martedì 12 maggio 2009

Provocatorio in ogni senso


Establishment, rivoluzione, emigrazione, compromesso: Gesù in un sistema di coordinate, i cui quattro punti di riferimento non hanno perso nemmeno oggi, in una situazione storica completamente diversa il loro significato. Il teologo non deve parlare solo astrattamente di condizionamenti sociali (un errore commesso sovente, in rapporto a Gesù, proprio da coloro che accentuano la significazione sociale del messaggio cristiano). Per questo era importante vedere, concretamente seppur brevemente, Gesù nel suo contesto sociale: vedere, insomma, come fu realmente. Né meno importante è vedere come Gesù è, come - pur nella sua estraneità - può ancor oggi incidere sul nostro contesto sociale. Una tale puntualizzazione sistematica evita il più possibile storicizzazioni inattuali e attualizzazioni astoriche. In chiave positiva: tiene presenti, al tempo stesso, la distanza nella storia e la rilevanza per la storia, riuscendo a isolare, nella massa delle grandezze variabili, alcune significative costanti.
Non è straordinario il risultato finora conseguito? Gesù, chiaramente, non si è lasciato inquadrare in nessuna categoria: non ha trovato posto né tra i potenti né tra i ribelli, né tra i moralizzatori né tra la gente tranquilla. Si è infatti rivelato un provocatore - verso destra e verso sinistra. Un provocatore che non aveva alle spalle nessun partito, in atteggiamento di perenne sfida in ogni direzione: «l'uomo che rompe tutti gli schemi ». Non un filosofo, non un politico, non un sacerdote e non un innovatore sociale. Un genio, un eroe, un santo? Oppure un riformatore? Ma non è egli più radicale di ogni riformatore? Un profeta? Ma può un profeta «ultimo», insuperabile essere soltanto un profeta? La tipologia consueta appare inadeguata. Gesù sembra avere qualcosa di tutti i più disparati tipi umani (specialmente, si direbbe, del profeta e del riformatore), senza identificarsi in particolare con nessuno di essi. Appartiene a un rango diverso: evidentemente più vicino a Dio di quanto non lo siano i sacerdoti. Più libero di fronte al mondo di quanto non lo siano gli asceti. Più morale dei moralisti. Più rivoluzionario dei rivoluzionari.
Difficile da comprendere, pressoché impenetrabile per amici e nemici, rivela profondità e ampiezze che agli altri mancano. Non si finisce mai di constatarlo: Gesù è diverso! Suscettibile di accostamentin nei particolari, nell'insieme il Gesù storico si dimostra assolutamente inconfondibile - oggi come allora.
Un risultato collaterale di questo capitolo consiste nell'aver fatto risaltare la superficialità di un allineamento di tutti i «fondatori di religioni», quasi che in definitiva li si potesse non solo confonder ma addirittura scambiare. Anche a prescindere dal fatto che Gesù di Nazaret non si propose di fondare una religione, dovrebbe essere chiaro a questo punto che il Gesù storico non si può confondere né con Mosè né con Buddha, e neppure con Confucio o con Maometto.
Per essere concisi: Gesù non fu un uomo educato presso una corte, come presumibilmente Mosè, né fu, come Buddha, il figlio di un monarca. Ma non fu neppure un dotto e un politico come Confucio, né un ricco commerciante come Maometto. Tanto più sbalorditiva risulta la persistente significatività di Gesù, in quanto la sua era un'origine insignificante. Il messaggio di Gesù è in effetti incommensurabilmente diverso
- dalla validità incondizionata di una legge scritta in continuo ampliamento (Mosè);
- dal ritiro ascetico sulla via di uno sprofondamento monastico entro una comunità organizzata in forma di ordine (Buddha);
- dalla conquista violentemente rivoluzionaria del mondo attraverso
la lotta contro gli infedeli e l'istituzione di stati teocratici (Maometto);
- dal rinnovamento della morale tradizionale e della società costituita, in armonia con un'eterna legge del mondo e nello spirito di un'etica aristocratica (Confucio).
È evidente che qui non si tratta soltanto di alcune possibilità più o meno casuali, ma di opzioni o posizioni fondamentali di enorme rilievo. Nello schema delle coordinate storiche di Gesù sembrano rispecchiarsi alcune di quelle universali posizioni religiose di fondo che, come tali o tramutatesi in posizioni di fondo secolarizzate, si sono tramandate fino ai giorni nostri.Alla verità delle altre religioni va dato giusto risalto e nuovo risalto, anche in ambito cristiano. Su questo punto non intendiamo smentirci. Il cristianesimo, in fondo, deve qualcosa non solo a Platone, Aristotele e alla Stoa, ma anche ai misteri ellenistici e alla religione di stato romana; e qualcosa, per poco che sia, deve all'India stessa, alla Cina e al Giappone. Il che non autorizza comunque, da parte di chi si richiama a Gesù, un rimescolamento di tutte le religioni. Trova qui conferma quanto si è detto poc'anzi. Le singole grandi figure non sono interscambiabili, e un solo uomo non può percorrere contemporaneamente tutte le loro vie. Vie che si chiamano: estinzione del mondo (Buddha), divenire del mondo (Confucio), dominio del mondo (Maometto), crisi del mondo (Gesù). Gesù di Nazaret non può fungere da sigillo per una religione onnicomprensiva, da etichetta per un più o meno vecchio (o più o meno nuovo) sincretismo.
[ Da: Essere cristiani, Cles, Ed. Mondadori, 1976, pp. 231 - 233 ]
Hans Küng

lunedì 11 maggio 2009

Il Cristo di Velazquez

Diego Velasquez, Cristo crucificado (1632)

