Carmen XL, De resurrectione, 12
Romano il Melode (490 ca - 556 ca), diacono cristiano, poeta e compositore di inni siriano, santo
Carmen XL, De resurrectione, 12
Romano il Melode (490 ca - 556 ca), diacono cristiano, poeta e compositore di inni siriano, santo
Adesso chiudi dolcemente gli occhi e stammi ad ascoltare
Sono solo quattro accordi ed un pugno di parole
Più che perle di saggezza sono sassi di miniera
Che ho scavato a fondo a mani nude in una vita intera
Non cercare un senso a tutto perché tutto ha senso
Anche in un chicco di grano si nasconde l’universo
Perché la natura è un libro di parole misteriose
Dove niente è più grande delle piccole cose
È il fiore tra l’asfalto lo spettacolo del firmamento
È l’orchestra delle foglie che vibrano al vento
È la legna che brucia che scalda e torna cenere
La vita è l’unico miracolo a cui non puoi non credere
Perché tutto è un miracolo tutto quello che vedi
E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri
Tu allora vivilo adesso come se fosse l’ultimo
E dai valore ad ogni singolo attimo
Ti immagini se cominciassimo a volare
Tra le montagne e il mare
Dimmi dove vorresti andare
Abbracciami se avrò paura di cadere
Che siamo in equilibrio
Sulla parola insieme
Abbi cura di me ... Abbi cura di me
Il tempo ti cambia fuori, l’amore ti cambia dentro
Basta mettersi al fianco invece di stare al centro
L’amore è l’unica strada, è l’unico motore
È la scintilla divina che custodisci nel cuore
Tu non cercare la felicità semmai proteggila
È solo luce che brilla sull’altra faccia di una lacrima
È una manciata di semi che lasci alle spalle
Come crisalidi che diventeranno farfalle
Ognuno combatte la propria battaglia
Tu arrenditi a tutto, non giudicare chi sbaglia
Perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso
Perché l’impresa più grande è perdonare se stesso
Attraversa il tuo dolore arrivaci fino in fondo
Anche se sarà pesante come sollevare il mondo
E ti accorgerai che il tunnel è soltanto un ponte
E ti basta solo un passo per andare oltre
Ti immagini se cominciassimo a volare
Tra le montagne e il mare
Dimmi dove vorresti andare
Abbracciami se avrai paura di cadere
Che nonostante tutto
Noi siamo ancora insieme
Abbi cura di me qualunque strada sceglierai, amore
Abbi cura di me ... Abbi cura di me
Che tutto è così fragile
Adesso apri lentamente gli occhi e stammi vicino
Perché mi trema la voce come se fossi un bambino
Ma fino all’ultimo giorno in cui potrò respirare
Tu stringimi forte e non lasciarmi andare.
Abbi cura di me
Album Abbi cura di me (2019)
Simone Cristicchi, cantautore italiano
L'uomo che cammina
Christian Bobin (1951 – 2022), scrittore e poeta francese
Romano Guardini, prete, teologo, scrittore italiano (1885 - 1968)
Inno 25, Maria sotto la croce
Romano il Melode (490 ca - 556 ca), diacono cristiano, poeta e compositore di inni bizantino, santo
Il contesto epocale
Al di là delle interpretazioni possibili della crisi delle ideologie, della fine della modernità e del profilarsi del tempo postmoderno, ciò che oggi in Occidente rende culturalmente più poveri è la mancanza di un orizzonte comune rispetto a cui porre l’ethos, non soltanto come prassi e costume, ma anche come radicamento e dimora, come ultimo fondamento del vivere, dell’agire e del morire umani. Questo senso di abbandono e di addio, questa fragilità e debolezza è terreno di cultura per ogni scetticismo o relativismo, ma può anche essere un luogo in cui credenti e non credenti si confrontano. Non però combattendosi muovendo da facili certezze o impugnando la clava della verità, con cui punire o giudicare l’altro, ma cercando di comprendere e interpretare questo spaesamento. Infatti un po’ tutti, sia gli orfani dell’ideologia come i credenti pensosi sul comune destino, si trovano, anche se per motivi diversi, interpellati e in parte spiazzati da quanto in questa crisi epocale andiamo vivendo. In questo senso, il "pensiero debole" o le varie forme di nichilismo – prima che atteggiamenti mentali – riflettono condizioni esistenziali di smarrimento, naufragio e caduta, in cui credenti e non credenti si trovano accomunati nello sforzo di interpretare il proprio tempo.
