domenica 27 dicembre 2020

Aforismi Diavolo

Proverbi sul diavolo

A chi Dio non dà figliuoli, il diavolo gli dà dei nipoti.
C'è il povero di Dio, e quello del diavolo.
Chi dà e ritoglie, il diavolo lo raccoglie (coglie).
Chi ha paura del diavolo non arricchisce.
Chi ha imbarcato il diavolo, ha da passare in sua compagnia.
Chi chiama Dio, non è contento; e chi chiama il diavolo, è disperato.
Chi se ne sta con una man sopra l'altra, il diavolo balla nel grembiule.
Contro due fratelli non ne volle il diavolo.
Coi distratti in chiesa il diavolo fa la spesa.
Dio non fa mai chiesa, che il diavolo non ci voglia (o non ci fabbrichi) la sua cappella.
Dove il diavolo non può entrare manda una vecchia.
Da' del tuo al diavolo e levatelo di torno.
Della superbia de' poveri il diavolo se ne netta il sedere.
Di tre cose il diavolo si fa insalata, di lingua d'avvocati, di dita di notaj e la terza è riservata.
Di' a una donna che è bella, e il diavolo glielo ripeterà dieci volte.
Dio ci manda la carne, e il diavolo i cuochi.
Dove non può entrare il diavolo, c'entra la versiera.
Dove si gioca, il diavolo vi si trastulla.
I mezzani sono i pidocchi del diavolo.
Il diavolo è nei dettagli / É nei dettagli che il diavolo nasconde la coda. 
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
II diavolo non è così brutto come lo si dipinge. 
Non bisogna fare (o farsi) il diavolo più nero che non è.
II diavolo si nasconde dietro la croce.
II diavolo aiuta i suoi, ma non li salva.
II diavolo è padre di menzogna.
II diavolo quando è vecchio, si fa romito.
Angelo nella giovanezza, diavolo nella vecchiezza.
Gli stivali del diavolo non fanno rumore.
II diavolo dove non può mettere il capo vi mette la coda.
Il diavolo la fa poi la palesa.
Il diavolo le fa fare, Gesù le palesa.
II diavolo non può nascondere la coda.
II diavolo non gioca mai da solo.
Il diavolo caca sempre sul monte grosso.
Il diavolo dove non può mettere il capo vi mette la coda.
Il diavolo insegna a far le pentole ma non i coperchi.
Il diavolo insegna a rubare ma non a nascondere.
Il diavolo le insegna fare, ma non le insegna disfare.
Il diavolo non istà sempre in un luogo.
Il diavolo presta i danari per 25 anni al più.
Il diavolo può tentare, ma non precipitare.
Il diavolo è cattivo perché è vecchio.
Il diavolo è sottile, e fila grosso.
Il gioco ha il diavolo nel core.
L' oro convince perfino il diavolo a spingere la mola.
L'interesse è figliuolo del diavolo.
La carità è ben fatta anche al diavolo. / La limosina è fatta bene anco al Diavolo.
La donna ne sa un punto più del diavolo.
La donna per piccola che la sia, la vince il diavolo in furberia.
La pulce ch'esce di dietro l'orecchio col diavolo si consiglia.
La testa dell'ozioso è l'officina del diavolo.
La farina del diavolo va (tutta) in crusca.
La donne ne sa una più del diavolo.
L'uomo è fuoco e la donna è stoppa; vien poi il diavolo e gliel'accocca.
Masseria, masseria, viene il diavolo e portala via.
Nella cassa dell'avaro, il diavolo vi giace dentro.
Non rammentar la croce al diavolo.
Non si fecero mai nozze, che il diavolo non ci volesse far la salsa.
Ognuno ha il suo diavolo (o il suo impiccato) all'uscio.
Quando Dio ci dà la farina, il diavolo ci toglie il sacco.
Quando facciam del male, il diavolo ci tenta, quando non facciamo niente, noi tentiamo lui.
Quando il tuo diavolo nacque, il mio andava ritto alla panca.
Quando i furbi vanno in processione, il diavolo porta la croce.
Quando è sole e piove, il diavolo mena moglie.
Rare volte il diavolo giace morto nella fossa.
Un uomo ozioso è il capezzale del diavolo.
Un diavolo conosce l'altro. / Un diavolo scaccia l'altro.


Je pense que le diable, n’a plus rien à faire sur cette terre… l’humain le remplace très bien.

Quando il povero dona al ricco, il diavolo se ne ride. (Benvenuto Cellini)

La più bella astuzia del diavolo è di convincervi che non esiste. (Charles Pierre Baudelaire)

Se il diavolo non esiste, ma l'ha creato l'uomo, credo che egli l'abbia creato a propria immagine e somiglianza. (Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov)
 
Dio fece il cibo, il diavolo il condimento. (James Joyce)

Il diavolo è un ottimista se crede di poter peggiorare gli uomini. (Karl Kraus)

Se Satana potesse amare, smetterebbe di essere cattivo. (Santa Teresa D'Avila)

mercoledì 16 dicembre 2020

Partire è un po’ morire


Partire è un po’ morire
rispetto a ciò che si ama
poiché lasciamo un po’ di noi stessi
in ogni luogo ad ogni istante.

È un dolore sottile e definitivo
come l’ultimo verso di un poema…
Partire è un po’ morire
rispetto a ciò che si ama.

Si parte come per gioco
prima del viaggio estremo
e in ogni addio seminiamo
un po’ della nostra anima.

Rondel de l'adieu (incipit)Seul (1890)

Edmond Haraucourt (1856 – 1941), poeta, scrittore e giornalista francese


venerdì 11 dicembre 2020

Aforismi Cristianesimo

Padri della chiesa

Il cristiano è un uomo a cui Dio ha affidato tutti gli uomini. (Giovanni Crisostomo)

Non ci sarebbero più pagani, se ci comportassimo da veri cristiani. (Giovanni Crisostomo)

Di queste cose (i comandi di Dio) anche noi ridemmo un tempo. Siamo infatti dei vostri: cristiani si diventa, non si nasce. (Tertulliano, Apologetico XVIII,5)

Cristiani si diventa, non si nasce! (Girolamo, Epistulae, 107 ad Laetam de institutione filiae, 1 - PL 22, 868)

Il cristianesimo come la "vera filosofia". Subito un fuoco s’accese nell’animo mio. Mi innamorai dei profeti e di quegli uomini amici di Cristo, e riflettendo io stesso su tutte queste parole, trovai che questa filosofia era la sola sicura e proficua. (Giustino, Dialogo con Trifone)
All'inizio del suo cammino di conversione, Giustino trova che rivelazione cristiana è il punto culminante di una rivelazione più ampia, e pertanto, a suo modo, cristiana, dal momento che ogni rivelazione viene dal Verbo e che Cristo è il Verbo incarnato (Étienne Gilson, La filosofia nel Medioevo).

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«In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!"» (Lc 10,5) Secondo l'evangelista Luca, Gesù rivolge ai suoi discepoli questo saluto. Queste tre semplici parole sono molto più di un pio augurio, perché riassumono l'intero messaggio cristiano: il Vangelo è la buona notizia del regno di Dio che viene, e che si realizza nella riconciliazione e nella pace degli uomini tra loro e con Dio. (Conferenza Episcopale Tedesca, Pace a questa casa 2024)

Maometto ha fatto calare dal cielo e messo nel Corano non soltanto dottrine religiose, bensì massime politiche, leggi civili e penali, teorie scientifiche. Il Vangelo, invece, non parla che dei rapporti generali degli uomini con Dio e fra di loro. All’infuori di questo non insegna nulla e non obbliga a credere nulla. Già basta questa, tra infinite altre ragioni, per indicare che la prima di queste due religioni non potrebbe reggere a lungo in tempi culturalmente illuminati e democratici, mentre la seconda è destinata a regnare in quelli come negli altri. (Alexis De Tocqueville, La democrazia in America, Torino, Ed. Einaudi, 2006, p. 511)

Puro filosofo quale sono e, per sincerità verso me stesso, voglio restare, io stimo che il più profondo rivolgimento spirituale compiuto dall'umanità sia stato il cristianesimo. Gli uomini, i geni, gli eroi che furono innanzi al cristianesimo, compirono azioni stupende, opere bellissime e ci trasmisero un ricchissimo tesoro di forme, di pensieri e di esperienze; ma in tutti essi si desidera quel proprio accento che noi accomuna e affratella e che il cristianesimo ha dato esso solo alla vita umana. (Benedetto Croce, Dialogo su Dio: Carteggio 1941-1952, Ed. Archinto 2007, pag. 11)

La fede in Cristo è autentica non in quanto nasce da un miracolo, ma in quanto è generata dalla croce. (Blaise Pascal)

Se ti accusassero di essere cristiano, troverebbero delle prove contro di te? (Dietrich Bonhoeffer)

In ogni epoca i cristiani hanno tentato di giungere all'essenza, al nocciolo del cristianesimo. Ebbene, il Vangelo stesso ce lo trasmette con il Padre Nostro. È in una preghiera, e non in una dottrina o in un insieme di dogmi, che è riassunto il messaggio di Gesù. (Ermes Ronchi)

Il cristianesimo non è una filosofia, non è un sistema, non è altro che una storia. (François Mauriac, Nuove memorie interiori)

Il buon Dio non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ragazzo mio, ma il sale. Il sale, su una pelle a vivo, è una cosa che brucia, ma le impedisce anche di marcire. (Georges Bernanos)

Il Vangelo non è l'annuncio di un codice di leggi, è l'annuncio di una vita. Ed è in nome di questa vita, concreta e dolorante, che dobbiamo aiutare i poveri. (Giorgio La Pira)

Nessuno si faccia illusioni, oggi, come ieri, essere cristiani significa andare contro corrente rispetto alla mentalità di questo mondo, cercando non il plauso degli uomini, ma unicamente la volontà di Dio e il vero bene del prossimo. (San Giovanni Paolo II)

Il cristiano è un uomo che deve convertirsi ogni giorno. (Graham Greene) 



E' meglio essere cristiano senza dirlo che proclamarlo senza esserlo. (Sant'Ignazio di Antiochia)

Il cristianesimo non è solo una ricchezza presente, è un tesoro di promesse, sorgente di speranza. (Paolo VI)
Il cristiano, più che persuasivo, dovrebbe essere contagioso. (Paul Claudel)

Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio.
Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama. (Paul Xardel)





martedì 8 dicembre 2020

Cosa c'è dall'altra parte?