I Anfora

Anfora bianca del divino licore
nei secoli dei secoli decantato,
l’eterno Vasaio t’avea tornito
col braccio che fece Adamo, e il torno
tornisce ancora. Della stessa argilla,
vasi novelli di dolore e amore,
contro la terra vengonsi a spezzare!


II Colomba

Come colomba dalle penne argentee
che volata tre volte dall’arca
non tornò con il ramo dell’ulivo,
ma sotto l’iride si perse
delle nubi, segnale della promessa;
così Tu, bianca colomba dei cieli,
vieni ad annunciarci che c’è terra ferma
dove al di là attecchisca il nostro spirito
e fiorisca nell’eternità!


III Anima e corpo

Innamorata del suo corpo la tua anima,
e uni e identici in un nuziale amore,
nel morire la lasciò non come prigione
col sospiro di chi libero resta,
ma come una casa ove si brama
lunga vita per sempre assuefatti
alla felicità. Di radice insondabile
fu l’estremo singulto, la rottura
della carne sconfitta e dello spirito
che carne si fece. Venne poi il silenzio.
E come tutto tacque con intimo silenzio,
tutto rimase in tenebra; luce è musica,
e misero chi crede vedere e non ode! L’anima tua
sopra tenebre fredde giacente,
dall’agonia riposando, rimira
il suo corpo compagno, che ha lasciato
ai bracci della croce, dai chiodi
penzolante, e nel guardarlo s’attrista
d’amore più vivo della vita. Come
senza lui potrà attingere il Sole? La luce
dove accendersi potrà? Dove la mano
dell’eterno Padre appiglio troverà
per afferrarsi? E nell’oscuro sgomento,
non più ricettacolo, di fondersi nelle tenebre
e come vento libero perdersi, ei brama
raccogliersi nella sua cavità - carne ed ossa -,
rimpiange del suo corpo la bellezza,
cercando essa, infinita, limitarsi;
i limiti vuole del suo campo; vuole
dentro la sua cinta avere vita.


IV Vento

«Spirò…» (Lc 23, 46)

Le brezze che oggi sopra le messi precipitano,
sole infondendo nei nostri pani,
le brezze che sciolgon le nevi delle cime
e nel fogliame della selva cullano
sogni di melanconia, e quelle che cantano
canti di cuna sul mare rotondo
alla terra che brucian con le loro onde,
furono sospiri col tuo petto amoroso
e dal grembo le tue parole vive
irruppero volando come da un nido.
Tu, la Parola, senza vento, muta.
Entravano impetuose nei tuoi polmoni
come nella loro casa, e raccogliendo
del tuo sangue il vapore, lo rendevano
ai fiori campestri in rugiada.
L’ultima ondata del tuo petto rosa
ruppesi in fredda quiete, e i tuoi polmoni
rimasero senz’aria; il tuo respiro
da quello del tuo Padre sorbito: rivo al mare!
[Da: "Il Cristo di Velazquez", poesie (1920) ]
Miguel de Unamuno, poeta, filosofo, scrittore e politico (1864 – 1936)

giovedì 7 maggio 2009

Quando Dio creò la mamma

Il buon Dio aveva deciso di creare la Madre. Ci lavorava già da sei giorni, quand'ecco apparire un angelo che gli fa: "Questa qui te ne sta facendo perdere di tempo, eh?". E Lui: "Sì, ma hai letto i requisiti dell'ordinazione? Dev'essere completamente lavabile, ma non di plastica avere 180 parti mobili tutte sostituibili funzionare a caffè e avanzi del giorno prima avere un bacio capace di guarire tutto, da una gamba rotta a una delusione d'amore e sei paia di mani": L'angelo scosse la testa e ribatté incredulo: "Sei paia?" "Il difficile non sono le mani", disse il buon Dio, "ma le tre paia di occhi che una mamma deve avere". "Così tanti?" Dio annuì. "Un paio per vedere attraverso le porte chiuse quando domanda: Che state combinando lì dentro bambini? - anche se lo sa già. Un altro paio dietro la testa per vedere quel che non dovrebbe vedere, ma che deve sapere. Un altro paio ancora per dire tacitamente al figlio che si è messo in un guaio: Capisco, e ti voglio bene." "Signore", fece l'angelo sfiorandogli gentilmente un braccio, "Va' a dormire. Domani è un altro giorno". "Non posso" rispose il Signore. "Ho quasi finito, ormai. Ne ho già una che guarisce da sola se è malata, che può preparare un pranzo per sei con mezzo chilo di carne tritata e che riesce a tener fermo sotto la doccia un bambino di nove anni". L'angelo girò lentamente intorno al modello di madre, esaminandolo con curiosità. "E' troppo tenera" disse poi con un sospiro. "Ma resistente!", ribattè il Signore con foga. "Tu non hai idea di quel che può fare o sopportare una mamma". "Sa pensare?". "Non solo, ma sa anche fare ottimo uso della ragione e venire a compromessi", ribattè il Creatore. A quel punto l'angelo si chinò sul modello della madre e le passò un dito su una guancia. "Qui c'è una perdita", dichiarò. "Non è una perdita", lo corresse il Signore, "E' una lacrima". "E a che serve?". "Esprime gioia, tristezza, delusione, dolore, solitudine e orgoglio". "Ma sei un genio!" esclamò l'angelo. Con sottile malinconia, Dio aggiunse: "A dire il vero, non sono stato io a mettercela, quella cosa lì". Non è stato Dio a creare le lacrime. Perché dobbiamo farlo noi?

