– So che ci sono degli ostacoli [ – disse Vinicio – ], ma io l'amo come i miei occhi, e quantunque io non sia ancora un cristiano, io non sono nè un vostro nemico, nè un nemico di Cristo. Voglio essere sincero, perchè abbiate fiducia di me. In questo momento si tratta della mia vita, nondimeno vi dirò la verità. Un altro potrebbe dire: battezzatemi; io dico illuminatemi. Io credo che Cristo sia risorto perchè lo dicono le persone che amano la verità e che lo videro dopo la morte. Credo, perchè ho visto io stesso che la vostra religione insegna la virtù, la giustizia e la misericordia, e non i delitti di cui vi si accusa.
Non so molto della vostra dottrina: quello che so l'ho imparato un po' da voi, un po' da quello che fate, un po' da Licia e un po' dai discorsi che ho fatto con voi. A ogni modo vi ripeto che ha prodotto in me qualche cambiamento. Prima facevo ubbidire i miei schiavi con una mano di ferro; ora non posso; ignoravo la pietà, ora la conosco. Mi abbandonavo ai piaceri, e invece l'altra notte sono fuggito dallo stagno di Agrippa perchè mi mancava il respiro dal disgusto; prima credevo al trionfo della forza, ora l'ho abbandonata. Sappiate che non mi riconosco più. Sono stomacato dei banchetti, del vino, delle canzoni, delle cetre, dei serti, della corte di Cesare, dei corpi nudi e di ogni delitto. E quando penso che Licia è pura come la neve alla sommità delle montagne, l'amo sempre di più; e quando penso ch'ella è così per la vostra religione, io amo e desidero anche questa. Ma siccome io non la conosco e non so se potrò vivere e conformarmi ai suoi precetti, nè se la mia natura potrà sopportarla, così io sono in lotta tra l'incertezza e la tortura, come se fossi in prigione.
La sua fronte si corrugò dall'angoscia e le sue guance si colorirono come da una fiammata; dopo riprese a parlare con crescente rapidità e maggiore emozione:
– Come vedete, io sono torturato dall'amore e dall'incertezza. Gli uomini mi dicono che nella vostra religione non ci sia posto per la vita, per la gioia umana, per la felicità, per la legge, per l'ordine, per il potere supremo, per l'impero romano. È vero? Mi si dice che voi siete dei pazzi; ditemi voialtri che cosa recate. È peccato amare, è peccato godere, è peccato aspirare alla felicità? Siete voi nemici della vita? È necessario che un cristiano sia povero? Devo rinunciare a Licia? Qual è la verità? Le vostre azioni e le vostre parole sono trasparenti come l'acqua; ma che c'è sotto l'acqua? Vedete che io sono sincero. Disperdete le tenebre. Mi si dice pure che la Grecia ha creato la bellezza e la sapienza e che Roma ha creato la forza; ma i cristiani che cosa recano? Ditemi, allora, che cosa recate?
Se v'è la luce dietro le vostre porte, apritele.
– Noi rechiamo l'amore, disse Pietro.
E Paolo di Tarso aggiunse:
– Se io parlassi colle lingue degli uomini e degli angeli senza amore, la mia voce suonerebbe di rame […].
Vinicio si alzò colla faccia radiosa e incominciò:
– Vedo che la felicità può essere tra voi, perchè mi sento felice, e credo che possiate convincermi delle altre cose allo stesso modo […].
A chi non deve essere cara la propria felicità? [ – disse Vinicio a Licia – ] Ah! io ho assistito alla conversazione tra Paolo e Petronio. Sai tu che cosa ah, abbia finito per dire Petronio? «Ciò non fa per me», ma non seppe dire altro.
– Ripetimi le parole di Paolo, disse Licia.
– La conversazione ebbe luogo a casa mia, […] di sera. Petronio incominciò a parlare colla solita celia gaia. Paolo gli disse: «Come mai tu, o saggio Petronio, puoi negare che Cristo sia esistito e sia risorto, dal momento che tu non eri al mondo a quel tempo, e dal momento che Pietro e Giovanni lo hanno veduto e io stesso l'ho veduto sulla strada di Damasco? Provaci, prima di tutto, colla tua sapienza, che noi siamo bugiardi e poi nega la nostra testimonianza.» Petronio rispose ch'egli non aveva idea di negare, visto che avvenivano molte cose incomprensibili, affermate da persone degne di fede. Ma la scoperta, aggiunse, di un altro dio straniero è una cosa diversa dall'accettare la sua dottrina. «Non ho punto voglia di imparare cosa che può deformare la vita e sciupare la sua bellezza. Non importa se i nostri dèi siano veri o falsi; essi sono belli, il loro impero ci è piacevole e noi viviamo senza preoccupazioni.»
