venerdì 30 dicembre 2022

Cedere il posto ai più deboli

Una volta, mentre si trovava in viaggio, sorpreso da una tempesta, [Cesare] riparò nella casupola di un poveraccio e poiché c’era solo una stanzetta che a malapena poteva ospitare una persona ordinò che la occupasse Oppio. «Fra i potenti», disse, «bisogna cedere il posto a chi sta più in alto, ma fra gli amici ai più deboli». E passò la notte con gli altri sotto la gronda della porta.

Vite parallele, Cesare, 17
Plutarco (46 / 48 – 125 / 127), biografo, scrittore, filosofo greco


martedì 27 dicembre 2022

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali

Greccio (Umbria – Italia), notte del 25 dicembre 1223...

La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
 A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.

C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: “Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuta come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è li estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali, perché era diacono e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava “il Bambino di Betlemme”, e quel nome “Betlemme” lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva “Bambino di Betlemme” o “Gesù”, passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

S. Francisci Assisensis vita et miracula

Tommaso da Celano (1200 – 1260), beato, presbitero francescano, poeta e scrittore italiano

Il primo presepe


Giotto, affresco raffigurante "Il presepe di Greccio", Assisi Basilica di San Francesco (1300)  

Tre anni prima della sua morte, decise di celebrare vicino al paese di Greccio, il ricordo della natività del bambino Gesù, con la maggior solennità possibile, per rinfocolarne la devozione.
Ma, perché ciò non venisse ascritto a desiderio di novità, chiese ed ottenne prima il permesso del sommo Pontefice. Fece preparare una stalla, vi fece portare del fieno e fece condurre sul luogo un bove ed un asino.
Si adunano i frati, accorre la popolazione; il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di innumerevoli luci, solenne e sonora di laudi armoniose.
L'uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia.
Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo, canta il santo Vangelo. Predica al popolo e parla della nascita del re povero e nel nominarlo, lo chiama, per tenerezza d'amore, il “bimbo di Bethlehem”.
Un cavaliere, virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia secolaresca e si era legato di grande familiarità all'uomo di Dio, il signor Giovanni di Greccio, affermò di aver veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno.
Questa visione del devoto cavaliere è resa credibile dalla santità del testimone, ma viene comprovata anche dalla verità che essa indica e confermata dai miracoli da cui fu accompagnata. Infatti l'esempio di Francesco, riproposto al mondo, ha ottenuto l'effetto di ridestare la fede di Cristo nei cuori intorpiditi; e il fieno della mangiatoia, conservato dalla gente, aveva il potere di risanare le bestie ammalate e di scacciare varie altre malattie.
Così Dio glorifica in tutto il suo servo e mostra l'efficacia della santa orazione con l'eloquenza probante dei miracoli. 

Legenda maior (Fonti Francescane X 1186,7)

San Bonaventura da Bagnoregio (1221 – 1274) Santo, cardinale, filosofo e teologo italiano 