La riscoperta dell’Altro
Questo senso di smarrimento, di disagio, di bisogno di patria, questo dolore dell’abbandono, può essere evaso, nascosto, fuggito: si può tentare di essere non pensanti, e dunque negligenti di fronte alla condizione del naufragio. Ma nel momento in cui si pensa e si è coscienti, la lama di questo dolore non può non interrogarci tutti, oggi, a proposito delle diverse manifestazioni di questa inquietudine. Fede e ragione più consce delle proprie tentazioni epocali. Meno ideologiche, non più rigidamente chiuse in se stesse, sono proprio per questo più aperte alla ricerca, e perciò accomunate nell’esperienza del pensiero dell’Altro. La categoria che tutti ci provoca non è l’identità, ma l’alterità, in quanto essa ci raggiunge nel bisogno d’altri, nell’urgenza della com-passione e nell’inquietante oscurità dell’ultimo orizzonte verso cui muovere il cammino.
E’ forse per questo che il Dio crocefisso appare a molti dei nostri contemporanei più eloquente che l’Altissimo onnipotente, che sembra loro lontano dal dolore umano. Nell’Abbandonato della Croce si lascia riconoscere il volto dei tanti "abbandonati" della storia di questo Novecento, dalle vittime delle guerre mondiali e dell’Olocausto, a quelle della miseria e dei genocidi che continuano a perpetrarsi fino ai nostri giorni. E il grido di questo abbandono provoca un bisogno di trascendenza, di uscita da sé verso l’Altro, verso gli altri.
La sfida dell’etica
È qui che si presenta con nuova rilevanza, come termine di comune interrogazione per tutti, la sfida dell’etica. Non si tratta infatti solo di un esistere davanti all’Altro e con l’Altro, ma anche di un esistere per gli altri: che non possono essere colti soltanto come produzione del nostro pensiero, o condizione del nostro operare, o limite o sfida della nostra libertà e delle nostre scelte, ma si offrono anche e soprattutto come esigitività radicale, come fondamento dell’esistere responsabile. E l’altro invocato da E. Lévinas come crisi della metafisica a favore di un suo superamento nell’etica. E ancora più radicalmente l’altro della caritas evangelica, del comandamento "simile" al primo, partecipativo e realizzativo di esso, che è il comandamento dell’amore. Gli altri sfidano fede e ragione a superare la falsa separatezza di teoria e prassi. La dimensione morale investe oggi la riflessione in maniera forte, come domanda di esistere e di pensare l’esistere non solo in sé, ma per gli altri. Se è molto difficile immaginare un’etica senza l’Altro ultimo e sovrano (la cosiddetta "etica di chi non crede"), non può esistere un’etica senza gli altri senza l’altro penultimo verso cui muovere nell’esodo da sé al di là del proprio tornaconto. Ed è proprio nel volto di questo altro prossimo e concreto che può affacciarsi la traccia dell’Altro misterioso e sovrano.
Due lotte, due fedi
Nel raccogliere la sfida dell’alterità, credenti e non credenti si scoprono più vicini di quanto si potrebbe supporre: il credente, nella sua lotta interiore per aprirsi al Dio dell’avvento, si riconosce in certo modo come un ateo che ogni giorno si sforza di cominciare a credere, e il non credente pensante si riconosce come il credente che ogni giorno vive la lotta di cominciare a non credere. Non si tratta quindi qui dell’ateo banale, negligente e in fuga da se stesso, ma di chi vive le tensioni profonde che agitano una coscienza retta, in ricerca di coerenza globale; si tratta di chi, avendo cercato e non avendo ancora trovato, patisce l’infinito dolore dell’assenza di Dio. Questo tipo di ateo può considerarsi in qualche modo l’altra parte di chi crede. E’ quella parte – evidenziata dal noto apologo rabbinico – che oppone alla fede la voce interiore "ma se poi non fosse vero?" e che oppone alla non fede la voce "ma forse è vero!".
