domenica 22 dicembre 2013

La pecora nera alla grotta di Betlemme


C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco: «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere?». Anche le compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?». La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle. E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: "Almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini." Ma nemmeno in montagna trovò pace. «Che vivere è questo? Sempre da sola!», si diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava. Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce. «Dormirò là dentro!» e si mise a correre. Correva come se qualcuno la attirasse. «Chi sei?», le domandò una voce appena fu entrata. «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dal gregge». «La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù. «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana. Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!».
La pecora si mise a belare di felicità. Dal cielo gli angeli intonarono il «Gloria».
 Racconti di Natale, ediz. Aquaviva
Angelillo D'Ambrosio



martedì 3 dicembre 2013

Aforismi Educazione

Cosa fai per prima cosa quando impari a nuotare? Fai degli errori, non è vero? E cosa accade? Fai altri errori, e quando tu hai fatto tutti gli errori che è possibile fare senza affogare – e alcuni di loro anche più e più volte – cosa scopri? Che sai nuotare? Bene – la vita è la stessa cosa che imparare a nuotare! Non aver paura di fare degli errori, perché non c’è altro modo per imparare come si vive. (Alfred Adler)

Per essere perfetto educatore di un piccolo bambino bisognerebbe essere grande conoscitore del cuore umano. (Sant'Annibale Maria Di Francia)

Osservare tutto, sopportare molto, correggere una cosa alla volta. (San Bernardo di Chiaravalle)

Ci sono due lasciti durevoli che possiamo dare ai nostri figli. 
Uno sono le radici. L'altro sono le ali. (Hooding Carter Jr)

Si educa con ciò che si dice,
più ancora con ciò che si fa
e ancora di più con ciò che si è. (Sant'Ignazio di Antiochia [attribuita*])

L'educatore deve avere ben chiaro che la massima efficacia non viene da come egli parla, bensì da ciò che egli stesso è e fa. (…) Si può dire che il primo fattore è ciò che l'educatore è; il secondo è ciò che
l'educatore fa; solo il terzo è ciò che egli dice" (Romano Guardini)

L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni. (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 1975)

É meglio tacere ed essere, che dire e non essere. É bello insegnare se chi parla opera. Uno solo è il Maestro che ha detto e ha fatto e ciò che tacendo ha fatto è degno del Padre. (Sant'Ignazio di Antiochia, Lettera agli Efesini X,1)

Bisogna non solo chiamarsi cristiani, ma esserlo. (Sant'Ignazio di Antiochia, Lettera ai Magnesi IV,1)

Non potreste mai fallire su tutta la linea [...], una certa dose di fallimento nella vita è inevitabile. È impossibile vivere senza sbagliare nulla, a meno che non viviate in modo così prudente da non vivere del tutto – in quel caso, avrete fallito in partenza. (J.K. Rowling)

Vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, perché gli uomini, mentre insegnano, imparano. (Lucio Anneo Seneca)

L’educazione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo. È il grande motore dello sviluppo personale. È grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione. (Nelson Mandela)

I fanciulli non sono vasi da riempire, ma fuochi da accendere [attribuita a Socrate]  (Plutarco (46 / 48 d.C. – 125 /127), scrittore, storico e filosofo greco) [ripresa da William Butler Yeats: "Educare non significa riempire un secchio, ma accendere una fiamma".]




sabato 23 novembre 2013

...per possedere qualcosa.

Nasciamo senza portare
nulla, moriamo senza poter
portare nulla, ed in mezzo,
nell'eterno che si
ricongiunge nel breve
battito delle
ciglia, litighiamo per
possedere qualcosa.

N. Nur-ad-Din

martedì 19 novembre 2013

Mi religion es luchar con Dio

«Mi religion es luchar con Dio». La mia religione è lottare con Dio. Coloro che ritengono di credere in Dio, ma senza la passione nei loro cuori, l’angustia nel pensiero, senza incertezze, senza dubbi, senza un elemento di disperazione anche nella loro consolazione, credono solo nell'Idea di Dio, non in Dio stesso. 


Miguel de Unamuno, poeta, filosofo, scrittore e politico (1864 – 1936)

giovedì 17 ottobre 2013

Inno alla materia


“Benedetta sii tu, aspra Materia,
sterile gleba, dura roccia, tu che cedi solo alla violenza
 e ci costringi a lavorare se vogliamo mangiare.
Benedetta sii tu, pericolosa Materia,
mare violento, indomabile passione,
tu che ci divori se non t’incateniamo.
Benedetta sii tu, potente Materia,
Evoluzione irresistibile, Realtà sempre nascente,
 tu che, spezzando ad ogni momento i nostri schemi,
ci costringi ad inseguire, sempre più oltre, la Verità.
Benedetta sii tu, universale Materia,
durata senza fine, Etere senza sponde, triplice abisso delle stelle, degli atomi
e delle generazioni, tu che travalicando e dissolvendo le nostre anguste misure,
ci riveli la dimensione di Dio.
Benedetta sii tu, impenetrabile Materia,
tu che, ovunque tesa tra le nostre anime ed il Mondo delle Essenze,
ci fai languire dal desiderio di forare il velo senza cucitura dei fenomeni.
Benedetta sii tu, mortale Materia,
tu che, dissociandoti un giorno in noi,
ci introdurrai necessariamente nel cuore stesso di ciò che è.
Senza di te, o Materia, senza i tuoi attacchi, senza i tuoi strazi,
noi vivremo inerti, stagnanti, puerili, ignoranti di noi stessi e di Dio.
Tu che ferisci e medichi
tu che resisti e pieghi
tu che sconvolgi e costruisci
tu che incateni e liberi
Linfa delle nostre anime, Mano di Dio, Carne del Cristo, o Materia, io ti benedico.
Ti benedico, o Materia, e ti saluto, non già quale ti descrivono, ridotta o sfigurata - i pontefici della Scienza ed i predicatori delle Virtù - un'accozzaglia, dicono, di forze brutali e di bassi appetiti, ma quale tu mi appari oggi, nella tua totalità e nella tua verità.
Ti saluto, inesauribile capacità d’essere e di trasformazione in cui germina e cresce la Sostanza eletta.
Ti saluto, universale potenza di ravvicinamento e d’unione, che lega tra di loro le innumerevoli monadi ed in cui esse convergono tutte sulla strada dello Spirito.
Ti saluto, sorgente armoniosa delle anime, cristallo limpido dal quale è tratta la Gerusalemme nuova.
Ti saluto, Ambiente divino, carico di potenza Creatrice, Oceano mosso dallo Spirito, Argilla impastata ed animata dal Verbo incarnato.
Credendo di rispondere al tuo irresistibile appello, gli uomini spesso, si precipitano per amor tuo nell'abisso esterno dei piaceri egoistici.
Un riflesso li inganna, oppure una eco.
Lo vedo adesso.
Per raggiungerti, o Materia, bisogna che, partiti da un contatto universale con tutto ciò che, quaggiù, si muove, sentiamo via via svanire  nelle nostre mani le forme particolari di tutto ciò che stringiamo, sino a rimanere alle prese con la sola essenza di tutte le consistenze e di tutte le unioni.
Se vogliamo possederti, bisogna che ti sublimiamo nel dolore dopo averti voluttuosamente stretta fra le nostre braccia.
O Materia, tu regni sulle vette serene ove i santi pensano di evitarti, - Carne così trasparente e nobile che non ti distinguiamo più da uno spirito.
Portami su, o Materia, attraverso lo sforzo, la separazione e la morte.- portami dove sarà finalmente possibile abbracciare castamente l’Universo”.
Giù, sulla sabbia ridiventata tranquilla, qualcuno piangeva:  "O Padre mio! Padre mio! Quale vento folle lo ha dunque rapito !".
E per terra giaceva un mantello.
Jersey, 8 agosto 1919
Inno dell’Universo (Ed. Queriniana)