lunedì 26 dicembre 2022

Venne anche il giorno di Natale


Venne anche il giorno di Natale.
Sapevo che era il giorno di Natale perché il tenente la sera prima era venuto nella tana a dirci: “É Natale domani!”. Lo sapevo anche perché dall'Italia avevo ricevuto tante cartoline con alberi e bambini.
Una ragazza mi aveva mandato una cartolina in rilievo con il presepio, e la inchiodai sui pali di sostegno del bunker.
Sapevamo che era Natale. Quella mattina avevo finito di fare il solito giro delle vedette. Nella notte ero andato per tutti i posti di vedetta del caposaldo e ogni volta che trovavo fatto il cambio dicevo:
“Buon Natale!”
Anche ai camminamenti dicevo: “Buon Natale!” anche alla neve, alla sabbia, al ghiaccio del fiume, anche al fumo che usciva dalle tane, anche ai russi.
Era mattina. Me ne stavo nella postazione più avanzata sopra il ghiaccio del fiume e guardavo il sole che sorgeva dietro il bosco di roveri sopra le postazioni dei russi.
Guardavo il fiume ghiacciato da su, dove compariva dopo una curva, fin giù, dove scompariva in un'altra curva.
Guardavo la neve e le peste di una lepre sulla neve: andavano dal nostro caposaldo a quello dei russi.
“Se potessi prendere la lepre!” – pensavo. Guardavo attorno tutte le cose e dicevo: “Buon Natale!”.
Era troppo freddo star lì fermo e risalendo il camminamento rientrai nella tana della mia squadra.
“Buon Natale!” – dissi – “Buon Natale!”.
Meschini stava pestando il caffè nell'elmetto con il manico della baionetta.
Bodei faceva bollire i pidocchi.
Giuanin stava appollaiato nella sua nicchia vicino alla stufa.
Moreschi si rammendava le calze.
Quelli che avevano fatto gli ultimi turni di vedetta dormivano. C'era un odore forte lì dentro: odore di caffè e di tante altre cose. A mezzogiorno Moreschi mandi per i viveri. Ma siccome quel rancio non era da Natale si decise di fare la polenta.
Meschini ravvivò il fuoco, Bodei andò a lavare il pentolone. Tourn e io si voleva sempre stacciare la farina e, chissà dove e come, un giorno Tourn riuscì a trovare uno staccio.
Ma quello che restava nello staccio, tra crusca e grano appena spezzato era più di metà e allora si decise a maggioranza di non stacciarla più. La polenta era dura e buona.
Era il pomeriggio di Natale. Il sole incominciava ad andarsene per i fatti suoi dietro la mugila e noi si stava nella tana attorno alla stufa fumando e chiacchierando.
Venne poi dentro il cappellano del Vestone: “Buon Natale, figlioli, buon Natale!”, e si appoggiò con la schiena ad un palo di sostegno. “Sono stanco – disse – ho fatto tutti i bunker del battaglione.
Quanti ce ne sono ancora dopo il vostro?”
“Una squadra sola” – dissi.
Più tardi mandai fuori la prima coppia di vedette perché era buio. Ero lì che mi  grattavo la schiena vicino alla stufa quando entrò Chizzarri a chiamarmi: “Sergente – disse – ti vogliono al telefono: è il capitano”. Mi infilai il pastrano e presi il moschetto domandando mi cosa potessi aver fatto di male.
Il telefono era nella tana del tenente.
Il tenente era fuori, forse a passeggiare lungo la riva del fiume per sentire gli starnuti delle vedette russe.
Era proprio Beppo, il capitano, che mi voleva su a Valstagna, al comando di compagnia. Aveva qualcosa da dirmi. “Che sarà?” – pensavo, mentre andavo su alla chiesa diroccata.
Con la faccia tonda e rossa il capitano mi aspettava nella sua tana che era larga e comoda.
Aveva il cappello sulle ventitré con la penna dritta come un coscritto, le marni in tasca. “Buon Natale!” –  disse. E poi mi tese la mano e poi un bicchiere di latta con dentro cognac.
Mi chiese come andava al mio paese e come al caposaldo.
Mi cacciò tra le braccia un fiasco di vino e due pacchi di pasta. Ritornai giù alla mia tana saltando fra la neve come un capretto a primavera.
Nella furia scivolai e caddi ma non ruppi il fiasco né mollai la pasta. Bisogna saper cadere.
Una volta sono scivolato sul ghiaccio con quattro gavette di vino e non versai una goccia: io ero giù per terra ma le gavette le avevo salde in mano con le braccia tese.
Quando arrivai al caposaldo le vedette mi diedero l'alt-chi-va-là-parola-d'ordine e gridai, forte che mi sentirono anche i russi: “Pastasciutta e vino!”.

