lunedì 8 dicembre 2025

L'Occidente che non ama più se stesso

C'è qui un odio di sé dell'Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l'Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L'Europa, per sopravvivere, ha bisogno di una nuova - certamente critica e umile - accettazione di se stessa, se essa vuole davvero sopravvivere. La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie. Ma la multiculturalità non può sussistere senza costanti in comune, senza punti di orientamento a partire dai valori propri. Essa sicuramente non può sussistere senza rispetto di ciò che è sacro.

Lectio magistralis sulle radici spirituali dell’Europa: "Il relativismo, il Cristianesimo e l'Occidente" presso la Pontificia Università Lateranense, Roma, 13 maggio 2004

Joseph Ratzinger


domenica 7 dicembre 2025

Un giorno ti dirò figlio...

Un giorno, figlio, ti dirò 

che ti ho amato tanto da stressarti chiedendoti dove stessi andando e con chi,

che ti ho amato tanto da preoccuparmi per la tua salute,

che ti ho amato tanto da scegliere di farti arrabbiare, 

sperando che la lezione ti avrebbe portato futura felicità,

che ti ho amato tanto da essere super protettiva,

che ti ho amato tanto da scusarti quando non eri rispettoso o educato,

che ti ho amato tanto da scegliere di mettere me stessa all'ultimo posto, ogni giorno,

che ti ho amato tanto da ignorare tutto quello che gli altri genitori facevano,

che ti ho amato tanto da escludere dalla mia vita persone che amavo, se ciò poteva proteggerti,

che ti ho amato tanto da starti accanto a ogni caduta, finché non hai imparato a camminare da solo,

che ti ho amato tanto da rischiare di farmi odiare da te per delle decisioni,

prese nella speranza di star facendo il meglio per te.

Questa è stata la parte peggiore figlio mio...

venerdì 5 dicembre 2025

Prima dell'anno duemila fiorirà una nuova primavera

É a tutti che mi rivolgo.

Ho settantatré anni. Da cinquanta dura la mia lotta contro la lebbra, e contro tutte le altre «lebbre» che sono l'egoismo il fanatismo, la vigliaccheria.

In aiuto e al servizio delle più sofferenti minoranze oppresse del mondo, ho fatto trentadue volte il giro del mondo. Ho visto un universo inimmaginabile di orrori, di sofferenze, di disperazioni.

Prima dell'anno duemila fiorirà una nuova primavera!

Bisogna risvegliare la speranza

Dedito al materialismo sottomesso alla sua avvilente dittatura, il progresso e diventato un enorme strumento di assassinio.

Il marciume onnipotente del denaro ha fatto spuntare deserti di anima.

Si è seppellito Mozart nella fossa comune, messo il Vangelo in archivio e il Buon Dio nella cella frigorifera.

Si è creato la civiltà del disgusto e della disperazione.

Eppure la piccola fiamma, talora vacillante mai spenta, della speranza permane m ciascuno di noi.

Questa fiamma bisogna rianimarla. Che ci riscaldi e ci taccia luce. 

Sperare è mettersi all'ascolto di Dio.

Si ha sempre la libertà di amare

I tabu le proibizioni, le costrizioni degradanti, tutti questi fili spinati che lacerano la nostra condizione di uomini liberi: noi possiamo evadere da loro per la strada della fratellanza e seppellire, a forza di amore, la storia inumana dell’umanità. Non vi è altra gerarchia che la capacita di servire ed il potere di amare.

Vedere in ogni essere umano un uomo e in ogni uomo, un fratello: questa è la nostra legge.

Amare, non è donare, ma condividere

Al povero, non si tratta di concedergli un po' del nostro superfluo, ma di dargli il suo posto nella nostra vita.

Non accontentarsi di fargli cadere in mano gli spiccioli del nostro portamonete, ma vivere la sua sofferenza, la sua collera, la sua speranza o la sua gioia: questo è amarlo veramente.

Non immolare l’umano al sociale 

L’anonimo, l’irresponsabile: ecco il nemico. Rifugio vergognoso della vigliaccheria: in lui il mondo va disumanizzandosi.

Nelle sue ambizioni ingenue di dare a tutti un destino standardizzato, una felicità a prezzo unico che egli tema di smarrire gli uomini nella foresta umana e di sacrificare al sociale l’umano.

Perché la vita? Per servire

Quando vi capita di dire «Va tutto male» tutto va peggio a causa vostra. Non acconsentite a un pessimismo paralizzante a quel «a che serve» troppo comodo e che mimetizza tanti tradimenti. La vita è bella, ricca, esaltante e giovane per l'eternità. Non dà la nausea se non a quelli che sono già marci.

Giovani, ho fiducia in voi

Che importano pochi eccentrici, i loro eccessi e le loro irrequietezze?

lo credo nel vostro cuore.

Siete voi che provocherete la caduta della menzogna e la sconfitta del denaro.

Siate intransigenti sul dovere di amare. Non cedete, non venite a patti, non tornate indietro.

Ridete in faccia agli egoisti sempre soddisfatti di se stessi, agli ipocriti ben pasciuti delle loro virtù levigate, a quelli che nella vita non si interessano che alla loro vita, persuasi che in Paradiso il Buon Dio ha loro riservato posti numerati. Quelli che pensavano già alla pensione quand'erano ancora in fasce.

Rifiutate di mettere in garage il vostro avvenire. Lottate a viso aperto, denunciate ad alta voce, non permettete l’inganno attorno a voi.

Tenete presente che la più grande disgrazia che vi possa capitare è di non essere utili a nessuno e che la vostra vita non serve a niente.

Denunciate la violenza, che è l'arma dei vigliacchi

Infame colui che cerca di imporre la sua legge a forza di pugni o di grida.

Colui che colpisce e uno che fugge. Qualsiasi cosa riesca a strappare, è un vinto.

Perché ha perduto il suo volto di uomo. Lasciate perdere i «senza domicilio» dell’intelligenza. Aridi e sterili, essi vi condurranno per strade senza fiori e che sboccano nel nulla.

Colui che avrà sempre ragione, colui al quale il domani appartiene, colui che alla fine sarà il vincitore, è colui che è il più capace di amore.

Siate i seminatori di questo amore

Dall'intelligenza che tradisce, dalla macchina che rende schiavi, dal denaro che imputridisce salvate l'amore.

Portate in voi il fermento rivoluzionario e misericordioso del Vangelo.

Comprendete bene che l'importante non è ciò che si raccoglie, ma ciò che si semina. Non è ciò che si è, ma ciò che si offre.

Fare ciascuno il possibile sapendo che è la Provvidenza che fa tutto e che Essa ci ama di un amore che non finisce.

Siate i seminatori di questo amore. Rendetelo contagioso, radioattivo e che contamini il mondo.

Domarti all’aurora sarete pronti?

Prima dell’anno duemila fiorirà una nuova primavera!

Un messaggio di Raoul Follereau, 1976

Raoul Follereau (1903 - 1977), giornalista, filantropo e poeta francese


martedì 2 dicembre 2025

Più invecchi, più cerchi scarpe comode

 Più invecchi, più cerchi scarpe comode.

Più invecchi, più vuoi solo presenze positive.

Più invecchi, e più mangi cibi sani, eviti l'alcol e cammini tanto.

Più invecchi, più fai selezione, della gente e di tutto.

Più invecchi, meno baratti la solitudine con presenze inutili.

Più invecchi, più sai selezionare e scegliere se stare in silenzio, se parlare, se ignorare.

Più invecchi, meno reagisci, e scegli spesso di ignorare.

Più invecchi, più importanza dai alle persone e meno alle cose.

Più invecchi, meno ti piacciono le discussioni, i conflitti, le provocazioni.

Più invecchi, più vorresti essere leggera leggera, fregartene di tutto e vivere alla giornata.

Più invecchi, più ti vuoi bene e ami la pace e la serenità.

I. Zoe

Credenti, pensanti e inquieti

Io non chiedevo se siete credenti o non credenti, ma se siete pensanti o non pensanti. 

L’ importante è che impariate a inquietarvi. 

Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. 

Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza. 

Solo allora saranno veramente fondate.

Carlo Maria Martini

Uomini, uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà...

Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.

E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.

Il giorno della civetta

Leonardo Sciascia

Ti ricordi di quell'uomo?

«Si chiamava Gesù, Gesù il Nazareno, e fu crocifisso non so bene per quale crimine. Ponzio, ti ricordi di quell'uomo?». Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia e si portò la mano alla fronte come chi cerca qualcosa nella propria memoria. Poi, dopo qualche istante di silenzio, mormorò: «Gesù? Gesù il Nazareno? No, non mi ricordo». Nei Campi Flegrei, dove soggiornano per ristorare corpo e spirito, un Pilato ormai vecchio e acciaccato ricorda, insieme all'amico Elio Lama, i suoi trascorsi in Giudea, parentesi turbolenta di un’onorata carriera. Quando la conversazione si sposta sul Nazareno morto in croce, Pilato rivela una spiazzante dimenticanza: non ha memoria di lui. L’amico, al contrario, ricorda con nostalgia quella terra e, in particolare, una bellissima danzatrice ebrea, scomparsa all'improvviso per seguire i discepoli di un giovane taumaturgo.

Il procuratore di Giudea 1902 - Le procurateur de Judée (Il procuratore della Giudea, tr. di Leonardo Sciascia, Palermo, Sellerio, 1980)

Anatole France

Cosa ottieni pregando?

Una volta è stato chiesto a una donna:

Cosa ottieni pregando Dio?

Lei rispose:

Di solito "non ottengo niente", ma "perdo cose".

E ha citato tutto ciò che ha perso pregando Dio regolarmente:

- Ho perso il mio orgoglio.

- Ho perso la mia arroganza.

- Ho perso l'avidità.

- Ho perso l'invidia.

- Ho perso la mia rabbia

- Ho perso la lussuria.

- Ho perso il piacere di mentire

- Ho perso il gusto del peccato.

- Ho perso l'impazienza, la disperazione e lo sconforto.

A volte preghiamo non per guadagnare qualcosa, ma per perdere cose che non ci permettono di crescere spiritualmente.

La preghiera educa, rafforza e guarisce.

La preghiera è il canale che ci connette direttamente con Dio. 

Hai un compito, anima mia

Hai un compito, anima mia,

un grande compito, se vuoi.

Scruta seriamente te stessa,

il tuo essere, il tuo destino;

donde vieni e dove dovrai posarti;

cerca di conoscere se è vita quella che vivi

o se c'è qualcosa di più.


Hai un compito, anima mia,

purifica, perciò, la tua vita:

considera, per favore, Dio e i suoi misteri,

indaga cosa c'era prima di questo universo

e che cosa esso è per te,

da dove è venuto e qual sarà il suo destino.


Ecco il tuo compito,

anima mia,

purifica, perciò, la tua vita. 