And God Created Mothers

By the time the Lord made mothers, he was into the sixth day of creation and working overtime. An angel appeared and said "Why are you spending so much time on this one?"And the Lord answered and said, "Have you read the spec sheet on her? She has to be completely washable, but not plastic; have 200 movable parts, all replaceable; run on black coffee and leftovers; have a lap that can hold three children at one time and that disappears when she stands up; have a kiss that can cure anything from a scraped knee to a broken heart; and have six pairs of hands."The angel was astounded at the requirements. "Six pairs of hands!" said the angel. The Lord replied, "Oh, it's not the hands that are the big problem. It's the three pairs of eyes that mothers must have!""And that's on the standard model?" the angel asked. The Lord nodded and explained, "Yes... one pair of eyes are to see through the closed door as she asks her children what they are doing even though she already knows. Another pair in the back of her head, to see what she needs to know even though no one thinks she can. And the third pair are in the front of her head, for looking at a child with love and saying that she understands and loves him or her without even saying a single word."The angel tried to tell the Lord to take a break. "This is too much work for one day. Wait until tomorrow to finish.""But I can't!" The Lord protested, "I am so close to finishing this creation that is so close to my own heart. She already heals herself when she is sick AND can feed a family of six on a pound of hamburger and can get a nine-year-old to stand in the shower." The angel moved closer and touched the woman, "But you have made her so soft, Lord." "She is soft," the Lord agreed, "but I have also made her tough. You have no idea what she can endure or accomplish.""Will she be able to think?" asked the angel. The Lord replied, "Not only will she be able to think, she will be able to reason, and negotiate." The angel then noticed something and reached out and touched the woman's cheek. "Oops, it looks like you have a leak with this model. I told you that you were trying to put too much into this one." "That's not a leak." the Lord said. "That's a tear." "What's the tear for?" the angel asked. The Lord said, "The tear is her way of expressing her joy, her sorrow, her disappointment, her pain, her loneliness, her grief, and her pride."The angel was impressed. "You are a genius, Lord. You thought of everything for this one. You even created the tear!" The Lord looked at the angel and smiled and said, "I'm afraid you are wrong again, my friend. I created the woman, but she created the tear."

Le mani della madre

Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani tutti.
Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare in te dal manto,
luminoso contorno:
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

Rainer Maria Rilke

Madre

La parola più bella sulle labbra del genere umano è "madre"
e la più bella invocazione è:"Madre mia!"
E' la fonte dell'amore, della misericordia, della comprensione, del perdono.
Ogni cosa in natura parla della madre.
La stella Sole è madre della terra e le dà il suo nutrimento di calore; non lascia mai l'universo nella sera finché non abbia coricato la terra al suono del mare e al canto melodioso degli uccelli e delle acque correnti.
E questa terra è madre degli alberi e dei fiori. Li produce, li alleva e li svezza. Alberi e fiori diventano madri tenere dei loro grandi frutti e semi.
La parola "madre" è nascosta nel cuore e sale sulle labbra nei momenti di dolore e di felicità, come il profumo sale dal cuore della rosa e si mescola all'aria chiara e all'aria nuvolosa.

Khalil Gibran (1883 - 1931), poeta, pittore e filosofo libanese

Guardati allo specchio

Guardati allo specchio e di' al volto che vedi
che è ormai tempo per quel viso di crearne un altro,
se non rinnovi ora la sua giovane freschezza
inganni il mondo e rinneghi la gioia d'ogni madre.
Vi è forse donna tanto pura il cui illibato grembo
disdegni il seme della tua virilità?
O forse uomo tanto folle da voler essere la tomba
del suo proprio amore per non aver progenie?
Tu sei lo specchio di tua madre e come lei in te
ricorda il leggiadro Aprile della sua primavera,
così dai vetri del tuo crepuscolo tu rivedrai
a dispetto delle rughe, questo tuo tempo d'oro.
Ma se invece vuoi vivere senza esser ricordato,
muori celibe e la tua immagine morirà con te.
Poesie
William Shakespeare (1564 – 1616), drammaturgo e poeta inglese

Sopra una tomba

Tutto un inverno ho sofferto
pensando alla fradicia zolla
dove tu riposavi
in provvisoria fossa
ch'era il tuo purgatorio.
Piovose notti insonni
conobbero il mio rimorso.