Il sergente nella neve.  Ricordi della ritirata di Russia (1963)

L’alba del 25 dicembre 1943, dopo una notte quasi insonne e molto fredda, fu molto strana perché in quell’aria lattiginosa e gelata si udì d’un tratto un chiaro suono di campane. Forse quel suono veniva dal campanile di legno? O dagli altoparlanti del lager? O dalla mia immaginazione? Insomma erano pur sempre campane che suonavano a festa […]. 
Quel mattino divenne più silenzioso degli altri. Mi alzai, accesi la stufa, scaldai l’acqua, con pazienza e con la lametta che non tagliava e con poca saponata mi tagliai la barba, e dopo, per quel giorno, mi passai sulle guance alcune gocce di acqua di colonia: pensando a quello che avrebbe dovuto essere il mio Natale, una settimana prima avevo scambiato con un marinaio di passaggio due lamette da barba nuove con un quarto di bottiglietta di acqua di colonia. 
Prima di mezzogiorno la guardia venne a chiamarci per la zuppa; e fu allora che vidi scritto sulla neve lungo i reticolati, pestata con i piedi, questa frase: Fröhliche Weihnachten – [Buon Natale!]. 

Quel Natale nella steppa (2006)

Mario Rigoni Stern (1921 – 2008), militare e scrittore italiano

domenica 25 dicembre 2022

Per ultima venne la morte


La morte non voleva credere alle proprie orecchie quando le fu comunicato che il suo dominio universale stava per finire. Pur riconoscendosi la più inamabile di tutte le creature, un po' di riguardo l'avrebbe gradito da parte dell'Arcangelo messaggero. Non era mica l'ultima delle ancelle di Dio, anzi. Il suo ruolo nei piani del Creatore era fondamentale.
«E continuerà ad esserlo - le aveva garantito il messo celeste - per tutte le creature viventi, tranne che per l'uomo».
«Perché?gli aveva domandato la Morte - diventerà immortale?».
«Non fare troppe domande... tu non capiresti».
Era stato a questo punto che la Morte si era gravemente offesa. Che oltre a fare un lavoraccio infame, la si giudicasse imbecille, non lo poteva tollerare! Di essere perdente non le importava affatto, tanto il suo lavoro le era ingrato, ma come sarebbe avvenuta la metamorfosi?
Le bastò uno sguardo circolare sulla superficie terrestre per individuare il punto. Forse nessuno, davanti alla grotta di Betlemme, provò maggior sbalordimento della Morte. Eppure, ora che lo aveva davanti, il progetto le appariva chiaro e di un'incredibile semplicità: quel batuffolo di carne, per il solo fatto di essere vita, era già sua preda. La Morte desiderò a quel punto che il Creatore avesse scelto un'altra strada, per non essere chiamata in causa. Ma fu allora che, dal sonno profondo in cui era immerso, il Bimbo le sorrise. E la Morte si sentì vinta e capì come sarebbe stata vinta: da un amore talmente intenso che proprio attraverso di lei sarebbe passato, per dimostrare all'universo la propria potenza e la propria vastità.