Poesie a se stesso, LXXVIII (PG 37, 1425-1426)

Gregorio di Nazianzo

 

domenica 30 novembre 2025

Due monaci



Due monaci pregano senza sosta, uno è corrucciato, l'altro sorride. 

Il primo domanda:

- Com'è possibile che io viva nell'angoscia e tu nella gioia se entrambi preghiamo per lo stesso numero di ore?

L'altro risponde:

- Perché tu preghi sempre per chiedere e io prego solo per ringraziare.


venerdì 28 novembre 2025

San Bonaventura: preghiere a Gesù

O dolcissimo Signore Gesù, ferisci anche me col soavissimo e salutare tuo amore, affinché l’anima mia si riposi nella serena e apostolica tua santissima carità. La mia anima ti brami e si purifichi nell’attesa del Paradiso, e non sospiri che di separarsi dal corpo per essere sempre con te.

Tu sei o Signore, il gaudio degli Angeli, la forza dei Santi, il nostro soavissimo pane quotidiano. Il mio cuore abbia sempre fame e sete di te, o Gesù, e si delizi nelle dolcezze del tuo amore. Te sempre cerchi come fonte della vita e della sapienza, come torrente della gioia che riempie la casa di Dio.

Tu solo sii la mia gloria! A Te io pensi, di Te parli, tutto operi a Tuo onore, a Te pervenga con umiltà e pace, con trasporto e diletto, con perseveranza e fervore, affinché in Te, mia fiducia, mia gioia, mia pace, io sempre viva con la mente e con il cuore. Amen


Trafiggi, o dolcissimo Signore Gesù, la parte più intima dell'anima mia con la soavissima e salutare ferita dell'amor tuo, con vera, pura, santissima, apostolica carità, affinché continuamente languisca e si strugga l'anima mia per l'amore e il desiderio di Te solo. Te brami, e venga meno presso i tuoi tabernacoli, e sospiri di essere sciolta (dai lacci dei corpo) e di essere con Te. Fa' che l'anima mia abbia fame di Te, pane degli Angeli, ristoro delle anime sante, pane nostro quotidiano, pane soprannaturale che hai ogni dolcezza ed ogni sapore e procuri la gioia più soave.

Di Te, che gli Angeli desiderano di contemplare incessantemente, abbia fame e si sazi il cuor mio, e della dolcezza dei tuo sapore sia riempita la parte più intima dell'anima mia: abbia ella sempre sete di Te, fonte di vita, fonte di saggezza e di scienza, sorgente dell'eterna luce, torrente di delizie, dovizia della casa di Dio.

Te sempre ambisca, Te cerchi, Te trovi, Te si prefigga come meta, a Te giunga, a Te pensi, di Te parli e tutte le cose faccia ad onore e gloria dei tuo nome con umiltà e con discernimento, con amore e con piacere, con facilità e con affetto, con perseveranza che duri fino alla fine.

E Tu solo sii sempre la mia speranza e la mia fede, la mia ricchezza e il mio diletto, la mia gioia, il mio gaudio, il mio riposo, la mia tranquillità, la mia pace, la mia soavità, il mio profumo, la mia dolcezza, il mio cibo, il mio ristoro, il mio rifugio, il mio aiuto, la mia scienza, la mia parte, il mio bene, il mio tesoro, nel quale fissi e fermi, con salde radici, rimangano la mente ed il cuor mio.


Gesù, Pane degli angeli, cibo degli eletti, nostro pane quotidiano, più di ogni altro nutriente e fragrante di dolcezza. Di te, che gli angeli contemplano. abbia sempre fame e si nutra l’anima mia. Il mio cuore abbia sempre sete di te, o mio Dio, sorgente di vita, fonte di sapienza e di scienza, origine d’eterna luce, inesauribile torrente di delizie, tesoro della casa di Dio.

Te sempre desideri il mio cuore, te cerchi, te aneli, te trovi, a te giunga, te mediti, di te parli, tutto operi a gloria tua. con umiltà e discrezione, con amore e piacere. con spontaneità e costanza.

Tu solo sii sempre la mia speranza, mia unica gioia e mia pace, tu mio riposo e mia serenità, tu mio rifugio e aiuto, tu mia eredità, mio bene e mio tesoro; in te sempre siano, fissi, sicuri e fermamente radicati il mio cuore e la mia mente.


O Cuore amatissimo di Gesù, perché ti sei fatto squarciare dalla lancia, se non per mostrarmi l'eccesso dell'amor tuo e per essere l'abitazione dell'anima mia? E quando entrerò io in Te e solennemente protesterò: “Questo è il mio eterno riposo; qui abiterò perché mi sono scelto io stesso questa dimora?”.

Gesù mio, introduci quanto prima quest'anima mia attraverso la ferita dell'aperto costato nel segreto del tuo amabilissimo e amantissimo Cuore, affinché essa si purifichi, si abbellisca e tutta si infiammi nella tua carità; in modo che, dimentica delle terrene sollecitudini, pensi solo ad amar Te, mio Dio crocifisso.


Canto alla croce

Ama la croce, luce e pace,
e per essa, ormai,
Cristo sia il tuo Signore! 
Tracciala su di te con la 
mano: essa ti tiene e tu la 
tieni con tutto il tuo essere.
 
Il cuore in croce, la croce nel cuore,
liberato da ogni bruttura,
calmo e sereno;
che ben forte la croce 
amatissima dalle tue labbra sia 
proclamata: lodata senza fine.

Nel riposo, nella fatica,
quando ridi e quando piangi, 
conserva ben stretta
quando vai, quando vieni,
nelle gioie, nei dolori 
la croce nel cuore!


O mio Gesù sofferente, tu sei davvero il mio maestro, nel quale sono nascosti tutti i tesori della celeste sapienza. Scoprimi, dunque, tutti questi tesori di sapienza e di salvezza, che sono racchiusi nella tua amara Passione e Morte: Fa' risplendere dentro di me, la luce che parte da tutte le tue piaghe, affinché d'ora innanzi non segua che la stella che manda i suoi raggi da queste tue piaghe, ed in essi riposi. Mio caro Gesù, ammorbidisci il duro mio cuore col vostro Sangue, affinché palpiti sempre d'amore per te, e raccogli nella piaga del tuo costato, tutti i miei pensieri, perduti finora dietro le cose mortali. Dammi una vera e sincera devozione della tua Passione, che è la medicina più efficace di tutte le malattie della mia povera anima, la morte di tutte le mie passioni e di tutti i miei peccati, la custodia di tutti i miei sensi contro le occasioni di peccato, l'alimento della vera devozione verso di te e del più puro amore fraterno, ed uno stimolo potentissimo al mio cuore a cercar solo le cose celesti. Fa', mio Gesù, che io consideri e senta veramente entro di me la tua Passione, e mi basta, poiché le tue piaghe provvedono l'anima mia di quanto essa può abbisognare e desiderare. 

giovedì 27 novembre 2025

I benefici del cristianesimo

Grandissimi furono in tutti i tempi i benefici che il clero e la religione cristiana apportarono all'umanità.

La carità, virtù assolutamente cristiana e sconosciuta agli antichi, è cominciata da Cristo. E per carità i suoi discepoli, gli Apostoli, si distinsero, conquistando i cuori. I primi cristiani, allevati a questa santa virtù, mettevano in comune i loro beni per soccorrere i bisognosi, i malati, i viandanti. E così cominciarono gli ospedali. Quando la Chiesa divenne piú ricca, fondò per i nostri mali, ospizi degni di essa; e da questo momento le opere di misericordia non ebbero piú fine: vi fu come un traboccamento di carità sui miserabili sino allora abbandonati senza conforto e senza soccorso dai felici del mondo.

Consacrare la vita a consolare i nostri dolori, a curare le nostre piaghe è il primo dei benefici che la Chiesa ha fatto alla povera e travagliata umanità. Il secondo è di illuminarci. Sono stati i preti che ci hanno guarito dall'ignoranza, e che da secoli e secoli si sono sepolti nella polvere delle scuole per levarci fuori dalla barbarie. Dicono che i preti non amano la luce della scienza. Quale ingratitudine! Sono stati essi che ce ne hanno aperte le fonti. Essi non hanno pensato ad altro che a farci partecipare alle scoperte che facevano, con pericolo della vita, nelle ruine della scienza greca e romana.

Il benedettino che sa tutto, il gesuita che conosce la scienza e il mondo, il dottore delle università medievali meritano forse meno riconoscenza degli umili fraticelli che si prodigavano nell'insegnamento gratuito dei poveri? Tutte le università europee furono fondate da principi cristiani o da vescovi o da preti; e i preti vi hanno insegnato per molti secoli. Nel 540 della nostra era San Benedetto fondò a Montecassino quel chiostro celebre che ebbe una triplice gloria, di convertire l'Europa, di lavorare le terre, di riaccendere la fiaccola spenta del sapere. E mentre gli ordini religiosi lavoravano all'educazione della gioventù, alla scoperta dei manoscritti, all'interpretazione delle antichità, i pontefici romani, prodigando onori e ricompense ai dotti, proteggevano la rinascita delle arti, della filosofia, delle lettere. Una grande gloria per la Chiesa è che un secolo sia stato chiamato, dal nome di un papa, il secolo di Leone X. Coloro che dipingono il cristianesimo come retrivo, come nemico dei lumi e del progresso, contraddicono a tutte le testimonianze storiche, che ci dicono che il progresso si è fatto anzi sul Vangelo. La Roma cristiana fu per il mondo odierno quel che la Roma pagana era stata per il mondo antico: il legame universale. Il padre spirituale, posto in mezzo ai popoli, univa da Roma in un solo popolo tutti i popoli della terra.

E dunque una cosa incontrovertibile che l'Europa debba al papato la sua civiltà, una parte, la piú ragguardevole e savia, delle sue leggi, e quasi tutte le scienze e le arti.

Dobbiamo anche al clero il rinnovamento dell'agricoltura in Europa. Dissodamento di terre, aperture di strade, ingrandimento di villaggi, costruzioni di edifici e fattorie, manifatture, commerci, leggi civili e politiche, tutto ci è venuto dalla Chiesa. I nostri padri erano dei barbari a cui la Chiesa ha dovuto insegnare ogni cosa, e sin l'arte di nutrirsi. La maggior parte dei lasciti e delle concessioni di terre fatte ai monasteri erano poderi selvaggi che i monaci dovettero bonificare e coltivare con le loro stesse mani. Foreste impraticabili, paludi malsane, vasti deserti, furono pian piano ridotti a terreni ricchi e fertilissimi. Montecassino, per esempio, non era che una squallida solitudine, seminata di spini e di sassi, quando San Benedetto ne fece il luogo del suo ritiro.

Dopo poco tempo, grazie al lavoro dei frati, quel deserto cambiava faccia, e la nuova abbadia divenne così ricca che nel 1057 potette difendersi da sola contro i Normanni che volevano saccheggiarla.