Pierre Teilhard De Chardin (1881 – 1955) prete gesuita, filosofo e paleontologo francese

venerdì 13 settembre 2013

"Noi portiamo l'amore..."



– So che ci sono degli ostacoli [ – disse Vinicio – ], ma io l'amo come i miei occhi, e quantunque io non sia ancora un cristiano, io non sono nè un vostro nemico, nè un nemico di Cristo. Voglio essere sincero, perchè abbiate fiducia di me. In questo momento si tratta della mia vita, nondimeno vi dirò la verità. Un altro potrebbe dire: battezzatemi; io dico illuminatemi. Io credo che Cristo sia risorto perchè lo dicono le persone che amano la verità e che lo videro dopo la morte. Credo, perchè ho visto io stesso che la vostra religione insegna la virtù, la giustizia e la misericordia, e non i delitti di cui vi si accusa.
Non so molto della vostra dottrina: quello che so l'ho imparato un po' da voi, un po' da quello che fate, un po' da Licia e un po' dai discorsi che ho fatto con voi. A ogni modo vi ripeto che ha prodotto in me qualche cambiamento. Prima facevo ubbidire i miei schiavi con una mano di ferro; ora non posso; ignoravo la pietà, ora la conosco. Mi abbandonavo ai piaceri, e invece l'altra notte sono fuggito dallo stagno di Agrippa perchè mi mancava il respiro dal disgusto; prima credevo al trionfo della forza, ora l'ho abbandonata. Sappiate che non mi riconosco più. Sono stomacato dei banchetti, del vino, delle canzoni, delle cetre, dei serti, della corte di Cesare, dei corpi nudi e di ogni delitto. E quando penso che Licia è pura come la neve alla sommità delle montagne, l'amo sempre di più; e quando penso ch'ella è così per la vostra religione, io amo e desidero anche questa. Ma siccome io non la conosco e non so se potrò vivere e conformarmi ai suoi precetti, nè se la mia natura potrà sopportarla, così io sono in lotta tra l'incertezza e la tortura, come se fossi in prigione.
La sua fronte si corrugò dall'angoscia e le sue guance si colorirono come da una fiammata; dopo riprese a parlare con crescente rapidità e maggiore emozione: 
– Come vedete, io sono torturato dall'amore e dall'incertezza. Gli uomini mi dicono che nella vostra religione non ci sia posto per la vita, per la gioia umana, per la felicità, per la legge, per l'ordine, per il potere supremo, per l'impero romano. È vero? Mi si dice che voi siete dei pazzi; ditemi voialtri che cosa recate. È peccato amare, è peccato godere, è peccato aspirare alla felicità? Siete voi nemici della vita? È necessario che un cristiano sia povero? Devo rinunciare a Licia? Qual è la verità? Le vostre azioni e le vostre parole sono trasparenti come l'acqua; ma che c'è sotto l'acqua? Vedete che io sono sincero. Disperdete le tenebre. Mi si dice pure che la Grecia ha creato la bellezza e la sapienza e che Roma ha creato la forza; ma i cristiani che cosa recano? Ditemi, allora, che cosa recate?
Se v'è la luce dietro le vostre porte, apritele.
– Noi rechiamo l'amore, disse Pietro.
E Paolo di Tarso aggiunse:
– Se io parlassi colle lingue degli uomini e degli angeli senza amore, la mia voce suonerebbe di rame […].
Vinicio si alzò colla faccia radiosa e incominciò:
– Vedo che la felicità può essere tra voi, perchè mi sento felice, e credo che possiate convincermi delle altre cose allo stesso modo […].

