venerdì 21 dicembre 2012
giovedì 20 dicembre 2012
Natale al fronte
Era il 1917, uno dei terribili anni della prima guerra mondiale. Sulle trincee spirava un vento gelido e c'era tanta neve. I soldati si muovevano cauti, la notte era senza luna, ma serena e tutti avevano paura di incontrare delle pattuglie nemiche, perché il nemico era lì davanti a loro. Ad un tratto un caporale disse sotto voce: «E’ nato!».
«Eh?» fece un altro senza afferrare l'allusione. «Deve essere la mezzanotte passata perbacco. La notte di Natale! Al mio paese mia moglie e mia madre saranno già in chiesa».
Un altro compagno osservò: «Guardate là, c'è una grotta. Andiamo dentro un momento, saremo riparati dal vento».
Entrarono nella grotta e il più giovane del gruppo si tolse l'elmetto, si sfilò il passamontagna e si inginocchiò in un cantuccio. Il caporale rimase all'entrata e voltò le spalle all'interno con fare superiore: ma era perché aveva gli occhi pieni di lacrime. Il più vecchio del gruppo si tolse i guantoni, raccolse un po' di terra umida e manipolandola qualche minuto le diede la forma approssimativa di un bambinello da presepio. Poi stese il fazzoletto nell'elmetto del compagno e vi depose il Gesù bambino. Si scorgeva appena nella fioca luce delle stelle riflessa dalla neve. Il caporale trascurando ogni prudenza tolse di tasca un mozzicone di candela, l'accese e la pose vicino all'insolita culla. Poi sottovoce uno cominciò a recitare: "Padre nostro che sei nei cieli...". Tutti continuarono e avevano il cuore grosso da far male. Il raccoglimento durò ancora dopo la preghiera. Nessuno voleva spezzare l'atmosfera che si era creata.
Improvvisamente alle loro spalle una voce disse: «Fröhliche Weihnachten» (Buon Natale). Una pattuglia austriaca li aveva colti alla sprovvista. Con le armi puntate stavano all'imboccatura della grotta. Mentre i soldati scattavano in piedi la voce ripeté con dolcezza: «Buon Natale ».
I nemici abbassarono le armi e guardarono la povera culla. Erano tre giovani e avevano bisogno anche loro di un po' di presepio, anche se povero. Si guardarono confusi, poi si segnarono e cominciarono a cantare «Stille Nacht», la bella melodia natalizia che tutti conoscevano. Tutti si unirono al coro anche se si cantava in lingue diverse. Poi quando si spense l'ultima nota del canto il caporale si avvicinò a uno dei giovani nemici e gli tese la mano che l'altro strinse con calore. Tutti fecero altrettanto, augurandosi il Buon Natale. Poi uno degli austriaci trasse da dentro il pastrano una piccola scarpina da neonato. Doveva essere quella del suo bambino e se la teneva sul cuore, e dopo averla baciata la depose accanto al Bambino Gesù rimanendo per alcuni attimi in preghiera. Poi si voltò di scatto e seguito dai compagni si allontanò voltando le spalle, senza timore, e scomparve nella notte di quel gelido Natale di guerra.
lunedì 26 novembre 2012
Se hai paura di perdere il tuo decoro, se temi per la tua onorabilità e non vuoi sporcarti... rinuncia subito a tenere dietro a Cristo.
La Samaritana, 1943
Don Primo Mazzolari (1890 - 1959), prete, scrittore e partigiano italiano
sabato 27 ottobre 2012
Siamo come Adamo ed Eva
“È difficile dirlo. Cercherò di
spiegarmi. Ma è strano che debba esser io [Lara], una donna qualunque, a spiegare
a te, così intelligente, che cosa succede nella vita in genere, nella vita
russa, e perché crollano le famiglie, la mia come la tua! Ah, non si tratta
delle persone, dell’affinità o meno dei caratteri, di amore o di disamore; ma
tutto ciò che è costruito e organizzato, tutto ciò che si riferisce al costume,
ai rapporti e all'ordine umano, tutto è andato in frantumi col rivolgimento
dell'intera società e col suo riassetto. Tutto quello che apparteneva alla vita
quotidiana è stato travolto e distrutto. È rimasta soltanto la forza
primitiva, non legata alla vita d'ogni giorno, di una nuda esistenza
spirituale ormai completamente spoglia, per la quale nulla è mutato, perché in
tutti i tempi essa ha sentito freddo, ha tremato e si è protesa verso un'altra
esistenza, quella che le stava più vicino, altrettanto spoglia e sola. Tu ed io
siamo come i due primi uomini, Adamo ed Eva, i quali non avevano nulla da
coprirsi al principio del mondo: ora, alla sua fine, siamo egualmente spogli e
senza tetto. Noi due siamo l'ultimo ricordo di ciò che è stato creato al mondo
di incommensurabilmente grande nelle molte migliaia di anni intercorse fra loro
e noi. In virtù di tali prodigi scomparsi noi respiriamo e amiamo, e piangiamo,
e ci attacchiamo l'uno all'altra, stringendoci”.