I monasteri, durante le barbarie medievali, erano i soli luoghi dove i viaggiatori potessero trovare i viveri e un rifugio contro le intemperie. Questa ospitalità era grandemente in onore presso i religiosi, e parecchi ordini, detti appunto ospitalieri, vi si consacravano espressamente. In questa specie di alberghi s'accoglievano con le stesse premure i re e i poveri, e si credeva di far molto onore ai principi che vi erano ospitati, proponendo loro di far qualche cosa in favore dei poveri che per caso si trovavano insieme con loro sotto lo stesso tetto. Fu così che il cardinale di Borbone servì a tavola, nell'abbadia di Roncisvalle, trecento pellegrini.

I monaci furono i primi che si consacrarono alle arti meccaniche e al commercio. I terziari di San Francesco facevano stoffe nel tempo stesso che curavano i malati e imparavano a leggere ai figli del povero. I Geronimiti in Spagna esercitavano parecchie manifatture. Quasi tutti i frati erano muratori, e costruivano da sè le loro chiese e i loro conventi. Essi istituirono le prime fiere. Facevano il vino; esportavano il grano; vendevano la cera, la pergamena, il lino, la seta, le oreficerie, le tappezzerie. Altri frati coltivavano le belle arti: erano pittori, scultori, architetti, musicisti.

François-René de Chateaubriand (1768 - 1848), scrittore, politico e diplomatico francese



mercoledì 26 novembre 2025

Avvicinarsi a Dio accostandosi all'uomo

Il Samaritano per avvicinarsi al poveraccio battuto ai margini si è avvicinato a Dio accostandosi all'uomo. Ha trovato il Dio invisibile, reso visibile, a portato di mano, nella persona dell'estraneo, del ferito, della vittima. Ha “visto” Dio vedendo il povero e provando compassione nei sui confronti.  

Il sacerdote e il levita, invece, hanno tirato dritto lungo il loro itinerario religioso, nell'illusione che la presenza di Dio fosse confinata esclusivamente nell'area del tempio. Non hanno capito che non esiste un cammino diretto per arrivare a Dio. Si arriva a Dio unicamente deviando in direzione del prossimo. Per arrivare sicuramente a Dio bisogna fermarsi di fronte a quell'uomo (non importa chi sia) che reclama attenzione, il riconoscimento della sua dignità e la quota di amore che gli spetta. Soltanto l'umanità, il fremito nelle viscere, la fitta avvertita dalle parti del cuore è “sinonimo” inequivocabile del divino. È il caso di farci accompagnare dal Samaritano, proposto come guida ed esempio da Gesù stesso, per compiere il pellegrinaggio al santuario dell'uomo. Pellegrinaggio che implica, letteralmente, un uscir fuori dal campo, dalla città, dal recinto delle abitudini devozionali.  

Con le pratiche religiose rischiamo di essere soltanto dei “buoni cristiani”. Con la pratica della misericordia, con i riti della tenerezza e della compassione, abbiamo la possibilità di diventare “cristiani buoni”, che è la cosa più utile per tutti. L'indulgenza più preziosa è quella che ci concede Cristo allorché riusciamo a “farci prossimo” a Lui negli innumerevoli suoi travestimenti da poverocristo. 

Sulle orme del Samaritano. Pellegrinaggio al santuario dell'uomo, Gribaudi, pp. 5-6. 

Alessandro Pronzato


Vicina di casa

Talvolta è facile, persino comodo, considerare un po' lontana Maria. Magari la si invoca, ma tenendola a distanza. Vista da vicino, Maria diventa un dono: è di conforto e di sostegno, di confronto e di esempio.

Maria, il tuo è un nome che non ci consente soltanto di proiettarti nelle vicinanze vertiginose di Dio, ma ti rende vicina a noi. Se permetti, Maria, ti consideriamo come nostra vicina di casa, di pianerottolo. È un nome, il tuo, che autorizza questo accostamento. Proprio grazie a questo nome familiare, che non mette soggezione, abolisce le distanze, bussiamo alla tua porta, ci affacciamo sulla soglia della tua abitazione. Non siamo curiosi. Vogliamo semplicemente dare un’occhiata. Cercare di capire. Sì, capire il segreto della tua pienezza. Farci spiegare da te che bisogna avere il coraggio di eliminare gli ingombri, sbarazzarci delle cianfrusaglie, liquidare le cose futili, fare spazio a lui, insomma. Maria, lasciaci sostare nella tua casa di Nazareth, perché ci rendiamo conto che le tue giornate sono uguali alle nostre, le tue ore identiche alle nostre, le tue occupazioni modeste come le nostre. E ci convinciamo che il capolavoro della vita lo si realizza durante le « piccole» ore della giornata, attraverso le occupazioni più comuni. Non esiste l’ora dei grandi avvenimenti. Gli avvenimenti decisivi «succedono» nel trascorrere monotono del tempo normale. Michelangelo ha costruito il David impiegando le stesse «piccole» ore che anche noi abbiamo a disposizione. E tu, molto prima, hai realizzato nel tuo corpo l’Opera ineguagliabile, hai custodito e lasciato crescere il Seme più fecondo, non durante ore particolarmente solenni, ma nel corso di quel tempo «ordinario» che Dio regala quotidianamente pure a noi.

Maria, siamo sicuri di non recarti fastidio se veniamo a bussare frequentemente alla tua porta, come si fa con quella vicina sempre disponibile. E come avviene con la vicina, noi osiamo chiederti ciò di cui abbiamo bisogno. E abbiamo bisogno di tutto. Maria, siamo a corto di speranza. Sprovvisti di luce. Carenti in fatto di fedeltà. Vuoti di semplicità. Abbiamo esaurito le scorte di pazienza, coraggio, coerenza, capacità di perdono, voglia di ricominciare. Ci ritroviamo, all’improvviso, senza pace. La gioia se n’è andata. Basta pronunciare il tuo nome. II tuo nome, Maria, «contiene» tutte quelle cose che ci mancano. E noi abbiamo imparato a pronun­ciarlo, così come si mastica un frutto saporito che non delude le attese, sazia la fame e la sete, fornisce le sostanze vitali. Ecco perché non possiamo non sentirti vicina.

Alessandro Pronzato

Trasformarci in dono

A Natale si usa fare dei doni. Montagne di regali, quintali di carta elegante, chilometri di filo dorato, biglietti di auguri grossi come lenzuoli. Crediamo di sdebitarci così verso le persone cui dobbiamo riconoscenza. Ma è troppo facile, troppo comodo. Come cristiani abbiamo il dovere, non di fare dei doni, ma di trasformarci in dono. Far sì che la nostra vita sia un dono senza riserve. Per tutti. Perché ciascuno di noi è debitore verso tutti gli altri. Soprattutto dobbiamo avere il coraggio di specchiarci in quelle tre righe di Luca: di trovare quella semplicità. Smontare il nostro Natale mastodontico e macchinoso. Per riscoprire quello autentico. Arricchirci di quella povertà.

 Vangeli scomodi

 Alessandro Pronzato

Ecco, sto alla porta e busso...

“Ecco, sto alla porta e busso...”
 Egli non viene né per onorare il suo nome
 né per salvare la sua dignità:
 viene per chi sta dietro la porta chiusa.
 E chi ci sta dietro la porta chiusa?
 Io ci sto: in tanti ci stanno; ci sta il mondo.
 Il quale mi sembra ancor più sprangato
 in questo Natale...

 Da secoli, non da decenni, Egli attende...
 Ma anche se tardasse un po', aspettatelo:
 Egli verrà e lo vedrete tutti e ne godrà il vostro cuore
 poiché Egli viene a portare la pace al suo popolo
 e a restituirgli la vita.

Primo Mazzolari (1890 - 1959), prete, scrittore e partigiano italiano

domenica 23 novembre 2025

Auguri ...scomodi

Carissimi, 

non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.

Io, invece, vi voglio infastidire.

Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.

Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!


Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.

Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.

Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.

I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.

I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.


don Tonino Bello

martedì 18 novembre 2025

Vieni, chiunque tu sia

Vieni, vieni, chiunque tu sia, vieni!

Sei un miscredente, un idolatra?… anche se non credi in nulla, Vieni!

La nostra casa non è un luogo di disperazione,

e anche se hai infranto mille volte le tue promesse,

vieni, ancora una volta vieni...


Mawlana Jalaluddin Rumi, poeta mistico del XIII secolo

domenica 9 novembre 2025

Come allevare figli delinquenti...

1. Dai a tuo figlio tutto ciò che chiede. Crederà di avere il diritto di ottenere tutto ciò che desidera.

2. Ridi quando tuo figlio dice parolacce. Crescerà pensando che la mancanza di rispetto è un divertimento.

3. Non sgridare mai tuo figlio per il suo comportamento. Crescerà pensando che non esistono regole nella società.

4. Raccogli tutto quello che tuo figlio mette in disordine. Crescerà credendo che gli altri debbono farsi carico delle sue responsabilità.

5. Permettigli di vedere qualsiasi programma alla TV. Crescerà credendo che non ci sono differenze tra essere bambino e essere adulto.

6. Dai a tuo figlio tutto il denaro che chiede. Crescerà pensando che ottenere denaro è facile e non esiterà a rubarlo per averlo.

7. Mettiti sempre dalla sua parte, contro i vicini, i maestri, la polizia. Crederà che ciò che fa va sempre bene, sono gli altri che sbagliano.

Seguendo queste istruzioni le garantiamo che suo figlio sarà un delinquente e terremo pronta una cella per lui.

giovedì 9 ottobre 2025

Aforismi Italia e italiani

Se un americano non sa una cosa, paga per saperla.
Se un inglese non sa una cosa, si accende la pipa. 
Se un francese non sa una cosa, fa finta di saperla. 
Se un tedesco non sa una cosa, la impara. 
Se uno spagnolo non sa una cosa, chiede che gli sia spiegata.
Se un irlandese non sa una cosa, ci beve sopra.
Se uno svizzero non sa una cosa, ci scommette sopra.
Se un portoghese non sa una cosa, ti sfida a chi ha ragione.
Se un greco non sa una cosa, non sa di non saperla. 
Se un italiano non sa una cosa, la insegna.

Italiani, un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori. (Benito Mussolini, Discorso del 2 ottobre 1935)

Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! (Dante Alighieri,  Divina Commedia, Purgatorio, canto VI, 76-78)

Questo popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti, di cognati… (Ennio Flaiano)

L’italiano ha un solo vero nemico: l’arbitro di calcio, perché emette un giudizio. (Ennio Flaiano)

L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé. (Johann Wolfgang von Goethe)

L’italiano non lavora, fatica. (Leo Longanesi)

L’italiano non s’organizza: s’arrangia. (Roberto Gervaso)

Gli Italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre. (Winston Churchill)


lunedì 6 ottobre 2025

La candela che non voleva bruciare

Questo non si era mai visto: una candela che rifiuta di accendersi. Tutte le candele dell’armadio inorridirono. Una candela che non voleva accendersi era una cosa inaudita!