E a te volavo, o madre,
cui non piacque la terra
per ultima dimora,
la terra faticosa,
la terra che patisti oltre la morte.

Ora esaudita, emersa
dal confuso elemento,
tu sei come redenta.
Non più l'informe grembo
travaglierà le tue spoglie.

Tu che vivente avesti incerto asilo,
sicuro loco avrai or che sei morta,
fin che l'umana pietà lo conceda.

Vincenzo Cardarelli [Nazareno Caldarelli] (1887 – 1959) poeta, scrittore e giornalista italiano

Anniversario

Sono più di trent’anni e di queste ore,
mamma, tu con dolor m’hai partorito;
ed il mio nuovo piccolo vagito
t’addolorava più del tuo dolore.

Poi tra il dolore sempre ed il timore,
o dolce madre, m’hai di te nutrito:
e quando fui del corpo tuo vestito,
quand’ebbi nel mio cuor tutto il tuo cuore;

allor sei morta; e son vent’anni: un giorno!
già gli occhi materni io penso a vuoto;
il caro viso già mi si scolora,

mamma, e più non ti so. Ma nel soggiorno
freddo de’ morti, nel tuo sogno immoto,
tu m’accarezzi i riccioli d’allora.

31 di dicembre 1889

Giovanni Pascoli (1855 – 1912), poeta, accademico e critico letterario italiano

Alla madre

Se tu torni fra noi è un caldo e grigio giorno di marzo,
è l’ora del riposo per noi rimasti nella casa, in pace.
Così lungamente abbiamo aspettato nel silenzio delle stanze assopite,
ora i bambini sono andati per viole.
Oh, poterli cercare con te fra le gaggìe nude nel sole.

Attilio Bertolucci

A mia madre

Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce nel sonno eterno, rotta
felice schiera in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un'ombra la spoglia
(e non è un'ombra,
o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, solo due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il gesto d'una
vita che non è un'altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell'eliso
folto d'anime e voci in cui tu vivi;
e la domanda che tu lasci è anch'essa
un gesto tuo, all'ombra delle croci.

Eugenio Montale

A mia madre

Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni:
mia madre ha sessant'anni,
e più la guardo e più mi sembra bella.
Non ha un accenno, un guardo, un riso, un atto
che non mi tocchi dolcemente il core;
ah, se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto!
Vorrei ritrarla quando china il viso
perch'io le baci la sua treccia bianca,
o quando, inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso
Pur, se fosse il mio priego in ciel accolto,
non chiederei di Raffael da Urbino
il pennello divino per coronar di gloria il suo bel volto;
vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei,
veder me vecchio, e lei
dal sacrificio mio ringiovanita.
Poesie (1882)
Edmondo De Amicis

La mia sera

Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.

O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.

Canti di Castelvecchio, Zanichelli, 1903

Giovanni Pascoli (1855 – 1912), poeta, accademico e critico letterario italiano

Lettera alla madre

Mater dolcissima, ora scendono le nebbie, il Naviglio urta confusamente sulle dighe, gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve; non sono triste nel Nord: non sono in pace con me, ma non aspetto perdono da nessuno, molti mi devono lacrime da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi come tutte le madri dei poeti, povera e giusta nella misura d'amore per i figli lontani. Oggi sono io che ti scrivo." - Finalmente, dirai, due parole di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore lo uccideranno un giorno in qualche luogo. - "Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo di treni lenti che portavano mandorle e arance, alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze, di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio, questo voglio, ell'ironia che hai messo sul mio labbro, mite come la tua. Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori. E non importa se ora ho qualche lacrima per te, per tutti quelli che come te aspettano, e non sanno che cosa. Ah, gentile morte, non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro tutta la mia infanzia è passata sullo smalto del suo quadrante, su quei fiori dipinti: non toccare le mani, il cuore dei vecchi. Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà, morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater.

