mercoledì 23 dicembre 2015
domenica 13 dicembre 2015
La vecchietta che aspettava Dio
C'era una volta, un'anziana signora, che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno, sentì la voce di Dio che le diceva: "Oggi verrò a farti visita". Figuratevi la gioia e l'orgoglio della vecchietta. Cominciò a pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi, indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l'arrivo di Dio. Dopo un po', qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma, era solo la sua vicina di casa, che le chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: "Per amore di Dio, vattene subito, non ho proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!". E sbatté la porta in faccia alla mortificata vicina. Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire. Ma chi c'era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga, che vendeva bottoni e saponette da quattro soldi.
La vecchietta sbottò: "Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un'altra volta!". E chiuse la porta sul naso del povero ragazzo. Poco dopo, bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male in arnese. "Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo... E se potesse lasciarmi riposare un momento qui sugli scalini della sua casa", implorò il povero. "Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!", disse la vecchietta stizzita. Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio. La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era profondamente delusa. Alla fine, si decise ad andare a letto. Stranamente, si addormentò subito e cominciò a sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: "Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre volte non mi hai ricevuto".
La vita di ognuno di noi è intessuta di attese. Si tratta di una esperienza importante e di grande valore educativo. Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo 'stato' fondamentale nella vita del cristiano: il tempo dell'Avvento. La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente... è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni.
Bruno Ferrero, prete salesiano italiano, scrittore
domenica 6 dicembre 2015
Sii uomo di preghiera
Se vuoi sopportare con pazienza le avversità e le miserie di questa vita, sii uomo di preghiera.
Se vuoi conseguire virtù e forze per vincere le tentazioni del nemico, sii uomo di preghiera.
Se vuoi mortificare la tua volontà con tutte le sue passioni e i suoi desideri, sii uomo di preghiera.
Se vuoi conoscere le astuzie di Satana e difenderti dai suoi inganni, sii uomo di preghiera.
Se vuoi vivere lietamente e procedere dolcemente per la strada della penitenza e dell'affanno, sii uomo di preghiera.
Se vuoi allontanare dalla tua anima le mosche importune di vani pensieri e sollecitudini, sii uomo di preghiera.
Se vuoi sostentare la tua anima con la pienezza della devozione e tenerla sempre piena di buoni pensieri e desideri, sii uomo di preghiera.
Se vuoi rafforzare e rinsaldare il tuo cuore sulla strada di Dio, sii uomo di preghiera.
Infine, se vuoi sradicare dalla tua anima tutti i vizi e piantare al loro posto la virtù, sii uomo di preghiera, poiché nella preghiera si riceve l'unzione e la grazia dello Spirito Santo, che insegna ogni cosa. Inoltre, se vuoi salire alle altezze della contemplazione e godere dei dolci abbracci dello Sposo, impegnati nella preghiera, perché questa è la strada per cui l'anima sale alla contemplazione e al piacere delle cose celesti. Vedi dunque quanto grandi siano le virtù e il potere della preghiera? A comprovare tutto ciò (a parte la testimonianza delle Sacre Scritture) basta per ora la prova dell'aver visto e sentito ogni giorno molte persone semplici che hanno raggiunto tutte le cose che abbiamo detto e altre ancora più grandi, mediante l'esercizio della preghiera.
Se vuoi conseguire virtù e forze per vincere le tentazioni del nemico, sii uomo di preghiera.
Se vuoi mortificare la tua volontà con tutte le sue passioni e i suoi desideri, sii uomo di preghiera.
Se vuoi conoscere le astuzie di Satana e difenderti dai suoi inganni, sii uomo di preghiera.
Se vuoi vivere lietamente e procedere dolcemente per la strada della penitenza e dell'affanno, sii uomo di preghiera.
Se vuoi allontanare dalla tua anima le mosche importune di vani pensieri e sollecitudini, sii uomo di preghiera.
Se vuoi sostentare la tua anima con la pienezza della devozione e tenerla sempre piena di buoni pensieri e desideri, sii uomo di preghiera.
Se vuoi rafforzare e rinsaldare il tuo cuore sulla strada di Dio, sii uomo di preghiera.
Infine, se vuoi sradicare dalla tua anima tutti i vizi e piantare al loro posto la virtù, sii uomo di preghiera, poiché nella preghiera si riceve l'unzione e la grazia dello Spirito Santo, che insegna ogni cosa. Inoltre, se vuoi salire alle altezze della contemplazione e godere dei dolci abbracci dello Sposo, impegnati nella preghiera, perché questa è la strada per cui l'anima sale alla contemplazione e al piacere delle cose celesti. Vedi dunque quanto grandi siano le virtù e il potere della preghiera? A comprovare tutto ciò (a parte la testimonianza delle Sacre Scritture) basta per ora la prova dell'aver visto e sentito ogni giorno molte persone semplici che hanno raggiunto tutte le cose che abbiamo detto e altre ancora più grandi, mediante l'esercizio della preghiera.
(La vita di Cristo)
Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221 ca – 1274), cardinale francescano italiano, santo
mercoledì 2 dicembre 2015
Aforismi Donna - 2
La donna, fuori dal cristianesimo, o è oppressa o corrompitrice; in nessuno dei due casi i suoi diritti sono mantenuti … Nei tempi di massima dissolutezza, la donna appare come un essere incapace di amare. (Antonio Rosmini, Filosofia del diritto, vol. 2, n. 508)
Quando una donna ha stabilito qualcosa, non c'è marito o amante che possa impedirglielo. Gli uomini farebbero meglio a non costringere le donne, sarebbe il solo mezzo per renderle virtuose. (Mille e una notte)
Nessun uomo può eguagliare l'amore e la pietà che può dare una donna. (Madre Teresa di Calcutta)
venerdì 27 novembre 2015
Il parroco sbaglia sempre
Se il parroco ha un volto gioviale: «È un ingenuo».
Se è pensoso: «È un eterno insoddisfatto».
Se è bello: «Perché non si è sposato?».
Se è brutto: «Nessuno l’ha voluto!».
Se va all’osteria: «È un beone».
Se sta in casa: «È un asceta sdegnoso».
Se va in borghese: «È un uomo di mondo».
Se veste con la tonaca: «È un conservatore».
Se parla con i ricchi: «È un capitalista».
Se sta con i poveri: «È un comunista».
Se è grasso: «Non si lascia mancar niente».
Se è magro: «È un avaro».
Se cita il Concilio: «È un prete moderno».