Mancavano pochi giorni a Natale e tutte le candele erano eccitate all’idea di essere protagoniste della festa, con la luce, il profumo, la bellezza che irradiavano e comunicavano a tutti. Eccetto quella giovane candela rossa e dorata che ripeteva ostinatamente:

«No e poi no! Io non voglio bruciare. Quando veniamo accesi, in un attimo ci consumiamo. Io voglio rimanere così come sono: elegante, bella e soprattutto intera».

«Se non bruci è come se fossi già morta senza essere vissuta», replicò un grosso cero, che aveva già visto due Natali. «Tu sei fatta di cera e stoppino, ma questo è niente. Quando bruci sei veramente tu e sei completamente felice».

«No, grazie tante», rispose la candela rossa. «Ammetto che il buio, il freddo e la solitudine sono orribili, ma è sempre meglio che soffrire per una fiamma che brucia».

«La vita non è fatta di parole e non si può capire con le parole, bisogna passarci dentro», continuò il cero. «Solo chi impegna il proprio essere cambia il mondo e allo stesso tempo cambia se stesso. Se lasci che la solitudine, buio e freddo avanzino, avvolgeranno il mondo».

«Vuoi dire che noi serviamo a combattere il freddo, le tenebre e la solitudine?».

«Certo», ribadì il cero. «Ci consumiamo e perdiamo eleganza e colori, ma diventiamo utili e stimati. Siamo i cavalieri della luce».

«Ma ci consumiamo e perdiamo forma e colore».

«Sì, ma siamo più forti della notte e del gelo del mondo», concluse il cero.

Così anche la candela rossa e dorata si lasciò accendere. Brillò nella notte con tutto il suo cuore e trasformò in luce la sua bellezza, come se dovesse sconfiggere da sola tutto il freddo e il buio del mondo. La cera e lo stoppino si consumarono piano piano, ma la luce della candela continuò a splendere a lungo negli occhi e nel cuore degli uomini per i quali era bruciata.

Bruno Ferrero

martedì 23 settembre 2025

Non tacere la verità

La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell'odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell'odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo.

Sermoni

Sant'Antonio da Padova

domenica 21 settembre 2025

Maria donna del cammino

Vergine Santa, che hai percorso territori sconfinati, dalla Palestina all'Egitto, e seguendo le orme del Tuo Figlio non ti sei risparmiata nessun cammino, proteggi coloro che, per terra, cielo e mare sono in viaggio per qualsiasi motivo che li spinge a lasciare i loro luoghi d'origine e camminare senza mete e senza confini.

Tu che hai affrontato il primo viaggio della carità, da Nazareth a Ain-Karin, per andare incontro alla tua anziana cugina, insegnaci ad andare incontro, con generosità, alla vita nascente, agli anziani, agli ammalati e a tutti i sofferenti della Terra.

Tu che sei andata da Nazareth a Betlemme, per dare alla luce il Tuo Figlio Gesù, conforta le madri che soffrono per motivi attinenti la loro vita di nutrici e genitrici.

Tu che sei stata costretta a lasciare, per la violenza e il terrore di Erode, con Gesù e Giuseppe, la tua Nazareth, guarda con amore e proteggi coloro che sono immigrati storici o di questi giorni, che sono senza patria e senza un popolo, e che sono fuggiti via per motivi di fame, lavoro, guerre e violenze di ogni genere.

Tu che sei rientrata in Patria con la tua famiglia naturale, fa' che tutti coloro che desiderano ritornare alla loro casa, vicina o lontana, possono farlo senza alcuna difficoltà.

Tu che hai camminato insieme a Gesù, per celebrare la Pasqua nella Gerusalemme terrena, fa' che anche noi possiamo festeggiare la Pasqua eterna, senza perderci nel lungo o breve viaggio nel tempo e che, con il tuo santo aiuto, passiamo raggiungere per sempre Gesù.

Tu che hai seguito Cristo, nel suo peregrinare per portare la dolce parola del Vangelo alla gente del suo tempo, guidaci nel cammino della nuova evangelizzazione, ora e sempre.

Tu, Stella che conduci la Chiesa nel suo impegno apostolico e missionario in tutto il mondo, illumina gli annunciatori della parola del Signore ad essere veri testimoni di Gesù.

Tu che hai accompagnato il tuo Figlio Gesù lungo la via del Calvario, e ti sei incontrata con Lui, nel mezzo del cammino del suo patire, sii vicino alle tante sofferenze di questa umanità, che va in cerca della vera libertà.

Tu, infine, che hai partecipato alla Risurrezione del Tuo Figlio e sei stata la prima ed unica creatura ad essere elevata al cielo in anima e corpo, donaci la possibilità di sperimentare ogni giorno la gioia e la serenità di chi cammina con il cuore e la mente rivolti al Signore, che è Dio Amore e Padre di misericordia.

Tu Vergine e Donna del cammino, Tu Madre Immacolata e Purissima del Redentore, spingi i nostri cuori incontro al Signore della vita e della storia, perché nessuno dei tuoi figli vada perduto nel carcere eterno dell'inferno.

Amen


Padre Antonio Rungi, presbitero passionista italiano


Ave Maria, Vergine della notte

Nell’ora del nostro calvario,
Tu, che hai sperimentato l’eclissi del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà.

Alleggerisci con carezze di Madre
la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.

Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane e conforta,
col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.

Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.

Se nei momenti dell’oscurità
ti metterai vicino a noi
le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l’aurora.
Così sia.


Don Tonino Bello

martedì 16 settembre 2025

Dio chiama sempre

Il troppo tardi non esiste. 

Tutte le ore sono buone, 
purchè siano ore del giorno, 
sono buone tutte le età della vita, 
buone da parte di Dio 
perchè egli chiama; 
buone perciò da parte nostra 
per rispondere e corrispondere. 

Egli è paziente, come lo sono 
tutti quelli che alla bontà 
realmente si ispirano. 

Egli si contenta di poco, 
perchè anche il poco è qualche cosa. 

Finchè c'è un momento di tempo, 
di vita, c'è uno scampo di salvezza. 

Dio chiama sempre, 
chiama ancora, 
c'è ancora qualche cosa, 
qualche piccola cosa da fare. 

Giovanni Semeria (1867 – 1931), presbitero barnabita, oratore e scrittore italiano 

Aforismi Propaganda

#Verità

I maggiori trionfi della propaganda sono stati compiuti non facendo qualcosa, ma astenendosi dal farlo. Importante è la verità, ma ancor più importante, da un punto di vista pratico, è il silenzio sulla verità. (Aldous Huxley)

Oggi, per la loro propaganda, i dittatori si avvalgono soprattutto di tre mezzi: iterazione, soppressione e razionalizzazione: ripetizione di frasi fatte, che essi vogliono fare accettare per vere; soppressione di fatti, che essi vogliono ignorati; suscitamento e razionalizzazione di passioni che possono poi usarsi nell’interesse del Partito o dello Stato. (Aldous Huxley)

venerdì 12 settembre 2025

Costruire la pace


Come cristiani, oggi più che mai, abbiamo il dovere morale di rifiutare la guerra come “necessità politica o nazionale” e promuovere invece la pace come esigenza spirituale e di sopravvivenza. La pace inizia sempre dal cuore. Richiede tempo, fatica, lacrime. Ma resta la nostra unica speranza come individui, popoli e specie umana.

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Essere figli di Dio significa desiderare non ciò che vogliamo noi, ma ciò che vuole Dio. Significa abbracciare la giustizia anche quando è scomoda, ed essere pronti a condividere equamente le risorse del mondo, non solo con i privilegiati, ma con ogni essere umano.

Costruire la pace è difficile e spesso non gratificante. Ma è l’unica strada per sanare le fratture del mondo. Solo togliendo gli ostacoli alla pace, alleviando la sofferenza, sanando le ingiustizie e custodendo il creato, potremo davvero dire che Dio è con noi (Emmanuele). Solo così saremo degni di sentire le parole: «Beati i miti, perché erediteranno la terra» (Mt 5,5), e: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25,34).

Cari amici, questa è l’unità nella pace che celebriamo oggi. Questa è la pace che dobbiamo proporre al mondo. Ed è questa la pace che il mondo deve vedere in noi. Cristo è in mezzo a noi!

Discorso all'evento ecumenico “Time for God’s Peace”, Stoccolma, 12 Agosto 2025

Bartolomeo I, Patriarca di Costantinopoli della Chiesa ortodossa

giovedì 11 settembre 2025

Aforismi Speranza

Le verità che tolgono la speranza è meglio tacerle.

Sperare contro ogni speranza: questa è la vera speranza!

La speranza è un prestito che richiediamo alla felicità.

La speranza è per l'uomo ciò che la carica è per l'orologio: senza, l’orologio si fermerebbe. (A. d. C.)

Cantiamo Dio nella nostra vita. Questa nostra vita ora è speranza; poi sarà eternità. La vita della vita mortale è la speranza nella vita immortale. (Sant'Agostino)

Sperare in Dio significa tendere verso di Lui con buone opere. Onde nel Salmo 36 si dice: "Spera nel Signore e fa' il bene". (S. Alberto magno)

Bisogna sperare molto nel Signore, perché chi spera in lui non si troverà deluso. Iddio non abbandona, come gli uomini che spesso abbandonano i loro amici; e neppure vien meno come vengono meno i nostri beni di fortuna. (S. Alberto magno)

La speranza fa crescere la carità e la carità fa crescere la speranza. Certamente la speranza nella divina bontà fa crescere l'amore verso Gesù Cristo. (S. Alfonso M. de' Liguori)

La speranza dell'empio è come pula portata dal vento, come schiuma leggera sospinta dalla tempesta; come fumo dal vento è dispersa, si dilegua come il ricordo dell'ospite di un sol giorno. (Bibbia, Sapienza 5,14)

Beato chi non ha nulla da rimproverarsi e chi non ha perduto la sua speranza. (Bibbia, Siracide 14, 2)

Chi spera in Dio trova la pace. Chi si fida del mondo resta deluso. (Blaise Pascal) 

La fede e l'amore li posso comprendere, ma la speranza! Meraviglia anche me, è straordinaria. Questa piccola speranza che non si dà aria di niente. Questa speranza bambina. Immortale. (Charles Péguy)

La fede che più mi piace, dice Dio, è la speranza. Procede tra le sue grandi sorelle... É lei, la piccola, che trascina tutto. La fede vede solo quello che è. E lei vede ciò che sarà. La carità non ama se non ciò che è. E lei, lei ama ciò che sarà. La fede vede ciò che è nel Tempo e nell'eternità. La speranza vede ciò che sarà. Nel tempo e per l'eternità. (Charles Péguy)