Salvatore Quasimodo

martedì 5 maggio 2009

Ciò che mi aspetto da coloro che ho scelto

Quanto vorrei che sacerdoti e religiosi non cercassero al di fuori di me il segreto dell'unica, vera, profonda fecondità!
In me dimora la potenza. Inseritevi in me e vi farò partecipare a questa potenza.
Con poche parole, proietterete luce.
Con pochi gesti, aprirete le strade alla mia grazia. Con pochi sacrifici, sarete il sale che risana il mondo. Con poche preghiere, sarete il lievito che fa fermentare la pasta umana.
Ti ho concesso una grazia speciale, per incoraggiare i miei sacerdoti a trovare nel contatto intimo con me il segreto di un sacerdozio felice e fecondo. Offrili spesso a me e unisciti alla mia preghiera per loro. Dipende in gran parte da essi la vitalità della mia Chiesa sulla terra e l'assistenza della mia Chiesa del cielo in favore della umanità peregrinante.
Il mondo passa e non si preoccupa di ascoltarmi; ecco il perché di tante vite titubanti e sciupate.
Ma la cosa più dolorosa per il mio cuore e la più nefasta per il mio Regno è che le stesse persone consacra­te, per mancanza di fede, per mancanza di amore non hanno l'orecchio attento verso di me. La mia voce si perde nel deserto. Così, quante vite sacerdotali e religiose rimangono improduttive!
Che il sacerdote non si fidi dei complimenti e dei segni di rispetto tributatigli. L'incenso è il più sottile veleno per un uomo di Chiesa. Si tratta di un eccitante effimero, come molti stupefacenti, e dopo un certo tempo si rischia di rimanere intossicati.
Quanti sacerdoti acidi, amari, scoraggiati, perché non hanno saputo stabilirsi nel piano della redenzione! Io sono pronto a purificarli e a orientarli, se accettano di essere docili all'azione del mio Spirito. È compito tuo presentarmeli, offrirli fraternamente ai raggi del mio amore. Pensa ai sacerdoti giovani, pieni d'ardore aposto­lico e di zelo straripante, che credono di poter riformare la Chiesa senza iniziare a riformare se stessi.
Pensa agli intellettuali, tanto utili, anzi tanto necessari, a condizione che continuino i loro studi e ricerche con grande umiltà, per servire, senza disprezzare nessuno.
Pensa ai sacerdoti in età matura, che credono di aver il pieno possesso di tutti i loro mezzi e sono portati così facilmente a fare a meno di me.
Pensa ai confratelli anziani, esposti alle incomprensio­ni dei giovani, che si sentono superati e spesso messi da parte. Essi si trovano nel periodo più fecondo della loro vita, durante il quale si realizza la rinuncia: essa li santifica nella misura in cui la accettano con amore.
Pensa ai tuoi fratelli moribondi; ottieni loro la fiducia, l'abbandono alla mia misericordia. Le loro colpe, i loro errori, i loro abbagli sono da tanto tempo cancellati. Io non mi ricordo se non dello slancio della loro donazione iniziale, degli sforzi, delle fatiche, delle stanchezze che per me hanno sopportato.
Ho bisogno di sacerdoti, la vita dei quali sia la concreta espressione della mia preghiera, della mia lode, della mia umiltà, della mia carità.
Ho bisogno di sacerdoti che, con delicatezza e rispetto infinito, si preoccupino di scolpire giorno dopo giorno la mia effigie divina sul volto di quanti io affido loro.
Ho bisogno di sacerdoti dediti prima di tutto alle realtà soprannaturali, per animare di esse tutta la vita reale dell'uomo d'oggi.
Ho bisogno di sacerdoti che siano professionisti dello spirituale e non funzionari o fanfaroni; di sacerdoti miti, pieni di benevolenza, pazienti, ricchi anzitutto di spirito di servizio, che non confondano mai l'autorità con l'auto­ritarismo; insomma, di sacerdoti profondamente pieni d'amore, che cerchino una cosa sola e abbiano un solo scopo: che l'Amore sia più amato.
Non credi che posso, in pochi minuti, farti guadagnare diverse ore del tuo lavoro e diverse anime nella tua attivi­tà? Questo bisogna dire al mondo, specie al mondo dei preti, dei quali non si dovrebbe misurare la fecondità spirituale dall'intensità del loro desiderio di produrre, ma dalla disponibilità della loro anima all'azione del mio Spirito.
Ciò che importa ai miei occhi non è leggere molto, parlare molto, fare molto, ma permettermi di agire attra­verso di voi.
Sii certo che se io occupo in una vita di sacerdote, in un cuore di sacerdote, in una preghiera di sacerdote tutto il posto che desidero, allora egli troverà il suo equilibrio, la sua piena realizzazione, la pienezza della sua paternità spirituale.
Quanto è grande e terribile un'anima di sacerdote! Un sacerdote può a tal punto continuare me e attirare verso di me, oppure, ahimè!, deludere e allontanare da me, volendo talvolta attirare a sé. Un sacerdote senza amore è un corpo senz'anima. Più di ogni altro, il sacerdote dev'essere in balia del mio Spirito, lasciarsi condurre e animare da lui.
