“Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi?” (Mt 15, 2a).
Carissimi Amici, queste parole, rivolte a Gesù dagli scribi e dai farisei appositamente venuti da Gerusalemme, ci interrogano sul nostro modo di vivere la festa del nostro Santo Patrono, San Barsanofio di Gaza e, più in generale, sul nostro modo di vivere la fede cristiana, alla quale crediamo di appartenere.
È necessario porre una premessa alla nostra riflessione: cosa ci vuole per rendere un culto gradito a Dio? E ancora di più: quale culto ci ottiene la partecipazione alla salvezza realizzata da Gesù Cristo con la Sua morte e resurrezione ed offertaci quale reale dono prezioso con l’effusione dello Spirito Santo nei nostri cuori?
Il termine “culto” deriva dal verbo latino “colere”, che vuol dire “adorare, venerare”, ed in generale significa relazione con ciò che è sacro. In questa prospettiva, il vocabolo “culto” racchiude in sé tutte le usanze e gli atti per mezzo dei quali si esprime il sentimento religioso.
La storia precristiana ed extracristiana ci insegna che spesso molte usanze e riti, vissuti come culto, cioè come mezzo per rendere lode e gloria alla divinità, erano in realtà un obbrobrio agli occhi di Dio. Basti pensare ai sacrifici umani.
Già nell’Antico Testamento Dio manifesta ciò che Gli è veramente gradito, ciò che costituisce un culto che sia relazione con Lui: non adorazione di oggetti, il vitello d’oro, o di astri e potenze naturali, ma comunione con Dio e comunione con il proprio popolo, partendo dalla parola rivelata da Dio stesso.
I profeti sono stati spesso inviati a denunciare la deviazione del popolo da un culto gradito a Dio. Ascoltiamo, ad esempio, il grido di Dio attraverso il profeta Ezechiele: “E ciò che v'immaginate in cuor vostro non avverrà, mentre voi andate dicendo: «Saremo come le nazioni, come le tribù degli altri paesi, che prestano culto al legno e alla pietra». Com'è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio -, io regnerò su di voi con mano forte, con braccio possente e con ira scatenata” (Ez 20, 32-33).
Ma è con l’incarnazione del Verbo di Dio che viene rivelato il vero culto che rende onore al Padre e salva l’uomo. Parlando alla Samaritana, Gesù dice: “Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano” (Gv 4, 23). Ecco il culto che Dio vuole dai suoi figli: un’adorazione in spirito e verità.
E San Paolo specifica in modo chiaro ed inequivocabile quale deve essere il culto: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 1-3). Il culto spirituale che Dio ci chiede parte dal rinnovamento del nostro modo di pensare.
Non si tratta, carissimi Amici, di cambiare bandiera, di indossare una nuova casacca senza, però, porsi in una vera nuova prospettiva, come spesso avviene tra i politici, che cambiano simbolo ma non mentalità, tradendo, tra l’altro, la fiducia di coloro che li hanno eletti. Il rinnovamento del nostro modo di pensare deve portarci alla comprensione della volontà di Dio, a discernere ciò che è buono, gradito a Dio e perfetto. Il non rinnovare il nostro modo di pensare porta alla sclerotizzazione del nostro pensiero, ad una visione del mondo e della stessa nostra vita fatta con il paraocchi o, ancor peggio, con gli occhi chiusi. E la conseguenza di questo atteggiamento è che vediamo solo ciò che ci fa piacere e non ciò che ci giova, ci aggrappiamo ad un pensiero che è originato dalla debolezza e dalla peccaminosità umana e non dalla visione di Dio, dalla Sua volontà, che, oltre che buona e bella, è anche portatrice di salvezza per chiunque l’accolga.
Chi non è disposto a rinnovare il proprio modo di pensare, ovviamente si conforma a questo mondo e si trincera dietro presunte tradizioni che portano, spesso, a tradire il comandamento di Dio o, quantomeno, allontanano dalla volontà di Dio, da ciò che a Lui è gradito. E così il proprio culto non è un culto rivolto a Dio ma a sé stessi: il pensiero mondano diventa il culto da seguire. E così le processioni, che sono un atto di culto a Dio attraverso l’ostensione di coloro che in vita si sono impegnati sino al martirio per vivere il vangelo di Gesù Cristo, i Santi, diventano “sfilate”, come si sono espressi i giornalisti proprio in questi giorni, quasi che i Santi abbiano bisogno di mostrare la propria immagine. Essi, invece, sono coloro che si fanno compagni di viaggio di chi sceglie di percorrere le vie del vangelo, sostenendoci con la loro santa testimonianza e con la loro fervida intercessione, facendoci concretamente vedere a cosa porta il cambio di mentalità, la conversione del cuore e l’obbedienza a chi ha l’onere e l’onore di annunciare il vangelo in modo autentico.