La Chiesa insegna che la speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno dell'attuazione di essi. (Concilio vaticano II, Gaudium et spes, 21)

La vera misura del tempo non è l'orologio. La vera misura del tempo è la speranza. (Ebeling)

Spera ma senza voler trovare in te stesso la ragione della tua speranza. La speranza è una virtù teologica che trova in Dio l'oggetto e il motivo. Spera, perché Dio è infinitamente buono e potente. (Edward Poppe)

Sperare è dolce, più dolce che credere, più dolce che sapere. La certezza ti appaga, la fede ti illumina, ma la speranza ti incanta. La speranza tien sospesa l'anima sopra un filo d'argento che si perde nei segreti spazi del cielo. La speranza è l'attesa trepidante del buon seminatore, è l'ansia di chi si candida all'eterno. La speranza è infinitezza d'amore. (Emilio Servadio)

Sono varie le nature degli uomini: certi sperano tanto che mettono per certo quello che non hanno; certi sperano tanto che mettono per certo quello che non hanno; altri temono tanto che mai sperano se non hanno in mano. Io mi accosto più a questi secondi che ai primi: e chi è di questa natura s’inganna meno, ma vive con più tormento. (Francesco Guicciardini)

La speranza, per ingannevole che sia, serve almeno a condurci alla morte per una strada piacevole. (François de la Rochefoucauld, Riflessioni o sentenze e massime morali)

Che cosa orribile non avere speranza. Non avere speranza è come morire, essere inghiottiti lentamente nella solitudine, nell'angoscia, nella cupa tragedia che deriva dal non essere amati. (François Truffaut)

La speranza è un rischio da correre, addirittura il rischio supremo. La speranza non è autocompiacimento, ma la più grande e difficile vittoria che l'uomo possa riportare sulla propria anima. (Georges Bernanos)

La speranza illumina la vita e fa santificare il momento presente. La speranza infonde coraggio e fortezza e perfino entusiasmo nelle prove: di tutto si serve con calma, sobrietà. (Don Giacomo Alberione)

La speranza ci consola in vita tra le tribolazioni e le croci, impedendo lo scoraggiamento e portando al filiale abbandono nel padre che ci aspetta. (Don  Giacomo Alberione)

Sperare come se tutto dipendesse da Dio. Operare come se tutto dipendesse da me. (S. Ignazio di Loyola)

In mezzo a questo mondo sconvolto da guerre, odi e discordie, c’è una speranza: la Vergine Santa. (John Fulton Sheen)

La speranza non è un sogno, ma un modo per tradurre i sogni in realtà. (Card. Joseph Leo Suenens)

Accendere due candele in chiesa può avere un senso. Ma molto più importante è accendere ogni giorno la luce della speranza nel nostro cuore e quella della gioia cristiana nel nostro sguardo. (Louis Albert Lassus)

Speriamo quello che vogliamo, ma accettiamo quello che accadrà. (Marco Tullio Cicerone)

Anche se avrò aiutato una sola persona a sperare, non avrò vissuto invano. (Martin L. King)

Il dubbio distrugge e la fede crea. Non disperarti quindi, poiché non è mai tardi per seminare la speranza. Nelle ore grigie guarda ben profondo dentro di te: troverai sempre il richiamo dell'azzurro. (Nino Salvaneschi)

Sperare vuol dire creare, mentre disperare è già distruggere. E chi spera paralizza il dubbio, annienta lo sconforto, semina il successo, prepara la vittoria. Conserva dunque sempre un po' della sua luce per la tua sera. (Nino Salvaneschi)

La speranza è la compagna più preziosa: la sola che, dopo averci aiutato a vivere. ci prepara anche a morire. (Nino Salvaneschi)

Non affidare la nave ad un'ancora sola, né la vita ad una sola speranza. (Plutarco)

"Laborantes in spe" (S. Paolo). Destinati a lavorare nella speranza! (Don Primo Mazzolari)

La speranza vede la spiga, quando i miei occhi di carne non vedono che il seme che marcisce. (Don Primo Mazzolari)

Si credono le cose che si sperano. Si sperano le cose che si amano. Si amano le cose che ancora non sono e che la Speranza fa così belle. (Don Primo Mazzolari)

La speranza è un credito fatto a Dio oltre ciò che l'uomo può vedere e capire. (Don Primo Mazzolari)

La speranza è come una strada di campagna: non c’era, ma dopo che tanta gente ha calpestato il terreno, s’è fatta la strada. (Proverbio cinese)

Fate che la vostra vita sia un messaggio di speranza. Un'opera d'amore. (Raoul Follereau)

La speranza è il vascello che conduce alla scoperta di questo nuovo mondo: la fede. Ma solo la carità può gettare gli ormeggi. (Raoul Follereau)

Io non conosco Dio, ma sono conosciuto da lui: e questa è la mia speranza. (Raoul Follereau)

Ogni volta che qualcuno si erge in difesa di un ideale e agisce per migliorare il destino altrui o lotta contro l'ingiustizia, diffonde una piccola onda di speranza. (Robert Kennedy)

Nel mio cuore, la speranza, come seme nel grembo della terra, tutta la notte sogna il tepore e la luce del mattino. (Tagore)

Non ti appoggiare sulle tue forze, ma pianta saldamente le basi della tua speranza in Dio. (Tommaso da Kempis)

Chi ha perso tutto ancora c’ha abbastanza se je rimane un filo de speranza. (Trilussa)









mercoledì 10 settembre 2025

Amicizia

L’amicizia comporta moltissimi e grandissimi vantaggi, ma ne presenta uno nettamente superiore agli altri: alimenta buone speranze che rischiarano il futuro e non permette all’animo di deprimersi e di abbattersi. Chi guarda un vero amico, in realtà, è come se si guardasse in uno specchio. E così gli assenti diventano presenti, i poveri ricchi, i deboli forti e, quel che è più difficile a dirsi, i morti vivi; tanto intensamente ne prolunga l’esistenza il rispetto, la memoria e il rimpianto degli amici. Ecco perché degli uni sembra felice la morte, degli altri lodevole la vita. Se poi privi la natura dei legami affettivi, nessuna casa, nessuna città potrà restare in piedi, neppure l’agricoltura sopravvivrà.

Lelio o dell'Amicizia, 44 a.C.

Marco Tullio Cicerone

Resta accesa la speranza

In una stanza silenziosa c'erano quattro candele accese.

La prima si lamentava: "Io sono la Pace, ma gli uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere". E così accadde.

La seconda disse: "Io sono la Fede, ma gli uomini preferiscono le favole: non mi resta che lasciarmi spegnere". E così accadde.

La terza candela confessò: "Io sono l'Amore, ma gli uomini sono cattivi e incapaci di amare: non mi resta che lasciarmi spegnere".

All'improvviso nella stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: "Ho paura del buio!".

Allora la quarta candela disse: "Non piangere, io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele: io sono la Speranza".

lunedì 1 settembre 2025

Il paradosso del valore

C’è un enigma antico, che ha attraversato secoli di pensiero economico e filosofico: l’acqua, senza la quale non potremmo vivere, ha un prezzo bassissimo; i diamanti, che non servono a sopravvivere, hanno prezzi altissimi. È ciò che viene chiamato paradosso del valore o paradosso di Smith, dal nome dell’economista che lo rese celebre nel 1776.

A prima vista sembra un’assurdità. Eppure la spiegazione nasce dal distinguere tra valore d’uso e valore di scambio. L’acqua ha un valore d’uso immenso: disseta, irriga, lava, sostiene la vita stessa. Ma proprio perché abbondante, il suo valore di scambio rimane basso. I diamanti, al contrario, hanno un valore d’uso quasi nullo: non sfamano, non dissetano, non curano. Ma la loro rarità, unita al desiderio che suscitano, ha fatto sì che il loro valore di scambio diventasse elevatissimo.

La teoria economica dell’utilità marginale, elaborata nell’Ottocento, chiarisce il meccanismo: il prezzo non dipende dall’utilità totale di un bene, ma dall’utilità dell’ultima unità disponibile. Un bicchiere d’acqua in una città ricca di fontane vale pochissimo. Lo stesso bicchiere, se sei nel deserto e la tua gola brucia, può valere più di un diamante.

Ma c’è un’altra verità, più scomoda. Di diamanti, in realtà, ce ne sono molti più di quanto comunemente si creda: ogni anno ne vengono estratti oltre 120 milioni di carati naturali e prodotti più di 10 milioni di carati sintetici in laboratorio. Se seguissero la logica dell’abbondanza, i diamanti dovrebbero avere un prezzo accessibile. E invece no. Perché per decenni le grandi società estrattive, come De Beers, hanno ridotto artificialmente l’offerta, immettendo sul mercato solo una parte della produzione, così da mantenere intatta l’illusione della rarità. Non è la natura a rendere i diamanti preziosi, ma il teatro del mercato.

Ed è proprio qui che il paradosso si allarga.

L’acqua è, ma non si mette in mostra: scorre, serve, sostiene senza apparire. È l’essenza della vita, ma non ha bisogno di specchiarsi in se stessa.

I diamanti invece appaiono più di quanto siano: brillano, riflettono, si fanno status e promessa d’eternità. Non sono essenziali, ma sono desiderati. Non perché servano, ma perché luccicano. (lo sappiamo servono anche nell'industria, ma quelli industriali costano molto meno)

Così, l’essere che non chiede riconoscimento resta svalutato, e l’apparire che abbaglia diventa moneta sonante. E alla fine, il prezzo non misura ciò che davvero fa vivere, ma ciò che convince gli uomini a sembrare vivi.

Lineamenti di economia politica, 1999 

Alessandro Roncaglia, professore emerito di Economia politica

sabato 30 agosto 2025

Il segreto per sopravvivere

Ángel era ebreo e proprietario di uno dei forni più famosi di tutta la Germania.
Quando gli chiedevano come avesse fatto a sopravvivere all’Olocausto, raccontava sempre la stessa storia:
«Vuoi sapere perché sono vivo oggi?
Da ragazzo, i nazisti ci caricarono su un treno diretto ad Auschwitz.
Giorni interi senza cibo, né acqua, né riparo.
Nevicava. Il freddo era insopportabile. La morte era ovunque, nel vagone.
Accanto a me, c’era un vecchio che tremava senza sosta. Anch’io stavo per congelarmi, ma usai le mani per scaldargli le sue, il viso, le gambe. Lo abbracciai tutta la notte, gli parlai, gli dissi di non mollare.
Quando arrivò il sole… mi accorsi di qualcosa che mi fece rabbrividire: tutti gli altri nel vagone erano morti congelati.
Solo noi due eravamo vivi.
Lui… perché l’avevo scaldato.
Io… perché avevo deciso di tenerlo in vita».

