giovedì 6 febbraio 2025

Ovunque andiate Cristo vi segue

Cristo viene dove volete, dove vi piace, 
avendo preso dimora con voi: 
in casa vostra, nella fabbrica, all’osteria, in piazza.

Ovunque andiate Egli vi segue:
anzi vi ha già preceduto. Egli occupa
ogni cosa nostra, e ogni nostra abitazione
da quando si è fatto uomo per stare con noi.
Né occorre che v'inginocchiate. 

Continuate a lavorare: finite in pace il vostro bicchier di vino.
Non vi guarda male perchè bevete un bicchiere.
Era amico anche di quei che bevevano: e i morigerati, 
coloro che non si ubriacano perchè bevono quanto vogliono tutti i giorni, 
dicevano, intendendo togliergli il credito,
che Gesù era amico degli ubriaconi
e della gente di malaffare.
Se siete seduti, vi siede accanto:
se camminate, è pellegrino:
se lavorate, operaio:
se piangete, lo vedete piangere.

 Il compagno Cristo. Il Vangelo del reduce, 1945
Primo Mazzolari

Le montagne

I santi
sono le montagne
illuminate sin dal mattino. 
La loro morte avviene alla sera nello splendore. 
A loro è sufficiente essere per costringere l'uomo a guardarli. 

Là i fiumi hanno la loro sorgente. 
Dopo aver ricevuta la pioggia dal cielo, 
la ripartiscono a ciascuno. 
Come gli abeti danno l'assalto alle cime,
così le anime conquistate dai santi. 

I santi hanno raggiunto la vetta percorrendo un sentiero.
Conoscono questo sentiero stretto e duro.
Ma, dalla cima,
seguono con lo sguardo così tutti gli altri sentieri.
Possono, senza costringere alcuno a passare per lo stesso sentiero,
condurlo alla stessa cima.

Louis Joseph Lebret (1897-1966), presbitero domenicano, economista, sociologo e filosofo francese


Il passaggio si chiama Pasqua

Cristo aveva trovato lui l’immagine dicendo: “Io sono la porta”. La porta è una di qua e una di là. La terra, il visibile, il sensibile, il tempo, lo spazio è di qua; il cielo, l’invisibile, l’invisibile, l’eterno, l’infinito è al di là. Ma tutto è unito, conseguente, logico, vero. La porta che è il Cristo domina nello stesso tempo il di qua e il di là col suo amore che al di qua è crocifisso e al di là è glorioso. Per divenire immortali ed entrare nella gloria del Cristo Risorto ogni uomo deve passare quella porta e chi apre e chiude è il Signore come dice l’Apocalisse: “Se io apro nessuno chiude”. Il passaggio si chiama Pasqua e il primo a passare è stato il Cristo Signore. Difatti si dice: “Questa è la Pasqua del Signore”. Tutto il di qua della porta ha un significato, lo puoi capire solo in funzione e nello sviluppo dell’al di là. Senza questo rapporto, questa continuità non puoi afferrare il reale, consumi la tua vita senza vedere. Le cose che sono nel tempo senza un riferimento all’eterno non acquistano significato: sono come il nulla, foglie che seccano […]. 

La risurrezione di Cristo dà significato e vita ad ogni creatura creata dal Padre e realizzata in vista di Lui e per Lui. E anche per lei creatura ci sono due  volti: il volto crocifisso di qua, glorioso di là. Nessun uomo può sfuggire a questa realtà ed è per questo che la morte ha un volto doloroso nella realtà e glorioso nella speranza. Il passaggio è sempre una prova tremenda come il vedere che il mare si apre. Così fu per il Popolo di Dio, così è per noi. C’è sempre un’attesa dolorosa ed una luce improvvisa. L’attesa è tua, la luce è di Dio. Ed è gratuita. Non puoi mai dire che te la sei meritata… anzi! Nessun merito ha il potere di aprire la porta. È solo la gratuità dell’amore di Dio che può qualcosa su quella invalicabile serratura.

Io, Francesco

Carlo Carretto

lunedì 3 febbraio 2025

Aneddoti della vita di San Serapione

San Serapione il Sindonita è stato un monaco cristiano egiziano vissuto nel IV secolo ad Alessandria d'Egitto e successivamente a Roma. È chiamato "il Sindonita" poiché era solito vestirsi unicamente con un lenzuolo di lino spinato, chiamata  appunto "sindone". Viene venerato come santo dalla Chiesa ortodossa, copta e cattolica. Serapione viaggiò per tutta la zona del Mediterraneo, digiunando, predicando e donandosi agli altri fino alla morte. Per il bene delle anime era felice di non possedere nulla, neanche la propria libertà. 

