Ora invece noi combattiamo contro un persecutore ingannevole, un nemico che lusinga, [l'imperatore] Costanzo l'anticristo: egli non percuote il dorso ma accarezza il ventre, non ci confisca i beni per la vita ma ci arricchisce per la morte, non ci sospinge col carcere verso la libertà ma ci riempie di incarichi nella sua reggia per la servitù, non spossa i nostri fianchi ma si impadronisce del cuore, non taglia la testa con la spada ma uccide l'anima con l'oro, non minaccia di bruciare pubblicamente, ma accende la geenna privatamente. Non combatte per non essere vinto ma lusinga per dominare, confessa il Cristo per rinnegarlo, favorisce l'unità per impedire la pace, reprime le eresie per sopprimere i cristiani, carica di onori i sacerdoti perché non ci siano più vescovi, costruisce le chiese per distruggere la fede. Ti porta in giro a parole, con la bocca, ma fa di tutto perché non si creda che tu sei Dio, come il Padre.
Contro l'imperatore Costanzo, a cura di Luigi Longobardo, Roma, Ed. Città nuova, 1997, p. 48 - 49.
Ilario di Poitiers (310ca.‒ 367), santo, vescovo e dottore della Chiesa
Ilario, vescovo della Chiesa di Cristo, si è sempre professato suddito fedele dell’imperatore, ma quando Costanzo fa dell’Arianesimo (che considerava Gesù, figlio di Dio, ma in quanto creatura sia pure la più eccellente di tutte e la più vicina alla divinità) la dottrina ufficiale dell’Impero e il riconoscimento dell’eresia diventa definitivo, senza esitare scrive il libro Contro l’imperatore Costanzo: una testimonianza della sua statura morale e della fedeltà all'autentica professione di fede espressa nel credo di Nicea (325), ma anche la messa in evidenza di una questione di fondo destinata a rinascere inevitabilmente in seguito: il problema della libertà e della autonomia dei cristiani nell'interpretazione della verità e nella proclamazione del Vangelo al mondo. Ilario parla della persecuzione subdola di Costanzo, che gli costerà l’esilio, e per questo rimpiange di non essere vissuto ai tempi di Nerone e di Decio in cui i cristiani venivano sì perseguitati ma in un modo dichiarato ed aperto. Qualche decennio dopo, Sant'Agostino dirà che i nuovi persecutori “…non impellunt corpora christianorum, sed lacerant animas christianorum” (En. in ps. 69, 2) “…non seviziano più i corpi dei cristiani, ma lacerano le loro anime”: un monito sempre attuale a stare in guardia contro i “nemici di Cristo e dell’uomo” che, in modo spesso subdolo e occulto, “…non percuotono più il dorso ma accarezzano il ventre”.
F.P.
Nessun commento:
Posta un commento