E poi Ángel aggiungeva sempre:
«Il segreto per sopravvivere è scaldare il cuore degli altri.
Quando dai calore… lo ricevi anche tu.
Quando aiuti qualcuno a vivere… vivi anche tu».

La vipera convertita

Appena che la Vipera s’accorse

d’esse vecchia e sdentata, cambiò vita.

S’era pentita? Forse.

Lo disse ar Pipistrello: – Me ritiro

in un orto de monache qui intorno,

e farò penitenza fino ar giorno

che m’esce fòri l’urtimo sospiro.

Così riparerò, con un bell’atto,

a tanto male inutile ch’ho fatto…

– Capisco: – je rispose er Pipistrello –

la crisi de coscenza è sufficente

per aggiustà li sbaji der cervello:

ma er veleno ch’hai sparso fra la gente,

crisi o nun crisi, resta sempre quello. 


Trilussa

sabato 2 agosto 2025

Preghiera alla Madre silenziosa


Maria silenziosa,
che tutto immaginasti
senza parlare,
oltre ogni visione umana,
aiutami ad entrare
nel mistero di Cristo
lentamente e profondamente,
come un pellegrino arso di sete
entra in una caverna buia
alla cui fine oda un lieve correr d'acqua.

Fa' che prima di tutto m'inginocchi
ad adorare,
fa' che poi tasti la roccia
fiducioso,
e m'inoltri sereno nel mistero.

Fa' infine ch'io mi disseti
all'acqua della Parola
in silenzio
come te.

Forse allora, Maria,
il segreto del Figlio Crocifisso
mi si rivelerà
nella sua immensità senza confini
e cadranno immagini e parole
per fare spazio solo all'infinito.

John Henry Newman


Santa Maria,
Vergine del silenzio e di misteriosa pace:
addolorata forte fedele,
attendi presso il sepolcro,
dove tace la Parola e giace il Santo di Dio.

Attendi vigile
che dal buio scaturisca la Luce,
dalla terra germogli la Vita.

Attendi l'alba del giorno senza tramonto,
l'ora del parto dell'umanità nuova.

Attendi di vedere nel Figlio risorto
il volto nuovo dell'uomo redento,
di udire il nuovo saluto di pace,
di cantare il nuovo canto di gloria.

Vergine dello Spirito, icona della Chiesa,
implora per noi la tua fede nella Parola,
la tua speranza nel Regno,
il tuo amore per Dio e per l'uomo.

A te, gloriosa Madre di Dio,
beata per la fede,
donna della pietà immensa,
la nostra lode perenne e grata. Amen

Giovanni Paolo II






venerdì 25 luglio 2025

Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa?

Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? 

Perché dovrebbero amare le sue leggi? 

Essa ricorda loro la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare.

È gentile dove sarebbero duri, e dura dove essi vorrebbero essere teneri.

Ricorda loro il Male e il Peccato, e altri fatti spiacevoli.

Essi cercano sempre d’evadere

dal buio esterno e interiore

sognando sistemi talmente perfetti

che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono. 

“La Rocca” 

T.S. Eliot

lunedì 21 luglio 2025

Maria, donna del Sabato santo

Nelle feste c'è Lui. Nelle vigilie, al centro, c'è Lei.

Discreta come brezza d'aprile che ti porta sul limitare di casa profumi di verbene, fiorite al di là della siepe.

Ci sono, a volte, degli attimi così densi di mistero, che si ha l'impressione di averli già sperimentati in altre stagioni della vita. E ci sono degli attimi così gonfi di presentimenti, che vengono vissuti come anticipazioni di beatitudini future.

Nel giorno del Sabato santo, di questi attimi, ce n'è più di qualcuno. E come se cadessero all'improvviso gli argini che comprimono il presente. L'anima, allora, si dilata negli spazi retro stanti delle memorie. Oppure, allungandosi in avanti, giunge a lambire le sponde dell' eterno rubandone i segreti, in rapidi acconti di felicità.

Come si spiega, infatti, se non con questo rimpatrio nel passato, il groppo di allusioni che, superata appena la "parasceve", si dipana al primo augurio di buona Pasqua, e si stempera in mille rigagnoli di ricordi, fluenti tra anse di gesti rituali?

La casa, vergine di lavacri, che profuma d'altri tempi. L'amico giunto dopo tanti anni, nei cui capelli già grigi ti attardi a scorgere reliquie d'infanzie comuni. Il dono opulento, là in cucina, tra le cui carte stagnole cerchi invano sapori di antiche sobrietà... quando era viva lei, e la madia nascondeva solo stupori di uova colorate. Il grembo vuoto della chiesa, il cui silenzio trabocca di richiami, e dove nel vespro ti decidi finalmente a entrare, come una volta, per riconciliarti con Dio e sentirti restituire a innocenze perdute.

E come si spiega se non col crollo delle dighe erette dai calendari terreni, quel sentimento pervasivo di pace che, nel Sabato santo, almeno di sfuggita, irrompe dal futuro e ti interpella con strani interrogativi a cui sentì già di poter dare risposte di gioia?

C'è un tempo in cui la gente starà sempre a scambiarsi strette di mano e sorrisi, così come fa oggi? Verranno giorni sottratti all'usura delle lacrime? Esistono spazi di gratuità, dove non smetteremo più gli abiti di festa? Ci sono davvero delle stagioni in cui la vita sarà sempre così?

Fascino struggente del Sabato santo, che ti mette nell' anima brividi di solidarietà perfino con le cose e ti fa chiedere se non abbiano anch'esse un futuro di speranza!

Che cosa faranno gli alberi stanotte, quando suoneranno a stormo le campane? Le piante del giardino spanderanno insieme, come turiboli d'argento, la gloria delle loro resine? E gli animali del bosco ululeranno i loro concerti mentre in chiesa si canta l'Exultet? Come reagirà il mare, che brontola sotto la scogliera, all'annuncio della Risurrezione? L'angelo in bianche vesti farà fremere le porte anche dei postriboli? Oltre i cancelli del cimitero, sussulteranno sotto il plenilunio le tombe dei miei morti? E le montagne, non viste da nessuno, danzeranno di gioia attorno alle convalli?

Una risposta capace di spiegare il tumulto di queste domande io ce l'avrei. Se nel Sabato santo il presente sembra oscillare su passato e futuro, è perché protagonista assoluta, sia pur silenziosa, di questa giornata è Maria.

Dopo la sepoltura di Gesù, a custodire la fede sulla terra non è rimasta che lei. Il vento del Golgota ha spento tutte le lampade, ma ha lasciato accesa la sua lucerna. Solo la sua. Per tutta la durata del sabato, quindi, Maria resta l'unico punto di luce in cui si concentrano gli incendi del passato e i roghi del futuro. Quel giorno essa va errando per le strade della terra, con la lucerna tra le mani. Quando la solleva su un versante, fa emergere dalla notte dei tempi memorie di santità; quando la solleva sull'altro, anticipa dai domicili dell' eterno riverberi di imminenti trasfigurazioni.

Santa Maria, donna del Sabato santo, estuario dolcissimo nel quale almeno per un giorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l'ultimo punto di contatto col cielo che ha preservato la terra dal tragico blackout della grazia. Guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.

Stabilizza nel nostro spirito la dolcezza fugace delle memorie, perché nei frammenti del passato possiamo ritrovare la parte migliore di noi stessi. E ridestaci nel cuore, attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca in fiducioso impegno a camminare nella storia.

Santa Maria, donna del Sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com' è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare.

Ripetici, insomma, che non c'è croce che non abbia le sue deposizioni. Non c'è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. Non c'è peccato che non trovi redenzione. Non c'è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell'alleluia pasquale.

Santa Maria, donna del Sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di quel giorno, ti sei preparata all' incontro col tuo figlio Risorto. Quale tunica hai indossato sulle spalle? Quali sandali hai messo ai piedi per correre più veloce sull'erba? Come ti sei annodata sul capo i lunghi capelli di nazarena? Quali parole d'amore ti andavi ripassando segretamente, per dirgliele tutto d'un fiato non appena ti fosse apparso dinanzi?

Madre dolcissima, prepara anche noi all' appuntamento con Lui. Destaci l'impazienza del suo domenicale ritorno. Adornaci di vesti nuziali. Per ingannare il tempo, mettiti accanto a noi e facciamo le prove dei canti.

Perché qui le ore non passano mai.


Don Tonino Bello (1935 - 1993), vescovo italiano

venerdì 18 luglio 2025

Il primo nome di Dio

Nel primo modo, anzitutto e principalmente, noi fissiamo il nostro sguardo sull'Essere stesso, dicendo che il nome proprio di Dio è Colui che è. Nel secondo modo, noi ci concentriamo sullo stesso Bene, dicendo che questo è il primo nome di Dio. Il primo si riferisce particolarmente all'Antico Testamento, il quale proclama principalmente l'unità dell'essenza divina, sicché fu detto a Mosè: Io sono colui che sono. II secondo riguarda il Nuovo Testamento, che distingue la pluralità delle persone, allorché impone di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Ecco perché Gesù Cristo, nostro maestro, volendo spronare alla perfezione evangelica quel giovane che diceva di aver osservato la Legge, riserva principalmente ed esclusivamente a Dio l'appellativo di buono. Nessuno - dice - è buono, se non Dio solo. Per questo il Damasceno, seguendo Mosè, dice che Colui che è il primo nome di Dio; e Dionigi, seguendo Cristo, dice che è il Bene il primo nome di Dio.

 Itinerarium mentis in Deum 5,2

San Bonaventura

giovedì 10 luglio 2025

Cosa ci ha portato in più Cristo?

Se il cristianesimo viene spogliato delle sue cosiddette assurdità per renderlo gradito al mondo e adatto all’esercizio del potere, cosa ne rimane? La ragionevolezza, il buon senso, le virtù naturali esistevano già prima di Cristo e si trovano anche ora presso molti non cristiani. Che cosa ci ha portato Cristo in più? Appunto alcune apparenti assurdità. Ci ha detto: amate la povertà, amate gli umiliati e gli offesi, amate i vostri nemici, non preoccupatevi del potere, della carriera, degli onori, delle cose effimere, indegne di anime immortali.