Si narra che Serapione, camminando per le strade di Alessandria, avesse notato un uomo che, nonostante le basse temperature, mendicava nudo per la strada. Colpito dall'idea che, nel caso in cui questi fosse morto di freddo, sarebbe apparso come un omicida al cospetto del Signore decise di donargli la propria veste, rimanendo in tal modo nudo. Un suo discepolo, incontrandolo per strada, gli chiese allora chi gli avesse tolto l'abito. A tale domanda il santo indicò il Vangelo che portava con sé esclamando "è questo che mi ha svestito". Poco dopo, mentre si aggirava nudo per le vie di Alessandria vide due guardie che stavano per incarcerare un uomo per debiti. Avendo con sé solo il proprio Vangelo Serapione lo vendette e consegnò il ricavato al povero perché saldasse il proprio creditore. Di ritorno alla sua cella un suo discepolo, vedendolo in quello stato, gli chiese dove fosse finito il suo Vangelo. a quella domanda il santo rispose: "il Vangelo mi ripeteva in continuazione: Vendi tutto quello che possiedi e dallo ai poveri (Mt 19, 21). Ho ubbidito per ottenere la grazia divina" (1).

Si racconta che un filosofo greco, per testare la moralità di Serapione, gli avesse donato una moneta d'oro e l'avesse poi seguito per osservare l'uso che ne avrebbe fatto. Il santo, ricevuto il dono, diede la moneta a un mercante in cambio di una fetta di pane, non avendo nessun riguardo al valore della stessa.

Leggenda vuole che Serapione si fosse venduto come schiavo per ben tre volte: una volta per riscattare un giovane fatto prigioniero, un'altra per aiutare una vedova che soffriva la fame e la restante per convertire al cristianesimo un attore greco. In quest'ultimo caso ebbe un così grande successo che l'attore decise di farsi battezzare insieme a tutta la famiglia, donò la libertà al Santo e lo implorò di rimanere nella sua casa in qualità di guida spirituale, offrendogli anche uno stipendio senza tuttavia riuscire ad impedire che questi se ne andasse.

Serapione si preoccupava talmente delle necessità altrui che, quando un altro monaco che possedeva molti libri gli chiese una parola di saggezza, rispose: “Cosa devo dirti? Hai preso la sussistenza di vedove e orfani per metterla sui tuoi scaffali”.

Serapione capiva però che i beni materiali potevano essere usati anche per fare il bene. Una volta andò in un bordello e chiese una prostituta per la serata. Spiegandole che doveva finire di pregare prima di poter stare con lei, Serapione iniziò a pregare ad alta voce con il suo breviario, implorando il Signore di convertire quella donna. Mentre pregava, lo Spirito iniziò a muoversi nel cuore di lei. Alla fine della preghiera si era completamente convertita e alla fine divenne una donna di profonda preghiera e virtù (2).


(1) Lucio Coco e Alex Sivag, Le sante stolte della Chiesa russa, Roma, Città nuova editrice, 2006
(2) Dal sito www.aleteia.org




Preghiera per il popolo

Noi confessiamo te, o Dio che ami gli uomini,
e ti presentiamo la nostra debolezza,
pregandoti di esser tu la nostra forza.
Perdonando i peccati passati,
rimettici le colpe di un tempo,
fa’ di noi degli uomini nuovi.

Rendici tuoi servi, puri e senza macchia.
Ci consacriamo a te: ricevici, o Dio di verità,
ricevi il tuo popolo e cancella ogni sua colpa;
fallo vivere nella rettitudine e nell’innocenza.
Tutti siano in grado di essere annoverati tra gli angeli,
e tutti siano eletti e santi.

Ti preghiamo per quelli che hanno la fede
e hanno riconosciuto il Signore Gesù Cristo;
che essi siano confermati nella fede,
nella conoscenza e nella dottrina.

Ti preghiamo per questo popolo; verso tutti sii clemente,
manifestati e mostra la tua luce;
tutti riconoscano te, Padre increato,
e il tuo Figlio unico, Gesù Cristo.

Ti preghiamo per tutte le autorità; 
il loro governo sia pacifico
per la tranquillità della Chiesa cattolica.

Ti preghiamo, Dio delle misericordie,
per i liberi e per gli schiavi,
per gli uomini e per le donne,
i vecchi ed i fanciulli, 
i poveri ed i ricchi;
mostra a tutti la tua benevolenza, 
su tutti stendi la tua bontà;
di tutti abbi pietà e dirigi la loro strada verso di te.

