giovedì 30 gennaio 2025
Benedizione nuziale
martedì 28 gennaio 2025
Alla Vergine addolorata
quale lingua può dire e quale intelletto giunge
Bonaventura da Bagnoregio (1221 – 1274), cardinale francescano, filosofo e teologo italiano, santo
Dolcissima Vergine Maria
che Tu sei mia Madre e che io sono Tuo figlio;
che Tu sei potente
e che io sono poverissimo, timido e debole.
Io Ti supplico, dolcissima Madre,
di guidarmi in tutte le mie vie,
in tutte le mie azioni.
Non dirmi, Madre stupenda, che Tu non puoi,
poiché il Tuo amatissimo Figlio
Ti ha dato ogni potere, sia in cielo che in terra.
Non dirmi che Tu non sei tenuta a farlo,
poiché Tu sei la Mamma di tutti gli uomini
e, particolarmente, la mia Mamma.
Se Tu non potessi ascoltare,
io Ti scuserei dicendo :
“è vero che è mia Mamma e che mi ama come Suo figlio,
ma non ha mezzi e possibilità per aiutarmi”.
Se Tu non fossi la mia Mamma,
io avrei pazienza e direi :
“ha tutte le possibilità di aiutarmi,
ma, ahimé, non è mia Madre
e, quindi, non mi ama”.
Ma invece no, o dolcissima Vergine,
Tu sei la mia Mamma
e per di più sei potentissima.
Come potrei scusarti se Tu non mi aiutassi
e non mi porgessi soccorso e assistenza?
Vedi bene, o Mamma,
che sei costretta ad ascoltare
tutte le mie richieste.
Per l’onore e per la gloria del Tuo Gesù,
accettami come Tuo bimbo
senza badare alle mie miserie
e ai miei peccati.
Libera la mia anima e il mio corpo
da ogni male e dammi tutte le Tue virtù,
soprattutto l’umiltà.
Fammi regalo di tutti i doni, di tutti i beni e
di tutte le grazie che piacciono
alla SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Amen
Francesco di Sales (1567 - 1622), vescovo cattolico francese, santo
lunedì 27 gennaio 2025
Verità e libertà
Oggi, la propaganda dimostra quel che vuole, e la gente accetta più o meno quel che le viene proposto. Certo, questa indifferenza maschera piuttosto una fatica e quasi uno scoraggiamento della facoltà di giudizio. Ma la facoltà di giudizio non potrebbe esercitarsi senza un certo impegno interiore. Chi giudica si impegna. L’uomo moderno non si impegna più perché non ha più niente da impegnare [...].
Rivoluzione e libertà, Borla Roma 1963
George Bernanos (1888 - 1948), scrittore francese
lunedì 20 gennaio 2025
Nessuno pianga i morti
Nessuno, dunque pianga più i morti,
nessuno si disperi, né rigetti così la vittoria di Cristo.
Egli infatti ha vinto la morte.
Perché dunque piangi? A che pro gemi e ti lamenti?
Coraggio, c’è la risurrezione con assoluta certezza:
dorme non è morta; riposa, non è perduta per sempre.
Sono infatti ad accoglierla la risurrezione, la vita eterna,
l’immortalità e l’eredità stessa degli angeli.
Non senti il Salmo che dice: “Torna, anima mia, al tuo riposo, perché Dio ti ha fatto grazia” (Sal 116, 7-8).
Dio chiama “grazia” la morte, e tu ti lamenti?
Giovanni Crisostomo (ca. 350-407), vescovo, Santo
Signore, insegnami a invecchiare
Signore, insegnami a invecchiare!
Convincimi che la comunità non compie alcun torto verso di me,
se mi va esonerando da responsabilità, se non mi chiede più pareri,
se ha indicato altri a subentrare al mio posto.
Togli da me l'orgoglio dell'esperienza fatta
ed il senso della mia indispensabilità.
Che io colga, in questo graduale distacco dalle cose,
unicamente la legge del tempo,
e avverta, in questo avvicendamento di compiti,
una delle espressioni più interessanti della vita
che si rinnova sotto l'impulso della tua Provvidenza.
Fa', o Signore, che io sia ancora utile al mondo,
contribuendo con l'ottimismo e con la preghiera alla gioia
e al coraggio di chi è di turno nella responsabilità,
vivendo uno stile di contatto umile e sereno con il mondo in trasformazione
senza rimpianti sul passato,
facendo delle mie sofferenze umane un dono di riparazione sociale.
Che la mia uscita dal campo di azione sia semplice e naturale come un felice tramonto di sole.
Perdona se solo oggi, nella tranquillità, riesco a capire quanto tu mi abbia amato e soccorso.
Che almeno ora io abbia viva e penetrante la percezione del destino di gioia
che mi hai preparato e verso il quale mi hai incamminato fin dal primo giorno di vita.
Signore, insegnami a invecchiare.