Fiabe della Notte Santa

Piero Gribaudi (1933 - 2019), scrittore, editore e bibliofilo italiano

Il Figlio dell'Altissimo


Era nato il “Figlio dell'Altissimo”. Giuseppe mi guardava, non era figlio suo... ma era figlio suo! Il Signore Dio aveva scelto me come madre del figlio dell'Altissimo, ma aveva scelto anche lui come padre del Figlio dell'Altissimo. Giuseppe pianse, pianse per la gioia di quel figlio, pianse per me. Adesso comprendevo le parole di Elisabetta: “...e beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Capivo anche le mie stesse parole che qualche tempo prima mi erano sgorgate dalla bocca come un fiume in piena: “D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome”. Il bambino era nato, Gesù, “Dio-salva”, questo sarebbe stato il suo nome. È l'Emmanuele, l’Altissimo, fra noi. Presi il bambino, lo pulii e lo tenni stretto sul mio seno. Stavo accudendo il Figlio dell'Altissimo! Non riuscivo a pensare ad altro... com'era possibile? Ma era lì, con me, fra le mie braccia! Poi lo avvolsi in alcune fasce che mi aveva portato quella buona donna e lo poggiai in quella che sembrava una mangiatoia, al caldo. Non volevo lasciarlo, come facevo a non tenere su di me il Figlio dell'Altissimo? Quel tenero fagottino? Ma quella “mangiatoia” Giuseppe l'aveva sistemata bene, in modo che il bambino stesse più caldo. Era sera, ma fuori c'era ancora molta luce, argentea. La luna splendeva alta nel cielo, ma la luce non era solo la sua. Dalla finestrella, in lontananza si vedeva una stella molto brillante, era la stella che vedevamo in cielo da giorni, sembrava quasi che avesse seguito me e Giuseppe.
All'improvviso sentimmo bussare alla porta, semplici assi che chiudevano l'uscio di quella piccola stanza.Entrarono dei pastori: man mano che entravano si guardavano tra di loro, si facevano dei segni con gli occhi, come se riconoscessero qualcuno. Si guardarono intorno poi, timorosi, si addossarono lungo le pareti della grotta, erano un po' spaventati anche perché erano dei pastori, un lavoro che era disprezzato dalle autorità giudaiche, ma nessuno di noi li fermò: videro la mangiatoia e un fagottino dentro, e si diressero lì, capirono che il bambino era stato deposto lì. “Chi vi ha parlato di noi? Perché siete venuti qui da noi e vi siete diretti proprio verso il bambino?” chiese Giuseppe preoccupato e stupito alla vista di quei pastori. È vero, lui era originario di Betlemme, ma non aveva riconosciuto nessuno di quei pastori venuti lì. Giuseppe era andato via da Betlemme quando era ragazzo.
Anche prima, girando per le stradine del villaggio in cerca di un alloggio, Giuseppe non aveva incontrato persone che lo conoscevano. Non capiva il significato di quella visita. Un pastore, quello che sembrava il più anziano, si fece avanti e gli disse di non preoccuparci. Ci raccontò che tutti loro stavano vegliando per fare la guardia al loro gregge. Erano intenti a confabulare tra loro per tenersi sveglie, all'improvviso avevano visto uno che aveva addosso una luce particolare. Si erano spaventati per questa presenza strana. Quel messaggero gli aveva detto che era lì per annunciare una grande gioia, riguardava loro e tutto il popolo: “Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore”, questo ci ha detto. Poi ha continuato: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Il pastore continuò: “Prima, qualcuno di noi ha notato del trambusto qui vicino, abbiamo pensato che è questo il posto giusto qui; siamo venuti per vedere questo bambino. Siamo persone semplice, ma come tutto il nostro popolo, stiamo aspettando il Messia. Quel messaggero ha parlato in modo strano, ha parlato di Messia”. “Gesù, si chiama Gesù il nostro bambino. Gesù figlio di Giuseppe, Yeshùa bar Yosef” disse Giuseppe, con orgoglio, scoprendo un poco il bambino affinché i pastori lo potessero vedere meglio.

 "Non temere, Maria..." Romanzo storico (2020), p. 46 - 49

Claudio Penna, insegnante, autore e scrittore italiano 


sabato 24 dicembre 2022

E se invece venisse per davvero?


E se invece venisse per davvero?
Se la preghiera, la letterina, il desiderio
espresso così, più che altro per gioco,
venisse preso sul serio?

Se il regno della fiaba 
e del mistero si avverasse? 
Se accanto al fuoco
al mattino si trovassero i doni,
la bambola, il revolver, il treno,
il micio, l'orsacchiotto, il leone
che nessuno di voi ha comperati?

Se la vostra bella sicurezza
nella scienza e nella dea ragione
andasse a carte quarantotto?
Con imperdonabile leggerezza
forse troppo ci siamo fidati.