Ti preghiamo per quelli che soffrono,
per i prigionieri e i bisognosi; fortificali tutti;
liberali dalle catene, dalla miseria; confortali tutti,
Tu che sei il sollievo e la consolazione.

Ti preghiamo per gli ammalati; concedi loro la salute,
la guarigione dai loro mali; concedi
loro una salute perfetta del corpo e dell’anima.

Tu sei il Salvatore ed il Benefattore;
Tu sei il Signore e il Re di tutti.
Ti abbiamo rivolto la nostra preghiera per tutti,
per mezzo del tuo Unico, Gesù Cristo;
per lui ti siano rese gloria e potenza nello Spirito Santo,
ora ed in tutti i secoli dei secoli.
Amen.

Eucologio, 5

Serapione di Thmuis (+ 362), vescovo, santo

giovedì 30 gennaio 2025

Benedizione nuziale

I

Fratelli e sorelle, invochiamo con fiducia il Signore, per ché effonda la sua grazia e la sua benedizione su questi sposi che celebrano in Cristo il loro Matrimonio: egli che li ha uniti nel patto santo [per la comunione al corpo e al sangue di Cristo] li confermi nel reciproco amore.

O Dio, con la tua onnipotenza
hai creato dal nulla tutte le cose
e nell’ordine primordiale dell’universo
hai formato l’uomo e la donna a tua immagine,
donandoli l’uno all’altro come sostegno inseparabile,
perché siano non più due,
ma una sola carne;
così hai insegnato che non è mai lecito separare
ciò che tu hai costituito in unità.

O Dio, in un mistero così grande 
hai consacrato l’unione degli sposi
e hai reso il patto coniugale 
sacramento di Cristo e della Chiesa.
 
O Dio, in te, la donna e l’uomo si uniscono,
e la prima comunità umana, la famiglia,
riceve in dono quella benedizione
che nulla poté cancellare,
né il peccato originale
né le acque del diluvio.
 
Guarda ora con bontà questi tuoi figli
che, uniti nel vincolo del Matrimonio,
chiedono l’aiuto della tua benedizione:
effondi su di loro la grazia dello Spirito Santo
perché, con la forza del tuo amore diffuso nei loro cuori,
rimangano fedeli al patto coniugale.
 
In questa tua figlia N.
dimori il dono dell’amore e della pace
e sappia imitare le donne sante lodate dalla Scrittura.
 
N., suo sposo,
viva con lei in piena comunione,
la riconosca partecipe dello stesso dono di grazia,
la onori come uguale nella dignità,
la ami sempre con quell’amore
con il quale Cristo ha amato la sua Chiesa. 

Ti preghiamo, Signore,
affinché questi tuoi figli rimangano uniti nella fede
 e nell’obbedienza ai tuoi comandamenti;
fedeli a un solo amore,
siano esemplari per integrità di vita;
sostenuti dalla forza del Vangelo,
diano a tutti buona testimonianza di Cristo.

[Sia feconda la loro unione,
diventino genitori saggi e forti 
e insieme possano vedere i figli dei loro figli].

E dopo una vita lunga e serena
giungano alla beatitudine eterna del regno dei cieli.
Per Cristo nostro Signore. Amen.


II 

Preghiamo il Signore per questi sposi, che all’inizio della vita matrimoniale si accostano all’altare perché [con la comunione al corpo e sangue di Cristo] siano confermati nel reciproco amore.
 
Padre santo, tu hai fatto l’uomo a tua immagine:
maschio e femmina li hai creati,
perché l’uomo e la donna,
uniti nel corpo e nello spirito,
fossero collaboratori della tua creazione.

O Dio, per rivelare il disegno del tuo amore hai voluto adombrare 
nella comunione di vita degli sposi
quel patto di alleanza che hai stabilito con il tuo popolo,
perché, nell’unione coniugale dei tuoi fedeli,
realizzata pienamente nel sacramento,
si manifesti il mistero nuziale di Cristo e della Chiesa.
 
O Dio, stendi la tua mano su N. e N.
ed effondi nei loro cuori la forza dello Spirito Santo.
Fa’, o Signore, che, nell’unione da te consacrata,
condividano i doni del tuo amore
e, diventando l’uno per l’altro segno della tua presenza,
siano un cuore solo e un’anima sola.

Dona loro, Signore,
di sostenere anche con le opere la casa che oggi edificano.
[Alla scuola del Vangelo preparino i loro figli a diventare membri della tua Chiesa].
 
Dona a questa sposa N. benedizione su benedizione:
perché, come moglie [e madre],
diffonda la gioia nella casa
e la illumini con generosità e dolcezza.
 
