lunedì 28 settembre 2020

Servire Cristo nei poveri: essi sono i nostri signori e padroni

Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. Dobbiamo piuttosto considerarli al lume della fede. Il Figlio di Dio ha voluto essere povero, ed essere rappresentato dai poveri. Nella sua passione non aveva quasi la figura di uomo; appariva un folle davanti ai gentili, una pietra di scandalo per i Giudei; eppure egli si qualifica l'evangelizzazione dei poveri: «Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4, 18). Dobbiamo entrare in questi sentimenti e fare ciò che Gesù ha fatto: curare i poveri, consolarli, soccorrerli, raccomandarli.

Egli stesso volle nascere povero, ricevere nella sua compagnia i poveri, servire i poveri, mettersi al posto dei poveri, fino a dire che il bene o il male che noi faremo ai poveri lo terrà come fatto alla sua persona divina. Dio ama i poveri, e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. In realtà quando si ama molto qualcuno, si porta affetto ai suoi amici e ai suoi servitori. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore di essi, Dio amerà anche noi. Quando andiamo a visitarli, cerchiamo di capirli per soffrire con loro, e di metterci nella disposizione interiore dell'Apostolo che diceva: «Mi sono fatto tutto a tutti» (1 Cor 9, 22). Sforziamoci perciò di diventare sensibili alle sofferenze e alle miserie del prossimo. Preghiamo Dio, per questo, che ci doni lo spirito di misericordia e di amore, che ce ne riempia e che ce lo conservi. Il servizio dei poveri deve essere preferito a tutto. Non ci devono essere ritardi. Se nell'ora dell'orazione avete da portare una medicina o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente. Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l'intenzione dell'orazione. Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l'orazione. Non é lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un'opera di Dio per farne un'altra. Se lasciate l'orazione per assistere un povero, sappiate che far questo é servire Dio. La carità é superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. É una grande signora: bisogna fare ciò che comanda.

Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcuna timore della morte. Serviamo dunque con rinnovato amore i poveri e cerchiamo i più abbandonati. Essi sono i nostri signori e padroni.

Lettere e conferenze spirituali (Correspondance, entretiens, documents, Paris 1922-1925, passim)

Vincenzo de’ Paoli, [ Vincent de Paul] (1581 – 1660), santo, presbitero francese, fondatore della Congregazione della Missione e delle Suore Figlie della Carità

martedì 22 settembre 2020

L’estate se ne va



L’estate se ne va
senza fare rumore
e impigliati tra i rami
lascia pezzi di sole.

Foglie rosse, gialle, brune,
foglie d’oro e di fuoco.
Poi l’albero ha un brivido di freddo.
Ha sentito l’autunno.

Françoise Bobe, poetessa, scrittrice e attrice francese

mercoledì 9 settembre 2020

Se tu...


Se tu un giorno vorrai essere capo, pensa a coloro che ti sono stati affidati: 

se tu rallenti, essi si fermano, 

se ti scoraggi, essi desistono, 

se tu ti siedi, essi si sdraiano, 

se tu dubiti, essi disperano, 

se tu critichi, essi demoliscono.

Ma...

se tu li precedi, essi ti oltrepasseranno, 

se tu dai la mano, essi daranno la vita

e se tu preghi… allora, essi saranno santi.

Dal libro: Être chef (Arte e tecnica del Capo), 1955

Michel Menu (1916 – 2015), scrittore, partigiano ed educatore francese


lunedì 7 settembre 2020

Ich bin ein Berliner!

Sono orgoglioso di venire in questa città ospite del vostro onorevole sindaco, che ha simboleggiato per il mondo lo spirito combattivo di Berlino Ovest. E sono orgoglioso — sono orgoglioso di visitare la Repubblica Federale con il vostro onorevole Cancelliere che da così tanti anni guida la Germania nella democrazia, nella libertà e nel progresso, e di essere qui in compagnia del mio concittadino americano Generale Clay che — che è stato in questa città durante i suoi momenti di crisi, e vi tornerà ancora, se ce ne sarà bisogno.

Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire “civis Romanus sum”. Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire “Ich bin ein Berliner”.

Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista.

Che vengano a Berlino.

Ce ne sono alcune che dicono — ce ne sono alcune che dicono che il comunismo è l’onda del progresso.

Che vengano a Berlino!

Ce ne sono alcune che dicono, in Europa come altrove, che possiamo lavorare con i comunisti.

Che vengano a Berlino!

E ce ne sono anche certe che dicono che sì il comunismo è un sistema malvagio, ma permette progressi economici.

Lass’ sie nach Berlin kommen! Che vengano a Berlino!

La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri — per impedir loro di lasciarci. Voglio dire a nome dei miei compatrioti che vivono a molte miglia da qua dall’altra parte dell’Atlantico, che sono distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la storia degli ultimi 18 anni. Non conosco nessun paese, nessuna città, che è stata assediata per 18 anni e ancora vive con vitalità e forza, e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest.

Mentre il muro è la più grande e vivida dimostrazione dei fallimenti del sistema comunista — tutto il mondo lo può vedere — ma questo non ci rende felici; esso è, come il vostro sindaco ha detto, è una offesa non solo contro la storia, ma contro l’umanità, separa famiglie, divide i mariti dalle mogli, ed i fratelli dalle sorelle, divide un popolo che vorrebbe stare insieme.

Quello che è vero per questa città è vero per la Germania: una pace reale e duratura non potrà mai essere assicurata all’Europa finché ad un quarto della Germania è negato il diritto elementare dell’uomo libero: prendere una decisione libera. In 18 anni di pace e benessere questa generazione di tedeschi ha guadagnato il diritto ad essere libera, incluso il diritto di unire le famiglie, a mantenere la propria nazione in pace, in buoni rapporti con tutti.

Voi vivete in una isola difesa di libertà, ma la vostra vita è parte della collettività. Consentitemi di chiedervi, come amico, di alzare i vostri occhi oltre i pericoli di oggi, verso le speranze di domani, oltre la libertà della sola città di Berlino, o della vostra Germania, per promuovere la libertà ovunque, oltre il muro per un giorno di pace e giustizia, oltre voi stessi e noi stessi per tutta l’umanità.

La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero. Quando tutti saranno liberi, allora immaginiamo — possiamo vedere quel giorno quando questa città come una sola e questo paese, come il grande continente europeo, sarà in un mondo in pace e pieno di speranza. Quando quel giorno finalmente arriverà, e arriverà, la gente di Berlino Ovest sarà orgogliosa del fatto di essere stata al fronte per quasi due decadi.

Ogni uomo libero, ovunque viva, è cittadino di Berlino. E, dunque, come uomo libero, sono orgoglioso di dire “Ich bin ein Berliner!

Discorso tenuto il 26 giugno del 1963 dal presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, a pochi passi dal muro che per ventott’anni divise in due Berlino.

John Fitzgerald Kennedy (1917 - 1963), 35mo presidente degli Stati Uniti d'America, politico e saggista statunitense