 
Un uomo malato si rivolse al suo medico mentre si preparava a lasciare l’ambulatorio: “Dottore, ho paura di morire. Mi dica cosa c'è dall'altra parte.
Molto pacatamente, il dottore rispose: “Non lo so.
“Non lo sa? Lei è un cristiano e non sa cosa c'è dall'altra parte?”.
Il dottore teneva in mano la maniglia della porta; dall'altra parte si udì un suono di graffi e mugolii, e quando aprì la porta, il suo golden retriever saltò nella stanza e gli balzò addosso con uno spettacolo di gioia.
Rivolgendosi al paziente, il dottore disse: “Ha notato il mio cane? Non è mai stato prima in questa stanza. Non sapeva cosa ci fosse dentro. Non sapeva niente tranne che il suo padrone era qui e, quando la porta si è aperta, è saltato dentro senza paura.
“Io so poco di cosa ci sia dall'altra parte della morte, ma so una cosa: so che il mio Maestro è lì e questo mi basta!


...un modo meraviglioso per spiegare cristianamente il mistero della morte!

lunedì 7 dicembre 2020

Mysterium lunae: la luna, immagine della Chiesa


“La Chiesa non può illudersi di brillare di luce propria”. Anzi, come diceva Sant’Ambrogio, la Chiesa è come “la luna” che “rifulge non della propria luce ma di quella di Cristo.[...] Cristo è la vera luce che rischiara e nella misura in cui si lascia illuminare da Lui, riesce ad illuminare la vita delle persone e dei popoli”. (Papa Francesco, Omelia 6 Gennaio 2016)

La luna ha proclamato il mistero di Cristo. Non è di scarso pregio l'astro in cui egli (Cristo) ha posto una sua raffigurazione, non di poco valore l'astro che è simbolo della Chiesa a lui cara... E veramente come la luna è la Chiesa che ha diffuso la sua luce in tutto il mondo e, illuminando le tenebre di questo secolo, dice: "La notte è avanzata, il giorno è vicino" (Rm 13,12) [...].

Spingendo lontano il suo sguardo, la Chiesa, come la luna, spesso scompare e rinasce, ma per effetto di queste sue scomparse è cresciuta e ha meritato di ingrandirsi, mentre sotto le persecuzioni si rimpiccioliva e dal martirio dei confessori veniva incoronata. Questa è la vera luna che dalla luce perenne di suo fratello [il Sole, Cristo] deriva il lume dell'immortalità e della grazia. La Chiesa rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo. Trae il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). Veramente beata sei tu, o luna, che hai meritato un così invidiabile onore! Perciò ti potrei dire beata non per i tuoi noviluni, ma perché sei simbolo della Chiesa: là sei serva, qui sei oggetto d'amore.

Hexaemeron, IV, 8, 32 

Ambrogio da Milano (ca. 340 - 397), vescovo, teologo, scrittore e santo 


domenica 6 dicembre 2020

Vado a lavare i piatti e torno subito...

 Un amico è venuto a casa mia a bere caffè, ci siamo seduti e abbiamo parlato della vita. Ad un certo punto della conversazione, gli ho detto: "Vado a lavare i piatti e torno subito".

Mi ha guardato come se gli avessi detto che avrei costruito un razzo spaziale. Allora mi ha detto con ammirazione ma un po' perplesso: "Sono felice che aiuti tua moglie, io non aiuto perché quando faccio qualcosa mia moglie non apprezza. La scorsa settimana ho lavato il pavimento e neanche un grazie".

Sono tornato a sedermi con lui e gli ho spiegato che non ho "aiutato" mia moglie. In realtà, mia moglie non ha bisogno di aiuto, ha bisogno di un socio. Io sono un socio in casa e in questa società si dividono le funzioni, ma non si tratta di un "aiuto".

Io non aiuto mia moglie a pulire la casa perché anch'io vivo qui ed è necessario che pulisca anch'io.

Non aiuto mia moglie a cucinare perché anch'io voglio mangiare ed è necessario che cucini anch'io.

Io non aiuto mia moglie a lavare i piatti dopo aver mangiato perché uso anch'io quei piatti.

Io non aiuto mia moglie con i suoi figli perché sono anche i miei figli e il mio lavoro è essere padre.

Io non aiuto mia moglie a lavare, stendere o piegare i vestiti, perché i vestiti sono anche miei e dei miei figli.

Non sono un aiuto in casa, faccio parte della casa. E per quanto riguarda l'elogiare, ho chiesto al mio amico quando è stata l'ultima volta che, dopo che sua moglie ha finito di pulire la casa, fare il bucato, cambiare le lenzuola del letto, fare il bagno ai suoi figli, cucinare, organizzare, ecc ., le ha detto grazie. Ma un grazie del tipo: "Wow tesoro! Sei fantastica!".

Ti sembra assurdo? Ti sembra strano? Quando tu, una volta nella vita, hai pulito il pavimento, ti aspettavi almeno un premio di eccellenza con molta gloria... perché? Non ci hai mai pensato, amico?
Forse perché la cultura sessista ha dimostrato che tutto è compito suo.
Forse ti hanno insegnato che tutto questo deve essere fatto senza dover muovere un dito? Quindi elogia come tu volevi essere elogiato, allo stesso modo, con la stessa intensità.
Dalle una mano, comportati come un vero compagno, non come un ospite che viene solo per mangiare, dormire, fare il bagno e soddisfare le esigenze sessuali... Sentiti come a casa. A casa tua.
Il vero cambiamento della nostra società inizia nelle nostre case, insegniamo ai nostri figli e figlie il vero senso del vivere insieme!

venerdì 4 dicembre 2020

Il denaro



Con il denaro puoi comprare

una casa ma non una famiglia

un letto ma non il sonno

un orologio ma non il tempo

un libro ma non la saggezza

una posizione ma non il rispetto

le medicine ma non la salute 

il cibo ma non l'appetito

dei gioielli ma non la bellezza 

il sesso ma non l'amore

il lusso ma non l’eleganza

un posto al cimitero ma non ...in Paradiso!

giovedì 26 novembre 2020

Guidami Tu, Luce gentile


Guidami Tu, Luce gentile,
attraverso il buio che mi circonda,
sii Tu a condurmi!
La notte è oscura e sono lontano da casa,
sii Tu a condurmi!

Sostieni i miei piedi vacillanti:
io non chiedo di vedere
ciò che mi attende all'orizzonte,
un passo solo mi sarà sufficiente.

Non mi sono mai sentito come mi sento ora,
né ho pregato che fossi Tu a condurmi.
Amavo scegliere e scrutare il mio cammino;
ma ora sii Tu a condurmi!

Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura,
il mio cuore era schiavo dell’orgoglio;
non ricordare gli anni ormai passati.

Così a lungo la tua forza mi ha benedetto,
e certo mi condurrà ancora,
landa dopo landa, palude dopo palude,
oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà;
e con l’apparire del mattino
rivedrò il sorriso di quei volti angelici
che da tanto tempo amo
e per poco avevo perduto.