Guarda con paterna bontà N., suo sposo:
perché, forte della tua benedizione,
adempia con fedeltà la sua missione di marito [e di padre].
 
Padre santo, concedi a questi tuoi figli
che, uniti davanti a te come sposi, 
comunicano alla tua mensa, 
di partecipare insieme con gioia al banchetto del cielo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.


III

Padre santo, creatore dell’universo,
che hai formato l’uomo e la donna a tua immagine
e hai voluto benedire la loro unione,
ti preghiamo umilmente per questi tuoi figli,
che oggi si uniscono con il sacramento nuziale.

Ti lodiamo, Signore, e ti benediciamo. 
Eterno è il tuo amore per noi

Scenda, o Signore, su questi sposi N. e N.
la ricchezza delle tue benedizioni,
e la forza del tuo Santo Spirito 
infiammi dall’alto i loro cuori,
perché nel dono reciproco dell’amore
allietino di figli la loro famiglia e la comunità ecclesiale.

Ti lodino, Signore, nella gioia,
ti cerchino nella sofferenza;
godano del tuo sostegno nella fatica
e del tuo conforto nella necessità;
ti preghino nella santa assemblea,
siano tuoi testimoni nel mondo.
 
Vivano a lungo nella prosperità e nella pace
e, con tutti gli amici che ora li circondano,
giungano alla felicità del tuo regno.
Per Cristo nostro Signore. Amen.


 IV

O Dio, Padre di ogni bontà,
nel tuo disegno d’amore hai creato l’uomo e la donna
perché, nella reciproca dedizione,
con tenerezza e fecondità vivessero lieti nella comunione.

Ti lodiamo, Signore, e ti benediciamo. 
Eterno è il tuo amore per noi.

Quando venne la pienezza dei tempi
hai mandato il tuo Figlio, nato da donna.

A Nazareth, 
gustando le gioie
e condividendo le fatiche di ogni famiglia umana,
è cresciuto in sapienza e grazia.
 
A Cana di Galilea,
cambiando l’acqua in vino,
è divenuto presenza di gioia nella vita degli sposi.
 
Nella croce, 
si è abbassato fin nell’estrema povertà 
dell’umana condizione,
e tu, o Padre, hai rivelato un amore 
sconosciuto ai nostri occhi,
un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio.

Con l’effusione dello Spirito del Risorto
hai concesso alla Chiesa
di accogliere nel tempo la tua grazia
e di santificare i giorni di ogni uomo.

Ora, Padre, guarda N. e N.,
che si affidano a te:
trasfigura quest’opera che hai iniziato in loro
e rendila segno della tua carità.
 
Scenda la tua benedizione su questi sposi,
perché, segnati col fuoco dello Spirito,
diventino Vangelo vivo tra gli uomini.
[Siano guide sagge e forti dei figli
che allieteranno la loro famiglia e la comunità.]

Siano lieti nella speranza,
forti nella tribolazione,
perseveranti nella preghiera,
solleciti per le necessità dei fratelli,
premurosi nell’ospitalità.
Non rendano a nessuno male per male,
benedicano e non maledicano,
vivano a lungo e in pace con tutti.

Il loro amore, Padre,
sia seme del tuo regno.
Custodiscano nel cuore una profonda nostalgia di te
fino al giorno in cui potranno,
con i loro cari, lodare in eterno il tuo nome.
Per Cristo nostro Signore. Amen.

Rituale romano, Rito del Matrimonio

martedì 28 gennaio 2025

Alla Vergine addolorata

Vergine addolorata, 
quale lingua può dire e quale intelletto giunge 
a comprendere l'immensità del tuo dolore?

Tu presente e partecipante alla passione del tuo Gesù, 
vedesti con i tuoi occhi quella carne benedetta e santissima, 
che tu verginalmente concepisti, che teneramente allattasti, 
che tanto dolcemente reclinasti nel tuo grembo e baciasti con amore, 
la vedesti, divelta dai colpi della flagellazione, 
perforata dalle punte delle spine, 
percossa con la canna, presa a schiaffi e a pugni.

La vedesti trapassata da chiodi, 
confitta sulla croce e quindi pendente sempre più dilaniata.
La vedesti esposta ad ogni beffa e, infine, abbeverata di fiele e aceto.

E vedesti anche l'anima del tuo Gesù! 
Con gli occhi della mente tu vedesti quella anima divinissima 
ricolma del fiele di ogni amarezza, ora scossa da spirituali fremiti, 
ora afflitta dallo spavento, ora agonizzante, ora conturbata, 
ora mestissima per la tristezza, in parte il senso vivissimo della sofferenza corporea, 
in parte per lo zelo fervente di riparare l'onore diviso leso dal peccato, 
in parte per la compassione verso di te, Madre dolcissima.

