sabato 30 aprile 2011

La terra


La terra è benigna, mite, indulgente,
ed alle richiedenze dei mortali serva continua;
quante cose, costretta, produce,
quante altre spontaneamente distrugge,
quanti profumi, sapori, succhi, sensi e colori ci offre!
Con quanta onestà ci rende i tesori che a lei affidiamo!
Quante cose per utile nostro essa alimenta.

Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il Vecchio (23 - 79), naturalista e scrittore romano

mercoledì 27 aprile 2011

Ogni giorno è Pasqua

Vide e credette

Il sabato è passato; sono finiti i giorni degli uomini. Ecco un nuovo giorno. È vero, inizia in maniera triste, come spesso triste è la nostra vita. È un’alba triste, presso un sepolcro. La tomba di Gesù non è una tomba speciale, è una tomba allineata tra le altre tombe di uomini e di donne. Semmai c’è una tristezza in più: in quella tomba non è finito solo il corpo di un amico, è finita la speranza di un regno nuovo che aveva infiammato quel gruppetto di uomini che Gesù si era portato dietro sin dalla Galilea. Se il mondo avesse il coraggio di fermarsi presso le tombe! Sentirebbe nel proprio petto come un nodo di angoscia, un senso di paura, di fronte alla morte della vita, della speranza, del futuro. I cimiteri? Non solo. Ci sono oggi paesi divenuti come grandi tombe, cimiteri di vittime spesso innocenti, per l’oppressione, la violenza, la guerra. Davanti a questo panorama di morte, molti uomini fuggono, come fecero anche i discepoli di Gesù. Solo tre donne, scrive il Vangelo di Marco, si fermano. La prima, Maria di Magdala, è una donna particolare: è stata guarita da sette demoni. L’altra Maria è la madre di Giacomo, e poi Salome. Sono tre povere donne galilee, venute a Gerusalemme dietro a Gesù. Ora, smarrite e sballottate dopo le tristi vicende occorse al loro maestro, non sanno fare altro che recarsi al sepolcro. All’alba erano già lì, preoccupate per come entrare nel sepolcro. Lo chiudeva una pietra pesante, come sono pesanti le pietre che schiacciano la vita dei deboli. Ma, appena giunte, videro che la pietra era stata rotolata via, e videro un angelo, avvolto in bianche vesti, seduto sulla destra. Ebbero paura, ma l’angelo proclamò il Vangelo della resurrezione: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”.

È la prima Pasqua: ed è per una piccola comunità di tre sole povere donne, straniere e disprezzate. Ancora una volta si compie quello che Gesù aveva detto: “Ai poveri è predicata la buona novella, e beato chi non si scandalizza di me”. È la prima Pasqua. Ma anche se è per tre sole povere donne, non è un fatto privato; è per tutti i discepoli: “Ora andate, e dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea”. E di lì i discepoli avrebbero dovuto annunciare la resurrezione a tutti gli uomini sino ai confini della terra. La resurrezione è un annuncio che scuote l’intera vita degli uomini. La scuote da capo a fondo per ridarle un nuovo volto, rimuove le pietre pesanti che gravano sui cuori degli uomini per renderli liberi, illumina il buio che grava sulla vita per manifestare il chiarore della misericordia. Chi risorge è il crocifisso. Quel morto in croce è ora rivestito della potenza di Dio. E la croce che appariva come l’impotenza, è diventata la potenza di Dio nel mondo. Piuttosto frequentemente nella tradizione iconografica delle Chiese d’Oriente la croce porta da un lato Gesù crocifisso e dall’altro Gesù risorto. Nelle apparizioni è il crocifisso che appare risorto, per manifestare la forza del suo amore per noi: come era stato crocifisso per noi, così viene risuscitato per noi.

È questo l’annuncio che quelle donne ricevono dall’angelo, e che provoca gioia grande e assieme timore. Gioia perché intuiscono che Gesù potrà restare con loro, ma anche timore per trovarsi immerse nel giorno di Dio. Esse fuggirono via dal sepolcro. Non restarono ferme là dov’erano. Una fretta entrò dentro di loro. Sì, non si può indugiare davanti all’annuncio della resurrezione. C’è fretta; fretta di annunciare la liberazione ai prigionieri del male, a chi è sepolto dalla cattiveria, a chi è schiavo dell’orgoglio e dell’odio, a chi è schiacciato dalla fame e dalla guerra. Anche tre povere donne possono fare molto. Proprio loro, disprezzate e per nulla considerate, furono le prime inviate per annunciare il Vangelo. E i discepoli debbono andare in Galilea, nell’estrema periferia di Israele, ai confini, dove inizia la regione dei pagani: qui incontreranno il Signore risorto e di qui partiranno per le vie del mondo. La Galilea è l’immensa periferia povera del mondo che attende l’annuncio di una speranza; ma forse è anche il cuore di ognuno di noi che aspetta di vedere il Signore. “Cristo è risorto, veramente è risorto!”.

Commento al Vangelo di Gv 20,1-9

Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo italiano