Beato John Henry Newman (1801 – 1890), cardinale, teologo e filosofo inglese

mercoledì 25 novembre 2020

Aforismi Vocazione II

 Aforismi sulla Vocazione tratti dai documenti del Concilio Vaticano II


La fede tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e perciò guida l'intelligenza verso soluzioni pienamente umane. (Gaudium et spes, 11)

La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. 
Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché creato per amore da Dio. (Gaudium et spes, 19)

L'uomo non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna. (Gaudium et spes, 76)


La santità è la sola vocazione del cristiano, qualunque sia la sua professione.
I genitori, curando l'educazione cristiana dei figli, coltivino e custodiscano nei loro cuori la vocazione religiosa. (Perfectae caritatis, 24)

Siccome "vi è comunità di interessi fra il nocchiero e i viaggiatori della nave", a tutto il popolo cristiano va insegnato che è suo dovere di collaborare con la preghiera insistente a far sì che la Chiesa disponga sempre dei sacerdoti di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina. (Presbyterorum ordinis, 11)

Tutti i sacerdoti dimostrino il loro zelo apostolico massimamente nel favorire le vocazioni, e con la loro vita umile, operosa, vissuta con interiore gioia, attirino verso il sacerdozio l'animo degli adolescenti. (Optatam totius, 2)

Il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana. (Optatam totius, 2)

domenica 22 novembre 2020

Tutti chiamati a costruire la pace

Intervenendo alla Conferenza Internazionale della Gioventù per la Pace e il Disarmo tenutasi a Firenze nel 1964, Giorgio La Pira, allora sindaco di Firenze, richiama tutti, in particolare le giovani generazioni, all'impegno a costruire ponti di pace. È un discorso che risuona in un frangente storico, nel pieno della “Guerra fredda”, in cui toccare questi temi significava porsi più su un versante idealista, se non utopico, che pervaso di fiducioso ottimismo e ragionevole speranza. La storia ha dato ragione a La Pira e nello stesso tempo rende le sue parole e la sua visione storica “profetica” e perennemente attuale.

Cari amici,
permettete che dopo avervi dato il benvenuto più cordiale di Firenze - che è felice di aprire a voi, con tanta viva ed augurale amicizia, tutte le sue porte! - io vi comunichi le riflessioni che questo convegno internazionale giovanile sul disarmo e sulla pace ha in me suscitate. Che significato ha - mi sono chiesto - questo convegno? Come si situa nel contesto prospettico della storia presente del mondo? E quale specifica significazione ad esso dà la scelta di Firenze? La risposta a questa domanda il sindaco di Firenze la ha sinteticamente racchiusa nel testo della pergamena che al termine di questo convegno voi avrete la cortesia di firmare: una pergamena che costituirà, in certo senso, come il documento di un grande patto che le generazioni nuove di tutti i popoli della terra - idealmente presenti, attraverso di voi, a Firenze - stringono fra di loro per iniziare insieme da amici, anzi da fratelli, un lungo comune cammino: il cammino, ancora pieno di tante difficoltà e di tanti pericoli, verso le frontiere nuove del mondo! Le frontiere nuove ed inevitabili, cioè, della pace, dell’unità, della libertà e della elevazione ed illuminazione spirituale e civile di tutte le genti. Quelle frontiere nuove che ai popoli di tutto il mondo furono indicate - con tanta chiarezza, con tanta decisione e con tanto amore (in una provvidenziale coincidenza di tempi) - dalle due cattedre più elevate della terra: dalla cattedra religiosa e spirituale di Giovanni XXIII (la cattedra di Pietro!); e dalla cattedra politica e civile di John Kennedy. La Pacem in terris di Giovanni XXIII, per un verso, ed il discorso di investitura di Kennedy del 6 gennaio 1961; (integrato dal discorso del settembre 1961 all’ONU e dai successivi), per l’altro verso, costituiscono, in certo senso, quasi la carta di navigazione che indica ai popoli di tutto il pianeta (con particolare riguardo alle generazioni nuove) le inevitabili nuove frontiere - frontiere bibliche, apocalittiche! - della storia presente e futura del mondo. Il testo della pergamena dice, dunque, così: “le generazioni nuove di tutti i popoli della terra convenute a Firenze alzano dalla terrazza di Palazzo Vecchio il loro sguardo pieno di speranza verso le nuove frontiere storiche del mondo - le frontiere della pace, dell’unità, della libertà, della elevazione spirituale e civile di tutte le genti - e si impegnano di attraversarle insieme e di costruire insieme la nuova, universale, pacificata e fraterna casa degli uomini”.

Il testo della pergamena è sormontato e come inquadrato da tre grandiose citazioni bibliche che proiettano tanta luce di speranza sulla storia del nostro tempo: - la prima indica le dimensioni mondiali, unitive della grande avventura storica e spirituale di Abramo, il comune patriarca di tutti i credenti: “Alza gli occhi, e, dal luogo ove sei, guarda a settentrione ed a mezzogiorno, ad oriente e ad occidente: la tua discendenza sarà come la polvere della terra: se potrà un uomo contare i granellini della polvere della terra, potrà anche contare i tuoi discendenti”; - la seconda riporta l’invito di Cristo ad alzare gli occhi per guardare in prospettiva la certa primavera di grazia cui è destinata la storia millenaria dei popoli: “Non dite voi: ancora quattro mesi e poi la mietitura? Ebbene, io vi dico: alzate gli occhi e mirate i campi che già biondeggiano per le messi”; - la terza ha riferimento alle generazioni nuove internamente sollecitate e decisamente avviate verso la nuova avventura di grazia e di pace cui Dio le chiama: “Questa è la generazione di quelli che lo cercano, che cercano il volto del Dio di Giacobbe”. Ecco, cari amici, il contenuto ed il significato del patto che voi firmerete e di cui questa pergamena sarà - nei tempi futuri - l’inconsumabile documento! [...] Il vostro congresso a noi pare abbia un duplice significato ed un duplice fine: 1) prendere piena consapevolezza delle sconfinate dimensioni della nuova epoca storica e delle inevitabili frontiere nuove verso le quali essa chiama le nuove generazioni dei popoli di tutto il mondo; 2) iniziare insieme - partendo, per così dire, da Firenze - questo cammino arduo, ascensionale, pieno di resistenze e di pericoli, che attraversa le frontiere nuove del mondo e conduce - come abbiamo detto - alla terra della pace, dell’unità, della libertà e della illuminazione spirituale e civile di tutte le genti. Ebbene, questi due punti hanno bisogno di una certa precisazione e di un certo chiarimento. Ed anzitutto, amici, io vi domando: è espressione retorica o è precisa e sperimentata verità storica, l’affermazione che la storia umana è entrata in un’epoca radicalmente nuova e di sconfinate dimensioni? Ditemi ancora (a prova di questa affermazione): è vero o no che siamo sul crinale apocalittico della storia del mondo? che, cioè, per effetto della scienza e della tecnica nucleare e spaziale, la guerra non è più fisicamente possibile (pena la distruzione fisica della terra!) e che, perciò, non c’è alternativa alla pace millenaria - biblica! - dei popoli? [...] O distruzione apocalittica della terra e del mondo o edificazione millenaria - apocalittica anch’essa (Ap 20, 2 ss.) - della pace: altra alternativa non c’è: “tertium non datur!” 

[...] Ecco, amici, la nuova fondamentale frontiera della storia nuova del mondo: la frontiera biblica, apocalittica, della pace! Ma questa frontiera è collegata organicamente ad altre frontiere parimenti nuove che bisogna, con decisa volontà politica, attraversare: le frontiere, cioè, della unità, della libertà e della illuminazione spirituale e civile di tutti i popoli e di tutte le nazioni della terra. Cosa significa amici, tutto ciò? Significa che i popoli e le nazioni di tutto il mondo costituiscono, ormai, ogni giorno più - a tutti i livelli - una unità indissociabile (anche se - come ogni vera unità - plurima e, perciò, riccamente articolata: “multitudo ordinata!”), significa che i problemi scientifici, tecnici, economici, sociali, politici, culturali e religiosi di ogni popolo sono problemi la cui soluzione interessa organicamente tutti gli altri popoli del globo! Tutti i muri sono spezzati: tutte le barriere sono infrante; tutti gli schemi mentali di divisione sono tolti; i confini dei popoli sono trasformati da muri che dividono in ponti che uniscono!

[…] Le generazioni nuove sono, appunto, come gli uccelli migratori: come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale - che indica loro la rotta e i porti! - verso la terra ove la primavera è in fiore! Così le generazioni nuove del tempo nostro: “haec est generatio quaerentium eum”. Sentono il tempo: sentono la stagione storica nuova del mondo; sono internamente mosse da un invincibile istinto vitale che Dio loro comunica e che fa loro scoprire ed attraversare le frontiere nuove e le introduce - come Israele! - nella terra promessa ove scorre il latte ed il miele: la terra della pace, dell’unità, della libertà e della elevazione spirituale e civile di tutte le genti. Se tutto ciò è vero - ed è vero! - che fare allora? La risposta appartiene ad uno degli scopi essenziali di questo congresso: iniziare, appunto, insieme, (partendo da Firenze) arditamente, questa strada in ascesa - ancora ripiena di tante pietre di inciampo, di tante resistenze e di tanti pericoli - per attraversare le frontiere nuove della storia e pervenire così, come si è detto, alla terra promessa della pace, della unità, della libertà, della elevazione ed illuminazione spirituale e civile di tutte le genti.

[...] A questa strada noi, nella Tavola Rotonda di Mosca dello scorso dicembre, abbiamo dato il nome biblico di “strada di Isaia”: perché? Ascoltate il testo biblico: esso vi darà la spiegazione! “E sarà negli estremi giorni il monte della casa del Signore preparato in cima ai monti, innalzato sopra i colli, e vi affluiranno tutte le genti. E popoli numerosi accorreranno dicendo: venite, saliamo al monte del Signore e alla casa del Dio di Giacobbe, e ci insegnerà le sue vie e cammineremo per i suoi sentieri; perché da Sion la legge uscirà e la parola del Signore, da Gerusalemme. E giudicherà le nazioni, e farà da moderatore tra le moltitudini dei popoli; e trasformeranno le loro spade in aratri e le loro lance in falci, e non brandirà più spada gente contro gente, e non si eserciteranno più oltre a far battaglia”. Come è bello! Quale luce profetica! É stato scritto tremila anni or sono e proietta vivissima luce sul destino storico presente e futuro del mondo. Strada di Isaia: cioè non solo strada del disarmo (e, perciò, della cessazione delle guerre e della genesi della pace universale) ma altresì strada della fioritura della civiltà: della conversione delle spese per gli armamenti che distruggono, in spese per aratri che seminano e per falci che mietono! [...] Cioè spese per la fioritura della terra e della civiltà!

