martedì 30 giugno 2009

Nelle tue mani, o Dio





Mi abbandono, o Dio, nelle tue mani.
Gira e rigira quest'argilla,
come creta nelle mani del vasaio.
Dalle una forma e poi spezzala, se vuoi.
Domanda, ordina, cosa vuoi che io faccia?
Innalzato, umiliato, perseguitato,
incompreso, calunniato, sconsolato,
sofferente, inutile a tutto,
non mi resta che dire,
sull'esempio della tua Madre:
«Sia fatto di me secondo la tua parola».
Dammi l'amore per eccellenza,
l'amore della croce,
ma non delle croci eroiche
che potrebbero nutrire l'amor proprio,
ma di quelle croci volgari,
che purtroppo porto con ripugnanza...
Di quelle croci che si incontrano
ogni giorno nella contraddizione,
nell'insuccesso, nei falsi giudizi,
nella freddezza, nel rifiuto
e nel disprezzo degli altri,
nel malessere e nei difetti del corpo,
nelle tenebre della mente
e nel silenzio e aridità del cuore.
Allora solamente Tu saprai che Ti amo,
anche se non lo saprò io,
ma questo mi basta.

John Fitzgerald Kennedy, politico, (1917 - 1963)

giovedì 11 giugno 2009

Chi è contento di come ha vissuto?

Com'è che nessuno si accontenta del mestiere che si è scelto o che si è trovato tra i piedi per caso e loda invece chi ne fa uno diverso dal suo? «Fortunati i mercanti» dice il soldato, appesantito dagli anni, a cui le lunghe fatiche hanno rotto le ossa. Il mercante, a sua volta, appena i venti del sud scuotono la nave, scopre che è meglio la vita del soldato: «Che vuoi che sia? È un momento; si va all'assalto e capita una morte rapida o una bella vittoria». L'avvocato, quando un cliente bussa alla sua porta prima che il gallo canti, invidia il contadino. Quest'altro che ha dato cauzione in tribunale e arriva in città, tirato per i capelli fuori dalla sua campagna, giura che sono felici soltanto quelli che vivono nell'urbe. Esempi del genere ce ne sono tanti da stancare anche un chiacchierone come Fabio [1]. Per non farla lunga, ecco dove voglio arrivare. Mettiamo che un dio dicesse «Son qui per fare quel che volete: tu che eri soldato sarai mercante e tu, avvocato, contadino; scambiate i mestieri e andatevene, voi di qua, voi di là. Siete ancora qui?» Non ci stanno più; eppure avrebbero la possibilità di essere felici. Perché allora Giove non dovrebbe a ragione arrabbiarsi con loro e sbuffare gonfiando le guance, dicendo che da ora in poi non sarà più tanto facile a dar retta ai loro desideri? [...]
Torno al punto in cui ho fatto questa digressione, cioè: come mai nessuno (è il caso dell'avaro) sia contento di sé e lodi piuttosto chi segue una strada diversa. Si strugge se la capra degli altri ha le tette più gonfie; non si paragona mai alla folla tanto più grande quelli che hanno meno di lui; struscia per superare questo e quello e, per quanto corra, si trova sempre davanti uno più ricco. Così, quando i carri balzano fuori dai cancelli e i cavalli li fanno filare, l'auriga spinge i suoi addosso a quelli che precedono e non si cura di chi ha già sorpassato e procede tra gli ultimi. Per questo succede che di rado si possa trovare uno che si dichiara contento di come ha vissuto e, esaurito il tempo della vita, si ritiri come il convitato che è sazio. Ho già detto abbastanza. Non voglio che tu pensi che ho vuotato i cassetti del cisposo Crispino[2] e non aggiungerò più una parola.
Satire, I (Trad. di Renato Ghiotto)
Orazio (Quinto Orazio Flacco), poeta e scrittore (65 a.C. – 8 a.C.).