– «Tu sei preparato a respingere la religione dell'amore, della giustizia e della misericordia, disse Paolo, per paura delle preoccupazioni; ma pensa, Petronio, la tua vita è proprio veramente libera da ogni preoccupazione? Guarda, nè tu nè alcuno dei più ricchi e più potenti, sa, quando va a letto, se si sveglierà con una sentenza di morte. Dimmi, Petronio, non è vero che se Cesare appartenesse a questa religione dell'amore e della giustizia, anche la tua felicità sarebbe più sicura? Tu temi per i tuoi piaceri, ma la tua vita non sarebbe più lieta? In quanto agli ornamenti e alla bellezza della vita, se voi avete innalzato tanti splendidi templi e statue alle divinità maligne, vendicatrici, adultere e infedeli, che cosa non farete in onore di un Dio buono e misericordioso?
Tu sei soddisfatto della tua sorte perchè sei ricco e vivi nell'opulenza; ma benchè nato da una grande famiglia, ti poteva ben capitare di essere povero e abbandonato da tutti, e allora sarebbe stato meglio per te che la gente fosse stata cristiana. Genitori ricchi di Roma, che non amano affaticarsi intorno ai loro figli, li cacciano spesso da casa; questi fanciulli sono chiamati alunni. Il caso avrebbe potuto fare di te uno di loro. Ma questo, non potrebbe avvenire se i parenti fossero della nostra religione.
Se tu, adulto, avessi sposata una donna che tu amavi, saresti stato desideroso di sapertela fedele per tutta la vita. Guarda che cosa avviene intorno a voi; quale viltà, quale vergogna, quale traffico della fedeltà delle mogli! Sì, voi stessi vi meravigliate se vi trovate dinanzi a una donna che chiamate univira cioè di un solo marito. Ma io ti dico che le donne che portano Cristo nel cuore non violeranno mai la fede giurata ai loro mariti, come i mariti cristiani rimarranno sempre fedeli alle loro mogli. Voi non siete sicuri nè dei vostri regnanti, nè dei vostri padri, nè delle vostre consorti, nè dei vostri figli, nè dei vostri servi. Tutti tremano dinanzi a voi, e voi tremate dinanzi i vostri schiavi, perchè sapete che possono rivoltarsi a ogni momento contro la vostra oppressione, come è avvenuto più di una volta. Benchè ricco, tu non sei sicuro che non ti giunga domani l'ordine di rinunciare alle tue ricchezze; tu sei giovine, ma domani ti si può ingiungere di morire. Tu ami, e ti aspetta il tradimento; tu sei innamorato delle ville e delle statue, ma domani un ordine ti può lanciare nei luoghi desolati della Pandataria; tu hai migliaia di domestici, ma domani tutti questi servi possono lasciarti dissanguare. Se tutto questo è vero, come puoi tu essere tranquillo e felice, come puoi tu abbandonarti ai piaceri? Ma io proclamo l'amore, proclamo la religione che ingiunge ai Cesari di amare i loro sudditi, ai padroni i loro schiavi, agli schiavi di servire con amor e di essere buoni e misericordiosi, l'amore che promette per ultimo una felicità interminabile come un mare senza fine.
Come dunque, Petronio, puoi tu dire che quella religione distrugge la vita, se invece la corregge e se tu saresti cento volte più felice e più sicuro s'essa dominasse tutto il mondo, come la signoria di Roma?»
«Così parlò Paolo. Petronio rispose: «Ciò non fa per me. Fingendosi sonnolento, se ne andò, e andandosene, aggiunse: Preferisco la mia Eunice, o piccolo ebreo, ma non mi piacerebbe di discutere con te ...»
Quo vadis?, ed. digitale www.liberliber.it, p. 143 - 144; 160 - 161