[...] I popoli giovani, le generazioni giovani, in generale hanno un potenziale religioso che è di immenso valore creativo per la storia del mondo.

Dobbiamo mettere questo potenziale creativo - questa immensa forza vitale - a servizio dei nostri ideali: per trasformare il mondo e non solo per interpretarlo [...]. Pensate alla luce, alla speranza, ed alla gioia che si spargerà su tutto il mondo (ed in modo tanto marcato in quello dei popoli nuovi) quando questa pietra d’inciampo non farà più da ostacolo al nostro cammino e la luce vivificante di Dio potrà tornare ad irradiarsi - senza ostacoli e senza intolleranza - per elevarli, nella bellezza, nella cultura, nella civiltà, nella pace, su tutti i popoli e su tutte le genti. 

Cari amici, ecco dunque, il significato - visto nel contesto storico presente - di questo vostro convegno. Le generazioni nuove di tutti i popoli della terra, presa coscienza della nuova grande epoca in cui la Provvidenza ha introdotto la storia del mondo, si apprestano ad attraversarne, insieme, fraternamente, arditamente, le frontiere: a camminare insieme, cioè, lungo la strada biblica di Isaia.

E permettete, cari amici, che a chiusura di questo mio discorso - pensando alla storia fiorentina di questi ultimi dieci anni - io vi dica: quale catena di pace è stata in questi anni qui, in questo Salone dei Cinquecento, costruita, aggiungendo anello ad anello! [...] Possiamo ben dirlo: abbiamo visto - a Firenze - malgrado tutto, fiorire la speranza! “Spes contra spem!” L’Arno è davvero il fiume della pace e le sue rive sono fiorite (per riferirmi ad un proverbio recentemente citato dal signor Krusciov!). 

Cari amici, ecco, dunque, - come noi lo vediamo - il senso di questo convegno; il senso di questa cerimonia; il senso di questa pergamena! Si alza di nuovo, in questi giorni, sulla torre di Arnolfo, il vessillo fiorentino della pace “spes contra spem”: una torre alta che viene idealmente vista - in certo senso - da ogni angolo della terra. Questo vessillo annunzia di nuovo ai popoli di tutto il mondo, alle generazioni nuove di tutto il mondo, il messaggio fiorentino - cristiano ed umano - della pace. La famiglia umana - dice questo messaggio - vivrà in pace, in unità; sarà in progressiva crescita spirituale e civile; sarà come una famiglia di fratelli che vivono nella stessa casa (la terra), sotto la stessa volta (la comune civiltà), e sotto la luce vivificante della stessa lampada; la luce e la benedizione del comune Padre che è nei cieli!

Discorso pronunciato il 26 febbraio 1964 alla Conferenza Internazionale della Gioventù per la pace e il disarmo di Firenze (passim) [ Fonte: www.operalapira.it ]

Giorgio La Pira, (1904 – 1977), politico e accademico italiano

sabato 21 novembre 2020

Al di là di tutto ciò che è mutabile


Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell'aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l'ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole... chi l'ha creata, se non la bellezza immutabile?

[...] Per poter scoprire e riconoscere Dio, il creatore di tutto l'universo [...] hanno cercato cosí qualcosa di immutabile. E in questo modo sono giunti a riconoscere Dio.

Discorsi, 241, 2-3

Agostino di Ippona (354 – 430), vescovo, santo


giovedì 19 novembre 2020

Aforismi Denaro e ricchezza

L'uomo perde la salute per fare i soldi e poi perde i soldi per recuperare la salute. È così ansioso riguardo al futuro che dimentica di vivere il presente e il risultato è che non vive né il presente, né il futuro. Vive come se non dovesse morire mai e muore come se non avesse mai vissuto. (Dalai Lama)

L'uomo che ha sradicato da se stesso l'amore del denaro - radice di tutti i peccati - sarà libero dall'orgoglio, come dice il saggio Salomone: «La povertà mantiene l'uomo nell'umiltà» (Evagrio Pontico)

Maladetta sie tu, antica lupa (l'avarizia)
che piú che tutte l'altre bestie hai preda 
per la tua fame sanza fine cupa!
(Dante Alighieri, La Divina Commedia - Purgatorio, 20,10-12)

La sentenza di Gesù contro i ricchi, secondo cui «è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio», è stata evidentemente mutuata da Platone; Gesù ha alterato il detto platonico, in cui Platone afferma: «È impossibile per chi è eccezionalmente buono essere al contempo straordinariamente ricco». (Celso, Il discorso vero VI, 16)

Chi ha molto denaro non riuscirà, per questo, a comprarsi un posto in Paradiso, ma avrà molte probabilità di averne uno gratis all'Inferno. (Giuseppe Tobia)

Il denaro che si possiede è strumento di libertà; quello che si insegue è strumento di schiavitù. (Jean Jacques Rousseau, Le confessioni)

Con il denaro si possono avere tutti i beni che si possono commerciare, ma non i beni spirituali che non si possono vendere. Onde si dice nei Proverbi: «Che giova allo stolto avere ricchezze, dal momento che non può comprare la sapienza?» (San Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae)


Un uomo convinse i mortali a credere all'esistenza degli dei

Per Crizia, la divinità (gli dei, i demoni) è stata inventata dai governanti affinché gli uomini smettessero di infrangere le leggi di nascosto, convincendoli dell'esistenza di una forza soprannaturale in grado di osservarli in qualsiasi momento e in seguito giudicarli. La religione assume così le caratteristiche di uno strumento politico per controllare la sfera personale e più intima dell'uomola coscienza.  


Ci fu un tempo in cui la vita degli uomini non era governata da alcuna legge, e giaceva selvaggia e schiava della malvagità dell'animo, mentre nessun premio esisteva per i probi, né alcuna pena per gli empi. Mi sembra tuttavia che gli uomini abbiano inventato leggi adatte a creare degli obblighi, perché la giustizia esercitasse un ruolo da padrona ed avesse come sua schiava l'ingiustizia: si colpiva con una pena chi commetteva qualcosa di sbagliato, mentre le leggi impedivano che i delitti venissero perpetrati con la forza pubblicamente. Tuttavia gli uomini li commettevano di nascosto, allora un saggio dotato di straordinaria intelligenza – a mio avviso – finse per i mortali che esistessero gli dèi, perché negli empi si infondesse la paura, se solo avessero fatto, detto o finanche pensato qualcosa di nascosto. Così, il dio venne ritenuto un demone infiammato di vita immortale, intelligente, dotato di vista, dotato di pensiero, interessato in queste vicende e pervaso di una natura divina, che potesse ascoltare ogni parola pronunciata dai mortali ed osservarne ogni azione. In questo modo – penso – un uomo per primo convinse i mortali a credere all'esistenza del genere dei demoni.  

Sisifo, frammento 25

Crizia (460 - 403 a.C.), politico, scrittore e filosofo ateniese

domenica 15 novembre 2020

La nostra Patria Europa

In un’aula in cui solo qualche anno prima erano state approvate le sanzioni di guerra all'indomani del II conflitto mondiale, Alcide De Gasperi si rivolge ai parlamentari dei Paesi europei impegnati a elaborare un progetto comune auspicando che l'unione dei popoli europei nasca e si sviluppi da un progetto in grado di armonizzare differenti tendenze e con il contributo di tutte le forze democratiche che incarnano la tradizione politica, sociale e culturale del continente. Lo statista ricorda che il cristianesimo è all'origine della civiltà europea: un’eredità comune che riconosce come imprescindibile il ruolo centrale alla persona umana.


Signori presidenti, miei cari amici, permettetemi di richiamare la vostra attenzione sulla forma che abbiamo tentato di dare a questa nostra Conferenza. Voi sapete che il nostro obiettivo principale è di facilitare i lavori e di provocare l’incontro dei parlamentari delle nostre Assemblee.

Le nostre riunioni non sono destinate e prendere decisioni politiche che spettano ai Parlamentari, detentori delle sovranazionalità nazionali, ma sono liberi incontri, colloqui tra le varie tendenze e le varie nazionalità, un foro nel quale possono confrontarsi pareri diversi, ma tutti egualmente animati dalla preoccupazione del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa.

Tra i problemi che si pongono attualmente alle nostre coscienze, noi ne abbiamo scelti alcuni essenziali, e per trattare di ciascuno di essi abbiamo fatto appello a personalità, uomini politici o alti funzionari, la cui esperienza fosse considerevole. Le discussioni seguiranno i diversi rapporti. Ma la nostra Conferenza non voterà delle risoluzioni, non si dividerà in una maggioranza ed in una minoranza. Quali che siano le divergenze, che non cercheremo di dissimulare, le affinità profonde e le volontà comuni parleranno da sé.