Guardando pietosamente a te, che stavi presso la croce, 
egli ti rivolse il dolce commiato: «Donna, ecco tuo figlio».

E così consolava l'anima tua angustiata, 
conoscendo che tu eri trafitta dalla spada della compassione, 
più fortemente che se fossi stata ferita nel tuo proprio corpo.

Maria, madre misericordiosissima, 
volgi lo sguardo alla veste sacratissima del tuo diletto Figlio, 
intessuta con arte dallo Spirito Santo nelle tue sacratissime membra, 
e implora per noi che ricorriamo a te il perdono, 
affinché siamo trovati degni di sfuggire l'eterna condanna.

Bonaventura da Bagnoregio (1221 – 1274), cardinale francescano, filosofo e teologo italiano, santo 



Dolcissima Vergine Maria

Ricordati e rammentati, o dolcissima Vergine,
che Tu sei mia Madre e che io sono Tuo figlio;
che Tu sei potente
e che io sono poverissimo, timido e debole.
Io Ti supplico, dolcissima Madre,
di guidarmi in tutte le mie vie,
in tutte le mie azioni.

Non dirmi, Madre stupenda, che Tu non puoi,
poiché il Tuo amatissimo Figlio
Ti ha dato ogni potere, sia in cielo che in terra.
Non dirmi che Tu non sei tenuta a farlo,
poiché Tu sei la Mamma di tutti gli uomini
e, particolarmente, la mia Mamma.
Se Tu non potessi ascoltare,
io Ti scuserei dicendo :
“è vero che è mia Mamma e che mi ama come Suo figlio,
ma non ha mezzi e possibilità per aiutarmi”.

Se Tu non fossi la mia Mamma,
io avrei pazienza e direi :
“ha tutte le possibilità di aiutarmi,
ma, ahimé, non è mia Madre
e, quindi, non mi ama”.
Ma invece no, o dolcissima Vergine,
Tu sei la mia Mamma
e per di più sei potentissima.

Come potrei scusarti se Tu non mi aiutassi
e non mi porgessi soccorso e assistenza?
Vedi bene, o Mamma,
che sei costretta ad ascoltare
tutte le mie richieste.
Per l’onore e per la gloria del Tuo Gesù,
accettami come Tuo bimbo
senza badare alle mie miserie
e ai miei peccati.

Libera la mia anima e il mio corpo
da ogni male e dammi tutte le Tue virtù,
soprattutto l’umiltà.
Fammi regalo di tutti i doni, di tutti i beni e
di tutte le grazie che piacciono
alla SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Amen
    
     
Francesco di Sales (1567 - 1622), vescovo cattolico francese, santo

lunedì 27 gennaio 2025

Verità e libertà

Se mi chiedete qual è il sintomo più generale di questa anemia spirituale [dell’Europa], rispondo esattamente: l’indifferenza verso la verità e verso la menzogna.
Oggi, la propaganda dimostra quel che vuole, e la gente accetta più o meno quel che le viene proposto. Certo, questa indifferenza maschera piuttosto una fatica e quasi uno scoraggiamento della facoltà di giudizio. Ma la facoltà di giudizio non potrebbe esercitarsi senza un certo impegno interiore. Chi giudica si impegna. L’uomo moderno non si impegna più perché non ha più niente da impegnare [...]. 
L’uomo moderno è sempre capace di giudicare, perché è sempre capace di ragionare. Ma la sua facoltà di giudicare non funziona più, come un motore senza benzina. Al motore non manca alcun pezzo; però non c’è benzina nella riserva. Per molti questa indifferenza verso la verità e la menzogna è più comica che tragica. Ma io la trovo tragica. Essa implica una terribile disponibilità non soltanto dello spirito, ma di tutta la persona, anche della persona fisica. Chi è aperto indifferentemente alla verità e alla falsità è maturo per una tirannia. La passione per la verità va di pari passo con la passione per la libertà.

Rivoluzione e libertà, Borla Roma 1963

George Bernanos (1888 - 1948), scrittore francese      

lunedì 20 gennaio 2025

Nessuno pianga i morti

Nessuno, dunque pianga più i morti, 

nessuno si disperi, né rigetti così la vittoria di Cristo. 

Egli infatti ha vinto la morte. 

Perché dunque piangi? A che pro gemi e ti lamenti?

Coraggio, c’è la risurrezione con assoluta certezza: 

dorme non è morta; riposa, non è perduta per sempre. 

