“La tua legge, Signore, è la mia gioia!”
Il motivo della gioia sta nell'avere finalmente trovato il tesoro che conta, di fronte al quale si possono vendere tutti gli altri beni. Perché dunque essere tristi?
“Va' dove ti porta il cuore” non è soltanto il titolo di un fortunato romanzo; è ormai diventato l'emblema di un modo di pensare e di vivere. Non si chiede ad altri che cosa si possa o si debba fare, non si imita il giovane re Salomone che domanda a Dio di concedergli un cuore docile (1 Re 3, 5. 7 - 12), si ubbidisce al proprio cuore che talvolta è sinonimo di istinto, di passione e di egoismo. Il proprio io è sovrano, al punto che l'antico comandamento “non avrai altro Dio all'infuori di me” viene interpretato in modo blasfemo; si rischia di essere gli adoratori di se stessi. Idolatri, dunque, al di là delle intenzioni.
Dov’è il tuo tesoro, ivi è la tua gioia
Non così si comporta il devoto israelita di cui parla il salmo 118; gli viene spontaneo, davvero dal cuore, dire con tono di preghiera e di professione di fede: “La tua legge, Signore, è la mia gioia”. Nel colossale salmo sapienziale un'interminabile litania canta la lode della legge di Dio ossia della fedeltà del Signore che si china sulla sua creatura prediletta in un impeto di misericordia e di donazione. Di qui nasce la gioia: dall'essere certi che l'amore di Dio (declinato con varie espressioni: parola, promessa, legge, precetti, alleanza, giustizia, ognuna delle qui si trova in ciascuno dei 176 versetti del salmo) è un vero tesoro che nessuno potrà mai togliere. Del resto, si può ben essere certi che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stai chiamati secondo il suo disegno" (Romani 8,28).
È singolare il tema della gioia. Torna insistente nelle parole di Gesù quando presenta il suo Regno attraverso similitudini varie. Nel Vangelo di Matteo (13, 44 52) la gioia risulta essere l'atteggiamento dominante in coloro che cercano "il tesoro nascosto" o la perla preziosa o i tanti pesci raccolti in una rete a strascico. Il motivo della gioia sta nell'avere finalmente trovato il tesoro che conta, di fronte al quale si possono vendere senza tristezza tutti gli altri beni. La gioia è motivata, nasce dalle profondità del cuore dove non arrivano le emozioni superficiali.
Nel cuore dell'uomo sta il "mistero nascosto" ossia l'incredibile amore di Dio.
Il diavolo è triste
Chi ha riflettuto a lungo sulla gioia, "gigantesco segreto" dei cristiani è Georges Bernanos. Riesce interessante e puntuale la sua ricerca delle radici della gioia; puntuale in rapporto a molte tristezze che affiorano nei volti delle giovani generazioni (e non solo). Sono ragazzi e ragazze, immobili su un fantasioso muretto, che comunicano più noia e drammi che non l'allegra risata di un cuore appassionato. Perché essere tristi? Perché le nostre comunità cristiane non dispensano gioia, lasciando alle discoteche il privilegio di una gioia anche gridata: gioia bruciata purtroppo in poche ore?
Annota Bernanos: "Niente giustifica la tristezza; soltanto il diavolo ha ragioni per essere triste... Dal sentimento della propria impotenza il bambino trae umilmente il principio stesso della propria gioia... Saper cogliere la propria nella gioia degli altri è il segreto della felicità". Si tratta di pillole di sapienza, germinate nell'humus evangelico e coltivate con la pazienza di chi da un suo tesoro trae cose antiche e cose nuove. Non si gusta la gioia senza un appassionato abbandonarsi a colui che rinnova la nostra vita (salmo 118, 76 77). Quando il cuore si fa arido e non cerca più la sua fonte di gioia, non è più capace di donare gioia ad altri. Senza gioia la città è senza luce.
Pino Scabini, presbitero e teologo italiano
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