Ciò premesso, circa il nostro programma, mi sia consentito di dirvi con quale animo io vengo tra voi. Dopo aver parlato al Congresso dell’Aia nell’ottobre scorso davanti ai rappresentanti dei paesi che si sono voluti chiamare la “Piccola Eu­ropa”, sono felice di poter ora levare lo sguardo verso più vasti orizzonti e di salutare qui i parlamentari di un’Europa formata dalla maggior parte dei paesi che si improntano alla sua civiltà e alla sua storia. Proprio in questa sala, io sono stato citato a comparire or non sono molti anni, per ascoltare le sensazioni della guerra. Oggi, noi ci riuniamo in piena fiducia per adoperarci all’unione dei nostri popoli.

Tutte le nazioni associate al Consiglio d’Europa sono rappresentate in questa Conferenza, nella quale vedo con soddisfazione la numerosa delegazione britannica, nella quale abbiamo anche il piacere e l’onore di accogliere degli emeriti parlamentari appartenenti a due paesi particolarmente cari europei: la Svizzera, culla della libertà e terreno di prova della democrazia, e la nuova repubblica austriaca, sentinella verso l’O­riente della civiltà occidentale.

Questa Assemblea Parlamentare, che non aveva finora mai raggiunto proporzioni così vaste e di tale genere, assume pertanto un significato ed un valore particolare; ma ci costringe a limitarne i compiti. Noi non discuteremo ad esempio di un argomento che, attualmente, costituisce uno dei più importanti che siano sottoposti alle decisioni sovrane di ogni Stato in particolare, vale a dire non parleremo della Comunità di Difesa.

Non, naturalmente, per misconoscenza capitale di questa struttura, nocciolo iniziale dell’integrazione desiderata, ma perché il soggetto ha oltrepassato il limite delle discussioni di carattere generale e si trova ormai già giudicato, o in procinto di esserlo, da parte dei Parlamenti nazionali.

È una questione in ogni modo che, per quanto possa essere considerata di massimo interesse europeo, non concerne direttamente o nella stessa misura tutti i paesi qui rappresentati.

Certo, le alleanze difensive e soprattutto gli armamenti che ne sono la conseguenza, costituiscono una dura necessità preliminare. Infatti, noi non possiamo erigere l’edificio della Comunità Europea se non abbiamo prima tracciato intorno al nostro suolo un bastione protettivo che ci permetta di intraprendere all’interno il lavoro costruttivo che esige tutti i nostri sforzi di paziente e lunga cooperazione.

Ma, appena saranno state prese le precauzioni necessarie al mantenimento della pace, bisogna riconoscere che la vera e solida garanzia della nostra unione consiste in una idea architettonica che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva.

Io non credo che questo pensiero dominante possa essere imposto da una sola delle correnti di idee che ai giorni nostri si sono affermate nella civiltà europea come prodotti della sua evoluzione culturale, sociale e politica.

Mi pare che questa idea dominante non possa essere rappresentata dal solo concetto liberale sull’organizzazione e l’uso del potere politico. Questo concetto tuttavia, il quale presuppone le libertà essenziali alla base della vita pubblica, costituisce un elemento indispensabile all’elabora­zione di quelle linee architettoniche fondamentali per l’edificio che stiamo per costruire.

Né potrebbe bastare a questa costruzione la sola idea della solidarietà della classe operaia. Eppure questa solidarietà, superando col suo impulso internazionalista le frontiere degli Stati, potrebbe sembrare la meglio qualificata per frenare e reprimere gli eccessi dei nazionalismi, favorendo lo slargamento del mercato del lavoro e delle merci. In dati momenti storici, essa ha infatti agito in questo senso, ma talvolta anche in senso inverso.

Le cause di debolezza in questi casi sono diverse, e talune derivano precisamente dall’eccessiva limitazione dello spazio vitale della classe operaia. A causa di questa limitazione gli operai sono spinti a cercare la soluzione dei loro problemi nella lotta di classe all’interno dei rispettivi paesi; ed in questa lotta hanno, talvolta, perduto la coscienza di quella che è la caratteristica più importante del Movimento Europeo, cioè la coscienza della funzione eminente, non dello Stato o della collettività, ma dell’uomo e della persona umana.

Oggi una parte della classe operaia subisce la suggestione dello Stato e si trova per il momento in contrasto con l’ideale europeo, indebolendo il ruolo che potrebbe esercitare il movimento operaio in opposizione con le tendenze totalitarie del bolscevismo.

Né bisogna però sottovalutare il contributo che proprio dall’uma­nesimo che si trova all’origine del movimento socialista può essere portato alla formazione dell’unità morale dell’Europa. Se la solidarietà della classe operaia non è sufficiente a costituire da sola la base di quell’unità, la solidarietà di altri interessi industriali e agricoli, lo sarebbe ancor meno.

Certo, per l’unità europea lo slargamento del mercato comune è un argomento che offre la sua importanza, ma la libera concorrenza che ne sarebbe la conseguenza presenta anch’essa degli aspetti negativi che possono esser ridotti soltanto dalla forza di un sentimento o di un’idea capace di stimolare la coscienza e la volontà. Questo sentimento, quest’idea, appartengono al patrimonio culturale e spirituale della civiltà comune.

Se con Toynbee io affermo che all’origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo nell’apprezzamento della nostra storia. Soltanto voglio parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo colto del diritto ereditato degli antichi, col suo culto della bellezza affinatesi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria.

È vero che queste forze spirituali rimarrebbero inerti negli archivi e nei musei se l’idea cessasse di incarnarsi nella realtà viva di una libera democrazia che, ricorrendo alla ragione e all’esperienza, si dedichi alla ricerca della giustizia sociale; è vero anche che la macchina democratica e l’organizzazione spirituale e culturale girerebbero a vuoto se la struttura politica non aprisse le sue porte ai rappresentanti degli interessi generali e in primo luogo a quelli del lavoro.

Dunque, nessuna delle tendenze che prevalgono nell’una o l’altra zona della nostra civiltà può pretendere di trasformarsi da sola in idea dominante ed unica dell’architettura e della vitalità della nuova Europa, ma queste tre tendenze opposte debbono insieme contribuire a creare questa idea e ad alimentare il libero e progressivo sviluppo.

Ora sarà proprio questa nostra Assemblea che, nel corso dei prossimi dibattiti, si sforzerà di trovare i princìpi di una sintesi politica, sociale, economica e morale in base alla quale gli Stati sovrani possano decidere di edificare la casa comune.

Discorso pronunciato il 21 aprile 1954 alla Conferenza Parlamentare Europea di Parigi 

Alcide De Gasperi (1881 - 1954), politico e statista italiano

Lasciate che l'Europa sorga!


Vorrei parlarvi del dramma dell'Europa. Questo nobile continente, che comprende nel suo insieme le regioni più ricche e più favorite della terra, gode di un clima temperato ed uniforme ed è culla di tutte le grandi etnie del mondo occidentale. Qui è la fonte della fede cristiana e dell'etica cristiana. Qui è l'origine di gran parte delle culture, delle arti, della filosofia e della scienza, nell'antichità come nei tempi moderni. Se un giorno l'Europa si unisse per condividere questa eredità comune, allora tre o quattrocento milioni di persone godrebbero di felicità, prosperità e gloria in misura illimitata.

Tuttavia proprio in Europa è sorta quella serie di terribili conflitti nazionalistici, causati dalle Nazioni teutoniche nella loro aspirazione al potere, che in questo secolo ventesimo, e proprio durante la nostra generazione, abbiamo visto rovinare la pace e le speranze di tutta l'umanità.

E qual è la condizione in cui è stata ridotta l'Europa? Certo, alcuni piccoli Stati si sono ripresi veramente bene, ma in vaste regioni grandi masse tremanti di esseri umani tormentati, affamati, angosciati e confusi, guardano atterriti le rovine delle loro grandi città e delle loro case e scrutano il buio orizzonte nel timore di veder sorgere nuovi pericoli, una nuova tirannia o un nuovo terrore. Tra i vincitori, domina una babele di voci; tra i vinti il cupo silenzio della disperazione. A tutto questo sono arrivati gli europei, riuniti in così antichi Stati e Nazioni; a tutto questo sono arrivati i popoli germanici, sbranandosi a vicenda e spargendo rovina. Se la grande Repubblica al di là dell'Oceano Atlantico non si fosse infine resa conto che la distruzione o la riduzione in schiavitù dell'Europa avrebbe potuto coinvolgere anche il suo destino, e non ci avesse teso la mano in soccorso e guida, sarebbero tornate le poche buie in tutta la loro crudeltà ed il loro squallore. E, signori, possono ancora tornare. 

Eppure esiste un rimedio che, se fosse generalmente e spontaneamente adottato dalla grande maggioranza dei popoli in molti Paesi, come per miracolo potrebbe trasformare l'intera scena e rendere in pochi anni tutta l'Europa, o almeno la maggior parte di essa, libera e felice com'è oggi la Svizzera.