L’avventura di un povero cristiano (1968)

 Ignazio Silone (1900-1978)



domenica 15 giugno 2025

Esistere, conoscere e volere: l'immagine umana della Trinità

La Trinità onnipotente, chi la comprenderà? Eppure chi non parla di lei, se almeno parla di lei? Raramente l'anima che parla di lei sa di cosa parla. Si discute, ci si batte, ma nessuno, se non ha pace, vede questa visione. Vorrei invitare gli uomini a riflettere su tre cose presenti in se stessi, ben diverse dalla Trinità, ma che indico loro come esercizio, come prova e constatazione che possono fare, di quanto ne siano lontani. Alludo all'esistenza, alla conoscenza e alla volontà umana. Io esisto, so e voglio; esisto sapendo e volendo, so di esistere e volere, voglio esistere e sapere. Come sia inscindibile la vita in queste tre facoltà e siano un'unica vita, un'unica intelligenza e un'unica essenza, come infine non si possa stabilire questa distinzione, che pure esiste, lo veda chi può. Ciascuno è davanti a se stesso; guardi in se stesso, veda e mi risponda. Ma quand'anche avrà scoperto su ciò qualcosa e saprà esprimerlo, non s'illuda di aver scoperto finalmente l'Essere che sovrasta immutabile il mondo, immutabilmente esiste, immutabilmente sa e immutabilmente vuole. L'esistenza anche in Dio di queste tre facoltà costituisce la sua trinità, o questa triplice facoltà si trova in ognuna delle tre persone, così da essere tre in ognuna? o entrambi i casi si verificano in modi mirabili entro una semplicità molteplice, essendo la Trinità in sé per sé fine infinito, così da essere una cosa sola, e come tale conoscersi e bastarsi immutabilmente nella grande abbondanza della sua unità? Chi potrebbe avere facilmente questo concetto? chi esprimerlo in qualche modo? e pronunciarsi, in qualsiasi modo temerariamente?

Confessioni, 13,11-12

Agostino d'Ippona

sabato 14 giugno 2025

Aforismi Trinità

Tres vidit et Unum adoravit | Abramo ha visto Tre e ha adorato Uno. (Sant’Agostino) 

Le persone divine non sono più di tre: la prima che ama quella che nasce, la seconda che ama quella da cui nasce e la terza che è lo stesso amore. [...] Abbiamo l’Amante, il Padre, l’Amato, il Figlio, l’Amore, lo Spirito Santo. (Sant’Agostino, De Trinitate)

Ora la nostra gioia perfetta della quale nulla c’è di più alto, è godere di Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine. (Sant’Agostino)

Diceva un musulmano: «Dio, per noi, è uno: come potrebbe avere un figlio?» Rispose un cristiano: «Dio, per noi, è amore: come potrebbe essere solo?»  (anonimo)

Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. Tu sei insaziabile; e l'anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di te. (Santa Caterina da Siena)

Matto è chi spera che la nostra ragione
possa trascorrer l'infinita via
che tiene una sustanzia in tre Persone. (Dante, Purgatorio 3,34-36) 

Quando Una delle Tre Persone si dona ad un'anima, in forza dell'unica volontà, è unita con le Tre Persone ed è inondata di felicità, che proviene dalla Santissima Trinità. Di tale felicità si nutrono i Santi.(Santa Faustina Kowalska)

Mistero divino che ci interpella e ci coinvolge, perché la partecipazione alla vita trinitaria ci è stata offerta per grazia, attraverso l’incarnazione redentrice del Verbo e il dono dello Spirito Santo. (San Giovanni Paolo II)

Non appena concepisco l'Uno, sono illuminato dallo splendore dei Tre; non appena distinguo i Tre ritorno di nuovo all'Uno. Quando penso a uno dei Tre, penso a lui come a un tutto, e i miei occhi si riempiono, e gran parte di ciò che sto pensando mi sfugge. (San Gregorio Nazianzeno, Orazione, 40.41)

Dio Padre è la sorgente e la mèta della vita; Gesù Cristo è la strada per arrivare alla mèta; lo Spirito Santo è la forza per percorrere la strada e arrivare alla mèta. (Italo Castellani)

Le tre Persone si vedono distintamente, e l'anima, per una nozione ammirabile di cui viene favorita, conosce con certezza assoluta che tutte e tre sono una sola sostanza, una sola potenza, una sola sapienza, un solo Dio. (Santa Teresa d'Avila)

Che ti giova disputare degli alti misteri della Trinità, se poi, non essendo umile, tu dispiaci alla Trinità? (Tommaso da Kempis, Imitazione di Cristo)

Dalla Trinità e non dalla filosofia, si ricava la nozione di persona. (Yannis Spiteris) 




giovedì 29 maggio 2025

Comunione spirituale

Preghiere per la Comunione spirituale

«Se non potete comunicarvi sacramentalmente fate almeno la comunione spirituale, che consiste in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel vostro cuore» (San Giovanni Bosco)


Gesù mio, 
io credo che sei realmente presente 
nel Santissimo Sacramento.
 
Ti amo sopra ogni cosa 
e ti desidero nell' anima mia. 
 
Poiché ora non posso riceverti 
sacramentalmente, 
vieni almeno spiritualmente 
nel mio cuore.
 
Come già venuto, 
io ti abbraccio e tutto mi unisco a te;
non permettere che mi abbia mai 
a separare da te.
 



Eterno Padre, io ti offro
il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo
 in sconto dei miei peccati, 
in suffragio delle anime del purgatorio 
e per i bisogni della Santa Chiesa.
 
 

  
Ai tuoi piedi, o mio Gesù,
mi prostro e ti offro il pentimento 
del mio cuore contrito 
che si inabissa nel suo nulla 
e nella Tua santa presenza. 
 
Ti adoro nel Sacramento 
del Tuo amore, 
desidero riceverti nella povera dimora
che ti offre il mio cuore. 
 
In attesa della felicità 
della comunione sacramentale, 
voglio possederti in spirito. 
 
Vieni a me, o mio Gesù, 
che io venga da Te. 
 
Possa il Tuo amore
 infiammare tutto il mio essere, 
per la vita e per la morte. 
 
Credo in Te, spero in Te, Ti amo. 
Amen

Ti adoro

Ti adoro, o mio Salvatore,
qui presente quale Dio e quale uomo,
in Anima e Corpo,
in vera Carne e Sangue.

Lo riconosco e confesso di essere inginocchiato
davanti a quella Sacra Umanità
che fu concepita nel seno di Maria,
e riposò in grembo a Maria;

Che crebbe fino all'età matura
e sulle rive del mare di Galilea
chiamò i Dodici, operò miracoli
e disse parole di sapienza e di pace;

Che quando fu l'ora Sua
morì appeso alla croce,
stette nel sepolcro,
risuscitò da morte
ed ora regna nel Cielo.

Lodo, benedico
e offro tutto me stesso
a Colui che è il vero Pane della mia anima
e la mia eterna gioia.

Beato John Henry Newman (1801 – 1890), cardinale, teologo e filosofo inglese



domenica 18 maggio 2025

L'uomo immagine della Trinità

Tutta la Trinità ha segnato l'umanità con la Sua somiglianza. 

Con la memoria, assomiglia al Padre; con l'intelletto, assomiglia al Figlio; per amore, assomiglia allo Spirito Santo.

Sant'Antonio da Padova (1195-1231)

Tutto fu creato e ordinato con la Parola e lo Spirito

Tutte le cose create necessariamente derivano da una causa prima il fondamento della loro esistenza: il principio di tutto è Dio. Egli infatti non è stato creato da nessuno, ma da lui tutte le cose sono state create. Perciò è necessario riconoscere in primo luogo che vi è un solo Dio, Padre, che ha creato e formato tutto l’universo, che fa esistere ciò che prima non esisteva e che, contenendo tutto, da nessuna cosa può essere contenuto. Ora, in quest’universo rientra anche il nostro mondo, e nel mondo l’uomo: dunque anche questo nostro mondo quaggiù è stato formato da Dio.

Ecco come si espone la presente dottrina: vi è un solo Dio Padre, increato, invisibile, creatore dell’universo; al di sopra di lui non vi è altro Dio, e dopo lui non vi è altro Dio; Dio, inoltre, è intelligente, perciò la creazione di tutte le cose fu opera di intelligenza. Dio è spirito, perciò con lo Spirito tutto ha disposto, come dice il profeta: Con la Parola (Verbo) del Signore furono creati i cieli, e col suo Spirito, tutta la loro potenza (Sal 32,6).

Dunque, poiché il Verbo crea, cioè opera nella carne e dona gratuitamente l’esistenza, mentre lo Spirito plasma e forma le varie potenze angeliche; a buon diritto, perciò, il Verbo è chiamato Figlio e lo Spirito Santo, Sapienza di Dio. Così Paolo, suo apostolo, dice rettamente: Un solo Dio Padre, il quale è sopra tutti, e tra tutti e in tutti noi (Ef 4,6). Infatti al di sopra di tutte le cose c’è il Padre, tra tutte le cose c’è il Verbo, poiché per mezzo di lui il Padre ha creato ogni cosa; e in noi vi è lo Spirito che grida: Abbà, Padre (Gal 4,6), e modella l’uomo a somiglianza di Dio. In conclusione lo Spirito rivela il Verbo, ed è per questo che i profeti annunciarono il Figlio di Dio; ma il Verbo spinge ad operare lo Spirito: è lui che parla ai profeti, e innalza l’uomo fino al Padre.

Eccola la regola della nostra fede, il fondamento dell’edificio, e ciò che rende salda la nostra condotta: Dio Padre, increato, non circoscritto, invisibile, unico Dio, creatore dell’universo; è questo il primo articolo della nostra fede.

Il secondo articolo è questo: Il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, Cristo Gesù nostro Signore, che si è manifestato ai profeti in forme diverse secondo il genere della loro profezia e secondo i disegni provvidenziali del Padre; per la cui opera è stata creata ogni cosa; che poi, alla fine dei tempi, s’è fatto uomo tra gli uomini per ricapitolare ogni cosa, s’è fatto visibile e tangibile, per distruggere la morte, rivelare la vita e operare l’unità tra Dio e gli uomini.

Il terzo articolo è questo: Lo Spirito Santo, per mezzo del quale i profeti hanno profetato, i Padri hanno appreso la scienza di Dio, e i giusti sono stati guidati nella via della giustizia; che alla fine dei tempi è stato diffuso in modo nuovo sull’umanità, per far nuovo l’uomo su tutta la terra, e riportarlo a Dio.

Perciò alla nostra nuova nascita, in grazia di questi tre articoli si compie il battesimo che ci accorda la grazia della nuova nascita in Dio Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Infatti coloro che portano in sé lo Spirito di Dio vengono condotti al Verbo, cioè al Figlio; il Figlio poi li presenta al Padre, e il Padre dona loro l’incorruttibilità. Dunque, senza lo Spirito non è possibile vedere il Figlio di Dio, e senza il Figlio nessuno può appressarsi al Padre, dato che la conoscenza del Padre è il Figlio, e la conoscenza del Figlio di Dio si attua per mezzo dello Spirito Santo. Lo Spirito poi, viene dispensato dal ministero del Figlio, secondo il beneplacito del Padre, cioè come e a chi il Padre vuole.