Sono infatti ad accoglierla la risurrezione, la vita eterna, 

l’immortalità e l’eredità stessa degli angeli. 

Non senti il Salmo che dice: “Torna, anima mia, al tuo riposo, perché Dio ti ha fatto grazia” (Sal 116, 7-8). 

Dio chiama “grazia” la morte, e tu ti lamenti?

Giovanni Crisostomo (ca. 350-407), vescovo, Santo 


Signore, insegnami a invecchiare

Signore, insegnami a invecchiare!

Convincimi che la comunità non compie alcun torto verso di me,

se mi va esonerando da responsabilità, se non mi chiede più pareri,

se ha indicato altri a subentrare al mio posto.

Togli da me l'orgoglio dell'esperienza fatta 

ed il senso della mia indispensabilità.

Che io colga, in questo graduale distacco dalle cose, 

unicamente la legge del tempo,

e avverta, in questo avvicendamento di compiti,

una delle espressioni più interessanti della vita 

che si rinnova sotto l'impulso della tua Provvidenza.

Fa', o Signore, che io sia ancora utile al mondo, 

contribuendo con l'ottimismo e con la preghiera alla gioia 

e al coraggio di chi è di turno nella responsabilità,

vivendo uno stile di contatto umile e sereno con il mondo in trasformazione 

senza rimpianti sul passato,

facendo delle mie sofferenze umane un dono di riparazione sociale.

Che la mia uscita dal campo di azione sia semplice e naturale come un felice tramonto di sole.

Perdona se solo oggi, nella tranquillità, riesco a capire quanto tu mi abbia amato e soccorso.

Che almeno ora io abbia viva e penetrante la percezione del destino di gioia

che mi hai preparato e verso il quale mi hai incamminato fin dal primo giorno di vita.

Signore, insegnami a invecchiare.

Amen.

Giacomo Perico (1911 – 2000), presbitero gesuita


domenica 19 gennaio 2025

La mia anima ha fretta

Ho contato i miei anni 
ed ho scoperto che ho meno tempo per vivere da qui in poi 
rispetto a quello che ho vissuto fino ad ora.

Mi sento come quel bambino che ha vinto un sacchetto di dolci: 
i primi li ha mangiati con piacere, 
ma quando ha compreso che ne erano rimasti pochi 
ha cominciato a gustarli intensamente.

Non ho più tempo per riunioni interminabili 
dove vengono discussi statuti, regole, procedure e regolamenti interni, 
sapendo che alla fine non si concluderà nulla.

Non ho più tempo per sostenere le persone assurde 
che, nonostante la loro età anagrafica, non sono cresciute per nessun altro aspetto.

Non ho più tempo, da perdere per sciocchezze.
Non voglio partecipare a riunioni in cui sfilano solo “ego” gonfiati.

Ora non sopporto i manipolatori, gli arrivisti, né gli approfittatori.
Mi disturbano gli invidiosi, che cercano di discreditare i più capaci, 
per appropriarsi del loro talento e dei loro risultati.
Detesto, se ne sono testimone, 
gli effetti che genera la lotta per un incarico importante.

Le persone non discutono sui contenuti, ma solo sui titoli.
Ho poco tempo per discutere di beni materiali o posizioni sociali.

Amo l’essenziale, perché la mia anima ora ha fretta…

Non ho più molti dolci nel sacchetto.

Adesso, solo così, voglio vivere accanto a persone umane, molto umane, 
che sappiano ridere dei propri errori.

Gente che non si gonfi dei propri trionfi,
Gente molto sicura di se stessa, 
che non si vanti dei propri lussi e ricchezze.
Gente che non si consideri eletta anzitempo.
Gente che non sfugga alle proprie responsabilità.
Gente sincera che difenda la dignità umana.
Gente che desideri vivere con onestà e rettitudine.
Perché solo l’essenziale é ciò che fa sì che la vita valga la pena viverla.

Voglio circondarmi da persone che sanno come toccare i cuori, 
di persone a cui i duri colpi della vita 
hanno insegnato a crescere con dolci carezze dell’anima.

Sì, vado di  fretta, ho fretta di vivere con l’intensità che solo la maturità sa dare.

Non intendo sprecare nessuno dei dolci rimasti. 
Sono sicuro che saranno squisiti, molto più di quelli mangiati finora.

Il mio obiettivo è quello di raggiungere la fine soddisfatto 
e in pace con i miei cari e la mia coscienza.

Abbiamo due vite 
e la seconda inizia quando ti rendi conto che ne hai solo una.

