domenica 28 luglio 2019

Compassione o pietà?


La compassione è cosa diversa dalla pietà. La pietà suggerisce distanza, persino una certa condiscendenza. Io spesso agisco con pietà: do del denaro a un mendicante nelle strade di Toronto o di New York, ma non lo guardo negli occhi, non mi siedo con lui, non gli parlo. Sono troppo occupato per fare veramente attenzione all'uomo che mi si rivolge. Il mio denaro sostituisce la mia personale attenzione e mi dà una scusa per proseguire il mio cammino.
Compassione significa stare vicino a chi soffre. Ma possiamo stare vicino a un'altra persona soltanto se siamo disposti a diventare vulnerabili noi stessi. Una persona compassionevole dice: "Sono tuo fratello; sono tua sorella; sono umano, fragile e mortale, proprio come te. Non mi scandalizzo per le tue lacrime e non ho paura del tuo dolore. Anch'io ho pianto. Anch'io ho sofferto". Possiamo essere con l'altro soltanto quando l'altro cessa di essere "altro" e diventa come noi.
È forse questa la ragione principale per cui talvolta troviamo più facile mostrare pietà che non compassione. La persona che soffre ci invita a diventare consapevoli della nostra propria sofferenza. Come posso dare risposta alla solitudine di qualcuno se non ho contatto con la mia stessa esperienza della solitudine? Come posso essere vicino a un handicappato, se rifiuto di riconoscere i miei handicap? Come posso essere col povero quando non sono disposto a confessare la mia propria povertà?
Quando rifletto sulla mia vita, mi rendo conto che i momenti di maggiore conforto e consolazione sono stati momenti in cui qualcuno mi ha detto: "Non posso toglierti il tuo dolore, non posso offrire una soluzione al tuo problema, ma posso prometterti che non ti lascerò solo e starò con te finché potrò e nel modo migliore di cui sarò capace". Vi è molta sofferenza e molto dolore nella nostra vita, ma quale benedizione quando non dobbiamo vivere da soli il nostro dolore e la nostra sofferenza. Questo è il dono della compassione.
Vivere nello Spirito, Ed. Queriniana
Henri J. M. Nouwen (1932 – 1996), presbitero cattolico, teologo e scrittore olandese

venerdì 12 luglio 2019

Senza valori e principi non rimane nulla


Un giorno chiesero il grande matematico persiano Al Khwarizmi (780 ca. – 850 ca.) come potesse essere definito il valore di un essere umano.
Egli rispose:
"Se ha etica, allora il suo valore è 1.
Se in più è intelligente aggiungete uno zero e il suo valore sarà 10.
Se è ricco aggiungete un altro zero e il suo valore sarà 100.
Se, oltre ciò, è una bella persona, aggiungete ancora un altro zero e il suo valore sarà 1000.
Però se perde l'1, che corrisponde all'etica, perderà tutto il suo valore perché gli rimarranno solo gli zeri".

È molto semplice: senza valori etici e solidi principi non rimane nulla. Si è solamente delinquenti, corrotti e cattive persone.

mercoledì 10 luglio 2019

La più bella predica è l'esempio


Un giorno, uscendo dal convento, san Francesco incontrò frate Ginepro. Era un frate semplice e buono e san Francesco gli voleva molto bene. Incontrandolo gli disse: “Frate Ginepro, vieni, andiamo a predicare”. “Padre mio” rispose, “sai che ho poca istruzione. Come potrei parlare alla gente?”.
Ma poiché san Francesco insisteva, frate Ginepro acconsentì. Girarono per tutta la città, pregando in silenzio per tutti coloro che lavoravano nelle botteghe e negli orti. Sorrisero ai bambini, specialmente a quelli più poveri. Scambiarono qualche parola con i più anziani. Accarezzarono i malati. Aiutarono una donna a portare un pesante recipiente pieno d’acqua. Dopo aver attraversato più volte tutta la città, san Francesco disse: “Frate Ginepro, è ora di tornare al convento”. “E la nostra predica?”. “L’abbiamo fatta… L’abbiamo fatta” rispose sorridendo il santo.

Se hai in tasca il profumo del muschio non hai bisogno di raccontarlo a tutti. Il profumo parlerà in tua vece. La predica migliore sei tu.

Racconto apocrifo riportato nel libro: C’è Qualcuno lassù, Torino 1993

Bruno Ferrero, prete salesiano italiano, scrittore



giovedì 4 luglio 2019

La menzogna ha una capacità immensa di costruire argomenti

Ho provato sulla mia pelle la dolorosa esperienza dell’assassinio attraverso il chiacchiericcio, la calunnia e la pubblica umiliazione e ho imparato che quando una persona ha deciso di distruggerti, non le mancheranno le parole, la cattiveria e l’ipocrisia; la menzogna ha una capacità immensa di costruire argomenti, prove e verità sulla sabbia. Quando tale è il comportamento degli uomini di Chiesa, e dei vescovi in particolare, il dolore è anche più profondo. Ma… dobbiamo restare calmi e in silenzio, chiedendo che la grazia non ceda mai al rancore, all'odio e alla sensazione dell’impotenza. Restiamo saldi nel nostro amore per Dio e per la sua Chiesa, nell'umiltà.
La forza del silenzio
Robert Sarah, cardinale e arcivescovo cattolico guineano

mercoledì 3 luglio 2019

La piccola fiammiferaia

Faceva un freddo terribile, nevicava e calava la sera - l'ultima sera dell'anno, per l'appunto - la sera di San Silvestro. In quel freddo, in quel buio, una povera bambinetta girava per le vie, a capo scoperto, a piedi nudi. Veramente, quand'era uscita di casa, aveva certe babbucce; ma a che le eran servite? Erano grandi grandi - prima erano appartenute a sua madre, e così larghe e sgangherate, che la bimba le aveva perdute, traversando in fretta la via, per scansare due carrozze, che s'incrociavano con tanta furia... Una non s'era più trovata, e l'altra se l'era presa un monello, dicendo che ne avrebbe fatto una culla per il suo primo figliuolo.