A chi non deve essere cara la propria felicità? [ – disse Vinicio a Licia – ] Ah! io ho assistito alla conversazione tra Paolo e Petronio. Sai tu che cosa ah, abbia finito per dire Petronio? «Ciò non fa per me», ma non seppe dire altro.
– Ripetimi le parole di Paolo, disse Licia.
– La conversazione ebbe luogo a casa mia, […] di sera. Petronio incominciò a parlare colla solita celia gaia. Paolo gli disse: «Come mai tu, o saggio Petronio, puoi negare che Cristo sia esistito e sia risorto, dal momento che tu non eri al mondo a quel tempo, e dal momento che Pietro e Giovanni lo hanno veduto e io stesso l'ho veduto sulla strada di Damasco? Provaci, prima di tutto, colla tua sapienza, che noi siamo bugiardi e poi nega la nostra testimonianza.» Petronio rispose ch'egli non aveva idea di negare, visto che avvenivano molte cose incomprensibili, affermate da persone degne di fede. Ma la scoperta, aggiunse, di un altro dio straniero è una cosa diversa dall'accettare la sua dottrina. «Non ho punto voglia di imparare cosa che può deformare la vita e sciupare la sua bellezza. Non importa se i nostri dèi siano veri o falsi; essi sono belli, il loro impero ci è piacevole e noi viviamo senza preoccupazioni.» 
– «Tu sei preparato a respingere la religione dell'amore, della giustizia e della misericordia, disse Paolo, per paura delle preoccupazioni; ma pensa, Petronio, la tua vita è proprio veramente libera da ogni preoccupazione? Guarda, nè tu nè alcuno dei più ricchi e più potenti, sa, quando va a letto, se si sveglierà con una sentenza di morte. Dimmi, Petronio, non è vero che se Cesare appartenesse a questa religione dell'amore e della giustizia, anche la tua felicità sarebbe più sicura? Tu temi per i tuoi piaceri, ma la tua vita non sarebbe più lieta? In quanto agli ornamenti e alla bellezza della vita, se voi avete innalzato tanti splendidi templi e statue alle divinità maligne, vendicatrici, adultere e infedeli, che cosa non farete in onore di un Dio buono e misericordioso?
Tu sei soddisfatto della tua sorte perchè sei ricco e vivi nell'opulenza; ma benchè nato da una grande famiglia, ti poteva ben capitare di essere povero e abbandonato da tutti, e allora sarebbe stato meglio per te che la gente fosse stata cristiana. Genitori ricchi di Roma, che non amano affaticarsi intorno ai loro figli, li cacciano spesso da casa; questi fanciulli sono chiamati alunni. Il caso avrebbe potuto fare di te uno di loro. Ma questo, non potrebbe avvenire se i parenti fossero della nostra religione.
Se tu, adulto, avessi sposata una donna che tu amavi, saresti stato desideroso di sapertela fedele per tutta la vita. Guarda che cosa avviene intorno a voi; quale viltà, quale vergogna, quale traffico della fedeltà delle mogli! Sì, voi stessi vi meravigliate se vi trovate dinanzi a una donna che chiamate univira cioè di un solo marito. Ma io ti dico che le donne che portano Cristo nel cuore non violeranno mai la fede giurata ai loro mariti, come i mariti cristiani rimarranno sempre fedeli alle loro mogli. Voi non siete sicuri nè dei vostri regnanti, nè dei vostri padri, nè delle vostre consorti, nè dei vostri figli, nè dei vostri servi. Tutti tremano dinanzi a voi, e voi tremate dinanzi i vostri schiavi, perchè sapete che possono rivoltarsi a ogni momento contro la vostra oppressione, come è avvenuto più di una volta. Benchè ricco, tu non sei sicuro che non ti giunga domani l'ordine di rinunciare alle tue ricchezze; tu sei giovine, ma domani ti si può ingiungere di morire. Tu ami, e ti aspetta il tradimento; tu sei innamorato delle ville e delle statue, ma domani un ordine ti può lanciare nei luoghi desolati della Pandataria; tu hai migliaia di domestici, ma domani tutti questi servi possono lasciarti dissanguare. Se tutto questo è vero, come puoi tu essere tranquillo e felice, come puoi tu abbandonarti ai piaceri? Ma io proclamo l'amore, proclamo la religione che ingiunge ai Cesari di amare i loro sudditi, ai padroni i loro schiavi, agli schiavi di servire con amor e di essere buoni e misericordiosi, l'amore che promette per ultimo una felicità interminabile come un mare senza fine.
Come dunque, Petronio, puoi tu dire che quella religione distrugge la vita, se invece la corregge e se tu saresti cento volte più felice e più sicuro s'essa dominasse tutto il mondo, come la signoria di Roma?»
«Così parlò Paolo. Petronio rispose: «Ciò non fa per me. Fingendosi sonnolento, se ne andò, e andandosene, aggiunse: Preferisco la mia Eunice, o piccolo ebreo, ma non mi piacerebbe di discutere con te ...»
Quo vadis?, ed. digitale www.liberliber.it, p. 143 - 144; 160 - 161
  
Henryk Sienkiewicz (1846 – 1916) scrittore e giornalista polacco. Premio Nobel per la letteratura, nel 1905, per il libro "Quo vadis?" (1896)..

martedì 10 settembre 2013

La gabbianella e il gatto

Questa è la storia di una gabbbiana che volava felice nell'aria insieme al suo stormo.
Ad un tratto, si tuffa nel mare per mangiare qualche piccola aringa, ma ... il mare è una distesa di petrolio e la povera gabbiana non riesce più a volare libera nel cielo perché le sue ali si sono inzuppate di quel malefico oro nero e restano immobili.
Raccolte le sue ultime forze, riesce a raggiungere la città ma precipita sul balcone di una casa.
Qui abita Zorba, un gatto grosso dal mantello lucente e nero.


La gabbiana è tutta sporca e puzzolente e Zorba le dice: ti darò un po' del mio cibo e ti farò guarire.
La povera gabbiana sta molto male ma prima di morire riesce ad affidare il suo primo e ultimo uovo allo stupito Zorba, dopo avergli chiesto di mantenere tre promesse:
1) covare l'uovo,
2) avere cura del pulcino che sarebbe nato,
3) insegnargli a volare.
Zorba promette di prendersi cura del piccolo che sta per nascere.
E intanto la gabbiana, dopo aver deposto l'uovo, se ne andò per sempre.
Zorba, il gatto, lo vorrebbe mangiare ma per rispettare le promesse, con delicatezza si va a posare sull'uovo e comincia a covarlo e riscaldarlo.
 All'improvviso dall'uovo esce una gabbianella che venne chiamata Fortunata.
Zorba, con l'aiuto dei suoi amici gatti, alleva con tanto amore la piccola gabbianella e la protegge dai pericoli.
Il problema nasce quando Zorba deve insegnare a volare a Fortunata.
Zorba la portava sul campanile e dopo tanti tentativi un bel giorno la gabbianella aprì le ali e volò verso il mare e da lontano salutò Zorba!!!

Due animali così diversi e nella realtà tanto avversi sono riusciti ad aiutarsi e ad amarsi.
È molto facile accettare e amare chi sembra uguale a noi.
Ma è difficile far entrare nel cuore chi uguale non è.


"Sei una gabbiana [...] e ti vogliamo bene perchè sei una gabbiana, una bella gabbiana. Non ti abbiamo contraddetto quando ti abbiamo sentito stridere che eri un gatto, perchè ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che tu sia diversa.
Ti vogliamo bene [...] Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo i tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso.
É molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile..."
(Luis Sepùlveda - Trilogia dell'amicizia/Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare)

domenica 1 settembre 2013

Aforismi Libri


Prestai un libro a un amico per un'ora,
Amico e libro aspetto ancora.