Il dottor Živago, Milano, Feltrinelli ed., 1959, p. 525
Boris Leonidovič Pasternak (1890 - 1960), poeta e scrittore
russo
domenica 14 ottobre 2012
Quello che va in giro torna
Si chiamava Fleming ed era un povero contadino scozzese.
Un giorno, mentre stava lavorando, sentì un grido d'aiuto venire da una palude vicina.
Immediatamente, lasciò i propri attrezzi e corse alla palude. Lì, bloccato fino alla cintola nella melma nerastra, c'era un ragazzino terrorizzato che urlava e cercava di liberarsi.
Il fattore Fleming salvò il ragazzo da quella che avrebbe potuto essere una morte lenta e orribile.
Il giorno dopo una bella carrozza attraversò i miseri campi dello scozzese; ne scese un gentiluomo elegantemente vestito che si presentò come il padre del ragazzo che Fleming aveva salvato: "Vorrei ripagarvi - gli disse il gentiluomo - avete salvato la vita di mio figlio".
"Non posso accettare un pagamento per quello che ho fatto" replicò il contadino rifiutando l'offerta.
In quel momento il figlio del contadino si affacciò alla porta della loro casupola.
"É vostro figlio?" chiese il gentiluomo.
"Si" rispose il padre orgoglioso.
"Vi propongo un patto: lasciate che provveda a dargli lo stesso livello di educazione che avrà mio figlio. Se il ragazzo somiglia al padre, non c'é dubbio che diventerà un uomo di cui entrambi saremo orgogliosi".
E così accadde. Il figlio del fattore Fleming frequentò le migliori scuole dell'epoca, si laureò presso la scuola medica dell'ospedale St. Mary di Londra e diventò celebre nel mondo come sir Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina.
Anni dopo, lo stesso figlio del gentiluomo che era stato salvato dalla palude si ammalò di polmonite. Questa volta fu la penicillina a salvare la sua vita. Il nome del gentiluomo era lord Randolph Churchill e quello di suo figlio sir Winston Churchill.
Qualcuno una volta ha detto: quello che va in giro torna.
martedì 2 ottobre 2012
Cento volte al giorno ricordo a me stesso che la mia vita interiore e esteriore sono basate sulle fatiche di altri uomini, vivi e morti, e che io devo fare il massimo sforzo per dare nella stessa misura in cui ho ricevuto.
Albert Einstein (1879 – 1955), fisico e filosofo tedesco
giovedì 27 settembre 2012
Il signor Keuner e l'esistenza di Dio
Un tale chiese al signor Keuner se esiste un Dio. Il signor Keuner rispose: "Ti consiglio di riflettere se la tua condotta cambierebbe a seconda della risposta. Se non dovesse cambiare potremmo lasciar cadere la domanda. Se invece cambiasse potrei almeno aiutarti se non altro dicendoti che hai già deciso: tu hai bisogno di un Dio".
da Storie del signor Keuner, Einaudi, 2008, pag. 54
Bertholt Brecht (1898 - 1956), drammaturgo, poeta e regista tedesco
venerdì 22 giugno 2012
Gesù Cristo
Non solo noi non conosciamo Dio se non per mezzo di Gesù Cristo, ma non conosciamo neppure noi stessi se non per mezzo di Gesù Cristo. Noi non conosciamo la vita, la morte se non per mezzo di Gesù Cristo. Al di fuori di Gesù Cristo non sappiamo che cosa sia la nostra vita, la nostra morte, Dio, noi stessi.
Pensées, 729
Blaise Pascal (1623 - 1662), matematico, fisico, filosofo e teologo francese
sabato 12 maggio 2012
La Madre
Una volta alcuni bambini d'una scuola di paese, tornando alle loro case sparse per la montagna, cominciarono a ragionare quale poteva essere la cosa più bella del mondo.
Uno diceva: La cosa più bella che ci sia è l'oro.
Con esso si può comprare tutto e forse anche la felicità.
La cosa più bella è il pane disse un altro, con esso la pace entra nelle case.
La cosa più bella è il sole soggiunse un terzo. E' tanto bello che non si può guardare.
Domandiamolo alla Madonna - disse uno che fino allora aveva taciuto.
C'era in quel punto una cappellina di sassi, fatta ad arco e sotto l'arco una Madonna col suo Bambino stretto al seno.
I bambini stavano per interrogarla, ma uno di loro disse: - La cosa più bella che ci sia è l'amore di una mamma.