Questo riconoscere nell’altro, nel diverso, non un pericolo, ma un dono, un incontro, è una forma esigente di eticità sulla quale si possono sintonizzare anche credenti e non credenti. Si tratta di amare l’altro come è, per quello che è, cercando in lui la verità di noi stessi e offrendogli umilmente, ma al tempo stesso fiduciosamente, la verità di noi stessi. E non ne viene forse da tutto questo un no condiviso, il no alla negligenza della fede, il no ad una fede indolente, statica ed abitudinaria, fatta di intolleranza comoda che si difende condannando perché non sa vivere la sofferenza dell’amore? E non ne viene il sì ad una fede interrogante, tentata anche dal dubbio, ma capace ogni giorno di cominciare a consegnarsi perdutamente all’altro, a vivere l’esodo senza ritorno verso il Silenzio di Dio, dischiuso e celato nella Sua Parola?
Pensanti, non pensanti
Da quanto detto fin qui appare che, dal punto di vista della metodologia dell’incontro, la differenza da marcare non sarà tanto quella tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti, tra uomini e donne che hanno il coraggio di vivere la sofferenza, di continuare a cercare per credere, sperare e amare, e uomini e donne che hanno rinunciato alla lotta, che sembrano essersi accontentati dell’orizzonte penultimo e non sanno più accendersi di desiderio e di nostalgia al pensiero dell’ultimo orizzonte e dell’ultima patria. La sfida pastorale che ne deriva è allora quella di ascoltare le domande vere del pensiero davanti al mistero dell’esistenza, ponendosi insieme, credenti e non credenti pensosi, a capire ciascuno le ragioni dell’altro. Per chi crede ciò potrà significare una purificazione delle motivazioni dell’atto di fede e al tempo stesso una nuova possibilità di proporle a chi non crede con la fedeltà del testimone e il rispetto del compagno di strada, che si riconosce nell’altro e scopre l’altro in sé.
Il dialogo con i non credenti. Fondamenti teologico - pastorali
Carlo Maria Martini (1927 – 2012), cardinale, arcivescovo cattolico, biblista e teologo italiano
La guerra “ha mostrato spietatamente all’uomo civile che egli è ancora un barbaro” perché il conflitto alberga dentro ognuno di noi in quanto: “la psicologia del singolo corrisponde alla psicologia delle nazioni. Ogni singolo individuo fa ciò che fanno le nazioni e, fin quando lo fa l’individuo, lo fa anche la nazione. La psicologia della nazione può cambiare soltanto se cambia l’atteggiamento dell’individuo. I grandi problemi dell’umanità non sono mai stati risolti da leggi generali, ma sempre e soltanto da un mutato atteggiamento del singolo.
Psicologia dell’Inconscio (1912)
Cominciare da sé stessi
La visione di questa catastrofe [ il Primo conflitto mondiale ] risospinge su sé medesimo l’uomo, nel sentimento della sua totale impotenza; lo induce a guardare dentro di sé e, poiché tutto oscilla e sembra lì lì per crollare, l’uomo cerca qualcosa a cui appigliarsi. Sono ancora molti, troppi coloro che cercano al di fuori; alcuni credono all’illusione della vittoria e della forza vittoriosa, altri confidano nei trattati e nelle leggi, altri ancora sperano nella distruzione dell’ordine esistente. Troppo pochi invece cercano al didentro, nel proprio Sé, e troppo pochi si domandano se il miglior servizio che si può rendere alla società umana non consista dopo tutto nel cominciare da sé stessi, applicando prima e unicamente alla propria persona e nel proprio foro interiore il sommovimento dell’ordine esistente, le leggi, le vittorie di cui va cianciando ad ogni angolo di strada, anziché pretendere di imporle ai propri simili. Il singolo individuo ha bisogno di un rivolgimento, di una rottura interna, di staccarsi da ciò che già esiste per rinnovarsi, ma non deve imporre tutto ciò ai suoi simili sotto il manto ipocrita del cristiano amor del prossimo o del senso di responsabilità sociale, e delle altre belle parole con cui copre inconsci bisogni personali di potenza. Conoscenza di sé, ritorno del singolo al fondo dell’essenza umana, alla propria essenza e alla certezza individuale e sociale di questa, ecco il modo per cominciare a guarire dalla cecità che predomina nell’ora attuale.
Due testi di psicologia analitica (1918), Opere 7
Domani la tua sovranità sarà ridotta in cenere
Ma che cosa vuoi ancora conquistare? Di più della terra non puoi conquistare. E cos’è poi la terra? É tutta tonda, una goccia sospesa nell’universo. Al sole non puoi arrivare e neppure alla desolata luna basta il tuo potere; non puoi assoggettare il mare, la neve dei poli o la sabbia del deserto, ma alla fin fine soltanto qualche lembo di terra verde. E le tue conquiste non sono nemmeno di lunga durata. Domani la tua sovranità sarà ridotta in cenere, perché dovresti soprattutto – e perlomeno – assoggettare la morte. Dunque, non essere folle e metti via le armi. Dio stesso ha fatto in mille pezzi la tua arma. L'armatura ti sia sufficiente a proteggerti dai folli che pensano ancora alle conquiste.