Il mondo è come un libro e chi non viaggia ne conosce una pagina soltanto.  (Sant'Agostino)

Mai imprestar libri, non uno fa ritorno; i soli che ho in biblioteca sono quelli che altri mi hanno prestato. (Anatole France)

Perché i libri sono come le persone e cambiano a seconda del momento in cui li incontri. E chi puó dire se son loro a cambiare o se invece sei tu che, nel frattempo, sei diventato un altro. (Bruno Morchio)

Se presso alla biblioteca ci sarà un giardino, nulla ci mancherà [Si hortum in bibliotheca habes, deerit nihil] (Cicerone, IX, 4, a Varrone)


Una stanza senza libri è come un corpo senz'anima [Ut conclave sine libris ita corpus sine anima] (Cicerone)

Gino mio, l'ingegno umano
Partorì cose stupende
Quando l'uomo ebbe tra mano
Meno libri e più faccende.
(Giuseppe Giusti, epigramma a Gino Capponi)


Di libri basta uno per volta, quando non è d'avanzo. (Alessandro Manzoni, introduzione ai Promessi Sposi)

Timeo hominem unius libri oppure Timeo lectorem unius libri (attribuita a Tommaso d'Aquino)
[ Ho paura di chi legge un solo libro. L'interpretazione è duplice. Da un lato si vuol dire che il lettore di un solo libro, avendo tutto il tempo di sviscerarne e assimilarne perfettamente il contenuto, finisce con il diventare un imbattibile esperto in quell'unica materia. Dall'altro si vuol affermare che la visione unilaterale e parziale del mondo, la pervicace mancanza di apertura mentale, l'isolamento culturale non favoriscono certamente il libero confronto delle idee né la totale comprensione della realtà, che è quasi sempre complessa e multiforme.]


Troppi libri sono dispersivi: dal momento che non puoi leggere tutti i volumi che potresti avere, basta possederne quanti puoi leggerne. (Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65)

Non lasciarti prendere dalla sete dei libri se vuoi morire in pace. (Marco Aurelio)

Un libro è un giardino che puoi custodire in tasca. (Proverbio Arabo)


Claustrum sine armario, quasi castrum sine armamentario / Un monastero senza l’armadio, cioè senza la biblioteca, è simile ad un accampamento militare privo di arsenale. (Proverbio medievale)

Timeo lectorem unius libri / Temo il lettore di un solo libro.  (Tommaso d'Aquino - attribuita




Tutti i libri del mondo


Tutti i libri del mondo
non ti danno la felicità,
però in segreto
ti rinviano a te stesso.
Lì c’è tutto ciò di cui hai bisogno,
sole stelle luna.
Perché la luce che cercavi
vive dentro di te.
La saggezza che hai cercato
a lungo in biblioteca
ora brilla in ogni foglio,
perché adesso è tua.

Hermann Hesse (1877 – 1962), scrittore, poeta e pittore tedesco

Un mondo di libri

Possedere una biblioteca è come possedere una stanza con tante finestre quanti sono i libri che sono riposti sugli scaffali. Ogni volta che si apre un libro si apre una finestra e si spalanca un mondo nuovo. Vedrai il tuo bosco, il tuo mare, il tuo eroe, la tua storia, i tuoi tramonti, le tue emozioni e tutte queste cose sono solo tue. Nessun altro immaginerà come te il bosco, il mare, l’eroe, la storia, il tramonto, le emozioni. Il tuo colore giallo sarà un giallo diverso da quello di un altro lettore. Il rosso fuoco del tramonto non sarà uguale per tutti. Vi saranno sfumature che solo tu vedrai. E se un libro non ti piace? Basta chiudere la finestra. Ecco perché il libro è bello. Perché anche tu sei il libro.

Gabriele Prinelli, scrittore italiano

giovedì 1 agosto 2013

Cercate Dio




Cercate Dio, trovatelo e fate di Lui una forza nella vostra vita.
Senza di Lui tutti i nostri sforzi si riducono in cenere
e le nostre aurore diventano le più oscure delle notti.
Senza di Lui, la vita è un dramma senza senso a cui mancano le scene decisive.
Ma con Lui noi possiamo passare dalla fatica della disperazione alla serenità della speranza.
Con Lui noi possiamo passare dalla notte della disperazione all'alba della gioia.

Martin Luther King Jr. (1929 - 1968), pastore protestante, politico e attivista statunitense

mercoledì 24 luglio 2013

Bellezza della sapienza

"L'amore per tale bellezza - la sapienza - può avere questo criterio di misura che non solo non la invidio agli altri, ma procuro anche che molti con me la desiderino, ad essa con me tendano, con me la posseggano e con me la godano. Ed essi mi saranno tanto più amici quanto più l'amata sarà posseduta in comune". 
Soliloqui
Agostino di Ippona (354 – 430), vescovo, santo

lunedì 1 luglio 2013

Fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo

"Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare".
_
John Ronald Reuel Tolkien (1892 – 1973)

domenica 12 maggio 2013

Supplica a mia madre


É difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.

Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Poesia in forma di rosa (1964)

Pier Paolo Pasolini (1922 - 1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore e scrittore italiano

Aforismi Mamma

Fra tutte le mamme del mondo è meraviglioso che tu sia proprio la mia! (Charlotte Gray - 1937)

Una mamma è quella persona che vedute che ci sono solo 4 pezzi di torta per 5 persone, prontamente annuncia che non le sono mai piaciute le torte. (Tenneva Jordan)

Le mamme sono gli unici lavoratori che non hanno mai vacanze. (Anne Morrow Lindbergh)

"Da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto?"


Il bambino chiama la mamma e domanda:
"Da dove sono venuto? Dove mi hai raccolto?"
La mamma ascolta, piange e sorride mentre
stringe al petto il suo bambino.
"Eri un desiderio dentro al cuore."


Rabindranath Tagore (1861 - 1941), scrittore, poeta e filosofo indiano

lunedì 6 maggio 2013

Perduto è tutto il tempo, che in amar non si spende...

Forse, se tu gustassi anco una volta
la millesima parte de le gioie,
che gusta un cor amato riamando,
diresti, ripentita, sospirando:
perduto è tutto il tempo,
che in amar non si spende.
Dafne: I, I
Torquato Tasso (1544 – 1595), scrittore e poeta italiano.

domenica 21 aprile 2013

Cercare l’altra metà...



