giovedì 11 gennaio 2024

Lo specchio

Il problema dell'identità implica il rapporto con un oggetto meraviglioso, magico: lo specchio. Psicologi, filosofi e scrittori hanno tutti insistito sull'importanza di poter rimirare la nostra immagine e lo "stadio dello specchio" di Lacan o il mito di Narciso sono noti a tutti. Nel suo magnifico libro intitolato La specie umana, Robert Antelme descrive con sobrietà e commozione come, nei campi di sterminio tedeschi, i prigionieri stessero per ore in fila la domenica, per poter vedere, anche solo per qualche secondo, la propria immagine riflessa in un pezzetto di specchio, un volto che, il più delle volte, stentavano a riconoscere:

"René possiede un pezzo di specchio trovato a Buchenwald dopo il bombardamento di agosto. Evita di mostrarlo perché immediatamente gli si fanno tutti intorno chiedendoglielo in prestito.

Vogliono potersi guardare.

Era di domenica, ero seduto sul mio pagliericcio (lo specchio in mano). Facevo con calma. Non ho verificato quale fosse il mio colorito, se giallo oppure grigiastro, né in che stato fossero i denti, o il naso... Di colpo mi sono trovato di fronte una faccia. Me n'ero dimenticato.

Quella domenica la mia faccia era nello specchio. Non era bella, non era brutta, semplicemente abbagliante. Mi aveva seguito e ora la ritrovavo lì, senza occupazione ma, in tutti i casi, lei. Sola, tentava di esprimere qualcosa che qui non si poteva cogliere. Era chiusa in un miraggio che balenava da questo pezzo di vetro.

Non si era così, qui. Si poteva essere così solo nello specchio, soli, e ciò che i compagni attendevano con tanta ansia, era proprio questo brandello di solitudine scintillante dove si inabissavano le SS e tutto il resto. Ma bisognava cedere lo specchio, passarlo a qualcuno accanto, che lo stava aspettando, avido. Facevamo la coda per quello squarcio di solitudine e quando lo avevi in mano, gli altri ti assillavano per il loro turno".

Così giovane e già ebreo. Umorismo Yiddish, Casale Monferrato, Ed. Piemme, 2002 3 ed., 45 - 46

M.A. Ouakin - D. Rotnemer

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