Qual è questo rimedio sovrano? Esso consiste nella ricostruzione della famiglia dei popoli europei, o in quanto più di essa possiamo ricostituire, e nel dotarla di una struttura che le permetta di vivere in pace, in sicurezza e in libertà. Dobbiamo creare una specie di Stati Uniti d'Europa. Solo in questo modo centinaia di milioni di lavoratori saranno in grado di riconquistare le semplici gioie e le speranze che rendono la vita degna di essere vissuta. Il procedimento è semplice. Tutto ciò che occorre è che centinaia di milioni di uomini e donne decidano di fare il bene invece del male e di meritare come ricompensa di essere benedetti invece che maledetti.

Molto lavoro, signore e signori, è già stato fatto a tale scopo mediante gli sforzi dell'Unione paneuropea, che tanto deve al conte Coudenhoven-Kalergi e che orientò l'operato del famoso patriota e statista francese Aristide Liriand. Vi è anche questo immenso complesso di principi e procedure, che è stato creato tra grandi speranze dopo la Prima guerra mondiale, intendo dire, la Società delle Nazioni. La Società delle Nazioni non è fallita a causa dei suoi principi o delle sue concezioni. Essa è fallita perché gli Stati che l'avevano fondata hanno abbandonato i suoi principi. É fallita perché i governi di allora temevano di guardare in faccia la verità e di agire finché erano in tempo. Quel disastro non deve ripetersi. Vi sono quindi a disposizione molta conoscenza e lavoro preparatorio su cui ricostruire; ed anche dolorose esperienze pagate a caro prezzo per motivare i costruttori.

Sono stato molto felice di leggere due giorni fa nei giornali, che il mio amico presidente Truman ha espresso il suo interesse e la sua simpatia per questo grande progetto. Non esiste alcuna ragione per la quale un'organizzazione regionale europea debba in qualche modo entrare in conflitto con l'organizzazione mondiale delle Nazioni Unite. Al contrario, io credo che questa più ampia sintesi di Nazioni può sopravvivere solo se si fonda su omogenei raggruppamenti naturali. Nell'emisfero occidentale esiste già un raggruppamento naturale. Noi britannici abbiamo il nostro Commonwealth di Nazioni, che non indebolisce l'organizzazione mondiale, ma al contrario la rafforza. Infatti, ne costituisce il principale sostegno. E perché non dovrebbe esistere un raggruppamento europeo, che potrebbe dare un senso di più ampio patriottismo e di cittadinanza comune ai popoli smarriti di questo inquieto e potente continente? E perché non dovrebbe occupare il posto che gli spetta tra gli altri grandi raggruppamenti, e contribuire a modellare i futuri destini dell'umanità. Affinché ciò possa compiersi, occorre un atto di fede al quale milioni di famiglie, parlanti lingue diverse, devono consapevolmente associarsi.

Noi tutti sappiamo che le due guerre mondiali che abbiamo vissuto, sono scaturite dalla vana passione di una Germania appena unificata di svolgere un ruolo dominante nel mondo. In questo ultimo combattimento sono stati commessi crimini e massacri, che non hanno paralleli sin dall'invasione dei Mongoli nel XIV secolo e non hanno uguali in alcuna epoca della storia umana. La Germania dev'essere privata della capacità di riarmarsi e di scatenare un'altra guerra d'aggressione. Ma quando tutto questo sarà stato fatto, come verrà fatto, come si sta già facendo, bisogna finirla con la legge del taglione. Bisogna che vi sia quello che Gladstone, diversi anni fa, chiamava "un atto salutare di dimenticanza". Dobbiamo tutti voltare le spalle agli orrori del passato. Dobbiamo guardare al futuro. Non possiamo permetterci di trascinare per gli anni a venire gli odi e le vendette nate dalle ferite del passato. Se l'Europa dev’essere salvata da una miseria senza fine e, in definitiva, dalla rovina finale, bisogna che vi sia questo atto di fede nella famiglia europea e questo atto di oblio verso tutti i crimini e le follie del passato.

Possono i popoli liberi d'Europa elevarsi a livello di questa disposizione dell'animo e dell'istinto dello spirito umano? Se lo possono, i torti e le ferite che sono stati inflitti verranno cancellati da tutte le parti con le privazioni sopportate. Vi è ancora bisogno di altri fiumi di sofferenze? L'incorreggibilità umana è la sola lezione della Storia? Che regni la giustizia, la pietà e la libertà! I popoli devono solo volerlo, e tutti realizzeranno il loro desiderio più caro.

Vi dirò ora qualcosa che vi sorprenderà. II primo passo verso la ricostruzione della famiglia europea dev'essere un'alleanza fra la Francia e la Germania. Solo così la Francia potrà recuperare il suo  ruolo dì guida morale e culturale dell'Europa. Non vi può essere rinascita dell'Europa senza una Francia spiritualmente grande e senza una Germania spiritualmente grande. La struttura degli Stati Uniti d'Europa, se costruita bene e con lealtà, sarà tale da rendere meno importante la forza materiale di un singolo Stato. Le Nazioni piccole conteranno come le grandi e verranno considerate per il loro contributo alla causa comune. I vecchi Stati e principati della Germania, riuniti liberamente per reciproca convenienza in un sistema federale, potranno prendere i loro posti individuali in seno agli Stati Uniti d'Europa. Non tenterò di fare un programma dettagliato per centinaia di milioni di uomini che vogliono essere felici e liberi, prosperi e sicuri, e che vorrebbero godere delle quattro libertà di cui ha parlato il grande presidente Roosevelt, e vivere secondo i principi ancorati nella Carta Atlantica. Se tale è il loro desiderio, se tale è il desiderio degli europei di così tanti Paesi, devono soltanto dirlo, e si troverà certamente il mezzo e verranno create le istituzioni per portare questo desiderio alla sua piena realizzazione.

Ma devo avvertirvi. Forse rimane poco tempo. In questo momento godiamo di un periodo di tregua. I cannoni hanno smesso di sparare. I combattimenti sono cessati; ma non sono cessati i pericoli. Se dobbiamo costruire gli Stati Uniti d'Europa, non importa sotto quale nome, dobbiamo cominciare adesso. Attualmente viviamo abbastanza stranamente e in modo precario sotto lo scudo e vorrei persino dire la protezione della bomba atomica. Finora la bomba atomica si trova solo nelle mani di uno Stato, di una Nazione che sappiamo non la userà mai, se non per difendere il diritto e la libertà. Ma può darsi che tra qualche anno questo orribile ordigno di distruzione sarà largamente diffuso e la catastrofe che seguirebbe al suo impiego da parte di diversi paesi in guerra non solo metterebbe fine a tutto quello che noi chiamiamo civiltà, ma potrebbe persino disintegrare lo stesso globo terrestre.

Bisogna ora che vi riassuma le proposte che avete davanti. Il nostro fine costante deve essere di creare e rafforzare l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Sotto la direzione e nel quadro di questa organizzazione mondiale, dobbiamo ricreare la famiglia europea in una struttura che potrebbe chiamarsi Stati Uniti d'Europa. Ed il primo passo concreto sarà quello di costituire un Consiglio d'Europa. Se da principio non tutti gli Stati d'Europa vogliono o sono in grado di far parte dell'Unione, dobbiamo ciò nonostante continuare a riunire e ad organizzare quelli che vogliono e quelli che possono. Il mezzo per risparmiare agli uomini di ogni razza e di ogni paese la guerra e la schiavitù, deve poggiare su solide basi ed essere assicurato dalla disponibilità di tutti gli uomini e di tutte le donne a morire piuttosto che sottomettersi alla tirannia. E Francia e Germania devono prendere insieme la guida di questo urgente lavoro. La Gran Bretagna, il Commonwealth britannico, la potente America e, spero, la Russia Sovietica - perché allora tutto andrebbe bene - devono essere amici e sostenitori della nuova Europa e devono difendere il suo diritto a vivere e a risplendere.

Perciò vi dico: lasciate che l'Europa sorga! 

Discorso tenuto 19 settembre 1946 all'Università di Zurigo 

Winston Churchill (1874 - 1965), politico, storico, giornalista e militare britannico

venerdì 6 novembre 2020

La gara dei ranocchi

 C'era una volta una gara di... ranocchi.

L'obiettivo era arrivare in cima a una grande torre. Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro e cominciò la gara.

In realtà, la gente probabilmente non credeva possibile che i ranocchi raggiungessero la cima e tutto quello che si ascoltava erano frasi tipo: "Che pena! Non ce la faranno mai!"

I ranocchi cominciarono a desistere, tranne uno che continuava a cercare di raggiungere la cima. La gente continuava: "Non ce la faranno mai!"

Man mano i ranocchi si davano per vinti tranne il solito ranocchio testardo che continuava ad insistere. Alla fine, tutti desistettero tranne quel ranocchio che, solo e con  grande sforzo, raggiunse alla fine la cima.

Gli altri volevano sapere come avesse fatto. Uno degli altri ranocchi si avvicinò per chiedergli come avesse fatto a concludere la prova. Fu così che scoprirono che ...era sordo!