Amen.
Giacomo Perico (1911 – 2000), presbitero gesuita
domenica 19 gennaio 2025
La mia anima ha fretta
Mi sento come quel bambino che ha vinto un sacchetto di dolci:
Non ho più tempo per riunioni interminabili
Non ho più tempo per sostenere le persone assurde
Adesso, solo così, voglio vivere accanto a persone umane, molto umane,
Sì, vado di fretta, ho fretta di vivere con l’intensità che solo la maturità sa dare.
Non intendo sprecare nessuno dei dolci rimasti.
Il mio obiettivo è quello di raggiungere la fine soddisfatto
Abbiamo due vite
Mario de Andrade (1893-1945), poeta, romanziere, saggista e musicologo brasiliano
venerdì 17 gennaio 2025
La predica è efficace quando parlano le opere
Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina.
Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo Spirito e non secondo l’inclinazione del suo animo. Vi sono infatti alcuni che parlano secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: «Perciò, eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole. Eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, che muovono la lingua per dare oracoli. Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e travìano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore» (Ger 23, 30-32).
Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamolo umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell’osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti e illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino.
Discorsi, I, 226
Antonio da Padova [ Fernando Martins de Bulhões ] (1195 – 1231), presbitero francescano portoghese, santo
Non si deve mai venir meno alla verità
La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell'odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell'odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo.
Sermoni
Antonio da Padova [ Fernando Martins de Bulhões ] (1195 – 1231), presbitero francescano portoghese, santo
mercoledì 15 gennaio 2025
L'ulivo e l'olio
Olio con sapiente arte spremuto
Dal puro frutto degli annosi olivi,
Che cantan - pace! - in lor linguaggio muto
Degli umbri colli pei solenti clivi,
Chiaro assai più liquido cristallo,
Fragrante quale oriental unguento,
Puro come la fè che nel metallo
Concavo t’arde sull’altar d’argento,
Le tue rare virtù non furo ignote
Alle mense d’Orazio e di Varrone
Che non sdegnàr cantarti in loro note...
Aforismi Musica
di molte corde, fa dolce tintinno
a tal da cui la nota non è intesa,
così da’ lumi che lì m’apparinno
s’accogliea per la croce una melode
che mi rapiva, sanza intender l’inno.
Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XIV,118-123
[ Come strumenti musicali diversi, la viola e l'arpa, nella varia tensione delle loro corde, producono una dolce melodia anche per colui che non è in grado di distinguere le note, così dalle luci che mi apparvero lassù si raccoglieva dalla Croce, che queste formavano, una melodia che mi che mi rapiva, senza comprenderne le parole...]
La musica è architettura liquida, l'architettura è musica congelata. (Johann Wolfgang von Goethe)
Grazie alla potenza della musica camminiamo lieti attraverso la notte tetra della morte. (Wolfgang Amadeus Mozart, Flauto magico, atto II, scena 28)
giovedì 9 gennaio 2025
Siamo fatti per vivere
Siamo fatti per vivere. I lutti ci gettano nel vuoto, ma in quella disperazione c’è la luce del passato...
Non siamo fatti per morire, ma per nascere, affermava Hannah Arendt. Tuttavia la nostra vita inizia a morire già con il suo primo respiro. Non solo perché la morte è il destino inesorabile che ci attende alla fine della vita, ma perché in ogni istante della nostra vita c’è qualcosa che si perde, si stacca, si separa da noi stessi, scompare. In questo senso la morte non è, come ricordava Heidegger, l’ultima nota della melodia dell’esistenza che ne chiude il movimento, ma una “imminenza sovrastante” che ci accompagna da sempre. Questa imminenza sovrastante della morte definisce propriamente la forma umana della vita. L’esistenza di un fiore o di un animale vive senza conoscerla. Il fiore e l’animale sono, infatti, espressioni di una vita eterna. Anch’essi sono destinati a perire, ma la loro vita non conosce l’assillo e il pensiero della morte. La vita animale è vita sempre piena di vita, vita che non conosce la ferita della finitezza o, meglio, che non conosce la finitezza come ferita necessariamente mortale della vita. L’uccello nel cielo, come il giglio nei campi, per riprendere una nota immagine evangelica, non conoscono l’erosione del tempo perché vivono in un eterno presente, in un solo grande “oggi”. Essi hanno deposto ogni forma di attesa, non restano sotto il peso incombente della fine perché il loro beato magistero ha sospeso il divenire del tempo in un “adesso” che non si lascia corrompere dal divenire delle cose. La vita animale, come quella vegetale, non esclude affatto la fine – il cane, come il fiore, perisce, la sua esistenza, come quella umana, ha “i giorni contati”, come direbbe il Qoèlet biblico –, tuttavia non conosce affatto la morte come destino incombente in ogni momento della vita, come possibilità sempre possibile o come impossibilità di tutte le nostre possibilità. Per questa ragione nella loro forma di vita – la vita piena di vita, vita che coincide con se stessa – non vivono la separazione da se stessi, non vivono né lo struggimento del desiderio né la pena della mancanza dalla quale esso sorge.