La Madonna sorrideva col capo un poco piegato, come chi è lì per dire di sì.
Renzo Pezzani (1898 – 1951), poeta italiano
domenica 8 aprile 2012
giovedì 16 febbraio 2012
«Io sono la verità»
«Io sono la verità» (Gv 14,6)
«É giunta l’ora», dice l’evangelista Giovanni. Poche ore dopo Gesù sarà arrestato, poi giudicato e condannato. Un discepolo l'ha già tradito; gli altri stanno per abbandonarlo. Per raggiungere il loro spirito, ha appena lavato loro i piedi e in questo estremo gesto palesa a un tempo ciò che ha inteso fare e ciò che essi dovranno ripetere (cf Gv 13, 12 -15). Presi dallo smarrimento, dalla tristezza, ma rassegnati all’inevitabile separazione, i commensali dell'ultima cena chiedono: «Signore, dove vai?» (Gv 13, 36). «Non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?» (Gv 14, 5), si preoccupa Tommaso. È allora che Gesù pronuncia una delle parole più forti e sorprendenti: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
É una parola che colpisce, scandalizza persino l’intelligenza: un singolo uomo rivendica per se stesso ciò a cui aspira ognuno di noi, ciò verso cui tende ogni comunità umana, ciò che presiede all'organizzazione di ogni cosa, degli animali, dei vegetali, dei minerali, dell'intero universo. «Sono la verità»: sono ciò che permea ogni cosa e le dà senso e consistenza. «Sono l'alpha e l'omega» (Ap 21, 6), sono il Principio e la Fine di quanto esiste. «Io sono», e per mezzo di me, in me, ogni cosa è.
Cristo è sicuramente la Verità, a un duplice titolo.
L'evangelista Giovanni, nel prologo, ci ha ricordato che il Figlio presiede alla creazione del mondo: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,3). É lui il principio di ogni realtà. É lui il principio organizzatore di tutto ciò che vediamo, è lui il senso delle cose della vita, ed è in lui che ne dobbiamo cercare la spiegazione. Quando Dio, nella sua sapienza, decise di creare il mondo esistente, la verità di ogni cosa aveva la sua verità ultima e integrale in quella "Parola" eterna che si sarebbe schiusa un giorno, in Palestina, sotto l'imperatore Augusto, per diventare l'uomo Gesù, abitante a Nazareth. Lui solo, di conseguenza, sarebbe stato in grado di enunciare l'essenza di ogni cosa, dell'uomo, di Dio. «Il Dio che si rivela dapprima come amore in un destino di sofferenza e di passione che abbraccia tutto il mondo si manifesta poi da sè come l'unica - autentica - verità di fronte al mondo intero, quel Dio è il Dio Trino della Chiesa cristiana. In seno a questa auto-manifestazione di Dio, Cristo in quanto Figlio del Padre si designa come "la Verità" poiché ha rivelato l'essenza più profonda di Dio che ha creato il mondo, e invia il suo Spirito e quello del Padre che ha fatto conoscere ciò al mondo intero» ( H. Urs Von Balthasar).
Cristo è verità anche come Parola del Padre che viene a suggellare la salvezza. Dio l'ha invialo come unico mediatore: per mezzo di lui, ci assicura la Scrittura, «tutti gli uomini sono salvali e giungono alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4 -5). Il Verbo resta così l'ultima parola dell'alleanza che i sapienti avevano presentito e i profeti annunciato.
Principio e Parola, tali sono i titoli attribuiti al Cristo, che si riassumono in un solo termine: Logos, che si potrebbe esattamente tradurre con Ragione. Cristo è la Ragione di Dio, e dunque è il fondamento, il riferimento e la misura della ragione umana, fatta a sua immagine. Quella Ragione non è solo astratta, come abitualmente ce la raffiguriamo, ma concreta e persino carnale: Cristo si presenta come la Verità nel momento in cui condivide il pane e porge il calice: «Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue» (Mc 14, 22). La Parola di Dio si è fatta uomo. La Ragione divina si è incarnata.
Il compito dei discepoli, di conseguenza, non conosce incertezza alcuna: essi devono andare alla Ragione tramite la loro ragione, verso Cristo tramite la loro propria intelligenza. Perché la Ragione di Dio si dà per essere scoperta, sperimentata, ruminata, trasmessa, amata e, infine, adorata.
Jean-Luis Brugès, domenicano, vescovo e teologo francese
«É giunta l’ora», dice l’evangelista Giovanni. Poche ore dopo Gesù sarà arrestato, poi giudicato e condannato. Un discepolo l'ha già tradito; gli altri stanno per abbandonarlo. Per raggiungere il loro spirito, ha appena lavato loro i piedi e in questo estremo gesto palesa a un tempo ciò che ha inteso fare e ciò che essi dovranno ripetere (cf Gv 13, 12 -15). Presi dallo smarrimento, dalla tristezza, ma rassegnati all’inevitabile separazione, i commensali dell'ultima cena chiedono: «Signore, dove vai?» (Gv 13, 36). «Non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?» (Gv 14, 5), si preoccupa Tommaso. È allora che Gesù pronuncia una delle parole più forti e sorprendenti: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).