E così la bambina camminava coi piccoli piedi nudi, fatti rossi e turchini dal freddo: aveva nel vecchio grembiale una quantità di fiammiferi, e ne teneva in mano un pacchetto. In tutta la giornata, non era riuscita a venderne uno; nessuno le aveva dato un soldo; aveva tanta fame, tanto freddo, e un visetto patito e sgomento, povera creaturina... I fiocchi di neve le cadevano sui lunghi capelli biondi, sparsi in bei riccioli sul collo; ma essa non pensava davvero ai riccioli! Tutte le finestre scintillavano di lumi; per le strade si spandeva un buon odorino d'arrosto; era la vigilia del capo d'anno: a questo pensava.

Nell'angolo formato da due case, di cui l'una sporgeva innanzi sulla strada, sedette abbandonandosi, rannicchiandosi tutta, tirandosi sotto le povere gambine. Il freddo la prendeva sempre più, ma non osava tornare a casa: riportava tutti i fiammiferi e nemmeno un soldino. Il babbo l'avrebbe certo picchiata; e, del resto, forse che non faceva freddo anche a casa? Abitavano proprio sotto il tetto, ed il vento ci soffiava tagliente, sebbene le fessure più larghe fossero turate, alla meglio, con paglia e cenci.

Le sue manine erano quasi morte dal freddo. Ah, quanto bene le avrebbe fatto un piccolo fiammifero! Se si arrischiasse a cavarne uno dallo scatolino, ed a strofinarlo sul muro per riscaldarsi le dita... Ne cavò uno, e trracc! Come scoppiettò! come bruciò! Mandò una fiamma calda e chiara come una piccola candela, quando la parò con la manina. Che strana luce! Pareva alla piccina d'essere seduta dinanzi ad una grande stufa di ferro, con le borchie e il coperchio di ottone lucido: il fuoco ardeva così allegramente, e riscaldava così bene!... La piccina allungava già le gambe, per riscaldare anche quelle... ma la fiamma si spense, la stufa scomparve, - ed ella si ritrovò là seduta, con un pezzettino di fiammifero bruciato tra le mani.

Ne accese un altro: anche questo bruciò, rischiarò e il muro, nel punto in cui la luce batteva, divenne trasparente come un velo. La bambina vide proprio dentro nella stanza, dove la tavola era apparecchiata, con una bella tovaglia d'una bianchezza abbagliante, e con finissime porcellane; nel mezzo della tavola, l'oca arrostita fumava, tutta ripiena di mele cotte e di prugne. Il più bello poi fu che l'oca stessa balzò fuor del piatto, e, col trinciante ed il forchettone piantati nel dorso, si diede ad arrancare per la stanza, dirigendosi proprio verso la povera bambina... Ma il fiammifero si spense, e non si vide più che il muro opaco e freddo.

Accese un terzo fiammifero. La piccolina si trovò sotto ad un magnifico albero, ancora più grande e meglio ornato di quello che aveva veduto, a traverso ai vetri dell'uscio, nella casa del ricco negoziante, la sera di Natale. Migliaia di lumi scintillavano tra i verdi rami, e certe figure colorate, come quelle che si vedono esposte nelle mostre dei negozii, guardavano la piccina.

Ella stese le mani... e il fiammifero si spense. I lumicini di Natale volarono su in alto, sempre più in alto; ed ella si avvide allora ch'erano le stelle lucenti. Una stella cadde, e segnò una lunga striscia di luce sul fondo oscuro del cielo.

"Qualcuno muore!" - disse la piccola, perchè la sua vecchia nonna (l'unica persona al mondo che l'avesse trattata amorevolmente, - ma ora anche essa era morta,) la sua vecchia nonna le aveva detto: "Quando una stella cade, un'anima sale a Dio."

Strofinò contro il muro un altro fiammifero, che mandò un grande chiarore all'intorno; ed in quel chiarore la vecchia nonna apparve, tutta raggiante, e mite, e buona...

"Oh, nonna!" - gridò la piccolina: "Prendimi con te! So che tu sparisci, appena la fiammella si spegne, come sono spariti la bella stufa calda, l'arrosto fumante, e il grande albero di Natale!" - Presto presto, accese tutti insieme i fiammiferi che ancora rimanevano nella scatolina: voleva trattenere la nonna. I fiammiferi diedero tanta luce, che nemmeno di pieno giorno è così chiaro: la nonna non era stata mai così bella, così grande...

Ella prese la bambina tra le braccia, ed insieme volarono su, verso lo Splendore e la Gioia, su, in alto, in alto, dove non c'è più fame, nè freddo, nè angustia, - e giunsero presso Dio.

Ma nell'angolo tra le due case, allo spuntare della fredda alba, fu veduta la piccina, con le gotine rosse ed il sorriso sulle labbra, - morta assiderata nell'ultima notte del vecchio anno. La prima alba dell'anno nuovo passò sopra il cadaverino, disteso là, con le scatole dei fiammiferi, di cui una era quasi tutta bruciata. "Ha cercato di scaldarsi..." - dissero. Ma nessuno seppe tutte le belle cose che aveva vedute; nessuno seppe tra quanta luce era entrata, con la vecchia nonna, nella gioia della nuova Alba.
Nuove fiabe, 1848

Hans Christian Andersen (1805 – 1875) scrittore e poeta danese