lunedì 8 dicembre 2025

L'Occidente che non ama più se stesso

C'è qui un odio di sé dell'Occidente che è strano e che si può considerare solo come qualcosa di patologico; l'Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della sua propria storia vede oramai soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro. L'Europa, per sopravvivere, ha bisogno di una nuova - certamente critica e umile - accettazione di se stessa, se essa vuole davvero sopravvivere. La multiculturalità, che viene continuamente e con passione incoraggiata e favorita, è talvolta soprattutto abbandono e rinnegamento di ciò che è proprio, fuga dalle cose proprie. Ma la multiculturalità non può sussistere senza costanti in comune, senza punti di orientamento a partire dai valori propri. Essa sicuramente non può sussistere senza rispetto di ciò che è sacro.

Lectio magistralis sulle radici spirituali dell’Europa: "Il relativismo, il Cristianesimo e l'Occidente" presso la Pontificia Università Lateranense, Roma, 13 maggio 2004

Joseph Ratzinger


domenica 7 dicembre 2025

Un giorno ti dirò figlio...

Un giorno, figlio, ti dirò 

che ti ho amato tanto da stressarti chiedendoti dove stessi andando e con chi,

che ti ho amato tanto da preoccuparmi per la tua salute,

che ti ho amato tanto da scegliere di farti arrabbiare, 

sperando che la lezione ti avrebbe portato futura felicità,

che ti ho amato tanto da essere super protettiva,

che ti ho amato tanto da scusarti quando non eri rispettoso o educato,

che ti ho amato tanto da scegliere di mettere me stessa all'ultimo posto, ogni giorno,

che ti ho amato tanto da ignorare tutto quello che gli altri genitori facevano,

che ti ho amato tanto da escludere dalla mia vita persone che amavo, se ciò poteva proteggerti,

che ti ho amato tanto da starti accanto a ogni caduta, finché non hai imparato a camminare da solo,

che ti ho amato tanto da rischiare di farmi odiare da te per delle decisioni,

prese nella speranza di star facendo il meglio per te.

Questa è stata la parte peggiore figlio mio...

venerdì 5 dicembre 2025

Prima dell'anno duemila fiorirà una nuova primavera

É a tutti che mi rivolgo.

Ho settantatré anni. Da cinquanta dura la mia lotta contro la lebbra, e contro tutte le altre «lebbre» che sono l'egoismo il fanatismo, la vigliaccheria.

In aiuto e al servizio delle più sofferenti minoranze oppresse del mondo, ho fatto trentadue volte il giro del mondo. Ho visto un universo inimmaginabile di orrori, di sofferenze, di disperazioni.

Prima dell'anno duemila fiorirà una nuova primavera!

Bisogna risvegliare la speranza

Dedito al materialismo sottomesso alla sua avvilente dittatura, il progresso e diventato un enorme strumento di assassinio.

Il marciume onnipotente del denaro ha fatto spuntare deserti di anima.

Si è seppellito Mozart nella fossa comune, messo il Vangelo in archivio e il Buon Dio nella cella frigorifera.

Si è creato la civiltà del disgusto e della disperazione.

Eppure la piccola fiamma, talora vacillante mai spenta, della speranza permane m ciascuno di noi.

Questa fiamma bisogna rianimarla. Che ci riscaldi e ci taccia luce. 

Sperare è mettersi all'ascolto di Dio.

Si ha sempre la libertà di amare

I tabu le proibizioni, le costrizioni degradanti, tutti questi fili spinati che lacerano la nostra condizione di uomini liberi: noi possiamo evadere da loro per la strada della fratellanza e seppellire, a forza di amore, la storia inumana dell’umanità. Non vi è altra gerarchia che la capacita di servire ed il potere di amare.

Vedere in ogni essere umano un uomo e in ogni uomo, un fratello: questa è la nostra legge.

Amare, non è donare, ma condividere

Al povero, non si tratta di concedergli un po' del nostro superfluo, ma di dargli il suo posto nella nostra vita.

Non accontentarsi di fargli cadere in mano gli spiccioli del nostro portamonete, ma vivere la sua sofferenza, la sua collera, la sua speranza o la sua gioia: questo è amarlo veramente.

Non immolare l’umano al sociale 

L’anonimo, l’irresponsabile: ecco il nemico. Rifugio vergognoso della vigliaccheria: in lui il mondo va disumanizzandosi.

Nelle sue ambizioni ingenue di dare a tutti un destino standardizzato, una felicità a prezzo unico che egli tema di smarrire gli uomini nella foresta umana e di sacrificare al sociale l’umano.

Perché la vita? Per servire

Quando vi capita di dire «Va tutto male» tutto va peggio a causa vostra. Non acconsentite a un pessimismo paralizzante a quel «a che serve» troppo comodo e che mimetizza tanti tradimenti. La vita è bella, ricca, esaltante e giovane per l'eternità. Non dà la nausea se non a quelli che sono già marci.

Giovani, ho fiducia in voi

Che importano pochi eccentrici, i loro eccessi e le loro irrequietezze?

lo credo nel vostro cuore.

Siete voi che provocherete la caduta della menzogna e la sconfitta del denaro.

Siate intransigenti sul dovere di amare. Non cedete, non venite a patti, non tornate indietro.

Ridete in faccia agli egoisti sempre soddisfatti di se stessi, agli ipocriti ben pasciuti delle loro virtù levigate, a quelli che nella vita non si interessano che alla loro vita, persuasi che in Paradiso il Buon Dio ha loro riservato posti numerati. Quelli che pensavano già alla pensione quand'erano ancora in fasce.

Rifiutate di mettere in garage il vostro avvenire. Lottate a viso aperto, denunciate ad alta voce, non permettete l’inganno attorno a voi.

