giovedì 24 gennaio 2013
Cuore giovane
Signore, tu sai meglio di me che sto invecchiando e che tra non molto sarò vecchia del tutto.
Guardami dalla fatale abitudine di credere che io debba dire il mio parere su tutti gli argomenti, in qualsiasi circostanza.
Liberami dalla voglia di dare una sistemazione alle cose di tutti.
Fammi riflessiva, ma non musona, pronta ad aiutare, senza impormi.
Sembra un vero peccato non usare la mia vasta saggezza, ma tu sai, Signore, che alla fin fine qualche amico voglio pure conservarmelo.
Tieni libera la mia mente dal disperdersi in infiniti particolari; fammi arrivare subito al concreto.
Chiudi le mie labbra sui miei guai e pene: stanno aumentando e la voglia di parlarne diventa prepotente con il passare degli anni.
Non oso chiederti grazia cosi grande come quella di godere del racconto dei guai altrui, ma aiutami ad ascoltarli e a sopportare i miei con la stessa pazienza.
E non oso chiederti di accrescermi la memoria, ma ti chiedo maggiore umiltà e minore sicurezza quando la mia memoria sembra urtarsi con le memorie altrui.
Insegnami la sacrosanta lezione che qualche volta posso sbagliarmi anch'io. Conservami ragionevolmente dolce: non voglio essere una santa (è così difficile vivere insieme con alcune di loro!), però una persona vecchia e amara costituisce il coronamento dell'opera del diavolo.
Rendimi capace di scoprire il bene in luoghi inattesi e qualità in chi non te l'aspetti.
E concedimi, Signore, la grazia di riconoscerlo apertamente.
Amen.
(Preghiera di una monaca inglese del 1700)
martedì 15 gennaio 2013
Tienimi per mano…
Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne
e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle.
Tienila stretta
quando non riesco a vivere questo mondo imperfetto.
Tienimi per mano,
portami dove il tempo non esiste.
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano,
nei giorni in cui mi sento disorientata,
cantami la canzone delle stelle dolce
cantilena di voci respirate.
Tienimi la mano
e stringila forte prima che l’insolente fato
possa portarmi via da te.
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai!
Hermann Hesse (1877 – 1962), scrittore, poeta e pittore tedesco
Ciò che conta davvero...
Una bella storia, a tratti struggente, che potrebbe aiutare molti matrimoni in bilico...
“Quando tornai a casa quella sera, mentre mia moglie serviva la cena, le ho preso la mano e le ho detto che avevo qualcosa da dirle. Si è seduta e ha mangiato in silenzio. Ancora una volta ho osservato il dolore nei suoi occhi..
Improvvisamente non sapevo come aprire la bocca. Ma ho dovuto farle sapere che cosa stavo pensando. Io voglio il divorzio. Ho sollevato il tema con calma. Non sembrava infastidita dalle mie parole, però mi ha chiesto sottovoce: “Perché?”
Ho evitato la sua domanda. Questo la fece arrabbiare. Gettò le posate e mi urlò: “Non sei un uomo!”. Quella notte, non abbiamo parlato. Lei piangeva. Sapevo che voleva capire cosa era successo al nostro matrimonio. Ma non riuscivo a darle una risposta soddisfacente, ero innamorato di Jane. Io non l’amavo più. Mi faceva solo pena!
Con un profondo senso di colpa, misi insieme un accordo di divorzio, dichiarando che avrebbe potuto avere la nostra casa, la nostra macchina e il 30% del capitale della mia azienda. Lei lo lesse e poi lo strappò. La donna che aveva trascorso dieci anni della sua vita con me era diventata un’estranea. Mi è dispiaciuto per il suo tempo, risorse ed energie sprecate ma non riuscivo a rimangiare quello che le avevo detto perchè amavo Jane così tanto. Infine cominciò a piangere, era quello che mi aspettavo. Per me il suo pianto era in realtà una sorta di liberazione. L’idea del divorzio che mi aveva ossessionato per diverse settimane sembrava essere più solida e più chiara adesso.
Il giorno dopo, sono tornato a casa molto tardi e l’ho trovata che scriveva qualcosa alla scrivania. Non ho cenato ma sono andato subito a letto e mi sono addormentato immediatamente perché ero stanco dopo una giornata intensa con Jane. Quando mi sono svegliato, era ancora lì alla scrivania. Solo che non mi importava e mi sono riaddormentato.
In mattinata mi ha presentato le sue condizioni di divorzio: lei non voleva nulla da me, ma aveva bisogno di un mese di tempo prima del divorzio. Ha chiesto che in quel mese entrambi lottassimo per vivere una vita più normale possibile. Le sue ragioni erano semplicemente che nostro figlio aveva gli esami in quel mese e lei non voleva sconvolgerlo con il nostro matrimonio fallito.