Se parla di catechismo: «È un tridentino».
Se fa una predica lunga più di 10 minuti: «È un parolaio».
Se fa una predica corta: «Non sa cosa dire».
Se alla predica alza la voce: «Grida e si arrabbia con tutti».
Se parla con tono normale: «Non si capisce niente».
Se possiede una macchina: «È mondano».
Se non ce l’ha: «Non segue il tempo».
Se visita i parrocchiani: «Gironzola e ficca il naso nelle loro cose».
Se sta in canonica: «Ama il distacco e non va mai a visitare i suoi parrocchiani».
Se chiede delle offerte: «È avido di denaro».
Se non organizza delle feste: «La parrocchia è morta».
Se trattiene i penitenti a lungo in confessionale: «Dà scandalo» o: «È interminabile».
Se nel confessionale è svelto: «Non ascolta i penitenti».
Se comincia puntualmente la Messa: «Il suo orologio è avanti».
Se ritarda appena un po’: «Fa perdere tempo a tutti».
Se fa restaurare la Chiesa: «Fa spreco di denaro».
Se non lo fa: «Lascia andare tutto alla malora».
Se parla con una donna, si pensa subito di costruire un romanzo rosa.
Se vuol bene alla gente: «È perché non la conosce...».
Se è giovane: «È senza esperienza».
Se è vecchio: «È ora che se ne vada in pensione».
E...... se va altrove, in missione o se muore...: chi lo potrà sostituire...?
Come è facile criticare: ...ma quanti al Prete danno una mano...?
Se è pensoso: «È un eterno insoddisfatto».
Se è bello: «Perché non si è sposato?».
Se è brutto: «Nessuno l’ha voluto!».
Se va all’osteria: «È un beone».
Se sta in casa: «È un asceta sdegnoso».
Se va in borghese: «È un uomo di mondo».
Se veste con la tonaca: «È un conservatore».
Se parla con i ricchi: «È un capitalista».
Se sta con i poveri: «È un comunista».
Se è grasso: «Non si lascia mancar niente».
Se è magro: «È un avaro».
Se cita il Concilio: «È un prete moderno».
Se parla di catechismo: «È un tridentino».
Se fa una predica lunga più di 10 minuti: «È un parolaio».
Se fa una predica corta: «Non sa cosa dire».
Se alla predica alza la voce: «Grida e si arrabbia con tutti».
Se parla con tono normale: «Non si capisce niente».
Se possiede una macchina: «È mondano».
Se non ce l’ha: «Non segue il tempo».
Se visita i parrocchiani: «Gironzola e ficca il naso nelle loro cose».
Se sta in canonica: «Ama il distacco e non va mai a visitare i suoi parrocchiani».
Se chiede delle offerte: «È avido di denaro».
Se non organizza delle feste: «La parrocchia è morta».
Se trattiene i penitenti a lungo in confessionale: «Dà scandalo» o: «È interminabile».
Se nel confessionale è svelto: «Non ascolta i penitenti».
Se comincia puntualmente la Messa: «Il suo orologio è avanti».
Se ritarda appena un po’: «Fa perdere tempo a tutti».
Se fa restaurare la Chiesa: «Fa spreco di denaro».
Se non lo fa: «Lascia andare tutto alla malora».
Se parla con una donna, si pensa subito di costruire un romanzo rosa.
Se vuol bene alla gente: «È perché non la conosce...».
Se è giovane: «È senza esperienza».
Se è vecchio: «È ora che se ne vada in pensione».
E...... se va altrove, in missione o se muore...: chi lo potrà sostituire...?
Come è facile criticare: ...ma quanti al Prete danno una mano...?
giovedì 19 novembre 2015
Quel grande mistero di Dio
“Io ho sempre sentito e sento la mancanza di fede come una profonda ingiustizia che toglie alla mia vita, ora che ne sono al rendiconto finale, ogni senso. Se è per chiudere gli occhi senza aver saputo di dove vengo, dove vado, e cosa sono venuto a fare qui, tanto valeva non aprirli”
Indro Montanelli (1909 - 2001) è stato uno dei giornalisti più noti e più amati dal pubblico italiano. Reporter di guerra, polemista, scrittore, saggista, è stato autore della fortunata serie della «Storia d'Italia» scritta in collaborazione con R. Gervaso, nel suo stile demitizzante e anticonformista.
Quando parla, lui laicista convinto, della sua fede cristiana, ha accenti che fanno pensare. Nel dibattito laici-cattolici aperto da E. Scalfari su La Repubblica, un lettore gli aveva rivolto un invito originale:
«Caro Montanelli, perché non ha mai scritto, trattato e analizzato il problema religioso? Non può abbandonare per un po' la politica, la cronaca, i personaggi, la storia e dare un po' di spazio al problema principale?».
Con la consueta sincerità, Indro risponde: «A Lei posso dire che evito di parlare di questo problema in pubblico prima di tutto per una sorta di pudore, e poi perché non ho soluzioni da offrire. Di questo però non mi faccio un tormento come il mio povero amico Augusto Guerriero, che morì disperato di non aver trovato la Fede ("Venire dal nulla, operare nel nulla per tornare nel nulla: sarebbe questo il senso della vita?" mi ripeteva). E non me ne faccio neppure un furore, come l'altro mio grande amico, Prezzolini, che della sua mancanza di fede dava la colpa a Dio che non gliela aveva concessa... A me, la mancanza di fede dà soltanto una grande malinconia. Sento che mi manca la cosa più importante, quella che renderebbe secondarie tutte le altre, compresa la stessa vita. Ma so anche che non posso trovarla battendo la strada della Ragione, che inutilmente aveva battuto Guerriero, né quella della Passione che seguiva Prezzolini. La fede, mio caro amico, è una Grazia. E io non posso credere che il Signore, se c'è, sia tanto ingiusto da concederla o negarla a suo piacimento, come sostengono Lutero e Calvino.
Si contenti di questo, caro amico. Lei deve avere press'a poco la mia età alla quale chi non si pone le tre domande fondamentali: di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare, vuol dire che non è un uomo, cioè un animale che solo il dubbio esistenziale distingue da tutti gli altri animali. E tanti saluti ai suoi nipoti e bisnipoti. Ma dia retta a me, di queste cose non gliene parli».
