giovedì 29 maggio 2025

Comunione spirituale

Preghiere per la Comunione spirituale

«Se non potete comunicarvi sacramentalmente fate almeno la comunione spirituale, che consiste in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel vostro cuore» (San Giovanni Bosco)


Gesù mio, 
io credo che sei realmente presente 
nel Santissimo Sacramento.
 
Ti amo sopra ogni cosa 
e ti desidero nell' anima mia. 
 
Poiché ora non posso riceverti 
sacramentalmente, 
vieni almeno spiritualmente 
nel mio cuore.
 
Come già venuto, 
io ti abbraccio e tutto mi unisco a te;
non permettere che mi abbia mai 
a separare da te.
 



Eterno Padre, io ti offro
il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo
 in sconto dei miei peccati, 
in suffragio delle anime del purgatorio 
e per i bisogni della Santa Chiesa.
 
 

  
Ai tuoi piedi, o mio Gesù,
mi prostro e ti offro il pentimento 
del mio cuore contrito 
che si inabissa nel suo nulla 
e nella Tua santa presenza. 
 
Ti adoro nel Sacramento 
del Tuo amore, 
desidero riceverti nella povera dimora
che ti offre il mio cuore. 
 
In attesa della felicità 
della comunione sacramentale, 
voglio possederti in spirito. 
 
Vieni a me, o mio Gesù, 
che io venga da Te. 
 
Possa il Tuo amore
 infiammare tutto il mio essere, 
per la vita e per la morte. 
 
Credo in Te, spero in Te, Ti amo. 
Amen

Ti adoro

Ti adoro, o mio Salvatore,
qui presente quale Dio e quale uomo,
in Anima e Corpo,
in vera Carne e Sangue.

Lo riconosco e confesso di essere inginocchiato
davanti a quella Sacra Umanità
che fu concepita nel seno di Maria,
e riposò in grembo a Maria;

Che crebbe fino all'età matura
e sulle rive del mare di Galilea
chiamò i Dodici, operò miracoli
e disse parole di sapienza e di pace;

Che quando fu l'ora Sua
morì appeso alla croce,
stette nel sepolcro,
risuscitò da morte
ed ora regna nel Cielo.

Lodo, benedico
e offro tutto me stesso
a Colui che è il vero Pane della mia anima
e la mia eterna gioia.

Beato John Henry Newman (1801 – 1890), cardinale, teologo e filosofo inglese



domenica 18 maggio 2025

L'uomo immagine della Trinità

Tutta la Trinità ha segnato l'umanità con la Sua somiglianza. 

Con la memoria, assomiglia al Padre; con l'intelletto, assomiglia al Figlio; per amore, assomiglia allo Spirito Santo.

Sant'Antonio da Padova (1195-1231)

Tutto fu creato e ordinato con la Parola e lo Spirito

Tutte le cose create necessariamente derivano da una causa prima il fondamento della loro esistenza: il principio di tutto è Dio. Egli infatti non è stato creato da nessuno, ma da lui tutte le cose sono state create. Perciò è necessario riconoscere in primo luogo che vi è un solo Dio, Padre, che ha creato e formato tutto l’universo, che fa esistere ciò che prima non esisteva e che, contenendo tutto, da nessuna cosa può essere contenuto. Ora, in quest’universo rientra anche il nostro mondo, e nel mondo l’uomo: dunque anche questo nostro mondo quaggiù è stato formato da Dio.

Ecco come si espone la presente dottrina: vi è un solo Dio Padre, increato, invisibile, creatore dell’universo; al di sopra di lui non vi è altro Dio, e dopo lui non vi è altro Dio; Dio, inoltre, è intelligente, perciò la creazione di tutte le cose fu opera di intelligenza. Dio è spirito, perciò con lo Spirito tutto ha disposto, come dice il profeta: Con la Parola (Verbo) del Signore furono creati i cieli, e col suo Spirito, tutta la loro potenza (Sal 32,6).

Dunque, poiché il Verbo crea, cioè opera nella carne e dona gratuitamente l’esistenza, mentre lo Spirito plasma e forma le varie potenze angeliche; a buon diritto, perciò, il Verbo è chiamato Figlio e lo Spirito Santo, Sapienza di Dio. Così Paolo, suo apostolo, dice rettamente: Un solo Dio Padre, il quale è sopra tutti, e tra tutti e in tutti noi (Ef 4,6). Infatti al di sopra di tutte le cose c’è il Padre, tra tutte le cose c’è il Verbo, poiché per mezzo di lui il Padre ha creato ogni cosa; e in noi vi è lo Spirito che grida: Abbà, Padre (Gal 4,6), e modella l’uomo a somiglianza di Dio. In conclusione lo Spirito rivela il Verbo, ed è per questo che i profeti annunciarono il Figlio di Dio; ma il Verbo spinge ad operare lo Spirito: è lui che parla ai profeti, e innalza l’uomo fino al Padre.