Questa richiesta mi andava bene. Ma aveva una richiesta in più, mi chiese di ricordare come l’avevo portata in braccio dalla camera alla sala il giorno del nostro matrimonio. Ha richiesto che ogni giorno per la durata del mese la portassi in braccio della nostra camera da letto alla porta d’ingresso ogni mattina. Ho pensato che fosse diventata scema. Giusto per rendere i nostri ultimi giorni insieme sopportabili ho accettato la sua richiesta strana.
Ho raccontato a Jane le relative condizioni di divorzio di mia moglie. Lei rise e pensò che fosse un’assurdità. Non importa quali trucchi applica, dovrà affrontare il divorzio, disse con disprezzo.
Io e mia moglie non abbiamo avuto alcun contatto fisico dal momento della mia richiesta di divorzio esplicitamente espressa. Così, quando l’ho presa in braccio il primo giorno, ci siamo sentiti goffi. Nostro figlio applaudiva dietro di noi, babbo ha preso la mamma in braccio. Le sue parole mi hanno fatto sentire un profondo senso di dolore. Dalla camera da letto al salotto, poi verso la porta, ho camminato più di dieci metri con lei in braccio. Chiuse gli occhi e mi sussurrò: “Non dire niente a nostro figlio del divorzio”. Ho accennato di sì con la testa, sentendomi un poco sconvolto. L’ho messa giù fuori dalla porta. Andò ad aspettare il pullman per andare al lavoro. Io, da solo, presi la macchina ed andai in ufficio.
Il secondo giorno, è stato molto più facile. Si appoggiò sul mio petto. Sentivo il profumo della sua camicetta. Mi sono reso conto che non avevo guardato con attenzione questa donna per lungo tempo. Ho capito che non era più giovane. C’erano delle piccole rughe sul suo viso e aveva qualche capello grigio! Il nostro matrimonio l’aveva stressata molto. Per un attimo mi sono chiesto cosa le avevo fatto.
Il quarto giorno, quando l’ho sollevata, ho sentito il ritorno di un senso di intimità. Questa è stata la donna che aveva dato dieci anni della sua vita per me. Il quinto giorno e il sesto, mi sono reso conto che il nostro senso di intimità cresceva di nuovo. Non dissi niente a Jane. Diventava sempre più facile portarla in braccio man mano che il mese scivolava via. Forse l’allenamento di tutti i giorni mi rese più forte.
Una mattina stava scegliendo cosa indossare. Ha provato un bel paio di vestiti, ma non riusciva a trovarne uno adatto. Poi sospirò, tutti i miei vestiti sono troppo larghi. Improvvisamente mi sono reso conto che era diventata così magra: era il motivo per cui potevo portarla così facilmente.
Improvvisamente mi ha colpito… lei aveva seppellito tanto dolore e amarezza nel suo cuore. Inconsciamente allungai una mano e le toccai la testa.
Nostro figlio arrivò in quel momento e disse: babbo, è il momento di portare fuori la mamma. Per lui, vedere il padre portare sua madre fuori era diventata una parte essenziale della sua vita. Mia moglie fece un gesto a nostro figlio di avvicinarsi e lo abbracciò forte. Girai la testa perché avevo paura di cambiare idea all’ultimo minuto. Poi la presi tra le braccia, camminando dalla camera da letto, attraverso il salotto, nel corridoio. La sua mano attorno al mio collo dolcemente e naturalmente. Ho tenuto il suo corpo stretto, era proprio come il nostro giorno di matrimonio.
Ma il suo peso molto più leggero mi rendeva triste. L’ultimo giorno, quando l’ho tenuta tra le braccia non riuscivo a muovere un passo. Nostro figlio era andato a scuola. L’ho tenuta stretta e le dissi: “Non avevo notato che alla nostra vita mancava intimità”. Vado in l’ufficio… salto fuori dalla macchina velocemente senza bloccare la porta. Avevo paura che un attimo di ritardo potesse farmi cambiare idea… andai di sopra, Jane aprì la porta e le dissi: “Mi dispiace, Jane, non voglio più divorziare”.
Lei mi guardò, stupita, e poi mi toccò la fronte. “Hai la febbre?” disse. Tolsi la sua mano dalla mia testa. “Mi dispiace, Jane,” dissi, “non voglio divorziare”. Il mio matrimonio era diventato noioso probabilmente perché noi non abbiamo dato valore ai dettagli della nostra vita, non perché non ci amavamo più. Adesso mi rendo conto che da quando l’ho portata in casa mia dal primo giorno del nostro matrimonio, dovevo tenerla per tutta l’eternità. Jane sembrò svegliarsi all’improvviso. Mi diede uno schiaffo forte e poi sbattè la porta e scoppiò in lacrime. Scesi al piano di sotto e mi allontanai. Al negozio di fiori lungo la strada, ordinai un mazzo di fiori per mia moglie. La commessa mi chiese cosa scrivere nel biglietto. Sorrisi e dissi: “Ti porterò fuori ogni mattina per tutta l’eternità”.