«...tanto valeva non aprirli»
Il discorso di Montanelli provocò altri interventi dei lettori. Tanto che Indro lo riprendeva: «Io ho sempre sentito la mancanza di fede e la sento come una profonda ingiustizia che toglie alla mia vita, ora che sono al rendiconto finale, ogni senso. Se è per chiudere gli occhi senza aver saputo di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare qui, tanto valeva non aprirli. La mia è soltanto una dichiarazione di fallimento» (Corriere della Sera, 28 febbraio 1996).
Malinconia, fallimento. Ma Indro va oltre, sollecitato dal dibattito che gli ha preso la mano. E a un lettore che l'aveva qualificato come ateo, Montanelli seccato risponde: «Io non mi considero affatto ateo e non capisco come si possa esserlo. La nostra vita, il Mondo, il Creato, l'Esistente devono pure avere un perché che la mia mente e la mia ragione non riescono a spiegarmi. Ed è là dove mente e ragione finiscono - e finiscono purtroppo presto - che per me comincia il Grande Mistero di Dio, che Dio non mi ha dato i mezzi per capire.
Per Lei evidentemente Dio non è affatto un Mistero perché, da buon cattolico, accetta come Verità quella "rivelata" dalla Chiesa. lo la invidio, ma non riesco a seguirla perché mi manca la Fede in quella rivelazione, come in quelle di tutte le altre religioni e confessioni. So che morrò senza aver trovato risposta alle tre più importanti domande della nostra vita: di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare: il che mi dà, quando ci penso (e ci penso sempre più spesso) un senso di disperazione. Ma non posso giocare a rimpiattino con me stesso, tanto meno con Dio, fingendo una fede che non ho...».
Indro Montanelli (1909 - 2001) è stato uno dei giornalisti più noti e più amati dal pubblico italiano. Reporter di guerra, polemista, scrittore, saggista, è stato autore della fortunata serie della «Storia d'Italia» scritta in collaborazione con R. Gervaso, nel suo stile demitizzante e anticonformista.
Quando parla, lui laicista convinto, della sua fede cristiana, ha accenti che fanno pensare. Nel dibattito laici-cattolici aperto da E. Scalfari su La Repubblica, un lettore gli aveva rivolto un invito originale:
«Caro Montanelli, perché non ha mai scritto, trattato e analizzato il problema religioso? Non può abbandonare per un po' la politica, la cronaca, i personaggi, la storia e dare un po' di spazio al problema principale?».
Con la consueta sincerità, Indro risponde: «A Lei posso dire che evito di parlare di questo problema in pubblico prima di tutto per una sorta di pudore, e poi perché non ho soluzioni da offrire. Di questo però non mi faccio un tormento come il mio povero amico Augusto Guerriero, che morì disperato di non aver trovato la Fede ("Venire dal nulla, operare nel nulla per tornare nel nulla: sarebbe questo il senso della vita?" mi ripeteva). E non me ne faccio neppure un furore, come l'altro mio grande amico, Prezzolini, che della sua mancanza di fede dava la colpa a Dio che non gliela aveva concessa... A me, la mancanza di fede dà soltanto una grande malinconia. Sento che mi manca la cosa più importante, quella che renderebbe secondarie tutte le altre, compresa la stessa vita. Ma so anche che non posso trovarla battendo la strada della Ragione, che inutilmente aveva battuto Guerriero, né quella della Passione che seguiva Prezzolini. La fede, mio caro amico, è una Grazia. E io non posso credere che il Signore, se c'è, sia tanto ingiusto da concederla o negarla a suo piacimento, come sostengono Lutero e Calvino.
Si contenti di questo, caro amico. Lei deve avere press'a poco la mia età alla quale chi non si pone le tre domande fondamentali: di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare, vuol dire che non è un uomo, cioè un animale che solo il dubbio esistenziale distingue da tutti gli altri animali. E tanti saluti ai suoi nipoti e bisnipoti. Ma dia retta a me, di queste cose non gliene parli».
«...tanto valeva non aprirli»
Il discorso di Montanelli provocò altri interventi dei lettori. Tanto che Indro lo riprendeva: «Io ho sempre sentito la mancanza di fede e la sento come una profonda ingiustizia che toglie alla mia vita, ora che sono al rendiconto finale, ogni senso. Se è per chiudere gli occhi senza aver saputo di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare qui, tanto valeva non aprirli. La mia è soltanto una dichiarazione di fallimento» (Corriere della Sera, 28 febbraio 1996).
Malinconia, fallimento. Ma Indro va oltre, sollecitato dal dibattito che gli ha preso la mano. E a un lettore che l'aveva qualificato come ateo, Montanelli seccato risponde: «Io non mi considero affatto ateo e non capisco come si possa esserlo. La nostra vita, il Mondo, il Creato, l'Esistente devono pure avere un perché che la mia mente e la mia ragione non riescono a spiegarmi. Ed è là dove mente e ragione finiscono - e finiscono purtroppo presto - che per me comincia il Grande Mistero di Dio, che Dio non mi ha dato i mezzi per capire.
Per Lei evidentemente Dio non è affatto un Mistero perché, da buon cattolico, accetta come Verità quella "rivelata" dalla Chiesa. lo la invidio, ma non riesco a seguirla perché mi manca la Fede in quella rivelazione, come in quelle di tutte le altre religioni e confessioni. So che morrò senza aver trovato risposta alle tre più importanti domande della nostra vita: di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare: il che mi dà, quando ci penso (e ci penso sempre più spesso) un senso di disperazione. Ma non posso giocare a rimpiattino con me stesso, tanto meno con Dio, fingendo una fede che non ho...».
giovedì 5 novembre 2015
Quanno me sento solo
Quann'ero ragazzino, mamma mia
me diceva: "Ricordate, fijolo,
quanno te senti veramente solo
tu prova a recità 'n'Ave Maria.
L'anima tua da sola spicca er volo
e se solleva come pe' maggìa".
Ormai so'vecchio, er tempo m'è volato,
da un pezzo s'è addormita la vecchietta,
ma quer consijo nun l'ho mai scordato.
Come me sento veramente solo
io prego la Madonna benedetta
e l'anima da sola pija er volo.
Trilussa - Carlo Alberto Salustri (1871 – 1950), poeta italiano
venerdì 23 ottobre 2015
Bisogna rompere il filo...
