domenica 19 maggio 2019

Ovviamente, la gente non vuole la guerra...


Ovviamente, la gente non vuole la guerra. Perché mai un contadino zoticone dovrebbe rischiare la vita in guerra quando il massimo che ne può ottenere è tornare alla sua fattoria tutto intero. Naturalmente, la gente comune non vuole la guerra; né in Russia, né in Inghilterra, né America, e per quello neanche in Germania. Questo è ben chiaro. Ma, dopo tutto, sono i capi della nazione a determinarne la politica, ed è sempre piuttosto semplice trascinare la gente dove si vuole, sia all'interno di una democrazia, che in una dittatura fascista o in un parlamento o in una dittatura comunista [...].
Che abbia o meno diritto a dire la propria, la gente può sempre essere trascinata dai propri leader. È facile. Tutto quello che c’è da fare è dire alla gente che sta per essere attaccata, denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e perché mettono in pericolo il Paese. Funziona allo stesso modo in ogni Paese.

Hermann Göring (1893 – 1946) politico, generale e gerarca nazista tedesco

Citato nel libro di Clara Usón, La figlia, Ed. Sellerio, che riporta i colloqui che lo psicologo Gustave Gilbert ebbe col gerarca nazista durante il processo di Norimberga, nel 1946.

sabato 18 maggio 2019

Se un giorno mi vedrai vecchio...


Lettera di un padre al figlio


Se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi... abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnartelo.

Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere... ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi.

Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare... ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno.

Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico, io ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l'abc.

Quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso... dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire: la cosa più importante non è quello che dico, ma il mio bisogno di essere con te ed averti lì che mi ascolti.

Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l'ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.

Quando dico che vorrei essere morto... non arrabbiarti, un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.

Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te e che ho tentato di spianarti la strada.

Dammi un po' del tuo tempo, dammi un po' della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l'ho fatto per te.

Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza, in cambio io ti darò un sorriso e l'immenso amore che ho sempre avuto per te.

Ti amo, figlio mio.

Papà

venerdì 17 maggio 2019

"...scostati un po' dal sole!"

Nicolas Andre Monsiau, Alexander und Diogenes (1818)

Alessandro Magno era andato in Grecia e ormai era giunto a Corinto.
Poiché molti statisti e filosofi erano andati da Alessandro a congratularsi con lui, questi pensò che anche Diogene di Sinope, che era a Corinto, avrebbe fatto altrettanto. Ma dal momento che il filosofo non gli diede la minima attenzione, continuando a godersi il suo tempo libero nel sobborgo di Craneion, Alessandro si recò di persona a rendergli visita; e lo trovò disteso al sole. Al giungere di tanti uomini egli si levò un poco a sedere e guardò fisso Alessandro. Questi lo salutò e gli rivolse la parola chiedendogli se aveva bisogno di qualcosa; e quello: "Scostati un po' dal sole". A tale frase si dice che Alessandro fu così colpito e talmente ammirò la grandezza d'animo di quell'uomo, che pure lo disprezzava, che mentre i compagni che erano con lui, al ritorno, deridevano il filosofo e lo schernivano, disse: "Se non fossi Alessandro, io vorrei essere Diogene".»

Vite parallele. Vita di Alessandro, 14
Plutarco (46/48 – 125/127 d.C.) scrittore e filosofo greco

mercoledì 15 maggio 2019

Nella crisi emerge la nostra parte migliore


La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. 

Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell'incompetenza. L'inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c'è merito. E' nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.
Il mondo come io lo vedo (1931)
Albert Eistein (1879 - 1955), fisico e filosofo tedesco

lunedì 13 maggio 2019

Il carretto vuoto

Camminavo con mio padre, quando all'improvviso si arrestò ad una curva e dopo un breve silenzio mi domandò: "Oltre al canto dei passeri, senti qualcos'altro?"
Aguzzai le orecchie e dopo alcuni secondi gli risposi: "Sento il rumore di un carretto".
"Giusto - mi disse - E’ un carretto vuoto".
Io gli domandai: "Come fai a sapere che si tratta di un carretto vuoto, se non lo hai ancora visto?"
Allora mi rispose: "E’ facile capire quando è un carretto vuoto, dal momento che quanto più è vuoto tanto più fa rumore".
Divenni adulto e anche oggi quando vedo una persona che parla troppo, interrompe la conversazione degli altri, è invadente, si vanta delle doti che pensa di avere, è prepotente e pensa di poter fare a meno degli altri, ho l’impressione di ascoltare la voce di mio padre che dice: "Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore".

venerdì 10 maggio 2019

Solo se è un peso, l'altro è un fratello


“Portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete perfettamente la legge di Cristo” (Galati 6,2). Quindi la legge di Cristo è una legge del “portare”. Portare vuol dire  sopportare, soffrire insieme. Il fratello è un peso per il cristiano, soprattutto per il cristiano.
Per il pagano l'altro non diviene nemmeno un peso: egli infatti evita di lasciarsi aggravare da qualcuno, mentre il cristiano deve portare il peso del fratello. Solo se è un peso, l'altro è veramente un fratello e non un oggetto da dominare.

