venerdì 17 gennaio 2025

La predica è efficace quando parlano le opere

  Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza, quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti di opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge, dice Gregorio, si imponga al predicatore: metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina.

  Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo Spirito e non secondo l’inclinazione del suo animo. Vi sono infatti alcuni che parlano secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: «Perciò, eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole. Eccomi contro i profeti, oracolo del Signore, che muovono la lingua per dare oracoli. Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e travìano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore» (Ger 23, 30-32).

  Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamolo umilmente che ci infonda la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell’osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti e illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino.

Discorsi, I, 226

Antonio da Padova [ Fernando Martins de Bulhões ] (1195 – 1231), presbitero francescano portoghese, santo 


Non si deve mai venir meno alla verità

La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell'odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell'odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo.

Sermoni

Antonio da Padova [ Fernando Martins de Bulhões ] (1195 – 1231), presbitero francescano portoghese, santo 


mercoledì 15 gennaio 2025

L'ulivo e l'olio

L’olio

Olio con sapiente arte spremuto
Dal puro frutto degli annosi olivi,
Che cantan - pace! - in lor linguaggio muto
Degli umbri colli pei solenti clivi,
Chiaro assai più liquido cristallo,
Fragrante quale oriental unguento,
Puro come la fè che nel metallo
Concavo t’arde sull’altar d’argento,
Le tue rare virtù non furo ignote
Alle mense d’Orazio e di Varrone
Che non sdegnàr cantarti in loro note...

Alcyone (1903)

Gabriele D’Annunzio

Aforismi Musica

E come giga e arpa, in tempra tesa 
di molte corde, fa dolce tintinno 
a tal da cui la nota non è intesa, 
così da’ lumi che lì m’apparinno 
s’accogliea per la croce una melode 
che mi rapiva, sanza intender l’inno.

Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XIV,118-123

[ Come strumenti musicali diversi, la viola e l'arpa, nella varia tensione delle loro corde, producono una dolce melodia anche per colui che non è in grado di distinguere le note, così dalle luci che mi apparvero lassù si raccoglieva dalla Croce, che queste formavano, una melodia che mi che mi rapiva, senza comprenderne le parole...]

La musica è architettura liquida, l'architettura è musica congelata. (Johann Wolfgang von Goethe)

Grazie alla potenza della musica camminiamo lieti attraverso la notte tetra della morte. (Wolfgang Amadeus Mozart, Flauto magico, atto II, scena 28)

giovedì 9 gennaio 2025

Siamo fatti per vivere

Siamo fatti per vivere. I lutti ci gettano nel vuoto, ma in quella disperazione c’è la luce del passato...

Non siamo fatti per morire, ma per nascere, affermava Hannah Arendt. Tuttavia la nostra vita inizia a morire già con il suo primo respiro. Non solo perché la morte è il destino inesorabile che ci attende alla fine della vita, ma perché in ogni istante della nostra vita c’è qualcosa che si perde, si stacca, si separa da noi stessi, scompare. In questo senso la morte non è, come ricordava Heidegger, l’ultima nota della melodia dell’esistenza che ne chiude il movimento, ma una “imminenza sovrastante” che ci accompagna da sempre. Questa imminenza sovrastante della morte definisce propriamente la forma umana della vita. L’esistenza di un fiore o di un animale vive senza conoscerla. Il fiore e l’animale sono, infatti, espressioni di una vita eterna. Anch’essi sono destinati a perire, ma la loro vita non conosce l’assillo e il pensiero della morte. La vita animale è vita sempre piena di vita, vita che non conosce la ferita della finitezza o, meglio, che non conosce la finitezza come ferita necessariamente mortale della vita. L’uccello nel cielo, come il giglio nei campi, per riprendere una nota immagine evangelica, non conoscono l’erosione del tempo perché vivono in un eterno presente, in un solo grande “oggi”. Essi hanno deposto ogni forma di attesa, non restano sotto il peso incombente della fine perché il loro beato magistero ha sospeso il divenire del tempo in un “adesso” che non si lascia corrompere dal divenire delle cose. La vita animale, come quella vegetale, non esclude affatto la fine – il cane, come il fiore, perisce, la sua esistenza, come quella umana, ha “i giorni contati”, come direbbe il Qoèlet biblico –, tuttavia non conosce affatto la morte come destino incombente in ogni momento della vita, come possibilità sempre possibile o come impossibilità di tutte le nostre possibilità. Per questa ragione nella loro forma di vita – la vita piena di vita, vita che coincide con se stessa – non vivono la separazione da se stessi, non vivono né lo struggimento del desiderio né la pena della mancanza dalla quale esso sorge. 

