La morte, la nascondiamo come se fosse vergognosa e sporca. Nella morte, vediamo soltanto orrore, assurdità, sofferenza inutile e penosa, scandalo insopportabile: è invece il momento culminante della nostra vita, ne è il coronamento, quello che le dà senso e valore.
Resta comunque un immenso mistero, un grande punto interrogativo che portiamo nell'intimità più profonda.
So che un giorno morirò, anche se non so come, né quando. C'è un punto, nel profondo del mio essere, dove è custodita questa certezza. So che un giorno dovrò lasciare i miei cari, a meno che non siano loro a lasciarmi per primi. Paradossalmente è proprio questa consapevolezza cos1 profonda, cos1 intima, che ci accomuna a tutti gli altri esseri umani. Ecco perché la morte altrui mi colpisce. Mi permette di puntare diritto al cuore dell'unica vera domanda: che senso ha la mia vita?
Chi ha il privilegio di accompagnare qualcuno negli ultimi istanti della vita sa di entrare in una dimensione molto intima. La persona, prima di morire, vorrà lasciare accanto a chi l'accompagna l'essenziale di sé. Con un gesto, una parola, a volte solo con uno sguardo, tenterà di dire ciò che conta davvero, e che non sempre ha potuto o saputo dire.
E forse proprio la morte, quella che affronteremo un giorno, quella che colpisce i nostri cari o i nostri amici, che ci spinge a non accontentarci di rimanere alla superficie delle cose e delle persone, che ci spinge a entrare nella loro intimità più profonda.
Dopo avere per anni assistito gli infermi nei loro ultimi istanti, non ho appreso niente di più sulla morte in se stessa, ma la mia fiducia nella vita non ha fatto che crescere. Vivo senza dubbio più intensamente, con maggiore coscienza, ciò che mi è dato di vivere, gioie e dolori, ma anche tutte le piccole cose quotidiane, ovvie, come il semplice fatto di respirare o di camminare.
Forse sono diventata più attenta a chi mi sta accanto, più consapevole di non poter avere i
miei cari al mio fianco per sempre, forse desidero scoprirli più fortemente di prima e contribuire nei miei limiti a far si che diventino ciò che sono chiamati a diventare.
Cosi, dopo anni di assistenza a coloro che definiamo "moribondi", e che invece sono "vivi" fino all'ultimo, mi sento più viva che mai e lo devo a coloro che ho accompagnato negli ultimi istanti e che, nell'umiltà in cui li ha precipitati la sofferenza, si sono rivelati maestri.
Noi tutti cerchiamo di capire se c'è qualcosa oltre la morte. Esiste un aldilà? Dove vanno quelli che ci lasciano? Una domanda dolorosa per molti, piantata come una spina nel cuore della nostra umanità. Senza questo interrogativo, avremmo sviluppato tutte le nostre teorie filosofiche, risposte metafisiche, miti? La psicoanalisi, dal canto suo, ha decretato una volta per tutte che la morte non è rappresentabile. Ha accantonato il problema, lasciando lo volentieri ai filosofi, interessandosi solo alla morte nella vita, cioè al lutto.
Se la morte provoca tanta angoscia, non è forse perché ci riporta alle domande vere, quelle che abbiamo spesso soffocato con l'idea di riproporcele dopo, quando saremo più vecchi, più saggi, quando avremo il tempo di porre a noi stessi le domande essenziali?
Chi si avvicina alla morte scopre a volte che l'esperienza dell'aldilà gli viene proposta nell'esperienza stessa della vita. La vita non ci conduce forse da un aldilà all'altro, al di là di noi stessi, al di là delle nostre certezze, al di là dei nostri giudizi, al di là dei nostri egoismi, al di là delle apparenze? Non ci invita a continui passi avanti, a rimetterci in discussione, a superamenti. continui?
Questo libro è un tentativo di spiegare un miracolo. Nel momento in cui la morte è vicina, in cui predominano tristezza e sofferenza, ci possono essere ancora vita, gioia, moti dell'animo di una profondità e di un'intensità talvolta mai vissute prima.
In un mondo che ritiene che "la buona morte" sia la morte improvvisa e repentina - preferibilmente in stato di incoscienza, o perlomeno rapida, per disturbare il meno possibile la vita di chi resta - una testimonianza sul valore degli ultimi istanti della vita, sull'incredibile privilegio di esserne testimoni, non mi sembra superflua. Anzi, spero di contribuire a un'evoluzione della società, una società che, invece di negare la morte, impari a integrarla nella vita, una società più umana, in cui, consapevoli della nostra condizione di esseri mortali, avremo più rispetto per il valore dell'esistenza.
Spero di riuscire a comunicare al lettore il senso di ricchezza che dà l'accompagnare gli ultimi momenti di una persona cara. È una ricchezza che io stessa ho scoperto col passare degli anni e che ha trasformato la mia vita. Morire non è, come crediamo così spesso, un evento assurdo, privo di senso. Senza sminuire il dolore di una strada fatta di lutti e di rinunce, vorrei far capire come il tempo che precede la morte possa anche essere utile al compiersi di una persona, a una trasformazione di chi le sta accanto. Molte cose possono ancora essere vissute. Su un terreno più sottile, più interiore, sul terreno delle relazioni con gli altri. Quando non si può più fare nulla, tuttavia si può ancora amare e sentirsi amati, e molti moribondi, nel momento di lasciare la vita, ci hanno lanciato questo messaggio struggente: non ignorate la vita, non ignorate l'amore. Gli ultimi istanti della vita di un essere amato possono essere l'occasione di spingersi con lui il più in là possibile. Quanti di noi colgono questa occasione? Invece di guardare in faccia la realtà dell'approssimarsi della morte, ci comportiamo come se non dovesse arrivare, mentiamo all'altra, mentiamo a noi stessi, e invece di dirci l'essenziale, invece di scambiare parole d'amore, di gratitudine, di perdono, invece di appoggiarci gli uni agli altri per attraversare quel momento incomparabile che è la morte di una persona amata, chiamando a raccolta tutta la saggezza, l'ironia e l'amore di cui un essere umano è capace per affrontare la morte, ecco che quel momento unico ed essenziale della vita è contrassegnato dal silenzio e dalla solitudine.
La morte amica. Lezioni di vita da chi sta per morire, [Milano], Ed. Rizzoli, [1998], p. 13 – 18
Marie de Hennezel, psicologa, psicoterapeuta e scrittrice francese