Parimenti un uomo qualunque evita di parlare del proprio mestiere.
L'espressione: «È un uomo appassionato al proprio mestiere», equivale per me all'espressione: «È un uomo appassionato alla propria gobba».
Un entusiasmo esiste, in un mestiere, fino a quando detto mestiere offre qualcosa di nuovo. Il pittore ruba le ore al sonno e si dimentica di mangiare davanti alla sua tela fino al giorno in cui o sa tutto sulla pittura, o si accorge che più in là egli non può andare.
Si cammina volentieri per una strada che non si conosce: il paesaggio circostante allieta lo spirito, a ogni passo corrisponde una scoperta. Ma poi, quando questa strada sia nota perfettamente o la si debba rifare ogni giorno e in ogni stagione, ecco là noia subentrare all'entusiasmo.
Allora il mestiere diventa come una condanna del destino. Un po' come una gamba malandata, un occhio buio, una schiena gibbosa.
E se io parlo del mio mestiere, è proprio perché mi sono accorto, ormai, di aver percorso tutta la strada che potevo percorrere.
Poca strada: quattro passi in tutto, che ora debbo ripetere ogni giorno, rivedendo sempre le stesse cose.
La strada è chiusa, ormai: una enorme muraglia la sbarra: non si può fare un passo di più dei quattro già fatti.
La scoperta di Milano, [Milano, Ed. Rizzoli, 1990], p. 148
Giovannino Guareschi (1908 - 1968), giornalista, umorista e scrittore italiano
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