Eccola la regola della nostra fede, il fondamento dell’edificio, e ciò che rende salda la nostra condotta: Dio Padre, increato, non circoscritto, invisibile, unico Dio, creatore dell’universo; è questo il primo articolo della nostra fede.

Il secondo articolo è questo: Il Verbo di Dio, il Figlio di Dio, Cristo Gesù nostro Signore, che si è manifestato ai profeti in forme diverse secondo il genere della loro profezia e secondo i disegni provvidenziali del Padre; per la cui opera è stata creata ogni cosa; che poi, alla fine dei tempi, s’è fatto uomo tra gli uomini per ricapitolare ogni cosa, s’è fatto visibile e tangibile, per distruggere la morte, rivelare la vita e operare l’unità tra Dio e gli uomini.

Il terzo articolo è questo: Lo Spirito Santo, per mezzo del quale i profeti hanno profetato, i Padri hanno appreso la scienza di Dio, e i giusti sono stati guidati nella via della giustizia; che alla fine dei tempi è stato diffuso in modo nuovo sull’umanità, per far nuovo l’uomo su tutta la terra, e riportarlo a Dio.

Perciò alla nostra nuova nascita, in grazia di questi tre articoli si compie il battesimo che ci accorda la grazia della nuova nascita in Dio Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Infatti coloro che portano in sé lo Spirito di Dio vengono condotti al Verbo, cioè al Figlio; il Figlio poi li presenta al Padre, e il Padre dona loro l’incorruttibilità. Dunque, senza lo Spirito non è possibile vedere il Figlio di Dio, e senza il Figlio nessuno può appressarsi al Padre, dato che la conoscenza del Padre è il Figlio, e la conoscenza del Figlio di Dio si attua per mezzo dello Spirito Santo. Lo Spirito poi, viene dispensato dal ministero del Figlio, secondo il beneplacito del Padre, cioè come e a chi il Padre vuole.

Se dallo Spirito, il Padre viene chiamato altissimo, onnipotente e signore di ogni potenza, questo è perché dobbiamo convincerci che Dio è veramente tale, cioè che è creatore del cielo, della terra e di tutto questo universo; creatore degli angeli, degli uomini, e signore di tutto; per lui tutte le cose esistono e ciascuno riceve il suo nutrimento; è misericordioso, pietoso e pieno di tenerezza; buono, giusto, Dio di tutti, e dei giudei, e dei pagani e dei credenti. Ma dei credenti è Padre, perché alla fine dei tempi ha aperto il testamento dell’adozione; dei giudei è signore e legislatore, perché nei tempi di mezzo gli uomini, avendo dimenticato Dio, si erano allontanati e ribellati a lui, ed egli per questo li aveva ridotti in servitù per mezzo della legge, affinché apprendessero di avere un padrone, un creatore e fattore, che dona il soffio della vita e al quale dobbiamo rendere omaggio giorno e notte. Per i pagani, poi, è creatore e demiurgo onnipossente. Ma per tutti, senza eccezione, è dispensatore di nutrimento, è re e giudice: nessuno infatti sfuggirà al suo giudizio, né giudeo, né pagano, né alcun credente che abbia peccato, né gli angeli. Quanti rifiutano ora di credere alla sua bontà, conosceranno allora al momento della condanna, la sua potenza, come dice il beato Apostolo: ...ignorando che l’amore di Dio ti chiama a conversione, con la tua ostinazione e l’impenitenza del tuo cuore tu vai accumulando su di te ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le proprie opere (Rm 2,4-6).

È lui, che viene detto, nella legge, Dio di Abramo, Dio d’Isacco e Dio di Giacobbe: Dio dei viventi. Perciò ineffabile è l’altezza e la grandezza di questo Dio.

Questo nostro mondo è circondato da sette cieli nei quali abitano potenze innumerevoli, angeli e arcangeli che prestano culto a Dio onnipotente e creatore di tutto. Egli non ne avrebbe bisogno, ma essi lo fanno per non restare oziosi, inutili e chiusi nel loro egoismo. È chiaro, perciò, che la presenza interiore dello Spirito di Dio è molteplice; essa viene definita dal profeta Isaia in sette diverse forme di ministero, che sono discese tutte sul Figlio di Dio, cioè sul Verbo, al momento della sua venuta come uomo. Dice infatti Isaia: Su lui riposerà lo Spirito di Dio: Spirito di sapienza e di intelletto, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà; e lo riempirà poi lo Spirito del timore di Dio (Is 11,2).