NOTE
1) Secondo Porfirione, Fabio Massimo Narbonese scrisse interminabili libri di filosofia morale, presumibilmente pieni di paragoni ed esempi. Il riferimento al grammatico latino Pomponio Porfirione (sec. in d.C.) è inevitabile, perché egli scrisse un commento a Grazio per uso delle scuole. Le sue interpretazioni sono spesso congetturali; per quanto vissuto in un'epoca relativamente vicina a quella dell'autore che studia, egli disponeva di strumenti critici inadeguati.
2) Plozio Crispino, filosofo stoico, che soffriva di congiuntivite come Grazio. Scrittore e predicatore diluviale.

Fahrenheit 451: ...un libro è un fucile carico nella casa del tuo vicino

«Consideriamo ora le minoranze in seno alla nostra civiltà. Più numerosa la popolazione, maggiori le minoranze. Non pestare i piedi ai cinofili, ai maniaci dei gatti, ai medici, agli avvocati, ai mercanti, ai pezzi grossi, ai mormoni, battisti, unitari, cinesi della seconda generazione, oriundi svedesi, italiani, tedeschi, nativi del Texas, brooklyniani, irlandesi, oriundi dell'Oregon o del Messico. I personaggi di questo libro, di questa commedia, di questo programma della TV non rappresentano il menomo riferimento o allusione a reali pittori, cartografi, meccanici di qualsiasi città o paese. Più vasto il mercato, Montag, meno le controversie che ti conviene comporre, ricordalo! Tutte le minoranze, fino alle infime, vanno tenute bene, col loro bagnetto ogni mattina. Scrittori, la mente pullulante di pensieri malvagi, chiudono a chiave le loro macchine per scrivere. Tutto questo è avvenuto! Le riviste periodiche divennero un gradevole miscuglio di tapioca alla vainiglia. I libri, così i critici, quei maledetti snob, avevano proclamato, erano acqua sporca da sguatteri. Nessuna meraviglia che i libri non si vendessero più, dicevano i critici; ma il pubblico, che sapeva ciò che voleva, con una felice diversione, lasciò sopravvivere libri e periodici a fumetti. Oltre alle riviste erotiche a tre dimensioni, naturalmente. Ecco, ci siamo, Montag, capisci? Non è stato il Governo a decidere; non ci sono stati in origine editti, manifesti, censure, no! ma la tecnologia, lo sfruttamento delle masse e la pressione delle minoranze hanno raggiunto lo scopo, grazie a Dio! Oggi, grazie a loro, tu puoi vivere sereno e contento per ventiquattr’ore al giorno, hai il permesso di leggere i fumetti, tutte le nostre care e vecchie confessioni con i bollettini e i periodici commerciali». «D'accordo, ma, e i vigili del fuoco?» disse Montag.
«Ah» Beatty si sporse in avanti, nella nebbia fumosa esalata dalla pipa. «È la cosa più logicamente conseguente, che diamine! A misura che le scuole mettevano in circolazione un numero crescente di corridori, saltatori, calderai, malversatori, truffatori, aviatori e nuotatori, invece di professori, critici, dotti e artisti, naturalmente il termine "intellettuale" divenne la parolaccia che meritava di diventare. Si teme sempre ciò che non ci è familiare. Chi di noi non ha avuto in classe, da ragazzoni, il solito primo della classe, il ragazzo dalla intelligenza superiore, che sapeva sempre rispondere alle domande più astruse mentre gli altri restavano seduti come tanti idoli di legno, odiandolo con tutta l'anima? Non era sempre questo ragazzine superiore che sceglievi per le scazzottature e i tormenti del doposcuola? Per forza! Noi dobbiamo essere tutti uguali. Non è che ognuno nasca libero e uguale, come dice la Costituzione, ma ognuno vien fatto uguale. Ogni essere umano a immagine e somiglianza di ogni altro dopo di che tutti