Pensa ai sacerdoti caduti, molti dei quali hanno tante scuse: mancanza di formazione, mancanza di ascesi, mancanza di sostegno fraterno e paterno, cattivo uso del­le loro possibilità, donde delusione, scoraggiamento, ten­tazioni e il resto... Non sono mai stati felici, e quante volte hanno provato la nostalgia del divino! Non credi che nel mio cuore io abbia più potenza nel perdonare di quanti non ne abbiano avuta loro nel peccare? Accoglili fraternamente nel tuo pensiero e nella tua preghiera. È anche attraverso di essi, nei quali non tutto è cattivo, che io opero la redenzione del mondo.
Vedi me in ciascuno di essi, talvolta piagati e sfigurati, ma adora in essi ciò che resta di me e farai rivivere la mia Risurrezione in tutti.
In fondo, c'è una sola categoria di sacerdoti che mi rattrista profondamente. Sono coloro che, per progressiva deformazione professionale, sono diventati orgogliosi e duri. Volontà di potenza, affermazione del loro «io» hanno progressivamente svuotato la loro anima di quella carità profonda che dovrebbe ispirare tutti i loro atteggiamenti e tutte le loro pratiche.
Quanto male fa un sacerdote duro! Quanto bene fa un sacerdote buono! Ripara per i primi. Sostieni i secondi. Io perdono molte cose al sacerdote che è buono. Mi ritiro dal sacerdote che si è indurito. In lui non c'è posto per me. Ci soffoco.
Il rumore interiore ed esteriore impedisce a molti uo­mini di ascoltare la mia voce e di comprendere il senso dei miei appelli. È importante perciò che in questo mon­do iperattivo e surriscaldato si moltiplichino le zone di silenzio e di calma, dove gli uomini possano ritrovarmi, conversare con me, donarsi a me liberamente.
Per fare di un paese una comunità cristiana, dove pos­sa svilupparsi ciò che vi è di meglio nell'uomo, bisogna porre questo paese in stato di orazione. Ebbene, i maestri di orazione sono per eccellenza i sacerdoti, e la loro in­fluenza è in rapporto alla loro intimità con me.
Offrimi spesso le sofferenze dei tuoi fratelli sacerdoti: sofferenze dello spirito, del corpo, del cuore; uniscile a quelle della mia Passione e della Croce perché, da tale unione, attingano il loro pieno valore di pacíficazione e di corredenzione.
Chiedi a mia Madre di aiutarti in questa missione e pensaci in modo particolare nella celebrazione della mes­sa, in unione con lei e alla sua materna presenza.
Non dimenticarlo. La redenzione è anzitutto un'opera d'amore prima che un'opera di organizzazione.
Ah! se tutti i tuoi fratelli sacerdoti si decidessero a credere che li amo; che senza di me non possono fare niente, eppure che ho bisogno di essi per potermi mani­festare nella misura che il mio cuore desidera!
Io sono in ciascuna di quelle vergini consacrate che hanno offerto la loro giovinezza e la loro vita al servizio delle Missioni, al servizio della mia Chiesa. Sono presen­te, carità dei loro cuori, energia delle loro volontà, testi­mone dei loro sforzi, dei loro sacrifici, e passo attraverso di esse per raggiungere le anime.
Offrimi queste ostie viventi nelle quali mi nascondo, nelle quali lavoro, prego, desidero.
Pensa alle migliaia di donne che si sono consacrate a me e che hanno ricevuto la missione insostituibile di con­tinuare l'azione di mia Madre nella Chiesa, a condizione di lasciarsi invadere da me nella contemplazione.
Ciò che manca attualmente alla mia Chiesa non sono le dedizioni, le iniziative, le attività, ma la dose proporzio­nata di autentica vita contemplativa.
L'ideale è che vi sia, in un'anima consacrata, molta scienza insieme a molto amore e a molta umiltà. Ma vale di più un po' meno scienza con molto amore e umiltà, che non molta scienza con un po' meno amore e umiltà.
Chiedimi di suscitare nel mondo delle anime contem­plative che, dotate di spirito universale, assumano la par­te di preghiera e di espiazione di molti, attualmente chiu­si ai richiami della mia grazia.
Ricòrdati: Teresa d'Avila ha contribuito alla salvezza di tante anime quanto Francesco Saverio con le sue corse apostoliche; Teresa di Lisieux ha meritato di essere chiamata Patrona delle Missioni.
A salvare il mondo non sono quelli che si agitano, né quelli che architettano teorie; sono quelli che, vivendo intensamente del mio Amore, lo propagano misteriosa­mente sulla terra.
Io sono il Sommo Sacerdote e tu sei sacerdote solo per partecipazione e per prolungamento del mio sacerdozio. Incarnandomi nel seno di mia Madre, la mia Persona divina ha assunto la natura umana ed ho così ricapitolato in me tutti i bisogni spirituali dell'umanità.
In tal modo tutti gli uomini possono e debbono essere inseriti in questo movimento di sacralizzazione; ma il sacerdote è lo specialista, il professionista del sacro. An­che quando lavora, sia pure manualmente, nulla è profa­no in lui. Ma se lavora con lucida coscienza della sua appartenenza a me, se almeno virtualmente egli lavora per me e in unione con me, allora io sono in lui, lavoro con lui alla gloria del Padre mio, al servizio dei suoi fratelli. Egli diventa il mio posseduto, il mio alter ego e in lui io stesso attiro verso il Padre mio gli uomini che egli avvicina.