Mario de Andrade (1893-1945), poeta, romanziere, saggista e musicologo brasiliano


venerdì 17 gennaio 2025

La predica è efficace quando parlano le opere

  Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina.

  Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo Spirito e non secondo l’inclinazione del suo animo. Vi sono infatti alcuni che parlano secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: «Perciò, eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole. Eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, che muovono la lingua per dare oracoli. Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e travìano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore» (Ger 23, 30-32).

  Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamolo umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell’osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti e illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino.

Discorsi, I, 226

Antonio da Padova [ Fernando Martins de Bulhões ] (1195 – 1231), presbitero francescano portoghese, santo 


Non si deve mai venir meno alla verità

La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell'odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell'odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo.

Sermoni

Antonio da Padova [ Fernando Martins de Bulhões ] (1195 – 1231), presbitero francescano portoghese, santo 


mercoledì 15 gennaio 2025

L'ulivo e l'olio

L’olio

Olio con sapiente arte spremuto
Dal puro frutto degli annosi olivi,
Che cantan - pace! - in lor linguaggio muto
Degli umbri colli pei solenti clivi,
Chiaro assai più liquido cristallo,
Fragrante quale oriental unguento,
Puro come la fè che nel metallo
Concavo t’arde sull’altar d’argento,
Le tue rare virtù non furo ignote
Alle mense d’Orazio e di Varrone
Che non sdegnàr cantarti in loro note...

Alcyone (1903)

Gabriele D’Annunzio

Aforismi Musica

E come giga e arpa, in tempra tesa 
di molte corde, fa dolce tintinno 
a tal da cui la nota non è intesa, 
così da’ lumi che lì m’apparinno 
s’accogliea per la croce una melode 
che mi rapiva, sanza intender l’inno.

Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XIV,118-123

[ Come strumenti musicali diversi, la viola e l'arpa, nella varia tensione delle loro corde, producono una dolce melodia anche per colui che non è in grado di distinguere le note, così dalle luci che mi apparvero lassù si raccoglieva dalla Croce, che queste formavano, una melodia che mi che mi rapiva, senza comprenderne le parole...]

La musica è architettura liquida, l'architettura è musica congelata. (Johann Wolfgang von Goethe)

Grazie alla potenza della musica camminiamo lieti attraverso la notte tetra della morte. (Wolfgang Amadeus Mozart, Flauto magico, atto II, scena 28)

giovedì 9 gennaio 2025

Siamo fatti per vivere

Siamo fatti per vivere. I lutti ci gettano nel vuoto, ma in quella disperazione c’è la luce del passato...

Non siamo fatti per morire, ma per nascere, affermava Hannah Arendt. Tuttavia la nostra vita inizia a morire già con il suo primo respiro. Non solo perché la morte è il destino inesorabile che ci attende alla fine della vita, ma perché in ogni istante della nostra vita c’è qualcosa che si perde, si stacca, si separa da noi stessi, scompare. In questo senso la morte non è, come ricordava Heidegger, l’ultima nota della melodia dell’esistenza che ne chiude il movimento, ma una “imminenza sovrastante” che ci accompagna da sempre. Questa imminenza sovrastante della morte definisce propriamente la forma umana della vita. L’esistenza di un fiore o di un animale vive senza conoscerla. Il fiore e l’animale sono, infatti, espressioni di una vita eterna. Anch’essi sono destinati a perire, ma la loro vita non conosce l’assillo e il pensiero della morte. La vita animale è vita sempre piena di vita, vita che non conosce la ferita della finitezza o, meglio, che non conosce la finitezza come ferita necessariamente mortale della vita. L’uccello nel cielo, come il giglio nei campi, per riprendere una nota immagine evangelica, non conoscono l’erosione del tempo perché vivono in un eterno presente, in un solo grande “oggi”. Essi hanno deposto ogni forma di attesa, non restano sotto il peso incombente della fine perché il loro beato magistero ha sospeso il divenire del tempo in un “adesso” che non si lascia corrompere dal divenire delle cose. La vita animale, come quella vegetale, non esclude affatto la fine – il cane, come il fiore, perisce, la sua esistenza, come quella umana, ha “i giorni contati”, come direbbe il Qoèlet biblico –, tuttavia non conosce affatto la morte come destino incombente in ogni momento della vita, come possibilità sempre possibile o come impossibilità di tutte le nostre possibilità. Per questa ragione nella loro forma di vita – la vita piena di vita, vita che coincide con se stessa – non vivono la separazione da se stessi, non vivono né lo struggimento del desiderio né la pena della mancanza dalla quale esso sorge. 

