lunedì 1 settembre 2025

Il paradosso del valore

C’è un enigma antico, che ha attraversato secoli di pensiero economico e filosofico: l’acqua, senza la quale non potremmo vivere, ha un prezzo bassissimo; i diamanti, che non servono a sopravvivere, hanno prezzi altissimi. È ciò che viene chiamato paradosso del valore o paradosso di Smith, dal nome dell’economista che lo rese celebre nel 1776.

A prima vista sembra un’assurdità. Eppure la spiegazione nasce dal distinguere tra valore d’uso e valore di scambio. L’acqua ha un valore d’uso immenso: disseta, irriga, lava, sostiene la vita stessa. Ma proprio perché abbondante, il suo valore di scambio rimane basso. I diamanti, al contrario, hanno un valore d’uso quasi nullo: non sfamano, non dissetano, non curano. Ma la loro rarità, unita al desiderio che suscitano, ha fatto sì che il loro valore di scambio diventasse elevatissimo.

La teoria economica dell’utilità marginale, elaborata nell’Ottocento, chiarisce il meccanismo: il prezzo non dipende dall’utilità totale di un bene, ma dall’utilità dell’ultima unità disponibile. Un bicchiere d’acqua in una città ricca di fontane vale pochissimo. Lo stesso bicchiere, se sei nel deserto e la tua gola brucia, può valere più di un diamante.

Ma c’è un’altra verità, più scomoda. Di diamanti, in realtà, ce ne sono molti più di quanto comunemente si creda: ogni anno ne vengono estratti oltre 120 milioni di carati naturali e prodotti più di 10 milioni di carati sintetici in laboratorio. Se seguissero la logica dell’abbondanza, i diamanti dovrebbero avere un prezzo accessibile. E invece no. Perché per decenni le grandi società estrattive, come De Beers, hanno ridotto artificialmente l’offerta, immettendo sul mercato solo una parte della produzione, così da mantenere intatta l’illusione della rarità. Non è la natura a rendere i diamanti preziosi, ma il teatro del mercato.

Ed è proprio qui che il paradosso si allarga.

L’acqua è, ma non si mette in mostra: scorre, serve, sostiene senza apparire. È l’essenza della vita, ma non ha bisogno di specchiarsi in se stessa.

I diamanti invece appaiono più di quanto siano: brillano, riflettono, si fanno status e promessa d’eternità. Non sono essenziali, ma sono desiderati. Non perché servano, ma perché luccicano. (lo sappiamo servono anche nell'industria, ma quelli industriali costano molto meno)

Così, l’essere che non chiede riconoscimento resta svalutato, e l’apparire che abbaglia diventa moneta sonante. E alla fine, il prezzo non misura ciò che davvero fa vivere, ma ciò che convince gli uomini a sembrare vivi.

Lineamenti di economia politica, 1999 

Alessandro Roncaglia, professore emerito di Economia politica

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