Dunque il primo cielo, a partire dall’alto, quello che contiene tutti gli altri, è il cielo della sapienza; il secondo è quello dell’intelletto; il terzo, quello del consiglio; il quarto, contando a partire dall’alto, è quello della fortezza; il quinto, poi, quello della scienza; il sesto, quello della pietà, e il settimo, cioè questo firmamento che circonda il nostro mondo, è pieno del timore di quello Spirito che illumina i cieli. Mosè ne aveva ricevuto il simbolo: il candeliere a sette braccia, acceso perennemente nel Santo; egli infatti aveva ricevuto le prescrizioni rituali, modellate sui cieli, come gli aveva detto il Verbo: Farai tutto secondo il modello che hai visto sul monte (Es 25,40).

Dunque, questo Dio viene glorificato dal suo Verbo, che è suo Figlio in eterno, e dallo Spirito Santo, che è la sapienza del Padre di ogni cosa. Le loro potenze - quelle cioè del Verbo e della Sapienza - che vengono dette cherubini e serafini, glorificano Dio con inni che mai cesseranno; e tutto ciò che esiste, tutto ciò che si trova nei cieli, rende gloria a Dio Padre di ogni cosa. Egli, per mezzo del suo Verbo, ha donato l’esistenza al mondo intero, e anche agli angeli che pure esistono in questo mondo; a questo mondo poi ha stabilito come legge, che ciascuno resti al suo posto senza varcare i limiti stabiliti dalla volontà di Dio, e che ciascuno compia l’opera che gli è stata assegnata." 

Dimostrazione della predicazione apostolica, 4-10

Ireneo di Lione

venerdì 2 maggio 2025

Trinità eterna, bellezza sopra ogni bellezza

Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, 

in cui più cerco e più trovo; 

e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. 

Tu sei insaziabile; e l'anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, 

perché permane nella fame di te, sempre più te brama, 

o Trinità eterna, desiderando di vederti con la luce della tua luce.

Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza, 

e illumini le menti con la tua luce, 

con quella luce con cui mi hai fatto conoscere la tua verità.

Specchiandomi in questa luce ti conosco come sommo bene, 

bene sopra ogni bene, bene felice, bene incomprensibile, bene inestimabile. 

Bellezza sopra ogni bellezza. Sapienza sopra ogni sapienza.

Dialogo della Divina Provvidenza

Caterina da Siena

giovedì 1 maggio 2025

Chi fu che per primo inventò le orribili armi?

Chi fu colui, che per primo inventò le orribili armi?

Quanto feroce e malvagio fu!

Allora nacquero le stragi a danno del genere umano, allora sorsero le guerre,

allora venne aperta una via più breve alla terribile morte.

Eppure quell’infelice non ebbe alcuna colpa, 

noi abbiamo volto a nostro danno quello che egli ci aveva dato contro le bestie feroci.

Questo è colpa del ricco oro, e non vi furono guerre

finché una tazza di legno di faggio era posta davanti ai banchetti.

Non vi erano fortezze, non bastioni,

e il pastore si addormentava senza preoccupazione tra pecore di vari colori.

Dolce sarebbe stata allora per me la vita, Valgio, 

e non avrei conosciuto le funeste armi, 

né avrei udito la tromba con il cuore palpitante.

Ora sono trascinato a forza a combattere, e già forse qualche nemico

produce dei dardi destinati a configgersi nel mio corpo.

Ma patri Lari proteggetemi e salvatemi: voi stessi mi avete allevato,

quando ancora bambino correvo qua e là.

E non abbiate vergogna di essere fatti di antico legno:

così voi abitaste le sedi dell’antico avo.

Allora con più sincerità (gli uomini) mantenevano la parola data

quando con scarso ornamento il dio stava in una modesta nicchietta.

Questo era soddisfatto, sia che qualcuno avesse fatto libagioni con uva

sia che qualcuno avesse offerto una corona di spighe alla santa chioma:

e colui che è padrone di qualcosa offriva delle focacce

dietro di lui come compagna la piccola figlia offriva un favo intatto.

Tenete lontano da noi, Lari, i dardi di bronzo

e avrete come rustica vittima una scrofa del mio porcile pieno.