sono felici, perché non ci sono montagne che ci scoraggino con la loro altezza da superare, non montagne sullo sfondo delle quali si debba misurare la nostra statura! Ecco perché un libro è un fucile carico nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l'arma. Castriamo la mente dell'uomo. Chi sa chi potrebbe essere il bersaglio dell'uomo istruito? Cosicché, quando le case cominciarono a essere costruite a prova di fuoco, non c'è più stato bisogno di vigili del fuoco, dei pompieri, che spegnevano gli incendi coi loro getti d'acqua. Furono assegnati loro i nuovi compiti, li si designò custodi della nostra pace spirituale, il fulcro della nostra comprensibile e giustissima paura di apparire inferiori; censori, giudici, esecutori. Tu, Montag, sei tutto ciò, io sono tutto ciò». La porta del salotto si aprì e Mildred apparve sulla soglia, vi rimase immobile a guardare Beatty e poi Montag. Alle sue spalle le pareti erano inondate di fuochi d'artificio verdi, gialli e arancione, che scoppiettavano ed esplodevano in un musica composta quasi completamente di tamburi, tam-tam e piatti. Le labbra della donna si muovevano, dato che ella stava dicendo qualche cosa, ma la musica non faceva intendere nulla.
Beatty battè la pipa nel palmo della mano rosea, osservò la cenere come se fosse un simbolo da studiarsi per diagnosticarne un significato riposto. «Devi ricordarti che la nostra civiltà è così vasta che non possiamo permettere alle nostre minoranze di essere in uno stato di turbamento e agitazione. Domandatelo anche tu: che cosa ci preme, in questo paese, avanti e soprattutto? Gli esseri umani vogliono la felicità, non è vero? Non è quello che sentiamo dire da quando siamo al mondo? Voglio un po' di felicità, dice la gente. Ebbene, non l'hanno forse? Non li teniamo in continuo movimento, non diamo loro ininterrottamente svago? Non è per questo che in fondo viviamo? per il piacere e i più svariati titillamenti? E tu non potrai negare che la nostra forma di civiltà non ne abbia in abbondanza, di titillamenti...» «Non lo nego affatto».
Montag potè leggere dal movimento delle labbra quello che Mildred gli stava dicendo di sulla soglia; ma cercò di non guardarle la bocca, onde anche Beatty non avesse a voltarsi e leggere a sua volta quello che le labbra della donna dicevano. «La gente di colore non ama Little Black Sambo. Diamolo alle fiamme. I bianchi si sentono a disagio nei riguardi della Capanna dello Zio Tom. Diamo anche quello alle fiamme. Qualcuno ha scritto un libro sul tabacco e il cancro dei polmoni? I fabbricanti e i fumatori di sigarette piangono? Alle fiamme il libro! Serenità, Montag. Pace, Montag. Le tue battaglie combattile in sordina. Meglio ancora, buttale nel forno crematorio. I funerali sono dolorosi e pagani? Annulliamo anche i riti funebri. Cinque minuti dopo la sua morte, un individuo è già a bordo d'uno degli elicotteri per il servizio rapido di trasporto delle salme ai crematoi di tutta la nazione. Dieci minuti dopo la sua morte, lo stesso individuo non è che un granello di polvere nera, un frammento di fuliggine. E non stiamo a perderci in chiacchiere sugli uomini la cui .fama va eternata nei servizi funebri. Non ci pensiamo nemmeno! Bruciamo tutto, bruciamo ogni cosa! Il fuoco è luce e soprattutto è purificazione!»
I fuochi d'artificio si spensero nel salotto alle spalle di Mildred. Nello stesso tempo, ella aveva cessato di parlare: miracolosa coincidenza. Montag trattenne il fiato.
Fahrenheit 451, p. 88 - 93 (Trad. di Giorgio Monicelli)
Ray Bradbury

Est modus in rebus...