Quella sera arrivai a casa, i fiori in mano, un sorriso sul mio viso, corsi su per le scale, solo per trovare mia moglie nel letto, morta. Mia moglie stava lottando contro il cancro per mesi e io ero così impegnato con Jane che non l’avevo neanche notato. Lei sapeva che sarebbe morta in poco tempo e voleva salvarmi dalla reazione negativa che avrebbe avuto nostro figlio, nel caso in cui fossi andato avanti con il divorzio.
- Almeno, agli occhi di nostro figlio sono un marito amorevole…
I piccoli dettagli della vostra vita sono ciò che contano davvero in una relazione. Non è la casa, l’auto, la proprietà, i soldi in banca. Questi creano un ambiente favorevole per la felicità, ma non possono mettere la felicità dentro di noi.
Quindi, trova il tempo per essere amico della tua sposa e fare quelle piccole cose reciproche che costruiscono l’intimità per avere un matrimonio veramente felice!
Molte persone che hanno divorziato non si sono resi conto di quanto fossero vicini al successo quando si sono arresi...”.
lunedì 7 gennaio 2013
Ventiquattro ore d’oro
“Ogni giorno ti vengono consegnate ventiquattro ore d’oro;
sono tra le poche cose che,
su questa terra,
ti sono date gratuitamente.
Se anche possedessi montagne di denaro,
non potresti comprare neanche un’ora aggiuntiva.
Che cosa farai con questo tesoro inestimabile?
Rammenta, devi usarle,
poichè ti vengono concesse una sola volta.
E, se le sprechi,
non potrai recuperarle.
L’importanza di una vita felice non può essere esagerata.
Pensa a ogni singolo giorno come a una cosa senza prezzo.
Se ne prendi una serie e li metti tutti in fila,
otterrai un anno;
se raggruppi più anni,
avrai un’intera esistenza,
fatta di amore,
felicità, onestà,
speranze e sogni”.
da: Il bambino che imparò a colorare il buio
N. Sparks e B. Mills
Tu credi nella mamma?
Nel ventre di una donna incinta si trovavano due bebè. Uno di loro chiese all’altro:
- Tu credi nella vita dopo il parto?
- Certo. Qualcosa deve esserci dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci per quello saremo più tardi.
- Sciocchezze! Non c’è una vita dopo il parto. Come sarebbe quella vita?
- Non lo so, ma sicuramente... ci sarà più luce che qua. Magari cammineremo con le nostre gambe e ci ciberemo dalla bocca.
-Ma è assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare dalla bocca? Ridicolo! Il cordone ombelicale è la via d’alimentazione … Ti dico una cosa: la vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombelicale è troppo corto.
- Invece io credo che debba esserci qualcosa. E forse sarà diverso da quello cui siamo abituati ad avere qui.
- Però nessuno è tornato dall’aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine della vita. E in fin dei conti, la vita non è altro che un’angosciante esistenza nel buio che ci porta al nulla.
- Beh, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma sicuramente vedremmo la mamma e lei si prenderà cura di noi.
- Mamma? Tu credi nella mamma? E dove credi che sia lei ora?
- Dove? Tutta in torno a noi! E’ in lei e grazie a lei che viviamo. Senza di lei tutto questo mondo non esisterebbe.
- Eppure io non ci credo! Non ho mai visto la mamma, per cui, è logico che non esista.
- Ok, ma a volte, quando siamo in silenzio, si riesce a sentirla o percepire come accarezza il nostro mondo. Sai? ... Io penso che ci sia una vita reale che ci aspetta e che ora soltanto stiamo preparandoci per essa ...
martedì 1 gennaio 2013
Che cos'è il tempo?
Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più. E tuttavia io affermo tranquillamente di sapere che se nulla passasse non ci sarebbe un passato, e se nulla avvenisse non ci sarebbe un avvenire, e se nulla esistesse non ci sarebbe un presente. Ma allora in che senso esistono due di questi tempi, il passato e il futuro, se il passato non è più e il futuro non è ancora? Quanto al presente, se fosse sempre presente e non trascorresse nel passato, non sarebbe tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per far parte del tempo, in tanto esiste in quanto trascorre nel passato, in che senso diciamo che esiste anch'esso? Se appunto la sua sola ragion d'essere è che non esisterà: in fondo è vero, come noi affermiamo, che il tempo c'è solo in quanto tende a non essere.
Le Confessioni, libro XI
Agostino di Ippona (354 – 430), vescovo, santo
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