non interviene con azioni puntuali nelle situazioni della storia. L’azione divina in ogni circostanza offre molte possibilità per cui la casualità ha una parte importante nel divenire cosmico e negli eventi della storia. Il progetto salvifico si può realizzare anche attraverso fallimenti, vicoli ciechi, eventi casuali e imprevedibili che costellano il cammino evolutivo.

Don Carlo Molari, presbitero e teologo cattolico italiano