Secondo la mitologia greca, gli umani originariamente furono creati con quattro braccia, quattro gambe e una testa con due facce. Temendo il loro potere, Zeus li divise in due parti separate, condannandoli a trascorrere le loro vite a cercare l’altra loro metà.
Il Simposio
Platone (427 - 347 a.C.), filosofo greco

sabato 20 aprile 2013

Aforismi Politica



La formica, che odiava lo scarafaggio, votò per l'insetticida.
Morirono tutti, compreso il grillo che si era astenuto. (Anonimo)

Guarda i politicanti, in ogni Stato, finché restano poveri hanno a cuore il paese e i cittadini. Ma poi, immediatamente, fattisi ricchi col denaro pubblico, eccoli disonesti a minacciare la democrazia, a fare guerra al popolo. (Aristofane, Pluto, 467-470)

La democrazia sono due lupi e una pecora che votano su cosa mangiare; la libertà è una pecora ben armata che contesta il risultato delle votazioni. (Benjamin Franklyn - attribuita)

La politica è la sottile arte della mediazione e della tessitura. (Camillo Benso di Cavour)

Tutte le volte che l'uomo ha voluto fare dello Stato il suo cielo, lo ha trasformato in un inferno. (Friedrich Hölderlin, Iperione, p. 52)

Un tale, accortosi che i cretini erano la maggioranza, pensò di fondare il Partito dei Cretini. Ma nessuno lo seguì. Allora cambiò nome al partito e lo chiamò Partito degli Intelligenti. E tutti i cretini lo seguirono. (Dino Risi)

La democrazia è il peggiore sistema di governo dopo tutti gli altri. (Giulio
 Andreotti)

La foresta stava scomparendo, ma gli alberi votarono ancora per l'ascia; perché l'ascia era furba e li aveva convinti che, poiché aveva il manico di legno, era una di loro. (Proverbio turco)

La democrazia è il peggiore dei sistemi politici ma uno migliore non è stato ancora inventato. (Winston Churchill)


mercoledì 10 aprile 2013

Credere senza vedere


Un imperatore disse al rabbino Yeoshua Ben Hanania: "Vorrei tanto vedere il vostro Dio".
"È impossibile", rispose il rabbino.
"Impossibile? Allora, come posso affidare la mia vita a qualcuno che non posso vedere?".
"Mostratemi la tasca dove avete riposto l'amore per vostra moglie. E lasciate che io lo pesi, per vedere se è grande".
"Non siate sciocco. Nessuno può serbare l'amore in una tasca", rispose l'imperatore.
"Il sole è soltanto una delle opere che il Signore ha messo nell'universo, eppure non potete vederlo bene. Tanto meno potete vedere l'amore, ma sapete di essere capace di innamorarvi di una donna e di affidarle la vostra vita. Non vi sembra evidente che esistono alcune cose nelle quali confidiamo anche senza vederle?".

mercoledì 3 aprile 2013

Che nessuna famiglia cominci per caso...



Che nessuna famiglia cominci per caso
che nessuna famiglia finisca per mancanza d'amore
che gli sposi siano l'uno per l'altra, con il corpo e con la mente
e che nessuno al mondo separi una coppia che sogna.
Che nessuna famiglia si ripari sotto i ponti,
che nessuno si intrometta nella vita degli sposi e nel loro focolare,
che nessuno li obblighi a vivere senza orizzonti,
e che vivano del passato, nel presente in funzione del futuro.
Che la famiglia cominci e finisca seguendo la sua strada
e che l'uomo porti sulle spalle la grazia di essere padre;
che la sposa sia in un cielo di tenerezza, di accoglienza e di calore,
e che i figli conoscano la forza dell'amore.
Che il marito e la moglie abbiano la forza di amare senza misura
e che nessuno si addormenti senza aver chiesto perdono e senza averlo dato,
che i bambini appendano al collo il senso della vita,
e che la famiglia celebri la condivisione dell'abbraccio del pane.
Che il marito e la moglie non si tradiscano e non tradiscano i figli
che la gelosia non uccida la certezza dell'amore reciproco,
che nel firmamento la stella più luminosa sia la speranza di un cielo qui, adesso e dopo.

Canto tratto dal CD International

P. José Fernandes de Oliveira (P. Zezinho), prete dehoniano e cantautore brasiliano

Le beatitudini degli sposi



Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3).
Beati voi coniugi, quando siete capaci di fare grandi rinunzie per amore dell'altro; beati voi, quando, consapevoli della vostra inadeguatezza di fronte ai problemi della vita, li deponete insieme ai piedi del Signore.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati (Mt 5,4).
Beati voi, quando la prova vi trova uniti, quando la preghiera comune diventa lo strumento per affrontarla, quando vi lasciate illuminare dallo Spirito per gioire e crescere nella conoscenza del progetto di Dio su di voi. La sua consolazione sarà la vostra forza.

Beati i miti, perché erediteranno la terra (Mt 5,5).
Beati voi, quando non date sfogo alla vostra aggressività, quando abbandonate il linguaggio prepotente dell'offesa e della rivendicazione dei meriti, del giudizio o della spartizione fredda dei compiti e assumete le vesti della mitezza inerme e generosa, della tenerezza ospitale e gratuita, del dono disarmato di voi stessi.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati (Mt 5,6).
Beati voi, quando vi lasciate guidare dalla Parola di Dio per distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, quando lo insegnate ai vostri figli, quando desiderate che a tutto il mondo arrivi il messaggio di speranza contenuto nel Vangelo. Beati voi, quando la vostra vita diventa testimonianza viva della Parola che salva.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia (Mt 5,7).
Beati voi, quando avrete imparato a perdonarvi, ad accettarvi nella vostra debolezza e fragilità, beati voi, quando della crisi fate un momento di crescita personale e comune, quando la vostra riconciliazione diventa pedagogia d'amore per i vostri figli.

Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5,8).
Beati voi sposi, quando sgombrate gli occhi e la mente dalle lusinghe del mondo e guardate a ciò che è essenziale, cercandolo nella Parola di Dio. Beati voi, quando la Parola diventa stile di vita, quando vi riconosceranno discepoli di Cristo, pur restando in silenzio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9).
Beati voi, uniti nel Sacro Vincolo del Matrimonio, quando coltivate la pace nelle relazioni all'interno della vostra famiglia, beati voi quando, usciti fuori dell'appartamento, sentite insopprimibile il desiderio di creare ponti, di collegare cuori con l'infinita misericordia di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10).
Beati voi, quando decidete di andare contro corrente e rimanete sordi alle logiche del mondo. Beati voi, quando mostrate la bellezza del progetto di Dio sulla famiglia e lo sostenete con la tenacia e la forza che solo il Signore può dare. Beati voi quando, attaccati da ogni parte, continuate a mostrare la gioia del mattino di Pasqua.

martedì 2 aprile 2013

Quanto pesa un bicchiere d'acqua?