Il peso dell’uomo è stato così pesante anche per lo stesso Dio, che ha dovuto soccombervi sulla croce. Dio ha veramente sopportato gli uomini fino all'estrema sofferenza nel corpo di Gesù Cristo. E in tal modo li ha portati come una madre porta il bambino, come un pastore porta l’agnello che si era smarrito. Dio si è fatto carico degli uomini, ed essi lo hanno piegato sotto il loro peso, ma Dio è rimasto con loro ed essi con lui. Nel sopportare gli uomini Dio ha stabilito una comunione con loro. È la legge di Cristo, compiuta sulla croce. A questa legge i cristiani hanno la possibilità di partecipare. Devono portare e sopportare il fratello, ma la cosa più importante è che ora possono portarlo nell'obbedienza a una legge adempiuta da Gesù Cristo. [...]

In primo luogo è la libertà dell’altro a esser di peso al cristiano. Essa va contro il suo desiderio di autocrazia, ma nonostante tutto il cristiano è costretto a riconoscerla. Potrebbe liberarsi di questo peso negando la libertà dell’altro, facendogli violenza, riducendolo a immagine di sé. Se invece egli riconosce nell'altro l’immagine di Dio, gli riconosce di conseguenza la libertà, e da parte sua porta il peso che per lui costituisce la libertà dell’altra creatura. Nella libertà dell’altro rientra tutto ciò che si intende per essenza, peculiarità, disposizioni, anche le debolezze e le stravaganze, che mettono alla prova così duramente la nostra pazienza, vi rientra tutto ciò che dà luogo agli attriti, ai contrasti, agli scontri fra me e l’altro. Portare il peso dell’altro qui significa sopportare la realtà creaturale dell’altro, consentire a essa e arrivare attraverso la sopportazione a trarne motivo di gioia. [...]

Alla libertà dell’altro si affianca anche l’abuso che se ne può fare nel peccato, altro motivo per cui il fratello risulta di peso al cristiano. È ancora più difficile sopportare il peccato dell’altro che non la sua libertà: nel peccato infatti si distrugge la comunione con Dio e con i fratelli. Qui il cristiano prova la sofferenza per l’infrangersi di quella comunione che si era creata con l’altro in Gesù Cristo. Ma solo qui si rivela pienamente la grandezza della grazia di Dio, anche nella sopportazione. Non disprezzare il peccatore, ma essere nelle possibilità di sopportarlo, significa in effetti non doverlo considerare perduto, ma poterlo prendere per quello che è, conservarci in comunione con lui nella remissione dei peccati: “Fratelli, anche se uno viene sorpreso in qualche fallo, correggetelo con spirito di dolcezza” (Galati 6,1). Come Cristo ci ha portato e ci ha accolto nella nostra realtà di peccatori, così noi, finché restiamo in comunione con lui, possiamo portare e accogliere dei peccatori nella comunione di Gesù Cristo, grazie alla remissione dei peccati. Possiamo sopportare i peccati del fratello, senza bisogno di giudicarli. Questa è grazia per il cristiano; c’è forse un peccato nella comunità, a proposito del quale egli non debba esaminare se stesso e accusarsi per la propria infedeltà nella preghiera e nell'intercessione, per la propria mancanza nel servizio fraterno, nella correzione e consolazione fraterna, e ancor più per il proprio peccare individuale, per la propria mancanza di disciplina spirituale, che ha recato danno non solo a lui stesso, ma anche alla comunione e ai fratelli? Ogni peccato del singolo grava sulla comunità nella sua interezza e la espone al giudizio, e per questo la comunità, nonostante il dolore che le è inflitto dal peccato di ogni fratello, e nonostante il peso che in tal modo ricade su di essa, esprime il giubilo di essere stata ritenuta degna di portare e di rimettere i peccati: “Vedi, se tu li porti, anch'essi ti porteranno tutti e ogni cosa sarà comune, le buone e le cattive” (Martin Lutero).
Vita comune, Ed. Queriniana, Brescia 2003, p. 77 - 78

Dietrich Bonhoeffer (1906 - 1945), pastore e teologo protestante tedesco

lunedì 6 maggio 2019

Ti resto accanto


Ti resto accanto anche quando non mi vedi.
E cerco di capire,
tu che un giorno sei una rosa e quello dopo sei una spina.

Ti resto accanto in questo tempo indefinibile,
nel tempo che ti prendi per pensare,
per trovarti e intanto se la ride, passa e se ne frega.

Tempo troppo breve se ci scappa da ridere o da vivere,
tempo troppo lungo se ti fai aspettare.

Se ti volti non mi vedi.
Neanche avanti non mi vedi.
Io sono al tuo fianco, senza spingere nè tirare,
nel posto in cui ti puoi appoggiare quando perdi l’equilibrio.

Di fianco, per dirti all’orecchio che ti voglio bene,
per non perderti di vista neanche quando ti allontani.

Di fianco, per non oscurare la tua luce,
per non coprire la strada che vuoi fare,
per solleticarti se ti chiudi nei pensieri.

E non occorre che allunghi la mano per cercare la mia,
non l’ho mai mollata.

E non occorre che allungo la mano per cercare la tua,
è sempre stata nella mia.

Enrico Cattani