Il Libro Rosso (1913 - 1930), 2, IX
Carl Gustav Jung (1875-1961), psichiatra, psicoanalista, antropologo e filosofo svizzero
Stai attento alle tue parole, perché diventeranno le tue azioni.
Stai attento alle tue azioni, perché diventeranno le tue abitudini.
Stai attento alle tue abitudini, perché diventeranno il tuo carattere.
Stai attento al tuo carattere, perché diventerà il tuo destino.
Silvester Stallone /Rocky in Rokcky Balboa (2006), diretto da Sylvester Stallone
Beatissima e dolcissima Vergine Maria, madre di Dio, tutta piena di bontà, figlia del Re dei cieli, signora degli Angeli e madre dei credenti: oggi e per tutti i giorni della mia vita ripongo nelle tue mani pietose il mio corpo e la mia anima, e tutti i miei atti: pensieri, volontà, desideri, parole e opere, tutta la mia vita e la mia morte, affinché, per tua intercessione, siano ordinati al bene, conforme alla volontà del tuo diletto Figlio e Signore nostro Gesù Cristo; e tu, Signora mia santissima, sii per me aiuto e conforto contro le insidie e le astuzie dell’antico avversario e di tutti i nemici della mia anima.
Dal tuo diletto Figlio e Signore nostro Gesù Cristo, degnati di ottenermi la grazia con cui possa resistere alle tentazioni del mondo, della carne e del demonio, e mantenere sempre fermo il proposito di non più peccare e di perseverare invece nel servizio tuo e del tuo diletto Figlio.
Ti supplico pure, Signora mia santissima, di impetrarmi una vera obbedienza e una vera umiltà di cuore, perché mi riconosco misero e fragile peccatore, incapace non solo di compiere qualsiasi opera buona, ma anche di resistere alle ricorrenti tentazioni, senza la grazia e l’aiuto del mio Creatore e le tue sante preghiere.
Ottienimi, Signora mia dolcissima, una costante castità di mente e di cuore, perché possa con cuore puro e corpo casto servire al tuo Figlio e a te, nel tuo diletto Ordine.
Ottienimi da Lui una volontaria povertà con pazienza e tranquillità di spirito perché possa sostenere gli impegni del mio stato, e lavorare per la salvezza mia e del mio prossimo.
Ottienimi ancora, Signora dolcissima, una verace carità, perché ami con tutto il cuore il tuo sacratissimo Figlio e nostro Signore Gesù Cristo; e te, dopo di Lui, sopra ogni altra creatura; e il prossimo in Dio e per Dio, sì da godere del suo bene, soffrire del suo male, non disprezzare né giudicare temerariamente alcuno, né preferirmi ad alcuno nel segreto del mio cuore.
Fa’ ancora, Regina del cielo, che custodisca sempre nel mio cuore l’amore e il timore del tuo dolcissimo Figlio; che di continuo renda grazie per i tanti benefici concessimi non per mio merito, ma per sua bontà; che faccia una confessione pura e sincera e una vera penitenza dei miei peccati, per meritare la sua misericordia e la sua grazia.
Infine, ti prego perché al termine della mia vita, tu che sei madre impareggiabile, porta del cielo e avvocata dei peccatori, non permetta che io, indegno tuo servo, possa deviare dalla fede cattolica; ma soccorrimi con la tua grande bontà e misericordia, difendimi dagli spiriti del male e infondimi speranza nella gloriosa Passione del tuo Figlio benedetto; ottienimi anche con la tua intercessione il perdono dei miei peccati e, concedendomi di spirare nel tuo e nel suo amore, dirigimi sulla via della salvezza e della gloria eterna. Amen.
Tommaso d'Aquino (1225 - 1274), santo, sacerdote domenicano, teologo e filosofo italiano
É come quando c’è chi crede di essere felice andando a vivere da qualche altra parte, ma poi impara che non è così che funziona. Ovunque tu vada, porti te stesso con te. (Neil Gaiman)