C'è di più; ma non voglio andare avanti a storielle come un comico (per quanto, che cosa ci impedisce di dire la verità scherzando? anche i maestri indulgenti danno qualche volta i dolci ai ragazzi perché imparino volentieri l'alfabeto); fuori di scherzo, veniamo alle cose serie.
Il contadino che ara (e duro è l'aratro, pesante la terra), l'oste imbroglione, il soldato e i marinai coraggiosi che corrono tutti i mari, dicono che sopportano le loro fatiche col proposito in mente di ritirarsi da vecchi a riposare tranquilli, una volta che abbiano accumulato il necessario per vivere. Così la formicuzza proverbiale, grande faticatrice, trascina con la bocca tutto quel che può e lo aggiunge al mucchio che sta tirando su. Sa il fatto suo e provvede per il futuro. Appena i freddi dell'Acquario contristano l'anno che ricomincia, non se ne esce più e si arrangia, previdente, con ciò che ha raccolto in precedenza. Mentre te, non ti schioda dal guadagno né afa dell'estate, né inverno, né fuoco, mare, ferro, niente ti ferma finché c'è qualcuno più ricco di te. Che gusto ci trovi a scavare una buca di nascosto e a seppellirvi, pieno di fifa, un mucchio immenso di oro e di argento? Hai paura che, se incominci a toglierne il mucchio si riduca a un misero quattrino? E se non ne togli, che ha di bello il tuo mucchio, per quanto ben costruito? Anche se nella tua aia si trebbiassero centomila sacchi di grano, non ne cape di più nella mia pancia che nella tua. Allo stesso modo se tu fossi, tra gli schiavi condotti a vendere, quello che si è caricato sulle robuste spalle la rete col pane, non ti toccherebbe più pane di chi non ha portato nulla. Dimmi tu che importanza ha, per chi come noi vive soggetto alle leggi di natura, coltivare cento iugeri o mille. «Ma è così bello prendere da un mucchio grande.» Lasciami pigliare altrettanto da un mucchio piccolo e non avrai più motivo di vantare i tuoi granai in confronto alle mie ceste. Sarebbe come se, avendo bisogno di una brocca o di una tazza d'acqua e non più, «Preferisco» dicessi «attingere questa stessa misura da un grande fiume piuttosto che da una piccola sorgente». Quelli che sguazzano in un'abbondanza al di là del giusto, succede che il fiume, per esempio l'Ofanto [1] rabbioso, li porta via, tirandoli giù insieme con la riva. Chi invece cerca solo quel poco di cui ha bisogno, non beve acqua torbida di fango né perde la vita nei gorghi.Eppure una buona parte degli uomini, illusa da una voglia ingannatrice, dice che niente è mai abbastanza: «Tanto vali, quanto hai.» A un uomo così che gli vuoi fare? lascialo vivere da poveraccio, poiché gli piace tanto. Come quel tale di Atene, ricco e pidocchioso, di cui si racconta. Si era abituato a non tenere in nessun conto le chiacchiere della gente. «Il popolo mi fischia,» diceva «ma io mi applaudo da solo, a casa, quando contemplo le monete nell'arca». Tantalo assetato tenta invano di trattenere l'acqua che gli sfugge via di bocca... Ridi? con altro nome, protagonista della favola sei tu. Dormi steso, a bocca aperta, sui sacchi che hai ammucchiato, e ti costringi a non toccare il denaro come se fosse sacro o a godertelo solo guardandolo, come se fosse un quadro. Non sai a che serve il denaro, in che modo è utile? Compraci il pane, la verdura, un po' di vino, le cose della cui mancanza il nostro fisico soffre. O ti diverti forse a far la guardia ai soldi, morto di paura, a temere tutti i giorni e tutte le notti il flagello dei ladri, gli incendi, gli schiavi, che non ti saccheggino e scappino? Io, di gioie come queste, vorrei sempre essere poverissimo.Se poi il corpo ti duole, assalito dai brividi, o un altro accidente ti ha costretto a letto, hai forse chi ti assista, ti prepari i fomenti e vada a chiamare un medico, che ti rimetta in piedi e ti restituisca ai cari figli e parenti? Nemmeno la moglie desidera la tua guarigione, nemmeno il figlio; tutti ti hanno in odio, vicini, conoscenti, ragazzi e ragazzine. E ti meravigli, tu che metti il denaro avanti a tutto, se nessuno ti offre un affetto che non meriti? Se provassi a farti e a conservarti amici quei parenti, che senza fatica ti sono stati dati nascendo, credi che lavoreresti a vuoto, come chi volesse ammaestrare un asino a correre in pista, obbediente alle redini? E allora dacci un taglio a quest'ansia di possedere; più ne hai, meno devi temere la povertà. Ora che hai fatto i soldi come desideravi, incomincia a ridurre le tue fatiche. Che non ti succeda come a quel tale Numidio; la storia non è lunga: ricco da contare il denaro a staia, sordido al punto di andare vestito sempre peggio di un servo, ebbe paura fino all'ultimo momento di morire per mancanza di cibo. E una libertà, dal cuore saldo più di una Tindaride [2], lo spartì in due con una scure. «Che mi consigli, allora? di vivere come Nevio o come Nomentano?[3]» Continui a voler confrontare cose opposte fra loro, inconciliabili; quando ti dico di non essere avaro, non ti suggerisco di diventare prodigo e ozioso. C'è un punto a metà tra Tanai e il suocero di Visellio; est modus in rebus, ci sono pure dei limiti precisi, e lì sta il giusto, non al di qua o al di là.
Satire, I (Trad. di Renato Ghiotto)
Orazio (Quinto Orazio Flacco), poeta e scrittore (65 a.C. – 8 a.C.).