Nel vangelo che è stato proclamato, agli scribi e ai farisei che lo avevano interrogato sulla trasgressione alla tradizione degli antichi da parte dei Suoi discepoli, Gesù risponde con un’altra domanda: “E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione?” (Mt 15, 3).
Vedete, Amici cari, quale pesantissima accusa muove Gesù verso i capi del popolo di Israele e, vorrei dire, verso tutti i capi della storia che hanno scelto, lungo i secoli e sino ad oggi, di rimanere ancorati a tradizioni che un tempo esprimevano un sentimento vero ma che poi hanno perso la propria forza evangelizzatrice: in nome di una tradizione, peraltro spesso non conosciuta proprio da chi la sostiene, si trasgredisce il comandamento di Dio.
Chiediamocelo con totale sincerità […]: cosa vale di più, una tradizione o il comandamento di Dio? Cosa siamo disposti a seguire: un pensiero mondano che diventa culto o ciò che Dio, oggi e qui, ci chiede? Quale rispetto abbiamo di Dio e anche del prossimo? Con quale decoro trattiamo le cose di Dio? Siamo veramente disposti a sacrificare il decoro dovuto a Dio per soddisfare le nostre velleità? Siamo davvero tanto ciechi da voler “costringere” uomini e donne che hanno fatto altra scelta a dare culto a Dio nel momento in cui noi decidiamo, senza tenere conto che nemmeno Dio ci costringe al culto, ma ci invita e ci sollecita con amore di Padre?
Mi chiedo e vi chiedo, a Voi che siete qui per libera scelta, senza essere costretti e, ritengo, per amore a Dio e devozione a san Barsanofio: Come ci siamo preparati ad offrire questo atto di culto e di devozione? Abbiamo ascoltato di più la parola di Dio? Abbiamo dedicato più tempo alla preghiera? Ci siamo accostati al sacramento della Riconciliazione per riconoscere quanto la nostra vita sia distante dal vangelo e, allo stesso tempo, ricevere abbondante la misericordia di Dio che ci rinnova e ci salva? Siamo nelle condizioni morali di ricevere il Corpo eucaristico di Gesù, che è pegno di vita immortale e anticipazione della nostra gloria futura? Abbiamo teso la mano ai nostri fratelli e sorelle più bisognosi? Abbiamo tenuto a freno la nostra mente e la nostra lingua o abbiamo espresso pesanti giudizi sul prossimo offendendo l’altrui dignità? Non dimentichiamo ciò che dice il libro dei Proverbi: “C'è chi chiacchierando è come una spada tagliente…” (12, 18a). E gli fa eco il Salmo 64: “Affilano la loro lingua come spada, scagliano come frecce parole amare” (Sal 64, 4). E San Giacomo così puntualizza: “Così anche la lingua: è un membro piccolo ma può vantarsi di grandi cose. Ecco: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta!” (Gc 3, 5). Altro che “le parole sono parole”! Nel nostro cuore c’è la luce di Dio?
Amatissimi figli, non intendevo sottoporvi ad un esame di coscienza, quantunque faccia sempre bene farlo quotidianamente. Il mio desiderio è che il Signore Gesù, nostro Salvatore ma anche nostro Giudice, non debba esprimere sui cristiani della Città […] il giudizio formulato per gli scribi e i farisei, e che il vangelo proclamato ci ha ricordato: “Così avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione. Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini»” (Mt 15, 6b-9).
[…] Adoperiamoci perché il nostro cuore non sia lontano da Dio, che il nostro culto non sia vano e odiato da Dio anche se apprezzato da alcuni uomini, non accogliamo dottrine che sono precetti di uomini e non volontà di Dio, la sola che salva. Cerchiamo la comunione con tutti, anche nella gestione della cosa pubblica, perché solo l’unità di intenti è la carta vincente, è l’espressione della ricerca del bene comune […]. Amen.
Omelia del 30 Agosto 2022 in occasione della Solennità di San Barsanofio Abate
Mons. Vincenzo Pisanello, Vescovo di Oria