Condividi le mie preoccupazioni per la mia Chiesa e, in modo particolare, per i miei sacerdoti. Essi sono i miei « prediletti », anche coloro che, sotto l'infuriare della tempesta, provvisoriamente mi abbandonano. Provo grande pietà per loro e per le anime che erano loro affida­te; ma la mia misericordia verso di essi è inesauribile, se sotto l'influsso delle preghiere e dei sacrifici dei loro fra­telli, essi si gettano tra le mie braccia... La loro ordinazio­ne li ha segnati in modo indelebile, e se anche non posso­no più esercitare un sacerdozio ministeriale, la loro vita, raggiungendo la mia oblazione redentrice, può essere un'offerta d'amore di cui io mi servo.
Approfitta del tempo che ti lascio su questa terra, il periodo della tua esistenza in cui puoi meritare, per chie­dermi intensamente che si moltiplichino le anime con­templative, le anime mistiche. Sono esse che salvano il mondo e ottengono alla Chiesa il rinnovamento spirituale di cui ha bisogno.
In questo momento certi pseudo-teologi lanciano ai quattro venti le loro elucubrazioni intellettuali, credono di purificare la fede, mentre non fanno altro che turbarla.
Soltanto coloro che mi hanno incontrato nella preghie­ra silenziosa, nella lettura umile della Sacra Scrittura, nel­l'unione profonda con me, possono parlare di me con competenza, poiché io stesso ispiro i loro pensieri e parlo attraverso le loro labbra.
Il mondo va male. Anche la mia Chiesa è divisa; il mio corpo ne soffre. Grazie di vocazione sono soffocate e muoiono. Satana è scatenato. Come è accaduto nella storia della Chiesa dopo ogni Concilio, egli semina dapper­tutto la discordia, rende gli spiriti ciechi alle realtà spiri­tuali e i cuori duri ai richiami del mio amore.
È necessario che i sacerdoti e tutte le persone consa­crate reagiscano, offrano tutte le sofferenze, tutte le ago­nie dell'umanità congiungendole alle mie, pro mundi vita.
Ah! se gli uomini comprendessero che io sono la sor­gente di tutte le virtù, la sorgente di ogni santità, la sor­gente della vera gioia!
Chi, meglio dei miei sacerdoti, può rivelare queste cose? A condizione, però, che accettino di essere i miei amici intimi e vivano in conseguenza! Tutto ciò richiede dei sacrifici, ma subito ricompensati dalla fecondità e dalla gioia serena che li pervade.
Bisogna accettare di donarmi il tempo che chiedo. Quando mai è accaduto che la fedeltà nel consacrarmi ogni tanto una giornata in esclusiva abbia compromesso il ministero?
Non si sa più fare penitenza; perciò ci sono così pochi educatori spirituali e poche anime contemplative.
Sono tanto contrario al pessimismo e al vittimismo, quanto desidero che non abbiate timore di quella frustra­zione passeggera che può provocare un piccolo sacrificio e una leggera privazione, voluta o accettata per amore.
Rimane sempre vera quella mia parola: Se non fate penitenza, perirete tutti. Ma, se siete generosi, attenti a ciò che il mio Spirito vi suggerisce e che mai nuocerà alla vostra salute e al dovere del vostro stato; se siete fedeli a unirvi all'oblazione spirituale che io non cesso di offrire in voi, contribuirete a cancellare molti peccati della gente e soprattutto molti tradimenti delle persone mie consa­crate; otterrete grazie abbondanti perché questo trava­gliato periodo del dopo-Concilio veda sorgere, in tutti gli ambienti e in tutti i continenti, nuove schiere di santi che insegneranno di nuovo, al mondo stupito, il segreto della vera gioia.
Assunto da me, in persona mea, durante la messa il sacerdote cambia il pane nel mio Corpo e il vino nel mio Sangue.
Assunto da me, in persona mea, al confessionale egli cancella, con l'assoluzione le colpe del peccatore pentito. Assunto da me, in persona mea, compie, o dovrebbe compiere, tutti gli atti del ministero.
Assunto da me, in persona mea, pensa, parla, prega, si nutre, si distrae.
Il sacerdote non si appartiene più, si è dato a me libe­ramente, corpo e anima, per sempre. Perciò non può più essere del tutto come gli altri uomini. Egli è nel mondo, ma non è più del mondo. A un titolo speciale e unico, egli è mio.
Deve cercare di identificarsi a me con la comunione di pensiero e di cuore, con la condivisione delle preoccupa­zioni e dei desideri, con un'intimità sempre crescente.
Deve tendere a esprimere con il suo comportamento qualcosa del mio immenso rispetto nei confronti del Pa­dre mio e della mia bontà inesauribile verso tutti gli uo­mini, chiunque essi siano.
Deve rinnovare continuamente il dono di tutto se stes­so a me perché io sia pienamente in lui quello che deside­ro essere.