NOTE
1) L'Ofanto scorre nella terra in cui Grazio è nato.
2) La Tindaride è Clitemnestra, che uccise il marito Agamennone.
3) Nevio e Nomentano: un avaro delle Satire di Lucilio e uno scialacquatore contemporaneo. Nomentano è citato altre volte anche più oltre.

lunedì 8 giugno 2009

La verità delle cose



Presentare le cose nella loro verità. Dire la cosa vera, la successione dei movimenti e dei fatti che producono l'emozione, e che resta valida per un anno e per dieci anni o, se siete stati fortunati e se l'avete espressa con una grande purezza, per sempre.
Le verdi colline d'Africa
Ernest Hemingway, (1899 – 1961), scrittore e giornalista statunitense

Come dei nani sulle spalle dei giganti

Noi siamo come nani seduti sulle spalle dei giganti. Vediamo quindi un numero di cose maggiore degli antichi, e più lontane. E non già perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra statura più alta, bensì perché essi ci sostengono a mezz'aria e ci innalzano di tutta la loro gigantesca altezza.
Citato da Giovanni di Salisbury nel "Metalogicon"
Bernardo di Chartres, filosofo e grammatico (+ 1124 - 1130)

domenica 7 giugno 2009

Ti ringraziamo

Ti ringraziamo, Signore, perché ci conservi nel tuo amore.
Perché continui ad avere fiducia in noi. Grazie, perché non solo ci sopporti, ma ci dai ad intendere che non sai fare a meno di noi. Grazie, Signore, perché non finisci di scommettere su di noi.
Perché non ci avvilisci per le nostre inettitudini. Anzi, ci metti nell'anima un cosi vivo desiderio di ricupero, che già vediamo il nuovo anno come spazio della speranza e tempo propizio per sanare i nostri dissesti. Spogliaci, Signore, di ogni ombra di arroganza. Rivestici dei panni della misericordia e della dolcezza. Donaci un futuro gravido di grazia e di luce e di incontenibile amore per la vita.Aiutaci a spendere per te tutto quello che abbiamo e che siamo. E la Vergine tua Madre ci intenerisca il cuore, fino alle lacrime.