Nella forma umana della vita la morte è in primo piano: la morte di un essere umano avviene sempre troppo presto, sempre in anticipo, ingiustamente prematura. Anche un anziano che muore incarna l’ingiustizia della fine, la terribile legge del tempo alla quale non possiamo sottrarci. Mentre il re dei camosci raccontato da Erri De Luca ne Il peso della farfalla si isola dal branco per andare incontro con saggezza istintuale al suo destino, la vita umana tende a rifiutare il tempo della morte, vorrebbe poter vivere senza considerare la presenza della morte. Tuttavia, come sappiamo, la sua necessità ineluttabile si combina con la sua contingenza imprevedibile. La nostra vita finirà di sicuro nelle braccia della morte, ma nessuno di noi può sapere quando. L’evento della morte è certo e incerto nello stesso tempo. È una delle ragioni, come Heidegger ha insegnato, che definisce l’angoscia come la nostra condizione affettiva fondamentale.

La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia

Massimo Recalcati

sabato 4 gennaio 2025

Signore, non ho tempo...

Sono uscito, Signore: 

fuori tutti andavano, venivano,

camminavano, correvano. 

Correvano le bici, le macchine, 

i camion, la strada, la città, tutti...

“Arrivederci, scusi... non ho tempo!” 

“Termino questa lettera perché non ho tempo!”

“Avrei voluto aiutarti... ma non ho tempo!”

Non posso accettare perché non ho tempo!

Non posso riflettere, leggere, non ho tempo!

Vorrei pregare, ma non ho tempo!

Tu comprendi Signore, vero? ...non abbiamo tempo! 

Il bambino gioca: non ha tempo subito ...più tardi! 

Lo scolaro deve fare i compiti: non ha tempo ...più tardi! 

Lo studente ha un sacco di lavoro: non ha tempo ...più tardi! 

Il giovane ha gli allenamenti da fare: non ha tempo ...più tardi! 

Lo sposo novello ha la casa da arredare: non ha tempo ...più tardi!

Il padre di famiglia ha i bambini: non ha tempo ...più tardi! 

I nonni hanno i nipotini: non hanno tempo ...più tardi! 

Sono malati! Hanno le loro cure: ...non hanno tempo ...più tardi!

Sono moribondi, non hanno ...troppo tardi ...non hanno più tempo!

Signore, tu che sei fuori del tempo 

sorridi nel vederci lottare col tempo. 

Tu sai quello che fai e non ti sbagli quando distribuisci il tempo agli uomini. 

Stasera ti chiedo di fare coscienziosamente nel tempo che tu mi dai, 

quello che Tu vuoi che io faccia!


Meo Bessone (1948 - 2020), presbitero cattolico italiano


mercoledì 1 gennaio 2025

Preghiera per l' ultimo giorno dell'anno

Signore,

alla fine di questo anno voglio ringraziarti

per tutto quello che ho ricevuto da te,

grazie per la vita e l’amore,

per i fiori, l’aria e il sole,

per l’allegria e il dolore,

per quello che è stato possibile

e per quello che non ha potuto esserlo.


Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:

il lavoro che ho potuto compiere,

le cose che sono passate per le mie mani

e quello che con queste ho potuto costruire.


Ti offro le persone che ho sempre amato,

le nuove amicizie, quelli a me più vicini,

quelli che sono più lontani,

quelli che se ne sono andati,

quelli che mi hanno chiesto una mano

e quelli che ho potuto aiutare,

quelli con cui ho condiviso la vita,

il lavoro, il dolore e l’allegria.


Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono

per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,

per le parole inutili e per l’amore disprezzato,

perdono per le opere vuote,

per il lavoro mal fatto,

per il vivere senza entusiasmo

e per la preghiera sempre rimandata,

per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi,

semplicemente… ti chiedo perdono.


Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,

tuo è l’oggi e il domani, il passato e il futuro, 

e, all’inizio di un nuovo anno,

io fermo la mia vita davanti al calendario ancora da inaugurare

e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.


Oggi ti chiedo per me e per i miei la pace e l’allegria,

la forza e la prudenza,

la carità e la saggezza.


Voglio vivere ogni giorno con ottimismo e bontà,

chiudi le mie orecchie a ogni falsità,

le mie labbra alle parole bugiarde ed egoiste

o in grado di ferire,

apri invece il mio essere a tutto quello che è buono,

così che il mio spirito si riempia solo di benedizioni

e le sparga a ogni mio passo.


Riempimi di bontà e allegria

perché quelli che convivono con me

trovino nella mia vita un po’ di te.


Signore, dammi un anno felice

e insegnami e diffondere felicità.


Nel nome di Gesù, amen.