Se dallo Spirito, il Padre viene chiamato altissimo, onnipotente e signore di ogni potenza, questo è perché dobbiamo convincerci che Dio è veramente tale, cioè che è creatore del cielo, della terra e di tutto questo universo; creatore degli angeli, degli uomini, e signore di tutto; per lui tutte le cose esistono e ciascuno riceve il suo nutrimento; è misericordioso, pietoso e pieno di tenerezza; buono, giusto, Dio di tutti, e dei giudei, e dei pagani e dei credenti. Ma dei credenti è Padre, perché alla fine dei tempi ha aperto il testamento dell’adozione; dei giudei è signore e legislatore, perché nei tempi di mezzo gli uomini, avendo dimenticato Dio, si erano allontanati e ribellati a lui, ed egli per questo li aveva ridotti in servitù per mezzo della legge, affinché apprendessero di avere un padrone, un creatore e fattore, che dona il soffio della vita e al quale dobbiamo rendere omaggio giorno e notte. Per i pagani, poi, è creatore e demiurgo onnipossente. Ma per tutti, senza eccezione, è dispensatore di nutrimento, è re e giudice: nessuno infatti sfuggirà al suo giudizio, né giudeo, né pagano, né alcun credente che abbia peccato, né gli angeli. Quanti rifiutano ora di credere alla sua bontà, conosceranno allora al momento della condanna, la sua potenza, come dice il beato Apostolo: ...ignorando che l’amore di Dio ti chiama a conversione, con la tua ostinazione e l’impenitenza del tuo cuore tu vai accumulando su di te ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le proprie opere (Rm 2,4-6).

È lui, che viene detto, nella legge, Dio di Abramo, Dio d’Isacco e Dio di Giacobbe: Dio dei viventi. Perciò ineffabile è l’altezza e la grandezza di questo Dio.

Questo nostro mondo è circondato da sette cieli nei quali abitano potenze innumerevoli, angeli e arcangeli che prestano culto a Dio onnipotente e creatore di tutto. Egli non ne avrebbe bisogno, ma essi lo fanno per non restare oziosi, inutili e chiusi nel loro egoismo. È chiaro, perciò, che la presenza interiore dello Spirito di Dio è molteplice; essa viene definita dal profeta Isaia in sette diverse forme di ministero, che sono discese tutte sul Figlio di Dio, cioè sul Verbo, al momento della sua venuta come uomo. Dice infatti Isaia: Su lui riposerà lo Spirito di Dio: Spirito di sapienza e di intelletto, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà; e lo riempirà poi lo Spirito del timore di Dio (Is 11,2).

Dunque il primo cielo, a partire dall’alto, quello che contiene tutti gli altri, è il cielo della sapienza; il secondo è quello dell’intelletto; il terzo, quello del consiglio; il quarto, contando a partire dall’alto, è quello della fortezza; il quinto, poi, quello della scienza; il sesto, quello della pietà, e il settimo, cioè questo firmamento che circonda il nostro mondo, è pieno del timore di quello Spirito che illumina i cieli. Mosè ne aveva ricevuto il simbolo: il candeliere a sette braccia, acceso perennemente nel Santo; egli infatti aveva ricevuto le prescrizioni rituali, modellate sui cieli, come gli aveva detto il Verbo: Farai tutto secondo il modello che hai visto sul monte (Es 25,40).

Dunque, questo Dio viene glorificato dal suo Verbo, che è suo Figlio in eterno, e dallo Spirito Santo, che è la sapienza del Padre di ogni cosa. Le loro potenze - quelle cioè del Verbo e della Sapienza - che vengono dette cherubini e serafini, glorificano Dio con inni che mai cesseranno; e tutto ciò che esiste, tutto ciò che si trova nei cieli, rende gloria a Dio Padre di ogni cosa. Egli, per mezzo del suo Verbo, ha donato l’esistenza al mondo intero, e anche agli angeli che pure esistono in questo mondo; a questo mondo poi ha stabilito come legge, che ciascuno resti al suo posto senza varcare i limiti stabiliti dalla volontà di Dio, e che ciascuno compia l’opera che gli è stata assegnata." 

Dimostrazione della predicazione apostolica, 4-10

Ireneo di Lione

venerdì 2 maggio 2025

Trinità eterna, bellezza sopra ogni bellezza

Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, 

in cui più cerco e più trovo; 

e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. 

Tu sei insaziabile; e l'anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, 

perché permane nella fame di te, sempre più te brama, 

o Trinità eterna, desiderando di vederti con la luce della tua luce.

Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza, 

e illumini le menti con la tua luce, 

con quella luce con cui mi hai fatto conoscere la tua verità.

Specchiandomi in questa luce ti conosco come sommo bene, 

bene sopra ogni bene, bene felice, bene incomprensibile, bene inestimabile. 

Bellezza sopra ogni bellezza. Sapienza sopra ogni sapienza.

Dialogo della Divina Provvidenza

Caterina da Siena

giovedì 1 maggio 2025

Chi fu che per primo inventò le orribili armi?

Chi fu colui, che per primo inventò le orribili armi?

Quanto feroce e malvagio fu!

Allora nacquero le stragi a danno del genere umano, allora sorsero le guerre,

allora venne aperta una via più breve alla terribile morte.

Eppure quell’infelice non ebbe alcuna colpa, 

noi abbiamo volto a nostro danno quello che egli ci aveva dato contro le bestie feroci.

Questo è colpa del ricco oro, e non vi furono guerre

finché una tazza di legno di faggio era posta davanti ai banchetti.

Non vi erano fortezze, non bastioni,

e il pastore si addormentava senza preoccupazione tra pecore di vari colori.

Dolce sarebbe stata allora per me la vita, Valgio, 

e non avrei conosciuto le funeste armi, 

né avrei udito la tromba con il cuore palpitante.

Ora sono trascinato a forza a combattere, e già forse qualche nemico

produce dei dardi destinati a configgersi nel mio corpo.

Ma patri Lari proteggetemi e salvatemi: voi stessi mi avete allevato,

quando ancora bambino correvo qua e là.

E non abbiate vergogna di essere fatti di antico legno:

così voi abitaste le sedi dell’antico avo.

Allora con più sincerità (gli uomini) mantenevano la parola data

quando con scarso ornamento il dio stava in una modesta nicchietta.

Questo era soddisfatto, sia che qualcuno avesse fatto libagioni con uva

sia che qualcuno avesse offerto una corona di spighe alla santa chioma:

e colui che è padrone di qualcosa offriva delle focacce

dietro di lui come compagna la piccola figlia offriva un favo intatto.

Tenete lontano da noi, Lari, i dardi di bronzo

e avrete come rustica vittima una scrofa del mio porcile pieno.

Io stesso col capo cinto di mirto accompagni questa con una veste disadorna

e porti canestri ornati di mirto.

Così io possa piacere a voi: sia pure un altro valoroso nelle armi,

e atterri col favore di Marte i comandanti avversari,

in modo che mentre sto bevendo un soldato possa raccontarmi le sue imprese

e disegnare col vino gli accampamenti sulla mensa.

Che pazzia è mai quella di chiamare a sé con la guerra la nera morte?

La morte ci sta sopra e segretamente arriva con passo silenzioso.

Non campo coltivato v’è nel mondo sotterraneo, non vigna, 

ma l’audace Cerbero e il turpe nocchiero delle acque dello Stige:

ivi una pallida turba con le gote dilaniate e i capelli arsi

erra presso le nere paludi.

In quanto è più da lodarsi colui che coglie la sua tarda vecchiaia

nella sua umile capanna in mezzo ai suoi figli!

Egli stesso conduce al pascolo le pecore, il figlio invece gli agnelli,

e la moglie prepara l’acqua calda al marito stanco.

Possa anch’io esser così e mi sia concesso veder sul capo divenir bianchi i miei capelli

e vecchio raccontare i fatti della giovinezza.

Frattanto la Pace coltivi i campi. La Pace ha insegnato

a condurre sotto i gioghi ricurvi i buoi per arare:

la Pace ha sostentato le viti e ripose il succo d’uva,

perché l’anfora di terracotta del padre versasse il vino puro:

durante la pace brillano il bidente e il vomere

la ruggine ricopre le funeste armi dell’insensibile soldato nei nascondigli.

Orsù vieni a noi, benefica Pace, e tieni la spiga di grano, 

e lasciala scorrere e risplendere davanti al tuo seno.

(Elegiae I.10, L’amore per la pace)

Albio Tibullo (54 a.C. circa – 19 a.C.), poeta romano

*   *   *

Quis fuit, horrendos primus qui protulit enses?

Quam ferus et vere ferreus ille fuit!

Tum caedes hominum generi, tum proelia nata,

Tum brevior dirae mortis aperta via est.

An nihil ille miser meruit, nos ad mala nostra

Vertimus, in saevas quod dedit ille feras?

Divitis hoc vitium est auri, nec bella fuerunt,

Faginus astabat cum scyphus ante dapes.

Non arces, non vallus erat, somnumque petebat

Securus varias dux gregis inter oves.

Tunc mihi vita foret, Valgi, nec tristia nossem

Arma nec audissem corde micante tubam.

Nunc ad bella trahor, et iam quis forsitan hostis

Haesura in nostro tela gerit latere.

Sed patrii servate Lares: aluistis et idem,

Cursarem vestros cum tener ante pedes.

Neu pudeat prisco vos esse e stipite factos:

Sic veteris sedes incoluistis avi.

Tunc melius tenuere fidem, cum paupere cultu

Stabat in exigua ligneus aede deus.

Hic placatus erat, seu quis libaverat uvam

Seu dederat sanctae spicea serta comae:

Atque aliquis voti compos liba ipse ferebat

Postque comes purum filia parva favum.

At nobis aerata, Lares, depellite tela,

Hostiaque e plena rustica porcus hara.

Hanc pura cum veste sequar myrtoque canistra

Vincta geram, myrto vinctus et ispe caput.

Sic placeam vobis: alius sit fortis in armis,

Sternat et adversos Marte favente duces,

Ut mihi potanti possit sua dicere facta

Miles et in mensa pingere castra mero.

Quis furor est atram bellis accersere Mortem?

Imminet et tacito clam venit illa pede.

Non seges est infra, non vinea culta, sed audax

Cerberus et Stygiae navita turpis aquae:

Illic peresisque genis ustoque capillo

Errat ad obscuros pallida turba lacus.

Quin potius laudandus hic est quem prole parata

Occupat in parva pigra senecta casa!

Ipse suas sectatur oves, at filius agnos,

Et calidam fesso comparat uxor aquam.

Sic ego sim, liceatque caput candescere canis

Temporis et prisci facta referre senem.

Interea Pax arva colat. Pax candida primum

Duxit araturos sub iuga curva boves:

Pax aluit vites et sucos condidit uvae,

Funderet ut nato testa paterna merum:

Pace bidens vomerque nitent, at tristia duri

Militis in tenebris occupat arma situs.

At nobis, Pax alma, veni spicamque teneto,

Profluat et promis candidus ante sinus.