Uno psicologo insegnò ai suoi studenti come gestire lo stress.
Prese un bicchiere d'acqua e si avviò per la stanza, in silenzio. Tutti si aspettavano una domanda tipo: "è mezzo pieno o mezzo vuoto?" Ad un certo punto si fermò, alzò il bicchiere e chiese ai suoi studenti: "Quanto è pesante questo bicchiere d'acqua?"
Meravigliati, gli studenti risposero tra 250 e 500 grammi.
Lo psicologo rispose: il peso assoluto non importa. Importa quanto tempo lo si tiene alzato: un minuto - nessun problema; un'ora - un braccio dolorante; un giorno - paralizza il braccio. In ognuno di questi tre casi il peso del bicchiere non cambia. Cambia solo il tempo: più il tempo passa, più diventa pesante!
Lo stress e le preoccupazioni della vita sono come il bicchiere d'acqua: se si pensa di meno a loro non succede quasi nulla. Se si pensa di più il cuore inizia a far male. Se si pensa a loro per tutto il tempo paralizzano la mente... e non è possibile puoi far più nulla.
Ecco perché è importante alleviare lo stress. Quando arrivi a casa la sera, lascia fuori le tue preoccupazioni. Non portarle con te durante la notte: metti giù il bicchiere!!!

giovedì 28 marzo 2013

Pasqua 2013


L'Orto del Getsemani



Lo scintillio di lontane stelle un'indifferente
luce gettava alla curva della strada.
La strada aggirava il Monte degli Ulivi,
giù, sotto di lei, scorreva il Cedron.

Il prato a metà s'interrompeva.
Dietro cominciava la Via Lattea.
Canuti, argentei ulivi tentavano
nell'aria passi verso la lontananza.

In fondo c'era un orto, un podere.
Lasciati i discepoli di là dal muro,
disse loro: "L'anima è triste fino alla morte,
rimanete qui e vegliate con me."

E rinunciò senza resistenza,
come a cose ricevute in prestito,
all'onnipotenza e al miracolo,
e fu allora come i mortali, come noi.

Lo spazio della notte ora pareva
il paese dell'annientamento e dell'inesistenza.
La distesa dell'universo disabitata,
e soltanto l'orto un luogo capace di vita.

E guardando quei neri sprofondi,
vuoti, senza principio e fine,
perché quel calice di morte via da lui passasse
in un sudore di sangue pregò il padre suo.

Lenito dalla preghiera lo spasimo mortale,
tornò al di là della siepe. Per terra
i discepoli, vinti dal sonno,
giacevano nell'erba lungo la strada.

Li destò: "Il Signore vi ha scelti a vivere
nei miei giorni, ed eccovi crollati come massi.
L'ora del figlio dell'uomo è venuta.
Egli si darà in mano ai peccatori."

E aveva appena parlato che, chissà da dove,
ecco una folla di servi, una turba di schiavi,
luci, spade e, davanti a tutti, Giuda
col bacio del tradimento sulle labbra.

Pietro tenne testa con la spada agli sgherri
e un orecchio a uno di loro mozzò.
Ma sente: "Non col ferro si risolve la contesa,
rimetti a posto la tua spada, uomo.

Pensi davvero che il padre mio di legioni alate
qui, a miriadi, non m'avrebbe armato?
E allora, incapaci di torcermi un capello,
i nemici si sarebbero dispersi senza lasciar traccia.

Ma il libro della vita è giunto alla pagina
più preziosa d'ogni cosa sacra.
Ora deve compiersi ciò che fu scritto,
lascia dunque che si compia. Amen.

Il corso dei secoli, lo vedi, è come una parabola
e può prendere fuoco in piena corsa.
In nome della sua terribile grandezza
scenderò nella bara fra volontari tormenti.

Scenderò nella bara e il terzo giorno risorgerò,
e, come le zattere discendono i fiumi,
in giudizio, da me, come chiatte in carovana,
affluiranno i secoli dall'oscurità."


Il dottor Živago, Milano, Feltrinelli ed., 1959, p. 708 - 710

Boris Leonidovič Pasternak (1890 - 1960), poeta e scrittore russo

(Foto della Via Crucis del Santuario Madonna di Lourdes di Nevegal dello scultore Franco Fiabane)

mercoledì 20 marzo 2013

Le leggi della dama

In uno dei giorni di Chanukkà, Rabbi Nahum, figlio del Rabbi di Rizin, entrò all'improvviso nella ieshivà e trovò gli studenti che giocavano a dama, com'è d'uso in quei giorni. Quando videro entrare lo zaddik, si confusero e smisero di giocare; ma questi scosse benevolmente la testa e chiese: "Ma conoscete anche le leggi del gioco della dama?". E siccome essi non aprivano bocca per la vergogna, si rispose da sé: "Vi dirò io le leggi del gioco della dama. Primo: non è permesso fare due passi alla volta. Secondo: è permesso solo andare avanti e non tornare indietro. Terzo: quando si è arrivati in alto, si può andare dove si vuole".
da: Il cammino dell'uomo
Martin Buber (1878 - 1965), filosofo, teologo, pedagogista austriaco 

martedì 26 febbraio 2013

L'arte è il racconto della felicità di esistere


"...l'arte serve sempre la bellezza, e la bellezza è la felicità di dominare la forma. La forma è il presupposto organico dell'esistenza; tutto ciò che è vivo per esistere deve avere forma e così l'arte, anche l'arte tragica, è il racconto della felicità di esistere".
Il dottor Živago, Milano, Feltrinelli ed., 1959, p. 592

Boris Leonidovič Pasternak (1890 - 1960), poeta e scrittore russo

giovedì 24 gennaio 2013

Cuore giovane



Signore, tu sai meglio di me che sto invecchiando e che tra non molto sarò vecchia del tutto.
Guardami dalla fatale abitudine di credere che io debba dire il mio parere su tutti gli argomenti, in qualsiasi circostanza.
Liberami dalla voglia di dare una sistemazione alle cose di tutti.
Fammi riflessiva, ma non musona, pronta ad aiutare, senza impormi.
Sembra un vero peccato non usare la mia vasta saggezza, ma tu sai, Signore, che alla fin fine qualche amico voglio pure conservarmelo.
Tieni libera la mia mente dal disperdersi in infiniti particolari; fammi arrivare subito al concreto.
Chiudi le mie labbra sui miei guai e pene: stanno aumentando e la voglia di parlarne diventa prepotente con il passare degli anni.
Non oso chiederti grazia cosi grande come quella di godere del racconto dei guai altrui, ma aiutami ad ascoltarli e a sopportare i miei con la stessa pazienza.
E non oso chiederti di accrescermi la memoria, ma ti chiedo maggiore umiltà e minore sicurezza quando la mia memoria sembra urtarsi con le memorie altrui.
Insegnami la sacrosanta lezione che qualche volta posso sbagliarmi anch'io. Conservami ragionevolmente dolce: non voglio essere una santa (è così difficile vivere insieme con alcune di loro!), però una persona vecchia e amara costituisce il coronamento dell'opera del diavolo.
Rendimi capace di scoprire il bene in luoghi inattesi e qualità in chi non te l'aspetti.
E concedimi, Signore, la grazia di riconoscerlo apertamente.
Amen.