Quando noi ci confessiamo, ci pare di star' tutti uniti a Dio, e di esser' santi: ma poco dopo torniamo a' difetti di prima. La ragione si è perchè noi siamo legati col filo, come sta legato col filo l'uccelletto in mano a de' ragazzi. Egli svolazza di quando in quando, ma ritirato dal filo torna addietro. Così noi svolazziamo qualche volta verso Dio, ma poi ritirati dal filo delle nostre passioni, e delli nostri attacchi, torniamo addietro, e facciamo la vita di prima. Bisogna dunque rompere il filo, se vogliamo stabilmente essere tutti di Dio.
D. Bernino, "Vita del venerabile Fr. Giuseppe da Copertino de Minori Conventuali", Venezia 1726, p.224
Giuseppe da Copertino, santo, presbitero francescano italiano (1603 - 1663)
venerdì 16 ottobre 2015
La più semplice e ovvia verità
So che la maggior parte degli uomini, compresi coloro che si sentono a loro agio con problemi della massima complessità, accetta raramente anche la verità più semplice e ovvia, se questa li obbliga ad ammettere la falsità delle conclusioni che loro stessi si sono deliziati ad esporre ai loro colleghi o che hanno fieramente insegnato ad altri e che hanno ormai ordito, filo dopo filo, nel tessuto della loro vita.
Guerra e pace
Lev Tolstoj (1828 – 1910), scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale russo
sabato 26 settembre 2015
Aforismi Gesù Cristo
Cristo non è compreso del tutto finchè non è compreso sopra tutto. (Sant'Agostino di Ippona)
Gesù era pieno d'amore per le anime ferite dalle umane passioni e si compiaceva di lenire le piaghe estraendo dalle stesse il balsamo che doveva guarirle. Diceva, quindi, alla Maddalena: "Ti sarà molto perdonato perché hai molto amato! Sublime perdono che doveva eccitare una fede sublime". (Alexandre Dumas)
Non perché mi sia stato detto che tu eri figlio di Dio ascolto la tua parola: ma la tua parola è bella al di sopra di ogni parola umana, e da ciò riconosco che sei il figlio di Dio. (André Gide)
Gesù Cristo ha detto cose grandi in modo così semplice che sembra non le abbia pensate, ma in modo così preciso che è chiaro che le ha pensate. Questa chiarezza e questa semplicità insieme sono ammirevoli. (Blaise Pascal, Pensieri, 291)
La storia intera risulta essere incomprensibile senza Gesù Cristo. (Ernest Renan)
Il mondo sarà salvato dalla bellezza…e la bellezza è Cristo” (Fëdor Michajlovič Dostoevskij, L’idiota)
Se ci siamo incontrati e mi hai dimenticato, non hai perso nulla... Ma se incontri Gesù Cristo e lo dimentichi, hai perso tutto! (San Francesco di Paola, 1416 - 1507)
Non avessi conosciuto il Cristo, Dio sarebbe stato un vocabolo vuoto di senso... il Dio dei filosofi non avrebbe avuto alcun posto nella mia vita morale. Era necessario che Dio si immergesse nell'umanità, che in un preciso momento della storia... un essere umano, fatto di carne e di sangue, pronunciasse certe parole, compisse certi atti, perché io mi gettassi in ginocchio... (François Mauriac, Vita di Gesù)
Il Redentore era uguale agli altri uomini, giacché aveva la loro medesima natura, ma era distinto da tutti per la potenza costante della sua coscienza di Dio, la quale era in lui il suo proprio essere divino. (Friedrich Schleiermacher, Der christliche Glaube, Berlin 1960, II (par 94), 94-98)
Il Regno [di Dio] è in un certo senso Gesù stesso, ed egli lo sa: ne parla come di una realtà alla quale lui solo ha accesso, di cui lui solo può parlare. Pertanto, tra il Regno e lui vi è una distanza: distanza nel tempo, perché Gesù è già là quando il Regno non è ancora che sulla soglia della porta; distanza interiore, perché Gesù ne parla come di una realtà distinta da lui. L'azione del Regno e la sua non sono identiche: Gesù parla, circola attraverso i villaggi della Galilea, guarisce i malati, mangia con i peccatori, compie gesti visibili, lavora e semina. Durante questo tempo, il grano gettato nella terra germina e cresce, la messe matura. Il Regno può dunque considerarsi come la forza interiore di cui l'azione di Gesù è la manifestazione esterna [...]. (Jacques Guillet, Gesù di fronte alla sua vita e alla sua morte, Cittadella, Assisi, 1972, 58-59).
Sì, se la vita e la morte di Socrate sono quelle di un saggio, la vita e la morte di Gesù sono quelle di un Dio. (Jean-Jacques Rousseau)
Se Gesù è Dio tutto cambia senso, non soltanto nel vangelo, ma nella storia umana, e anche nel sentimento che noi possiamo avere dell'universo, del posto di questo sperduto pianeta. Poiché colui che prima era un punto della storia ne diviene il centro. Era un passaggio, un tratto, e ora è immobile e il fulcro attorno al quale gira tutto il resto. [...] Ormai bisognerebbe chiamare creatore questo Gesù - creatura - immobile ed eterno, questo Gesù mutabile e storico -, centro della storia, colui che finora non ne era che un punto privilegiato. Questo è in fondo il solo capovolgimento delle apparenze che meriterebbe veramente il nome di «dialettica della storia». (Jean Guitton, Gesù, Ed. Casale Monferrato, 1963, p.256)
La doppia essenza di Cristo è sempre stata, per me, un mistero profondo e impenetrabile, come l’appassionato desiderio degli uomini, così umano e così sovraumano, di arrivare fino a Dio o, con più esattezza, di ritornare a Dio e di identificarsi con lui. Questa nostalgia così misteriosa e così reale allo stesso tempo m’infliggeva profonde ferite. (Nikos Kazantzakis, L'ultima tentazione di Cristo)
Come parlare di Cristo? Dobbiamo cercare di presentare da innamorati la figura di Cristo, per sperare che ci stiano a sentire. (Pino Puglisi).