Don Tonino Bello, vescovo (1935 - 1993)

venerdì 5 giugno 2009

Quella croce rappresenta tutti

Quel simbolo rappresenta tutti perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che tutti gli uomini sono uguali e fratelli: ricchi e poveri, neri e bianchi, ebrei e non ebrei. Perciò non va tolto dalle scuole... Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule di scuola. Il nostro è uno Stato laico che non ha il diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso. La signora Maria Vittoria Montagnana, insegnante a Cuneo, aveva tolto il crocifisso dalle pareti della sua classe. Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo. Ora si sta battendo per poterlo togliere di nuovo, e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro Paese. Per quanto riguarda la sua propria classe, ha pienamente ragione. Però a me dispiace che il crocifisso scompaia per sempre da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che conosco dicono che va tolto. Altre dicono che è una cosa di nessuna importanza. I problemi sono tanti e drammatici, nella scuola e altrove, e questo è un problema da nulla. È vero. Pure, a me dispiace che il crocifisso scompaia. Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato. Ogni imposizione delle autorità è orrenda, per quanto riguarda il crocifisso sulle pareti. Non può essere obbligatorio appenderlo. Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo. Un insegnante deve poterlo appendere, se lo vuole, e toglierlo se non vuole. Dovrebbe essere una libera scelta. Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini. Se uno solo dei bambini lo volesse, dargli ascolto e ubbidire. A un bambino che desidera un crocifisso appeso al muro, nella sua classe, bisogna ubbidire. Il crocifisso in classe non può essere altro che l’espressione di un desiderio. I desideri, quando sono innocenti, vanno rispettati. L’ora di religione è una prepotenza politica. È una lezione. Vi si spendono delle parole. La scuola è di tutti, cattolici e non cattolici. Perché vi si deve insegnare la religione cattolica? Ma il crocifisso non insegna nulla. Tace. L’ora di religione genera una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell’ora e quelli che si alzano e se ne vanno. Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo «prima di Cristo» e «dopo Cristo». O vogliamo forse smettere di dire così? Il crocifisso non genera nessuna discriminazione. È muto e silenzioso. C’è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte del muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa di particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. 

Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine. È vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. 

Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso d’una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici. Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. 

Ha detto «ama il prossimo come te stesso». Erano parole già scritte nell’Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa. Il contrario degli stupri e dell’indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. Si parla tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l’esatto contrario del modo in cui oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando esattamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto. Il crocifisso queste parole non le evoca, perché siamo abituati a veder quel piccolo segno appeso, e tante volte ci sembra non altro che una parte del muro. Ma se ci viene di pensare che a dirle è stato Cristo, ci dispiace troppo che debba sparire dal muro quel piccolo segno. Cristo ha detto anche: «Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati». Quando e dove saranno saziati? In cielo, dicono i credenti. Gli altri invece non sanno né quando né dove, ma queste parole fanno, chissà perché, sentire la fame e la sete di giustizia più severe, più ardenti e più forti. Cristo ha scacciato i mercanti dal Tempio. Se fosse qui oggi non farebbe che scacciare mercanti. Per i veri cattolici, deve essere arduo e doloroso muoversi nel cattolicesimo quale è oggi, muoversi in questa poltiglia schiumosa che è diventato il cattolicesimo, dove politica e religione sono sinistramente mischiate. Deve essere arduo e doloroso, per loro, districare da questa poltiglia l’integrità e la sincerità della propria fede. Io credo che i laici dovrebbero pensare più spesso ai veri cattolici. Semplicemente per ricordarsi che esistono, e studiarsi di riconoscerli, nella schiumosa poltiglia che è oggi il mondo cattolico e che essi giustamente odiano. Il crocifisso fa parte della storia del mondo

I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere e il non credere vanno e vengono come le onde del mare. Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla. È tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri.

Crocifisso: «Quella croce rappresenta tutti», L'Unità, 22 marzo 1988

Natalia Ginzburg (1916 – 1991), scrittrice, drammaturga e politica italiana