(Preghiera di una monaca inglese del 1700)

martedì 15 gennaio 2013

Tienimi per mano…



Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne
e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle.
Tienila stretta
quando non riesco a vivere questo mondo imperfetto.
Tienimi per mano,
portami dove il tempo non esiste.
Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano,
nei giorni in cui mi sento disorientata,
cantami la canzone delle stelle dolce
cantilena di voci respirate.
Tienimi la mano
e stringila forte prima che l’insolente fato
possa portarmi via da te.
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai!

Hermann Hesse (1877 – 1962), scrittore, poeta e pittore tedesco

Ciò che conta davvero...


Una bella storia, a tratti struggente, che potrebbe aiutare molti matrimoni in bilico...

“Quando tornai a casa quella sera, mentre mia moglie serviva la cena, le ho preso la mano e le ho detto che avevo qualcosa da dirle. Si è seduta e ha mangiato in silenzio. Ancora una volta ho osservato il dolore nei suoi occhi..
Improvvisamente non sapevo come aprire la bocca. Ma ho dovuto farle sapere che cosa stavo pensando. Io voglio il divorzio. Ho sollevato il tema con calma. Non sembrava infastidita dalle mie parole, però mi ha chiesto sottovoce: “Perché?”
Ho evitato la sua domanda. Questo la fece arrabbiare. Gettò le posate e mi urlò: “Non sei un uomo!”. Quella notte, non abbiamo parlato. Lei piangeva. Sapevo che voleva capire cosa era successo al nostro matrimonio. Ma non riuscivo a darle una risposta soddisfacente, ero innamorato di Jane. Io non l’amavo più. Mi faceva solo pena!
Con un profondo senso di colpa, misi insieme un accordo di divorzio, dichiarando che avrebbe potuto avere la nostra casa, la nostra macchina e il 30% del capitale della mia azienda. Lei lo lesse e poi lo strappò. La donna che aveva trascorso dieci anni della sua vita con me era diventata un’estranea. Mi è dispiaciuto per il suo tempo, risorse ed energie sprecate ma non riuscivo a rimangiare quello che le avevo detto perchè amavo Jane così tanto. Infine cominciò a piangere, era quello che mi aspettavo. Per me il suo pianto era in realtà una sorta di liberazione. L’idea del divorzio che mi aveva ossessionato per diverse settimane sembrava essere più solida e più chiara adesso.
Il giorno dopo, sono tornato a casa molto tardi e l’ho trovata che scriveva qualcosa alla scrivania. Non ho cenato ma sono andato subito a letto e mi sono addormentato immediatamente perché ero stanco dopo una giornata intensa con Jane. Quando mi sono svegliato, era ancora lì alla scrivania. Solo che non mi importava e mi sono riaddormentato.
In mattinata mi ha presentato le sue condizioni di divorzio: lei non voleva nulla da me, ma aveva bisogno di un mese di tempo prima del divorzio. Ha chiesto che in quel mese entrambi lottassimo per vivere una vita più normale possibile. Le sue ragioni erano semplicemente che nostro figlio aveva gli esami in quel mese e lei non voleva sconvolgerlo con il nostro matrimonio fallito.
Questa richiesta mi andava bene. Ma aveva una richiesta in più, mi chiese di ricordare come l’avevo portata in braccio dalla camera alla sala il giorno del nostro matrimonio. Ha richiesto che ogni giorno per la durata del mese la portassi in braccio della nostra camera da letto alla porta d’ingresso ogni mattina. Ho pensato che fosse diventata scema. Giusto per rendere i nostri ultimi giorni insieme sopportabili ho accettato la sua richiesta strana.
Ho raccontato a Jane le relative condizioni di divorzio di mia moglie. Lei rise e pensò che fosse un’assurdità. Non importa quali trucchi applica, dovrà affrontare il divorzio, disse con disprezzo.
Io e mia moglie non abbiamo avuto alcun contatto fisico dal momento della mia richiesta di divorzio esplicitamente espressa. Così, quando l’ho presa in braccio il primo giorno, ci siamo sentiti goffi. Nostro figlio applaudiva dietro di noi, babbo ha preso la mamma in braccio. Le sue parole mi hanno fatto sentire un profondo senso di dolore. Dalla camera da letto al salotto, poi verso la porta, ho camminato più di dieci metri con lei in braccio. Chiuse gli occhi e mi sussurrò: “Non dire niente a nostro figlio del divorzio”. Ho accennato di sì con la testa, sentendomi un poco sconvolto. L’ho messa giù fuori dalla porta. Andò ad aspettare il pullman per andare al lavoro. Io, da solo, presi la macchina ed andai in ufficio.
Il secondo giorno, è stato molto più facile. Si appoggiò sul mio petto. Sentivo il profumo della sua camicetta. Mi sono reso conto che non avevo guardato con attenzione questa donna per lungo tempo. Ho capito che non era più giovane. C’erano delle piccole rughe sul suo viso e aveva qualche capello grigio! Il nostro matrimonio l’aveva stressata molto. Per un attimo mi sono chiesto cosa le avevo fatto.
Il quarto giorno, quando l’ho sollevata, ho sentito il ritorno di un senso di intimità. Questa è stata la donna che aveva dato dieci anni della sua vita per me. Il quinto giorno e il sesto, mi sono reso conto che il nostro senso di intimità cresceva di nuovo. Non dissi niente a Jane. Diventava sempre più facile portarla in braccio man mano che il mese scivolava via. Forse l’allenamento di tutti i giorni mi rese più forte.
Una mattina stava scegliendo cosa indossare. Ha provato un bel paio di vestiti, ma non riusciva a trovarne uno adatto. Poi sospirò, tutti i miei vestiti sono troppo larghi. Improvvisamente mi sono reso conto che era diventata così magra: era il motivo per cui potevo portarla così facilmente.
Improvvisamente mi ha colpito… lei aveva seppellito tanto dolore e amarezza nel suo cuore. Inconsciamente allungai una mano e le toccai la testa.
Nostro figlio arrivò in quel momento e disse: babbo, è il momento di portare fuori la mamma. Per lui, vedere il padre portare sua madre fuori era diventata una parte essenziale della sua vita. Mia moglie fece un gesto a nostro figlio di avvicinarsi e lo abbracciò forte. Girai la testa perché avevo paura di cambiare idea all’ultimo minuto. Poi la presi tra le braccia, camminando dalla camera da letto, attraverso il salotto, nel corridoio. La sua mano attorno al mio collo dolcemente e naturalmente. Ho tenuto il suo corpo stretto, era proprio come il nostro giorno di matrimonio.
Ma il suo peso molto più leggero mi rendeva triste. L’ultimo giorno, quando l’ho tenuta tra le braccia non riuscivo a muovere un passo. Nostro figlio era andato a scuola. L’ho tenuta stretta e le dissi: “Non avevo notato che alla nostra vita mancava intimità”. Vado in l’ufficio… salto fuori dalla macchina velocemente senza bloccare la porta. Avevo paura che un attimo di ritardo potesse farmi cambiare idea… andai di sopra, Jane aprì la porta e le dissi: “Mi dispiace, Jane, non voglio più divorziare”.
Lei mi guardò, stupita, e poi mi toccò la fronte. “Hai la febbre?” disse. Tolsi la sua mano dalla mia testa. “Mi dispiace, Jane,” dissi, “non voglio divorziare”. Il mio matrimonio era diventato noioso probabilmente perché noi non abbiamo dato valore ai dettagli della nostra vita, non perché non ci amavamo più. Adesso mi rendo conto che da quando l’ho portata in casa mia dal primo giorno del nostro matrimonio, dovevo tenerla per tutta l’eternità. Jane sembrò svegliarsi all’improvviso. Mi diede uno schiaffo forte e poi sbattè la porta e scoppiò in lacrime. Scesi al piano di sotto e mi allontanai. Al negozio di fiori lungo la strada, ordinai un mazzo di fiori per mia moglie. La commessa mi chiese cosa scrivere nel biglietto. Sorrisi e dissi: “Ti porterò fuori ogni mattina per tutta l’eternità”.
Quella sera arrivai a casa, i fiori in mano, un sorriso sul mio viso, corsi su per le scale, solo per trovare mia moglie nel letto, morta. Mia moglie stava lottando contro il cancro per mesi e io ero così impegnato con Jane che non l’avevo neanche notato. Lei sapeva che sarebbe morta in poco tempo e voleva salvarmi dalla reazione negativa che avrebbe avuto nostro figlio, nel caso in cui fossi andato avanti con il divorzio.
- Almeno, agli occhi di nostro figlio sono un marito amorevole…
I piccoli dettagli della vostra vita sono ciò che contano davvero in una relazione. Non è la casa, l’auto, la proprietà, i soldi in banca. Questi creano un ambiente favorevole per la felicità, ma non possono mettere la felicità dentro di noi.
Quindi, trova il tempo per essere amico della tua sposa e fare quelle piccole cose reciproche che costruiscono l’intimità per avere un matrimonio veramente felice!
Molte persone che hanno divorziato non si sono resi conto di quanto fossero vicini al successo quando si sono arresi...”.