L'Agnello c'insegna la fortezza: l'Umiliato ci dà lezioni di dignità: il Condannato esalta la giustizia: il Morente conferma la vita: il Crocifisso prepara la gloria. (Primo Mazzolari)
Gesù era pieno d'amore per le anime ferite dalle umane passioni e si compiaceva di lenire le piaghe estraendo dalle stesse il balsamo che doveva guarirle. Diceva, quindi, alla Maddalena: "Ti sarà molto perdonato perché hai molto amato! Sublime perdono che doveva eccitare una fede sublime". (Alexandre Dumas)
Non perché mi sia stato detto che tu eri figlio di Dio ascolto la tua parola: ma la tua parola è bella al di sopra di ogni parola umana, e da ciò riconosco che sei il figlio di Dio. (André Gide)
Gesù Cristo ha detto cose grandi in modo così semplice che sembra non le abbia pensate, ma in modo così preciso che è chiaro che le ha pensate. Questa chiarezza e questa semplicità insieme sono ammirevoli. (Blaise Pascal, Pensieri, 291)
La storia intera risulta essere incomprensibile senza Gesù Cristo. (Ernest Renan)
Il mondo sarà salvato dalla bellezza…e la bellezza è Cristo” (Fëdor Michajlovič Dostoevskij, L’idiota)
Se ci siamo incontrati e mi hai dimenticato, non hai perso nulla... Ma se incontri Gesù Cristo e lo dimentichi, hai perso tutto! (San Francesco di Paola, 1416 - 1507)
Non avessi conosciuto il Cristo, Dio sarebbe stato un vocabolo vuoto di senso... il Dio dei filosofi non avrebbe avuto alcun posto nella mia vita morale. Era necessario che Dio si immergesse nell'umanità, che in un preciso momento della storia... un essere umano, fatto di carne e di sangue, pronunciasse certe parole, compisse certi atti, perché io mi gettassi in ginocchio... (François Mauriac, Vita di Gesù)
Il Redentore era uguale agli altri uomini, giacché aveva la loro medesima natura, ma era distinto da tutti per la potenza costante della sua coscienza di Dio, la quale era in lui il suo proprio essere divino. (Friedrich Schleiermacher, Der christliche Glaube, Berlin 1960, II (par 94), 94-98)
Mi sono chiesto: davvero costui era così bello? O se, come la stragrande maggioranza ritiene, non lo era: perché lo hanno disegnato così? Perché il cristianesimo ha bisogno di immagini piacevoli mentre il buddismo ci tramanda un ciccione e l’Islam addirittura impedisce di rappresentare il profeta? (Gabriele Romagnoli, Ma Gesù Cristo era un bonazzo?, Vanity Fair)
Cristo, come lievito divino, penetra sempre più profondamente nel presente della vita dell'umanità diffondendo l'opera della salvezza di Lui compiuta nel Mistero pasquale. Egli avvolge inoltre nel suo dominio salvifico anche tutto il passato del genere umano, cominciando dal primo Adamo. (Papa Giovanni Paolo II)
Gesù Cristo ha manifestato agli uomini il mistero e le leggi ammirevoli del regno dei cieli, la grandezza della suprema felicità che Dio prepara per coloro che lo amano. (Gottfried W. Leibniz, Discorso di metafisica, Rondinella, Napoli 1934, 97)Il Regno [di Dio] è in un certo senso Gesù stesso, ed egli lo sa: ne parla come di una realtà alla quale lui solo ha accesso, di cui lui solo può parlare. Pertanto, tra il Regno e lui vi è una distanza: distanza nel tempo, perché Gesù è già là quando il Regno non è ancora che sulla soglia della porta; distanza interiore, perché Gesù ne parla come di una realtà distinta da lui. L'azione del Regno e la sua non sono identiche: Gesù parla, circola attraverso i villaggi della Galilea, guarisce i malati, mangia con i peccatori, compie gesti visibili, lavora e semina. Durante questo tempo, il grano gettato nella terra germina e cresce, la messe matura. Il Regno può dunque considerarsi come la forza interiore di cui l'azione di Gesù è la manifestazione esterna [...]. (Jacques Guillet, Gesù di fronte alla sua vita e alla sua morte, Cittadella, Assisi, 1972, 58-59).
Sì, se la vita e la morte di Socrate sono quelle di un saggio, la vita e la morte di Gesù sono quelle di un Dio. (Jean-Jacques Rousseau)
Se Gesù è Dio tutto cambia senso, non soltanto nel vangelo, ma nella storia umana, e anche nel sentimento che noi possiamo avere dell'universo, del posto di questo sperduto pianeta. Poiché colui che prima era un punto della storia ne diviene il centro. Era un passaggio, un tratto, e ora è immobile e il fulcro attorno al quale gira tutto il resto. [...] Ormai bisognerebbe chiamare creatore questo Gesù - creatura - immobile ed eterno, questo Gesù mutabile e storico -, centro della storia, colui che finora non ne era che un punto privilegiato. Questo è in fondo il solo capovolgimento delle apparenze che meriterebbe veramente il nome di «dialettica della storia». (Jean Guitton, Gesù, Ed. Casale Monferrato, 1963, p.256)
Nulla è meglio di Gesù Cristo. (Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Magnesia VII, 1)
Gesù è stato certamente la maggior personalità della storia. Il suo insegnamento, se è resistito per 2000 anni, significa che aveva davvero qualcosa di eccezionale: ha trasmesso valori che sono essenziali anche per un non credente. (Margherita Hack)
Alessandro, Cesare, Carlo Magno ed io abbiamo fondato enormi imperi; ma da cosa dipendevano queste nostre creazioni geniali? Dalla forza. Solo Gesù ha fondato un impero basato sull’amore e, ancora oggi, milioni di persone sono disposte a morire per lui. (Napoleone Bonaparte)
La doppia essenza di Cristo è sempre stata, per me, un mistero profondo e impenetrabile, come l’appassionato desiderio degli uomini, così umano e così sovraumano, di arrivare fino a Dio o, con più esattezza, di ritornare a Dio e di identificarsi con lui. Questa nostalgia così misteriosa e così reale allo stesso tempo m’infliggeva profonde ferite. (Nikos Kazantzakis, L'ultima tentazione di Cristo)
L'Agnello c'insegna la fortezza: l'Umiliato ci dà lezioni di dignità: il Condannato esalta la giustizia: il Morente conferma la vita: il Crocifisso prepara la gloria. (Primo Mazzolari)
giovedì 10 settembre 2015
Aforismi Solidaretà
Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere. (Albert Einstein)
Si dovrebbe pensare più a far bene che a stare bene: e così si finirebbe anche a star meglio. (Alessandro Manzoni, I Promessi sposi)
Il modo più sicuro per rendere la vita piacevole a noi stessi è renderla piacevole agli altri. (Arturo Graf)
Vivere per gli altri, non è soltanto la legge del dovere, è anche la legge della felicità. (Auguste Comte)
Nessuno è inutile in questo mondo se alleggerisce il fardello a qualcun altro. (Charles Dickens)
Non si deve mai rimpiangere il tempo impiegato a far del bene. (Joseph Joubert)
Ciascuno di noi tiene nelle sue mani la vita dell'altro (Rudyard Kipling, Kim, [Merate] Ed. Briantea Airoldi, [1954], p. 91)
L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo. (Sofocle)
Il vero male è l'indifferenza. (Madre Teresa di Calcutta)
Non è tanto quello che diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare. (Madre Teresa di Calcutta)
La malattia più terribile oggi non è la lebbra o la tubercolosi, ma piuttosto il sentirsi non voluto, trascurato e abbandonato da tutti. (Madre Teresa di Calcutta)
Meno male che i sono i poveri che aiutano gli altri poveri. (Madre Teresa di Calcutta)
giovedì 6 agosto 2015
Solo chi ama conosce veramente Dio
Gesù chiede ai suoi discepoli: "Voi, chi dite che io sia?" (Mc 8,29). La risposta di Pietro è netta e immediata: "Tu sei il Cristo", cioè il Messia, il consacrato di Dio mandato a salvare il suo popolo. Pietro e gli altri apostoli, dunque, a differenza della maggior parte della gente, credono che Gesù non sia solo un grande maestro o un profeta, ma molto di più. Hanno fede: credono che in Lui è presente e opera Dio. Subito dopo questa professione di fede, però, quando Gesù per la prima volta annuncia apertamente che dovrà patire ed essere ucciso, lo stesso Pietro si oppone alla prospettiva di sofferenza e di morte. Gesù allora deve rimproverarlo con forza, per fargli capire che non basta credere che Lui è Dio, ma spinti dalla carità bisogna seguirlo sulla sua stessa strada, quella della croce (cfr Mc 8,31-33). Gesù non è venuto a insegnarci una filosofia, ma a mostrarci una via, anzi, la via che conduce alla vita.