É una parola che colpisce, scandalizza persino l’intelligenza: un singolo uomo rivendica per se stesso ciò a cui aspira ognuno di noi, ciò verso cui tende ogni comunità umana, ciò che presiede all'organizzazione di ogni cosa, degli animali, dei vegetali, dei minerali, dell'intero universo. «Sono la verità»: sono ciò che permea ogni cosa e le dà senso e consistenza. «Sono l'alpha e l'omega» (Ap 21, 6), sono il Principio e la Fine di quanto esiste. «Io sono», e per mezzo di me, in me, ogni cosa è.
Cristo è sicuramente la Verità, a un duplice titolo.
L'evangelista Giovanni, nel prologo, ci ha ricordato che il Figlio presiede alla creazione del mondo: «Tutto è stato fatto per mezzo di lui» (Gv 1,3). É lui il principio di ogni realtà. É lui il principio organizzatore di tutto ciò che vediamo, è lui il senso delle cose della vita, ed è in lui che ne dobbiamo cercare la spiegazione. Quando Dio, nella sua sapienza, decise di creare il mondo esistente, la verità di ogni cosa aveva la sua verità ultima e integrale in quella "Parola" eterna che si sarebbe schiusa un giorno, in Palestina, sotto l'imperatore Augusto, per diventare l'uomo Gesù, abitante a Nazareth. Lui solo, di conseguenza, sarebbe stato in grado di enunciare l'essenza di ogni cosa, dell'uomo, di Dio. «Il Dio che si rivela dapprima come amore in un destino di sofferenza e di passione che abbraccia tutto il mondo si manifesta poi da sè come l'unica - autentica - verità di fronte al mondo intero, quel Dio è il Dio Trino della Chiesa cristiana. In seno a questa auto-manifestazione di Dio, Cristo in quanto Figlio del Padre si designa come "la Verità" poiché ha rivelato l'essenza più profonda di Dio che ha creato il mondo, e invia il suo Spirito e quello del Padre che ha fatto conoscere ciò al mondo intero» ( H. Urs Von Balthasar).
Cristo è verità anche come Parola del Padre che viene a suggellare la salvezza. Dio l'ha invialo come unico mediatore: per mezzo di lui, ci assicura la Scrittura, «tutti gli uomini sono salvali e giungono alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4 -5). Il Verbo resta così l'ultima parola dell'alleanza che i sapienti avevano presentito e i profeti annunciato.
Principio e Parola, tali sono i titoli attribuiti al Cristo, che si riassumono in un solo termine: Logos, che si potrebbe esattamente tradurre con Ragione. Cristo è la Ragione di Dio, e dunque è il fondamento, il riferimento e la misura della ragione umana, fatta a sua immagine. Quella Ragione non è solo astratta, come abitualmente ce la raffiguriamo, ma concreta e persino carnale: Cristo si presenta come la Verità nel momento in cui condivide il pane e porge il calice: «Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue» (Mc 14, 22). La Parola di Dio si è fatta uomo. La Ragione divina si è incarnata.
Il compito dei discepoli, di conseguenza, non conosce incertezza alcuna: essi devono andare alla Ragione tramite la loro ragione, verso Cristo tramite la loro propria intelligenza. Perché la Ragione di Dio si dà per essere scoperta, sperimentata, ruminata, trasmessa, amata e, infine, adorata.
Corso di teologia morale fondamentale. 4, p. 41 - 43
Jean-Luis Brugès, domenicano, vescovo e teologo francese
domenica 12 febbraio 2012
Solo Dio non può essere cercato inutilmente
Bernardo di Chiaravalle (1090 – 1153), monaco cristiano, abate e teologo francese dell'ordine cistercense, santo
sabato 4 febbraio 2012
Ogni tanto da' uno sguardo a Dio
Quando sarai in mezzo agli affari e alle occupazioni ordinarie, che non richiedono un’attenzione molto accurata e assidua, guarda verso Dio più che alle occupazioni; quando gli affari sono così importanti che richiedono tutta la tua attenzione per riuscire bene, ogni tanto da' uno sguardo a Dio, come fanno coloro che navigano in mare i quali per raggiungere il porto previsto, guardano più in cielo che la nave. Così Dio lavorerà con te, in te e per te, e il tuo lavoro sarà accompagnato dalla gioia.
Introduzione alla vita devota III,10.
Francesco di Sales, santo, vescovo, (1567 - 1622)
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