Io stesso col capo cinto di mirto accompagni questa con una veste disadorna

e porti canestri ornati di mirto.

Così io possa piacere a voi: sia pure un altro valoroso nelle armi,

e atterri col favore di Marte i comandanti avversari,

in modo che mentre sto bevendo un soldato possa raccontarmi le sue imprese

e disegnare col vino gli accampamenti sulla mensa.

Che pazzia è mai quella di chiamare a sé con la guerra la nera morte?

La morte ci sta sopra e segretamente arriva con passo silenzioso.

Non campo coltivato v’è nel mondo sotterraneo, non vigna, 

ma l’audace Cerbero e il turpe nocchiero delle acque dello Stige:

ivi una pallida turba con le gote dilaniate e i capelli arsi

erra presso le nere paludi.

In quanto è più da lodarsi colui che coglie la sua tarda vecchiaia

nella sua umile capanna in mezzo ai suoi figli!

Egli stesso conduce al pascolo le pecore, il figlio invece gli agnelli,

e la moglie prepara l’acqua calda al marito stanco.

Possa anch’io esser così e mi sia concesso veder sul capo divenir bianchi i miei capelli

e vecchio raccontare i fatti della giovinezza.

Frattanto la Pace coltivi i campi. La Pace ha insegnato

a condurre sotto i gioghi ricurvi i buoi per arare:

la Pace ha sostentato le viti e ripose il succo d’uva,

perché l’anfora di terracotta del padre versasse il vino puro:

durante la pace brillano il bidente e il vomere

la ruggine ricopre le funeste armi dell’insensibile soldato nei nascondigli.

Orsù vieni a noi, benefica Pace, e tieni la spiga di grano, 

e lasciala scorrere e risplendere davanti al tuo seno.

(Elegiae I.10, L’amore per la pace)

Albio Tibullo (54 a.C. circa – 19 a.C.), poeta romano

*   *   *

Quis fuit, horrendos primus qui protulit enses?

Quam ferus et vere ferreus ille fuit!

Tum caedes hominum generi, tum proelia nata,

Tum brevior dirae mortis aperta via est.

An nihil ille miser meruit, nos ad mala nostra

Vertimus, in saevas quod dedit ille feras?

Divitis hoc vitium est auri, nec bella fuerunt,

Faginus astabat cum scyphus ante dapes.

Non arces, non vallus erat, somnumque petebat

Securus varias dux gregis inter oves.

Tunc mihi vita foret, Valgi, nec tristia nossem

Arma nec audissem corde micante tubam.

Nunc ad bella trahor, et iam quis forsitan hostis

Haesura in nostro tela gerit latere.

Sed patrii servate Lares: aluistis et idem,

Cursarem vestros cum tener ante pedes.

Neu pudeat prisco vos esse e stipite factos:

Sic veteris sedes incoluistis avi.

Tunc melius tenuere fidem, cum paupere cultu

Stabat in exigua ligneus aede deus.

Hic placatus erat, seu quis libaverat uvam

Seu dederat sanctae spicea serta comae:

Atque aliquis voti compos liba ipse ferebat

Postque comes purum filia parva favum.

At nobis aerata, Lares, depellite tela,

Hostiaque e plena rustica porcus hara.

Hanc pura cum veste sequar myrtoque canistra

Vincta geram, myrto vinctus et ispe caput.

Sic placeam vobis: alius sit fortis in armis,

Sternat et adversos Marte favente duces,

Ut mihi potanti possit sua dicere facta

Miles et in mensa pingere castra mero.

Quis furor est atram bellis accersere Mortem?

Imminet et tacito clam venit illa pede.

Non seges est infra, non vinea culta, sed audax

Cerberus et Stygiae navita turpis aquae:

Illic peresisque genis ustoque capillo

Errat ad obscuros pallida turba lacus.

Quin potius laudandus hic est quem prole parata

Occupat in parva pigra senecta casa!

Ipse suas sectatur oves, at filius agnos,

Et calidam fesso comparat uxor aquam.

Sic ego sim, liceatque caput candescere canis

Temporis et prisci facta referre senem.

Interea Pax arva colat. Pax candida primum

Duxit araturos sub iuga curva boves:

Pax aluit vites et sucos condidit uvae,

Funderet ut nato testa paterna merum:

Pace bidens vomerque nitent, at tristia duri

Militis in tenebris occupat arma situs.

At nobis, Pax alma, veni spicamque teneto,

Profluat et promis candidus ante sinus.