Questa via è l’amore, che è l’espressione della vera fede. Se uno ama il prossimo con cuore puro e generoso, vuol dire che conosce veramente Dio. Se invece uno dice di avere fede, ma non ama i fratelli, non è un vero credente. Dio non abita in lui. Lo afferma chiaramente san Giacomo [...]: "Se non è seguita dalle opere, [la fede] in se stessa è morta" (Gc 2,17). A questo proposito, mi piace citare uno scritto di san Giovanni Crisostomo, uno dei grandi Padri della Chiesa, che il calendario liturgico ci invita oggi a ricordare. Proprio commentando il passo citato della Lettera di Giacomo egli scrive: "Uno può anche avere una retta fede nel Padre e nel Figlio, così come nello Spirito Santo, ma se non ha una retta vita, la sua fede non gli servirà per la salvezza. Quando dunque leggi nel Vangelo: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio» (Gv 17,3), non pensare che questo verso basti a salvarci: sono necessari una vita e un comportamento purissimi" (cit. in J.A. Cramer, Catenae graecorum Patrum in N.T., vol. VIII: In Epist. Cath. et Apoc., Oxford 1844).
Questa via è l’amore, che è l’espressione della vera fede. Se uno ama il prossimo con cuore puro e generoso, vuol dire che conosce veramente Dio. Se invece uno dice di avere fede, ma non ama i fratelli, non è un vero credente. Dio non abita in lui. Lo afferma chiaramente san Giacomo [...]: "Se non è seguita dalle opere, [la fede] in se stessa è morta" (Gc 2,17). A questo proposito, mi piace citare uno scritto di san Giovanni Crisostomo, uno dei grandi Padri della Chiesa, che il calendario liturgico ci invita oggi a ricordare. Proprio commentando il passo citato della Lettera di Giacomo egli scrive: "Uno può anche avere una retta fede nel Padre e nel Figlio, così come nello Spirito Santo, ma se non ha una retta vita, la sua fede non gli servirà per la salvezza. Quando dunque leggi nel Vangelo: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio» (Gv 17,3), non pensare che questo verso basti a salvarci: sono necessari una vita e un comportamento purissimi" (cit. in J.A. Cramer, Catenae graecorum Patrum in N.T., vol. VIII: In Epist. Cath. et Apoc., Oxford 1844).
Angelus del 13/09/2009
Benedetto XVI / Joseph Ratzinger (1927 - 2022), docente e teologo tedesco, papa
lunedì 20 luglio 2015
L’inferno è non amare più
No, non tacerò, signora. I preti hanno taciuto troppo spesso, e vorrei che fosse stato solo per pietà. Ma siamo vili. Appena stabilito il principio, lasciamo dire. Voi cosa ne avete fatto dell'inferno? Una specie di prigione perpetua, analoga alle vostre; e vi chiudete sornionamente in anticipo la cacciagione umana che le vostre polizie inseguono dall'inizio del mondo: i nemici della società. Vi degnate di includervi anche i bestemmiatori e i sacrileghi. Quale spirito sensato, quale cuore fiero accetterebbe senza disgusto, senza ripugnanza, una simile immagine della giustizia di Dio? Quando questa immagine vi disturba, vi è troppo facile scartarla. Giudicate l'inferno secondo le massime di questo mondo; e l'inferno non è di questo mondo. Non è di questo mondo; e tanto meno del mondo cristiano. Un castigo eterno, un'espiazione eterna. L’unico miracolo è che noi possiamo farci un'idea da quaggiù, mentre appena uscita da noi la colpa, basta uno sguardo, un segno, un muto appello perché il perdono vi si scagli sopra, dall'alto dei cieli, come un'aquila. Sta il fatto che il più miserabile degli uomini viventi, anche se non crede più di amare, conserva ancora la possibilità d'amare. Persino il nostro odio s'irradia; il demone meno torturato s'espanderebbe in quella che chiamiamo disperazione, come in un luminoso, trionfale mattino. L'inferno, signora, è non amare più. Sono sicuro che queste parole: “Non amare più”, suonino come un'espressione familiare alle vostre orecchie. Non amare più, per un uomo vivente, significa amare altre cose o amare meno. E se questa facoltà, che ci sembra inseparabile dal nostro essere, che sembra il nostro stesso essere e comprendere ancora un modo di amare - potesse scomparire? Non amare più, non comprendere più e vivere lo stesso, che prodigio! L'errore comune a tutti è di attribuire a queste creature abbandonate ancora qualcosa di noi, della nostra perpetua mobilità, mentre esse sono fuori del tempo, fuori del movimento, fisse per sempre. Se Dio ci conducesse per mano verso una di questi esseri dolorosi, anche se un tempo fosse stato l'amico più caro, con quale linguaggio gli parleremmo? Se un uomo vivo, un nostro simile, l'ultimo di tutti, il più vile tra i vili, venisse gettato tale quale in codesti limbi ardenti, vorrei condividere la sua sorte, andrei a disputarlo al suo carnefice. Condividere la sua sorte… la disgrazia, l'inconcepibile disgrazia di quelle pietre roventi che furono uomini, è che non hanno più nulla da condividere.