Nella forma umana della vita la morte è in primo piano: la morte di un essere umano avviene sempre troppo presto, sempre in anticipo, ingiustamente prematura. Anche un anziano che muore incarna l’ingiustizia della fine, la terribile legge del tempo alla quale non possiamo sottrarci. Mentre il re dei camosci raccontato da Erri De Luca ne Il peso della farfalla si isola dal branco per andare incontro con saggezza istintuale al suo destino, la vita umana tende a rifiutare il tempo della morte, vorrebbe poter vivere senza considerare la presenza della morte. Tuttavia, come sappiamo, la sua necessità ineluttabile si combina con la sua contingenza imprevedibile. La nostra vita finirà di sicuro nelle braccia della morte, ma nessuno di noi può sapere quando. L’evento della morte è certo e incerto nello stesso tempo. È una delle ragioni, come Heidegger ha insegnato, che definisce l’angoscia come la nostra condizione affettiva fondamentale.
La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia
Massimo Recalcati
sabato 4 gennaio 2025
Signore, non ho tempo...
Sono uscito, Signore:
fuori tutti andavano, venivano,
camminavano, correvano.
Correvano le bici, le macchine,
i camion, la strada, la città, tutti...
“Arrivederci, scusi... non ho tempo!”
“Termino questa lettera perché non ho tempo!”
“Avrei voluto aiutarti... ma non ho tempo!”
Non posso accettare perché non ho tempo!
Non posso riflettere, leggere, non ho tempo!
Vorrei pregare, ma non ho tempo!
Tu comprendi Signore, vero? ...non abbiamo tempo!
Il bambino gioca: non ha tempo subito ...più tardi!
Lo scolaro deve fare i compiti: non ha tempo ...più tardi!
Lo studente ha un sacco di lavoro: non ha tempo ...più tardi!
Il giovane ha gli allenamenti da fare: non ha tempo ...più tardi!
Lo sposo novello ha la casa da arredare: non ha tempo ...più tardi!
Il padre di famiglia ha i bambini: non ha tempo ...più tardi!
I nonni hanno i nipotini: non hanno tempo ...più tardi!
Sono malati! Hanno le loro cure: ...non hanno tempo ...più tardi!
Sono moribondi, non hanno ...troppo tardi ...non hanno più tempo!
Signore, tu che sei fuori del tempo
sorridi nel vederci lottare col tempo.
Tu sai quello che fai e non ti sbagli quando distribuisci il tempo agli uomini.
Stasera ti chiedo di fare coscienziosamente nel tempo che tu mi dai,
quello che Tu vuoi che io faccia!
Meo Bessone (1948 - 2020), presbitero cattolico italiano
mercoledì 1 gennaio 2025
Preghiera per l' ultimo giorno dell'anno
Signore,
alla fine di questo anno voglio ringraziarti
per tutto quello che ho ricevuto da te,
grazie per la vita e l’amore,
per i fiori, l’aria e il sole,
per l’allegria e il dolore,
per quello che è stato possibile
e per quello che non ha potuto esserlo.
Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:
il lavoro che ho potuto compiere,
le cose che sono passate per le mie mani
e quello che con queste ho potuto costruire.
Ti offro le persone che ho sempre amato,
le nuove amicizie, quelli a me più vicini,
quelli che sono più lontani,
quelli che se ne sono andati,
quelli che mi hanno chiesto una mano
e quelli che ho potuto aiutare,
quelli con cui ho condiviso la vita,
il lavoro, il dolore e l’allegria.
Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono
per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,
per le parole inutili e per l’amore disprezzato,
perdono per le opere vuote,
per il lavoro mal fatto,
per il vivere senza entusiasmo
e per la preghiera sempre rimandata,
per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi,
semplicemente… ti chiedo perdono.
Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,
tuo è l’oggi e il domani, il passato e il futuro,
e, all’inizio di un nuovo anno,
io fermo la mia vita davanti al calendario ancora da inaugurare
e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.
Oggi ti chiedo per me e per i miei la pace e l’allegria,
la forza e la prudenza,
la carità e la saggezza.
Voglio vivere ogni giorno con ottimismo e bontà,
chiudi le mie orecchie a ogni falsità,
le mie labbra alle parole bugiarde ed egoiste
o in grado di ferire,
apri invece il mio essere a tutto quello che è buono,
così che il mio spirito si riempia solo di benedizioni
e le sparga a ogni mio passo.
Riempimi di bontà e allegria
perché quelli che convivono con me
trovino nella mia vita un po’ di te.
Signore, dammi un anno felice
e insegnami e diffondere felicità.
Nel nome di Gesù, amen.