Nella forma umana della vita la morte è in primo piano: la morte di un essere umano avviene sempre troppo presto, sempre in anticipo, ingiustamente prematura. Anche un anziano che muore incarna l’ingiustizia della fine, la terribile legge del tempo alla quale non possiamo sottrarci. Mentre il re dei camosci raccontato da Erri De Luca ne Il peso della farfalla si isola dal branco per andare incontro con saggezza istintuale al suo destino, la vita umana tende a rifiutare il tempo della morte, vorrebbe poter vivere senza considerare la presenza della morte. Tuttavia, come sappiamo, la sua necessità ineluttabile si combina con la sua contingenza imprevedibile. La nostra vita finirà di sicuro nelle braccia della morte, ma nessuno di noi può sapere quando. L’evento della morte è certo e incerto nello stesso tempo. È una delle ragioni, come Heidegger ha insegnato, che definisce l’angoscia come la nostra condizione affettiva fondamentale.

La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia

Massimo Recalcati

sabato 4 gennaio 2025

Signore, non ho tempo...

Sono uscito, Signore: 

fuori tutti andavano, venivano,

camminavano, correvano. 

Correvano le bici, le macchine, 

i camion, la strada, la città, tutti...

“Arrivederci, scusi... non ho tempo!” 

“Termino questa lettera perché non ho tempo!”

“Avrei voluto aiutarti... ma non ho tempo!”

Non posso accettare perché non ho tempo!

Non posso riflettere, leggere, non ho tempo!

Vorrei pregare, ma non ho tempo!

Tu comprendi Signore, vero? ...non abbiamo tempo! 

Il bambino gioca: non ha tempo subito ...più tardi! 

Lo scolaro deve fare i compiti: non ha tempo ...più tardi! 

Lo studente ha un sacco di lavoro: non ha tempo ...più tardi! 

Il giovane ha gli allenamenti da fare: non ha tempo ...più tardi! 

Lo sposo novello ha la casa da arredare: non ha tempo ...più tardi!

Il padre di famiglia ha i bambini: non ha tempo ...più tardi! 

I nonni hanno i nipotini: non hanno tempo ...più tardi! 

Sono malati! Hanno le loro cure: ...non hanno tempo ...più tardi!

Sono moribondi, non hanno ...troppo tardi ...non hanno più tempo!

Signore, tu che sei fuori del tempo 

sorridi nel vederci lottare col tempo. 

Tu sai quello che fai e non ti sbagli quando distribuisci il tempo agli uomini. 

Stasera ti chiedo di fare coscienziosamente nel tempo che tu mi dai, 

quello che Tu vuoi che io faccia!


Meo Bessone (1948 - 2020), presbitero cattolico italiano


mercoledì 1 gennaio 2025

Preghiera per l' ultimo giorno dell'anno

Signore,

alla fine di questo anno voglio ringraziarti

per tutto quello che ho ricevuto da te,

grazie per la vita e l’amore,

per i fiori, l’aria e il sole,

per l’allegria e il dolore,

per quello che è stato possibile

e per quello che non ha potuto esserlo.


Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:

il lavoro che ho potuto compiere,

le cose che sono passate per le mie mani

e quello che con queste ho potuto costruire.


Ti offro le persone che ho sempre amato,

le nuove amicizie, quelli a me più vicini,

quelli che sono più lontani,

quelli che se ne sono andati,

quelli che mi hanno chiesto una mano

e quelli che ho potuto aiutare,

quelli con cui ho condiviso la vita,

il lavoro, il dolore e l’allegria.


Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono

per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,

per le parole inutili e per l’amore disprezzato,

perdono per le opere vuote,

per il lavoro mal fatto,

per il vivere senza entusiasmo

e per la preghiera sempre rimandata,

per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi,

semplicemente… ti chiedo perdono.


Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,

tuo è l’oggi e il domani, il passato e il futuro, 

e, all’inizio di un nuovo anno,

io fermo la mia vita davanti al calendario ancora da inaugurare

e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.


Oggi ti chiedo per me e per i miei la pace e l’allegria,

la forza e la prudenza,

la carità e la saggezza.


Voglio vivere ogni giorno con ottimismo e bontà,

chiudi le mie orecchie a ogni falsità,

le mie labbra alle parole bugiarde ed egoiste

o in grado di ferire,

apri invece il mio essere a tutto quello che è buono,

così che il mio spirito si riempia solo di benedizioni

e le sparga a ogni mio passo.


Riempimi di bontà e allegria

perché quelli che convivono con me

trovino nella mia vita un po’ di te.


Signore, dammi un anno felice

e insegnami e diffondere felicità.


Nel nome di Gesù, amen.