[ Diario di un curato di campagna ]
Georges Bernanos (1888 – 1948), scrittore francesesabato 4 aprile 2015
domenica 29 marzo 2015
Beatitudini per il nostro tempo
Beati quelli che sanno ridere di se stessi, non finiranno mai di divertirsi. (San Tommaso Moro)
eviteranno tanti fastidi.
Beati quelli che sanno riposare e dormire senza trovare scuse:
diventeranno saggi.
Beati quelli che sanno ascoltare e tacere:
impareranno molte cose nuove.
Beati quelli che sono abbastanza intelligenti per non prendersi sul serio:
saranno apprezzati dai loro vicini.
Beati quelli che sono attenti alle richieste degli altri senza sentirsi indispensabili:
Beati quelli che sanno riposare e dormire senza trovare scuse:
diventeranno saggi.
impareranno molte cose nuove.
Beati quelli che sono abbastanza intelligenti per non prendersi sul serio:
saranno apprezzati dai loro vicini.
saranno dispensatori di gioia.
Beati sarete voi se saprete guardare con attenzione le cose piccole e serenamente quelle importanti:
andrete lontano nella vita.
Beati voi se saprete apprezzare un sorriso e dimenticare uno sgarbo:
Beati sarete voi se saprete guardare con attenzione le cose piccole e serenamente quelle importanti:
andrete lontano nella vita.
Beati voi se saprete apprezzare un sorriso e dimenticare uno sgarbo:
il vostro cammino sarà sempre pieno di sole.
Beati voi se saprete interpretare con benevolenza gli atteggiamenti degli altri anche contro le apparenze:
Beati voi se saprete interpretare con benevolenza gli atteggiamenti degli altri anche contro le apparenze:
sarete giudicati ingenui, ma questo è il prezzo dell’amore.
Beati quelli che pensano prima di agire e che pregano prima di pensare:
eviteranno tante stupidaggini.
Beati soprattutto voi che sapete riconoscere il Signore in tutti coloro che incontrate:
avete trovato la vera luce e la vera sapienza.
Beati quelli che pensano prima di agire e che pregano prima di pensare:
eviteranno tante stupidaggini.
Beati soprattutto voi che sapete riconoscere il Signore in tutti coloro che incontrate:
avete trovato la vera luce e la vera sapienza.
Aforismi Vecchiaia
Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti, in lui, superano i sogni. (Albert Einstein)
Sono invecchiato di quattro anni, ho molti capelli bianchi, ho perduto i denti, non rido più di gusto come una volta, ma non ho perduto il gusto della vita; dunque non sono diventato vecchio, ti pare? Si diventa vecchi quando si incomincia a temere la morte e quando si prova dispiacere a vedere gli altri fare ciò che noi non possiamo più fare. (Antonio Gramsci)
Lo studio è la miglior previdenza per la vecchiaia. (Aristotele)
Lo studio è la miglior previdenza per la vecchiaia. (Aristotele)
Magnifica è la ricompensa per i giusti: essi vivranno a lungo coronati di capelli bianchi. (Bibbia, Proverbi 16,31)
Chiunque smetta di imparare è vecchio, che abbia venti od ottant’anni. Chiunque continua ad imparare resta giovane. La più grande cosa nella vita è mantenere la propria mente giovane. (Henry Ford)
Gli innocenti e i belli non hanno altro nemico che il tempo. (William Butler Yeats)
Non si è mai troppo vecchi per fissare un nuovo obiettivo o per sognare un nuovo sogno. (C.S. Lewis)
La grande sventura del nostro tempo è che abbiamo perso fiducia negli anziani, ma continuiamo a non fidarci dei giovani. (Édouard Herriot)
Vecchi si diventa solo quando i ricordi prendono il posto dei sogni. (Enzo Ferrari)
Alla gioventù si rimprovera spesso di credere che il mondo cominci appena con essa. Ma la vecchiaia crede anche più spesso che il mondo cessi con lei. Cos'è peggio? (Friedrich Hebbel, "Grido del Popolo" del 27 maggio 1916)
Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio...
(Franz Kafka)
Alla gioventù si rimprovera spesso di credere che il mondo cominci appena con essa. Ma la vecchiaia crede anche più spesso che il mondo cessi con lei. Cos'è peggio? (Friedrich Hebbel, "Grido del Popolo" del 27 maggio 1916)
Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio...
(Franz Kafka)
Sono vecchio e non so essere vecchio; e in questo non sapere è la mia crudele tragedia. (Gabriele d'Annunzio)
La vita è un passaggio e con la vecchiaia tutti i nodi vengono al pettine. Bisogna accettare il tramonto anche con la sua componente di sacrificio, in vista della nuova alba. (Padre Gabriele Dignani)
Gli uomini sono come il vino. Alcuni diventano aceto, i migliori invecchiano bene. (Giovanni XXIII)
Chiunque smetta di imparare è vecchio, che abbia venti od ottant’anni. Chiunque continua ad imparare resta giovane. La più grande cosa nella vita è mantenere la propria mente giovane. (Henry Ford)
Chi non è bello a vent'anni, forte a trenta, saggio a quaranta, ricco a cinquanta, non può sperare di diventarlo in seguito. (Martin Lutero)
Più si invecchia, più si diventa simili a se stessi. (Maurice Chevalier)
La vecchiaia non è così male se considerate le alternative. (Maurice Chevalier)
Non si smette di ridere perché si invecchia: si diventa vecchi quando si smette di ridere. (Maurice Chevalier)
La vecchiaia è bella perché davanti si ha meno futuro, quindi meno speranze, e questo dà un grande sollievo. (Pier Paolo Pasolini)
Abba, sto cominciando ad invecchiare... sospirò un giorno un fratello.