A volte capita di incontrare persone che hanno una visione limitante e pessimistica della realtà: esse non fanno altro che dissuadere e scoraggiare chi tenta di far qualcosa di nuovo o di diverso dal solito. É meglio non ascoltarle: siamo sempre sordi quando qualcuno ci dice che non possiamo realizzare i nostri progetti e i nostri sogni!



martedì 3 novembre 2020

Dio è la certezza che l'amore esiste

David: Dio è la certezza che l'amore esiste come cosa concreta in questo mondo di uomini. Intendi un amore particolare, non è vero?

Minus: Ogni genere d'amore: il più elevato e il più infimo, il più oscuro e il più splendido. Ogni specie d'amore.

David: Anche il desiderio d'amore?

Minus: Il desiderio e la repulsione, miscredenza e fede.

David: L'amore è una dimostrazione di Dio?

Minus: Non so se l'amore dimostri l'esistenza di Dio oppure se l'amore sia Dio stesso.

David: Per te amore e Dio sono la stessa cosa, allora?

Minus: Questo pensiero è il solo conforto alla mia miseria e alla mia disperazione. Di colpo la miseria è diventata ricchezza e la disperazione speranza. È come essere graziati in punto di morte.

Come in uno specchio (Säsom i en spegel), film drammatico (Svezia, 1961)

Ingmar Bergman (1918 - 2007), regista, sceneggiatore, drammaturgo, scrittore e produttore cinematografico svedese 

sabato 31 ottobre 2020

La Luce di Natale



Laurence Housman, Nativity

La Luce guardò in basso e vide le Tenebre:
Là voglio andare – disse la Luce.

La Pace guardò in basso e vide la Guerra:
Là voglio andare – disse la Pace.

L’Amore guardò in basso e vide l’Odio:
Là voglio andare – disse l’Amore.

Così apparve la Luce e risplendette,
così apparve la Pace e offrì riposo;
così apparve l’Amore e portò vita.

E la Parola si fece carne e dimorò fra noi.

Laurence Housman (1865 – 1959), drammaturgo e illustratore inglese

Gesù

 

Carl Vogel von Vogelstein, Let the children come to me

E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte:
il suo giorno non molto era lontano.

E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.

Egli si assise all’ombra d’una meta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.

Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.

Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste.

Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
 Il figlio  Giuda bisbigliò veloce 
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra’ piedi:

Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà  Ma il Profeta, alzando gli occhi,
No, mormorò con l’ombra nella voce;

e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

Poesie varie, Ed. Zanichelli, 1914

Giovanni Pascoli (1855 – 1912), poeta, accademico e critico letterario italiano

La perla



La perla è splendida e preziosa. Nasce dal dolore. Nasce quando un’ostrica viene ferita da qualcosa d’estraneo. In quel momento la conchiglia, per proteggere il proprio corpo indifeso, inizia ad avvolgere il male che è entrato in lei con la madreperla. Alla fine si sarà formata una bella perla, lucente e pregiata.

Se non viene ferita, l’ostrica non potrà mai produrre perle, perché la perla è solamente una ferita cicatrizzata. Tutto ciò che ha il sapore del limite, racchiude in sé anche la possibilità del suo compimento.

Elogio della vita imperfetta. La via della fragilità, Ed. Effatà, 2014

Paolo Scquizzato, presbitero italiano

mercoledì 28 ottobre 2020

Lei è l'amore della mia vita!


Ha ottant'anni e insiste per guidare sua moglie per mano ovunque vadano. Quando gli ho chiesto: "Perché tua moglie se ne va in giro distratta, come se non seguisse nessuno?"

Ha risposto: "Perché ha l'Alzheimer".

Così gli ho chiesto: "Tua moglie si preoccuperà se la lasci andare o semplicemente ti stacchi?"

Mi ha risposto: "Non si ricorda... non sa più chi sono: da un paio d'anni non mi riconosce più".

Sorpreso, gli ho detto: "E così continui a farle da guida ogni giorno anche se lei non ti riconosce".

Il vecchio sorrise e mi guardò negli occhi. Poi mi disse: "Non sa chi sono, ma io so chi è lei: lei è l'amore della mia vita!"


“...finchè morte non ci separi” recita il rito del matrimonio. In realtà, l’affermazione dovrebbe essere trasformata in:“finché morte non ci unisca”, usando un’espressione di Padre Raniero Cantalamessa: 

«Il matrimonio non finisce del tutto con la morte, ma viene trasfigurato, spiritualizzato, sottratto a tutti quei limiti che segnano la vita sulla terra, come, del resto, non sono dimenticati i vincoli esistenti tra genitori e figli o tra amici. In un prefazio dei morti la liturgia proclama: «Vita mutatur, non tollitur», la vita è trasformata, non tolta. Anche il matrimonio, che è parte della vita, viene trasfigurato, non annullato». (Raniero Cantalamessa, Gettate le reti. Riflessioni sui vangeli, 2001 )

Questa è la storia di due fratelli...


Questa è la storia di due fratelli che vissero insieme d’amore e d’accordo per molti anni. Vivevano in cascine separate, ma un giorno scoppiò una lite e questo fu il primo problema serio che sorse dopo 40 anni in cui avevano coltivato insieme la terra condividendo le macchine e gli attrezzi, scambiandosi i raccolti e i beni continuamente.

Cominciò con un piccolo malinteso e crebbe fino a che scoppiò un diverbio con uno scambio di parole amare a cui seguirono settimane di silenzio.

Una mattina qualcuno bussò alla porta di Luigi. Quando aprì si trovò davanti un uomo con gli utensili del falegname: "Sto cercando un lavoro per qualche giorno - disse il forestiero -, forse qui ci può essere bisogno di qualche piccola riparazione nella fattoria e io potrei esserle utile per questo".

"Sì - disse il maggiore dei due fratelli -, ho un lavoro per lei. Guardi là, dall’altra parte del fiume, in quella fattoria vive il mio vicino, beh! È il mio fratello minore. La settimana scorsa c’era una splendida prateria tra noi, ma lui ha deviato il letto del fiume perchè ci separasse. Egli deve aver fatto questo per farmi andare su tutte le furie, ma io gliene farò una. Vede quella catasta di pezzi di legno vicino al granaio? Ebbene voglio che costruisca uno steccato di due metri circa di altezza, non voglio vederlo mai più".

Il falegname rispose: "Mi sembra di capire la situazione".

Il fratello maggiore aiutò il falegname a riunire tutto il materiale necessario e se ne andò fuori per tutta la giornata per fare le spese in paese. Verso sera, quando il fattore ritornò, il falegname aveva appena finito il suo lavoro. Il fattore rimase con gli occhi spalancati e con la bocca aperta.

Non c’era nessuno steccato di due metri. Invece c’era un ponte che univa le due fattorie sopra il fiume. Era una autentica opera d’arte, molto fine, con corrimano e tutto.

In quel momento, il vicino, suo fratello minore, venne dalla sua fattoria e abbracciando il fratello maggiore gli disse: "Sei un tipo veramente in gamba. Ma guarda! Hai costruito questo ponte meraviglioso dopo quello che io ti ho fatto e detto". E cosí stavano facendo la pace i due fratelli, quando videro che il falegname prendeva i suoi arnesi. "No, no, aspetta... Rimani per alcuni giorni ancora, ho parecchi lavori per te", disse il fratello maggiore al falegname. "Mi fermerei volentieri - rispose lui -, ma ho parecchi ponti da costruire".


Molte volte lasciamo che i malintesi e le stizze ci allontanino dalla gente a cui vogliamo bene, molte volte lasciamo che sia l’orgoglio a prevalere sui sentimenti: non permettere che ciò succeda nella tua vita.
Impara a perdonare e apprezza quanto hai. Ricorda che perdonare non cambia nulla del passato, ma sì il futuro. Non conservare rancore nè sentimenti di amarezza che solo ti feriscono, ti allontanano da Dio e dalle persone che ti vogliono bene, Impara ad essere felice e a godere delle meraviglie che Dio ha creato. Egli ti ama e desidera che tu abbia una vita felice e piena di amore e armonia.
Non permettere che un piccolo incidente rovini una grande amicizia. Ricorda che il silenzio, a volte, è la miglior risposta.
Ciò che più importa è una casa felice. Fa’ tutto quello che è nelle tue mani per creare un ambiente di pace e armonia.
Ricorda che la miglior relazione è quella in cui l’amore tra due persone è più grande del bisogno che hanno l’una dell’altra.

"Padre nostro" dell’anziano


Padre nostro che in cielo stai, 
sempre con amore attento al miei guai.
Ti ringrazio di questi miei anni,
anche se non mancano acciacchi e malanni,
che, arrivato ormai a questa età, 
spuntan ogni giorno di qua e di là.

Ho il mal di schiena e un po’ d'artrite
e soffro le pene per la colite.
Perciò ti prego con questa orazione: 
fammi godere la mia pensione.

Finché avrò l'uso della ragione, 
non fammi cadere in tentazione.
Liberami dal male quale esso sia, 
salvami dalle medicine e dalla chirurgia.

Poiché la mia bocca altro non sa, 
che sia fatta la tua volontà.
E quando un domani sarò rimbambito, 
chiamami lassù nel tuo Regno infinito.