lunedì 7 gennaio 2013

Ventiquattro ore d’oro



“Ogni giorno ti vengono consegnate ventiquattro ore d’oro;
sono tra le poche cose che,
su questa terra,
ti sono date gratuitamente.
Se anche possedessi montagne di denaro,
non potresti comprare neanche un’ora aggiuntiva.
Che cosa farai con questo tesoro inestimabile?
Rammenta, devi usarle,
poichè ti vengono concesse una sola volta.
E, se le sprechi,
non potrai recuperarle.
L’importanza di una vita felice non può essere esagerata.
Pensa a ogni singolo giorno come a una cosa senza prezzo.
Se ne prendi una serie e li metti tutti in fila,
otterrai un anno;
se raggruppi più anni,
avrai un’intera esistenza,
fatta di amore,
felicità, onestà,
speranze e sogni”.
da: Il bambino che imparò a colorare il buio
N. Sparks e B. Mills

Tu credi nella mamma?



Nel ventre di una donna incinta si trovavano due bebè. Uno di loro chiese all’altro:
- Tu credi nella vita dopo il parto?
- Certo. Qualcosa deve esserci dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci per quello saremo più tardi.
- Sciocchezze! Non c’è una vita dopo il parto. Come sarebbe quella vita?
- Non lo so, ma sicuramente... ci sarà più luce che qua. Magari cammineremo con le nostre gambe e ci ciberemo dalla bocca.
-Ma è assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare dalla bocca? Ridicolo! Il cordone ombelicale è la via d’alimentazione … Ti dico una cosa: la vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombelicale è troppo corto.
- Invece io credo che debba esserci qualcosa. E forse sarà diverso da quello cui siamo abituati ad avere qui.
- Però nessuno è tornato dall’aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine della vita. E in fin dei conti, la vita non è altro che un’angosciante esistenza nel buio che ci porta al nulla.
- Beh, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma sicuramente vedremmo la mamma e lei si prenderà cura di noi.
- Mamma? Tu credi nella mamma? E dove credi che sia lei ora?
- Dove? Tutta in torno a noi! E’ in lei e grazie a lei che viviamo. Senza di lei tutto questo mondo non esisterebbe.
- Eppure io non ci credo! Non ho mai visto la mamma, per cui, è logico che non esista.
- Ok, ma a volte, quando siamo in silenzio, si riesce a sentirla o percepire come accarezza il nostro mondo. Sai? ... Io penso che ci sia una vita reale che ci aspetta e che ora soltanto stiamo preparandoci per essa ...

martedì 1 gennaio 2013

Che cos'è il tempo?


Che cos'è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più. E tuttavia io affermo tranquillamente di sapere che se nulla passasse non ci sarebbe un passato, e se nulla avvenisse non ci sarebbe un avvenire, e se nulla esistesse non ci sarebbe un presente. Ma allora in che senso esistono due di questi tempi, il passato e il futuro, se il passato non è più e il futuro non è ancora? Quanto al presente, se fosse sempre presente e non trascorresse nel passato, non sarebbe tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per far parte del tempo, in tanto esiste in quanto trascorre nel passato, in che senso diciamo che esiste anch'esso? Se appunto la sua sola ragion d'essere è che non esisterà: in fondo è vero, come noi affermiamo, che il tempo c'è solo in quanto tende a non essere.
Le Confessioni, libro XI
Agostino di Ippona (354 – 430), vescovo, santo