L'anziano gli rispose: «Se vuoi imparare a invecchiare, non badare a tutto ciò che la vecchiaia ti toglie, ma a tutto ciò che ti lascia». (R. Kern, Arguzie e facezie dei padri del deserto, p. 85)
Disse un anziano: «Ho creduto in cose che mi hanno impedito d'invecchiare da giovane; e ora m'impediscono d'invecchiare da vecchio. Tutto il segreto della mia vita è qui». (R. Kern, Arguzie e facezie dei padri del deserto, p. 85)
Senectus ipsa est morbus / La vecchiaia è per sé stessa una malattia. (Terenzio Afro, Phormio IV, 1)
Si ha l'età che si sente di avere…(Thomas Mann, Thomas Buddenbrook, VII, VI; 2002, p. 392)
Come fai a conservarti così vecchio? (Ugo Tognazzi / Amedeo nel film "La terrazza" di Ettore Scola)
Gli innocenti e i belli non hanno altro nemico che il tempo. (William Butler Yeats)
mercoledì 25 marzo 2015
Sottrarre un pezzettino della loro libertà...
Il metodo più efficace per prendere il controllo dei popoli e dominarli del tutto è quello di sottrarre un pezzettino della loro libertà ogni volta, così da erodere i diritti attraverso migliaia di piccole e quasi impercettibili riduzioni.
In questo modo, la gente non si accorgerà che diritti e libertà sono stati rimossi fino a quando sarà oltrepassato il punto in cui tali cambiamenti non possono essere invertiti.
(Mein Kampf)
Adolf Hitler (1889 - 1945), politico austriaco naturalizzato tedesco, cancelliere del Reich e dittatore
giovedì 19 marzo 2015
Quando Dio creò il papà
Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta.
Un angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito.
Dio si girò e l'angelo "scoperto" arrossendo gli chiese:
"Cosa stai disegnando?".
Dio rispose "Questo è un grande progetto".
L'angelo annuì e chiese "Che nome gli hai dato?".
"L'ho chiamato papà" rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà sul foglio.
"Papà" pronunciò l'angelo "...e a cosa servirebbe un papà?" chiese l'angioletto accarezzandosi le piume di un'ala.
"Un papà" spiegò Dio "serve per dare aiuto ai propri figli, saprà incoraggiarli nei momenti difficili, saprà coccolarli quando si sentono tristi, giocherà con loro quando tornerà dal lavoro, saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no".
Dio lavorò tutta la notte dando al papà una voce ferma e autorevole e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento.
L'angelo che si era addormentato accanto a Dio si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando.
"Stai ancora lavorando al progetto del papà?" chiese curioso.
"Sì" rispose Dio con voce dolce e calma "richiede tempo".
L'angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse: "Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?"
Dio abbozzando un sorriso rispose: "E' della grandezza giusta per farli sentire protetti e incutere quel po' di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi".
L' angelo proseguì con un'altra domanda: "Non sono troppo grosse quelle mani?".
"No", rispose Dio continuando il suo disegno "sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro".
"E quelli sono i suoi occhi?" chiese ancora l'angioletto indicandoli sul disegno.
"Esatto", rispose Dio "occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti".
L'angelo storse il nasino e aggiunse: "Non ti sembrano un po' troppo severi?".
"Guardali meglio" rispose Dio.
Fu allora che l'angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino.
venerdì 6 marzo 2015
"...conoscersi, amarsi, tendere alla pienezza del proprio essere"
Ciascuno ha un modo particolare di conoscersi, amarsi, tendere alla pienezza del proprio essere; può ben dirsi che egli ha una sua vocazione, quella che una voce interiore fa emergere sempre con maggior chiarezza in mezzo alle difficoltà in cui si trova, nell'ambiente che lo circonda, nella posizione raggiunta. Chi può e sa superare le circostanze limitatrici o avverse saprà meglio decidere del proprio destino.
La vera vita. Sociologia del soprannaturale (1945), Ed. Rubettino 2005 [2 ed.], p. 38 - 39
mercoledì 4 febbraio 2015
Aforismi Perdono
Niente ci rende tanto simili a Dio quanto l'essere sempre disposti a perdonare. (San Giovanni Crisostomo)
Quando qualcuno ti insulta o ti umilia, guardati dai pensieri di risentimento; ti allontanerebbero dalla regione dell'amore per condurti in quella dell'odio. (San Massimo il confessore, Quattro centurie sull'amore 29)
Il perdono libera l'anima, rimuove la paura. È per questo che il perdono è un'arma potente. (Nelson Mandela)
giovedì 15 gennaio 2015
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!
Preghiera a Dio
Dunque non è più agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi e di tutti i tempi: se è permesso a delle deboli creature perse nella tua immensità e impercettibili al resto dell’universo osare chiedere qualcosa a te, che hai dato tutto, a te i cui decreti sono immutabili quanto eterni, degnati di guardare con pietà gli errori insiti nella nostra natura; che questi errori non causino la nostra rovina.
Tu non ci hai dato un cuore per odiarci e delle mani per sgozzarci; fa’ che ci aiutiamo a vicenda a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera; fa’ che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutti i nostri linguaggi insufficienti, tra tutti i nostri usi ridicoli, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre condizioni così disuguali ai nostri occhi e così eque davanti a te; che tutte queste piccole sfumature che distinguono l’uno dall'altro gli atomi chiamati ‘uomini’ non siano dei marchi di odio e persecuzione; che coloro che accendono dei ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono la loro veste con un telo bianco per dire che bisogna amarti non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia la stessa cosa adorarti in un dialetto formatosi da una lingua antica o in un dialetto più recente; che quelli il cui abito è tinto di rosso o di viola, che dominano su una piccola briciola di un piccolo mucchio di terra di questo mondo, e che possiedono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza orgoglio di ciò che essi chiamano splendore e ricchezza, e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che non c’è né di che invidiare né di che inorgoglirsi di queste cose vane.
Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli! Che essi abbiano in orrore la tirannide esercitata sugli animi, così come esecrano il brigantaggio che strappa con la forza il frutto del lavoro e dell'industria pacifica! Se i flagelli della guerra sono inevitabili, non odiamoci però, non laceriamoci a vicenda quando regna la pace, e impieghiamo l'istante della nostra esistenza per benedire egualmente, in mille lingue diverse, dal Siam sino alla California, la tua bontà che questo istante ci ha dato.
(Trattato sulla tolleranza, 1763)
Voltaire (François-Marie Arouet), 1694 – 1778, filosofo, drammaturgo, storico e scrittore francese
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