Amen

sabato 24 ottobre 2020

Cos'è la felicità

Vorrei sapere in cosa consiste la felicità e se si può essere felici tutta la vita

Per essere sicuro di non sbagliare a rispondere, sono andato a cercare in un grosso vocabolario la parola «felicità» ed ho trovato che significa «essere pienamente contenti, per sempre o per un lungo tempo».
Ma come si fa ad essere «pienamente contenti», con tutte le cose brutte che ci sono al mondo, e con tutti gli errori che facciamo anche noi, ogni giorno dell’anno? Ho chiuso il vocabolario e l’ho rimesso in libreria, con molto rispetto perché è un vecchio libro e costa caro, ma ben deciso a non dargli retta. 
La felicità deve essere per forza qualche altra cosa, una cosa che non ci costringa ad essere sempre allegri e soddisfatti (e un po’ stupidi) come una gallina che si è riempita il gozzo. Forse la felicità sta nel fare le cose che possono arricchire la vita di tutti gli uomini; nell’essere in armonia con coloro che vogliono e fanno le cose giuste e necessarie. E allora la felicità non è semplice e facile come una canzonetta: è una lotta. Non la si impara dai libri, ma dalla vita, e non tutti vi riescono: quelli che non si stancano mai di cercare e di lottare e di fare, vi riescono, e credo possano essere felici per tutta la vita.

Il libro dei perché*

Gianni Rodari (1920 – 1980), scrittore e pedagogista italiano


*)  Insieme a "La posta dei perché", "Il libro dei perché" era una rubrica per bambini curata da Gianni Rodari su «L’Unità» dal 1955 al 1958.

Il treno degli emigranti


Onofrio Bramante, Emigranti (1976)

Non è grossa, non è pesante
la valigia dell’emigrante…

C’è un po’ di terra del mio villaggio
per non restare solo in viaggio…
Un vestito, un pane, un frutto,
e questo è tutto.

Ma il cuore no, non l’ho portato:
nella valigia non c’è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuol venire.

Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù…
ma il treno corre: non si vede più.

“Il treno delle filastrocche” (1952)

Gianni Rodari (1920 – 1980), scrittore e pedagogista italiano

giovedì 15 ottobre 2020

La libertà di ciascuno si realizza insieme a quella degli altri


«La libertà [è] come una medaglia con due facce: dell’autonomia e della responsabilità. E in questo modo, con questa descrizione e con quest’immagine efficacissima, ha ripreso un antico filone culturale di grande valore che parte dagli antichi filosofi greci sulla libertà che si ferma di fronte a quella degli altri. Lo stesso brocardo del diritto romano “neminem laedere” nasce da questo, esprime questo. E tanti pensatori moderni hanno ripreso questo concetto: la libertà di ciascuno si ferma di fronte a quella degli altri. È un concetto di grande civiltà.

Io credo che […] occorre andare anche oltre questa enunciazione così fortemente avanzata e civile del pensiero di tanti secoli, accantonando l’idea che la libertà degli altri sia un limite alla propria, ma pensando al contrario che la libertà di ciascuno si integra con quella degli altri, che la libertà di ciascuno si realizza insieme a quella degli altri. Altrimenti la libertà non esiste.

La libertà rivendicata o anche soltanto praticata in maniera esclusiva non sarebbe tale; sarebbe, in realtà, una richiesta di arbitrio».

Intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2020/2021 dell’Università degli Studi di Macerata, 15 Ottobre 2020

Sergio Mattarella, politico, giurista, accademico e avvocato italiano, Presidente della Repubblica italiana

sabato 3 ottobre 2020

Signore cosa vuoi che io faccia?


Una notte Francesco fu visitato in sogno dal Signore...

Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia. Venuto a sapere la cosa, Francesco è preso a sua volta dalla sete di avventura. Così, per essere creato cavaliere da un certo conte Gentile, prepara un corredo di panni preziosi; poiché, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere. Una notte, dopo essersi impegnato anima e corpo nell'eseguire il suo progetto, e bruciava dal desiderio di mettersi in marcia, fu visitato dal Signore, che volle entusiasmarlo e sedurlo, sapendolo così bramoso di gloria, appunto con una visione fastosa. Stava dormendo quando gli apparve uno che, chiamatolo per nome, lo condusse in uno splendido solenne palazzo, in cui spiccavano, appese alle pareti, armature da cavaliere, splendenti scudi e simili oggetti di guerra. Francesco, incantato, pieno di felicità e di stupore, domandò a chi appartenessero quelle anni fulgenti e quel palazzo meraviglioso. Gli fu risposto che tutto quell'apparato insieme al palazzo era proprietà sua e dei suoi cavalieri. Svegliatosi, s'alzò quel mattino pieno di entusiasmo. Interpretando il sogno secondo criteri mondani (egli non aveva ancora gustato pienamente lo spirito di Dio), immaginava che sarebbe diventato un principe. Così, prendendo la cosa come presagio di eccezionale fortuna, delibera di partire verso la Puglia, per esser creato cavaliere da quel conte. Era più raggiante del solito e, a molti che se ne mostravano sorpresi e chiedevano donde gli venisse tanta allegria, rispondeva: "Ho la certezza che diventerò un grande principe". (1399) 


La nobiltà d’animo e il suo cuore generoso, gli hanno meritato la visione notturna...

Francesco aveva dato una prova sorprendente di cortesia e nobiltà d'animo il giorno precedente a quella visione, e possiamo credere che sia stato quel gesto a meritargliela. Quel giorno infatti aveva donato a un cavaliere decaduto tutti gli indumenti, sgargianti e di gran prezzo, che si era appena fatto fare. (1400)


"Signore cosa vuoi che io faccia?"

Messosi dunque in cammino, giunse fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene. Tuttavia, preoccupato del suo viaggio, mentre riposava, nel dormiveglia intese una voce interrogarlo dove fosse diretto Francesco gli espose il suo ambizioso progetto. E quello: "Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?" Rispose: "Il padrone". Quello riprese: "Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?". Allora Francesco interrogò: "Signore, che vuoi ch' io faccia?". Concluse la voce: "Ritorna nella tua città e là ti sarà detto cosa devi fare; poiché la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt'altro senso". Destatosi, egli si mise a riflettere attentamente su questa rivelazione. Mentre il sogno precedente, tutto proteso com'egli era verso il successo, lo aveva mandato quasi fuori di sé per la felicità, questa nuova visione lo obbligò a raccogliersi dentro di sé. Attonito, pensava e ripensava così intensamente al messaggio ricevuto, che quella notte non riuscì più a chiuder occhio. Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante. E aspettava che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà, mostrandogli la via della salvezza. Ormai il suo cuore era cambiato. Non gl'importava più della spedizione in Puglia: solo bramava di conformarsi al volere divino. (1401)


"Vuoi forse di prender moglie?" "Sognavo di prendermi la più nobile, ricca e bella"

Tornato che fu dunque ad Assisi, dopo alcuni giorni, i suoi amici lo elessero una sera loro signore, perché organizzasse il trattenimento a suo piacere. Egli fece allestire, come tante altre volte, una cena sontuosa. Terminato il banchetto, uscirono da casa. Gli amici gli camminavano innanzi; lui, tenendo in mano una specie di scettro, veniva per ultimo, ma invece di cantare, era assorto nelle sue riflessioni. D'improvviso, il Signore lo visitò, e n'ebbe il cuore riboccante di tanta dolcezza, che non poteva muoversi né parlare, non percependo se non quella soavità, che lo estraniava da ogni sensazione, così che (come poi ebbe a confidare lui stesso) non avrebbe potuto muoversi da quel posto, anche se lo avessero fatto a pezzi. Gli amici, voltandosi e scorgendolo rimasto così lontano, lo raggiunsero e restarono trasecolati nel vederlo mutato quasi in un altro uomo. Lo interrogarono: "A cosa stavi pensando, che non ci hai seguiti? Almanaccavi forse di prender moglie?". Rispose con slancio: "É vero. Stavo sognando di prendermi in sposa la ragazza più nobile, ricca e bella che mai abbiate visto". I compagni si misero a ridere. Francesco disse questo non di sua iniziativa ma ispirato da Dio. E in verità la sua sposa fu la vita religiosa, resa più nobile e ricca e bella dalla povertà. (1402) 


Smise di adorare se stesso e iniziò ogni giorno a pregare...

E da quell'ora smise di adorare se stesso, e persero via via di fascino le cose che prima amava. Il mutamento però non era totale, perché il suo cuore restava ancora attaccato alle suggestioni mondane. Ma svincolandosi man mano dalla superficialità, si appassionava a custodire Cristo nell'intimo del cuore, e nascondendo allo sguardo degli illusi la perla evangelica, che intendeva acquistare a prezzo di ogni suo avere, spesso e quasi ogni giorno s'immergeva segretamente nell'orazione. (1403)


"Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va' dunque e restauramela"

Trascorsero pochi giorni. Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, fu ispirato a entrarvi. Andatoci prese a fare orazione fervidamente davanti all'immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà: "Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va' dunque e restauramela". Tremante e stupefatto, il giovane rispose: "Lo farò volentieri, Signore". Egli aveva però frainteso: pensava si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina. Per quelle parole del Cristo egli si fece immensamente lieto e raggiante; sentì nell'anima ch'era stato veramente il Crocifisso a rivolgergli il messaggio. (1411) 

La leggenda dei tre compagni, Fonti francescane, 1399 - 1403. 1411