Tante anime si lasciano intossicare dal piacere fallace e dall'ideologia inebriante, al punto da rinchiudersi su se stesse e diventare incapaci del libero movimento verso di me. Eppure, io le chiamo, ma non sentono. Le attiro, ma si sono rese impermeabili alla mia influenza.
Per questo ho bisogno urgente delle persone consacra­te. Ah! se si preoccupassero di ricomporre in sé tutte le miserie di questo mondo pazzo e di invocare il mio aiuto in nome di coloro che il demonio tiene incatenati, la mia grazia potrebbe vincere più facilmente molte resistenze.
Le persone consacrate sono il sale della terra. Quando il sale non è più salato, a che cosa può servire? Quando le ho chiamate, hanno detto « SÌ » generosa­mente; e questo non lo dimenticherò mai. Ma piccole debolezze hanno poi occasionato gravi resistenze alla mia grazia, talvolta dietro il pretesto di una urgenza nel com­pimento del dovere di stato.
Se fossero state fedeli ai tempi forti dell'orazione, l'in­timità con me sarebbe stata salvaguardata e le loro attivi­tà apostoliche, lungi dal soffrirne, sarebbero risultate più feconde.
Fortunatamente, esistono ancora nel mondo molte anime fedeli. Sono esse a ritardare, se non a impedire, le grandi catastrofi che minacciano l'umanità.
Chiedi che gli educatori e le educatrici spirituali diven­tino sempre più numerosi. Questo fatto ha reso possibile il rinnovamento della Chiesa dopo le prove della Riforma nel secolo XVI e dopo lo sconvolgimento della rivoluzione francese. Sarà ancora questo che nei prossimi anni facilite­rà una nuova primavera della comunità cristiana e prepa­rerà a poco a poco, malgrado l'accumularsi di ostacoli di ogni tipo, un'era di fraternità e un progresso verso l'unità.
Ciò non impedirà agli uomini di vivere secondo la loro epoca, di interessarsi ai problemi anche materiali del loro tempo; ma procurerà loro luce e potenza per agire sul­l'opinione pubblica dei loro contemporanei e contribuire a soluzioni benefiche.
L'invito a venire a me, lo rivolgo a tutti, ma ho bisogno della collaborazione degli uomini perché questo mio appello sia accolto. La mia forza di attrazione deve passa­re attraverso il riflesso del mio volto nell'anima dei miei membri, in particolare dei consacrati.
Attraverso la loro bontà, la loro umiltà, la loro mitezza, la loro accoglienza, l'irradiazione della loro gioia io voglio rivelarmi.
Le parole, certo, sono necessarie; le strutture sono uti­li; ma ciò che tocca i cuori è la mia Presenza, percepita e quasi sentita attraverso i « miei ». C'è una irradiazione che emana da me e che non inganna.
Questo mi aspetto sempre di più da te.
A forza di guardarmi, di contemplarmi, tu vieni pene­trato, impregnato dalle mie divine radiazioni; e, al tempo opportuno, le tue parole saranno cariche della mia luce e diverranno efficaci.
Il mio Amore per gli uomini non è amato. È a tal punto e così spesso dimenticato, mísconosciuto, respinto! Que­ste resistenze impediscono agli spiriti di aprirsi alla luce e ai cuori di aprirsi alla mia tenerezza.
Per fortuna, ci sono anime umili e generose in tutti i paesi, in tutti gli ambienti di vita e in tutte le età; il loro amore ripara per mille bestemmie, per mille rifiuti.
Il prete dev'essere la prima ostia del suo sacerdozio. L'offerta di se stesso deve congiungersi alla mia, a benefi­cio della moltitudine. Ogni sua scantonata costituisce un mancato profitto per molte anime. Ogni sua accettazione paziente e amorosa vale immediatamente un guadagno prezioso per la mia crescita d'amore in questo mondo.
Abbi fiducia nella mia potenza che risplende nella tua debolezza e la trasforma in coraggio e generosità. Desidero vederti passare un'ora con me vivo nell'ostia, ma non venire mai solo: ricapitola in te tutte le anime che ho legato misteriosamente alla tua e renditi, umilmente, canale delle mie radiazioni divine.
Nulla diventa inutile dei piccoli sacrifici, delle piccole attività, delle piccole sofferenze, se sono vissute in stato di oblazione e di amore ai tuoi fratelli.
Sii sempre più l'ostia del tuo sacerdozio. Un sacerdo­zio che non comporta l'oblazione del sacerdote è un sa­cerdozio monco. Rischia di essere sterile e di intralciare l'opera della mia redenzione.
Il sacerdote è tanto più spiritualizzato quanto più ac­cetta di essere corredentore.


[ Da: Quando il Maestro parla al cuore ]
Gaston Courtois (1897 – 1970), prete, psicologo e scrittore francese

Il motivo dell’incarnazione...

Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece Figlio dell’uomo, per abituare l’uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre. Per questo Dio stesso ci ha dato come "segno" della nostra salvezza colui che, nato dalla Vergine, è l’Emmannele: poiché lo stesso Signore era colui che salvava coloro che di per se stessi non avevano nessuna possibilità di salvezza.

Contro le eresie, libro 3, 2‑3

Ireneo di Lione, vescovo, teologo, santo (130 - 202)