Tenete presente che la più grande disgrazia che vi possa capitare è di non essere utili a nessuno e che la vostra vita non serve a niente.

Denunciate la violenza, che è l'arma dei vigliacchi

Infame colui che cerca di imporre la sua legge a forza di pugni o di grida.

Colui che colpisce e uno che fugge. Qualsiasi cosa riesca a strappare, è un vinto.

Perché ha perduto il suo volto di uomo. Lasciate perdere i «senza domicilio» dell’intelligenza. Aridi e sterili, essi vi condurranno per strade senza fiori e che sboccano nel nulla.

Colui che avrà sempre ragione, colui al quale il domani appartiene, colui che alla fine sarà il vincitore, è colui che è il più capace di amore.

Siate i seminatori di questo amore

Dall'intelligenza che tradisce, dalla macchina che rende schiavi, dal denaro che imputridisce salvate l'amore.

Portate in voi il fermento rivoluzionario e misericordioso del Vangelo.

Comprendete bene che l'importante non è ciò che si raccoglie, ma ciò che si semina. Non è ciò che si è, ma ciò che si offre.

Fare ciascuno il possibile sapendo che è la Provvidenza che fa tutto e che Essa ci ama di un amore che non finisce.

Siate i seminatori di questo amore. Rendetelo contagioso, radioattivo e che contamini il mondo.

Domarti all’aurora sarete pronti?

Prima dell’anno duemila fiorirà una nuova primavera!

Un messaggio di Raoul Follereau, 1976

Raoul Follereau (1903 - 1977), giornalista, filantropo e poeta francese


martedì 2 dicembre 2025

Più invecchi, più cerchi scarpe comode

 Più invecchi, più cerchi scarpe comode.

Più invecchi, più vuoi solo presenze positive.

Più invecchi, e più mangi cibi sani, eviti l'alcol e cammini tanto.

Più invecchi, più fai selezione, della gente e di tutto.

Più invecchi, meno baratti la solitudine con presenze inutili.

Più invecchi, più sai selezionare e scegliere se stare in silenzio, se parlare, se ignorare.

Più invecchi, meno reagisci, e scegli spesso di ignorare.

Più invecchi, più importanza dai alle persone e meno alle cose.

Più invecchi, meno ti piacciono le discussioni, i conflitti, le provocazioni.

Più invecchi, più vorresti essere leggera leggera, fregartene di tutto e vivere alla giornata.

Più invecchi, più ti vuoi bene e ami la pace e la serenità.

I. Zoe

Credenti, pensanti e inquieti

Io non chiedevo se siete credenti o non credenti, ma se siete pensanti o non pensanti. 

L’ importante è che impariate a inquietarvi. 

Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. 

Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza. 

Solo allora saranno veramente fondate.

Carlo Maria Martini

Uomini, uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà...

Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.

E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.

Il giorno della civetta

Leonardo Sciascia

Ti ricordi di quell'uomo?

«Si chiamava Gesù, Gesù il Nazareno, e fu crocifisso non so bene per quale crimine. Ponzio, ti ricordi di quell'uomo?». Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia e si portò la mano alla fronte come chi cerca qualcosa nella propria memoria. Poi, dopo qualche istante di silenzio, mormorò: «Gesù? Gesù il Nazareno? No, non mi ricordo». Nei Campi Flegrei, dove soggiornano per ristorare corpo e spirito, un Pilato ormai vecchio e acciaccato ricorda, insieme all'amico Elio Lama, i suoi trascorsi in Giudea, parentesi turbolenta di un’onorata carriera. Quando la conversazione si sposta sul Nazareno morto in croce, Pilato rivela una spiazzante dimenticanza: non ha memoria di lui. L’amico, al contrario, ricorda con nostalgia quella terra e, in particolare, una bellissima danzatrice ebrea, scomparsa all'improvviso per seguire i discepoli di un giovane taumaturgo.

Il procuratore di Giudea 1902 - Le procurateur de Judée (Il procuratore della Giudea, tr. di Leonardo Sciascia, Palermo, Sellerio, 1980)

Anatole France

Cosa ottieni pregando?

Una volta è stato chiesto a una donna:

Cosa ottieni pregando Dio?

Lei rispose:

Di solito "non ottengo niente", ma "perdo cose".

E ha citato tutto ciò che ha perso pregando Dio regolarmente:

- Ho perso il mio orgoglio.

- Ho perso la mia arroganza.

- Ho perso l'avidità.

- Ho perso l'invidia.

- Ho perso la mia rabbia

- Ho perso la lussuria.

- Ho perso il piacere di mentire

- Ho perso il gusto del peccato.

- Ho perso l'impazienza, la disperazione e lo sconforto.

A volte preghiamo non per guadagnare qualcosa, ma per perdere cose che non ci permettono di crescere spiritualmente.

La preghiera educa, rafforza e guarisce.

La preghiera è il canale che ci connette direttamente con Dio. 

Hai un compito, anima mia

Hai un compito, anima mia,

un grande compito, se vuoi.

Scruta seriamente te stessa,

il tuo essere, il tuo destino;

donde vieni e dove dovrai posarti;

cerca di conoscere se è vita quella che vivi

o se c'è qualcosa di più.


Hai un compito, anima mia,

purifica, perciò, la tua vita:

considera, per favore, Dio e i suoi misteri,

indaga cosa c'era prima di questo universo

e che cosa esso è per te,

da dove è venuto e qual sarà il suo destino.


Ecco il tuo compito,

anima mia,

purifica, perciò, la tua vita. 


Poesie a se stesso, LXXVIII (PG 37, 1425-1426)

Gregorio di Nazianzo