E se sul serio venisse?
Silenzio! O Gesù Bambino,
per favore cammina piano
nell'attraversare il salotto.
Guai se tu svegli i ragazzi:
che disastro sarebbe per noi
così colti, così intelligenti,
brevettati miscredenti,
noi che ci crediamo chissà cosa
coi nostri atomi, coi nostri razzi.
Fa' piano, Bambino, se puoi.

Poesia pubblicata sul numero 165 della rivista "Novità" del Dicembre 1964

Dino Buzzati (1906 - 1972), giornalista e scrittore italiano 


mercoledì 21 dicembre 2022

I cani del Signore

Quando un gregge è piccolo e le pecore sono docili e vi sono pochi lupi o non ve ne sono affatto, il pastore può far a meno del cane. Quando il gregge è grande e le pecore sono vagabonde, non una sola ma a branchi, e i lupi sono numerosi, bisogna che il pastore abbia un cane e magari più di uno. I cani somigliano sempre ai lupi, e spesso i migliori cani da pastore sono proprio i cani lupi. E quel che hanno conservato del lupo che permette loro di fare per il pastore ciò che lui stesso non farebbe: fiutano, corrono, si arrampicano alla maniera degli animali che sono. Ma è quel che il pastore ha comunicato loro di se stesso che fa di essi dei cani da pastore: amare le pecore come un pastore o come un lupo, non è affatto la stessa cosa. È condividendo un po’ la vita del pastore che il cane rimane un cane e non diventa un lupo. Non vive più nei boschi, ma accanto alla casa del pastore. Si nutre del cibo dell’uomo. Ode la voce dell’uomo. È l’uomo che lo chiama senza tregua a sé, è l’uomo che lo manda incessantemente alle frontiere del gregge. I suoi due estremi sono la testa del gregge e i piedi del pastore. Le pecore non possono né ritrovarsi le une le altre, né difendersi. Ma non diventeranno mai lupi. I cani possono ritrovare le pecore e difenderle, ma c’è sempre un lupo nascosto dentro di loro; possono tornare ad esserlo.

Ai piedi di San Domenico, in San Pietro a Roma, c’è un cane simbolo della sua missione. L’ovile della Chiesa, in certi periodi, ha bisogno di cani da pastore. In queste ore, il Signore li ha sempre fatti sorgere. Se sono fedeli, li si riconoscerà sempre da due cose: le spine e i morsi sulle zampe, il segno del collare intorno al collo. Come tutti i cani pastori, porteranno la contraddizione di essere al tempo stesso gli amici dell’uomo e gli antichi abitatori della foresta. Come tutti i cani pastori, un giorno o l’altro riceveranno la «correzione» del pastore… perché non possono capire tutto ciò che egli dice. Come tutti i cani da pastore, saranno disprezzati, ai margini del bosco, un giorno, una sera, a causa del collare dell’uomo.

Il testo, dedicato al domenicano Fr. Jacques Loew (1908 - 1999), 
è tratto da Madeleine Delbrêl, Strade di città, sentieri di Dio» di Christine de Boismarmin (Città Nuova, 1978)

Madeleine Delbrêl (1904 – 1964), assistente sociale, poetessa e mistica francese

martedì 20 dicembre 2022

L'asino e la tigre


L’asino disse alla tigre: “L’erba è blu”.
La tigre rispose: “No, l’erba è verde.”
La discussione si animò, così i due animali decisero di ricorrere al leone, il re della giungla.
Già prima di arrivare alla foresta, dove il leone era seduto sul suo trono, l’asino cominciò a gridare: “Vostra Altezza, non è vero che l’erba è verde.”
Il leone rispose: Vero, l’erba è blu.”
L’asino continuò: “La tigre non è d’accordo con me e mi dà fastidio; per favore, puniscila”.
Il re allora dichiarò: “La tigre sarà punita con 4 anni di silenzio”.
L’asino saltò allegramente e proseguì contento il suo cammino, ripetendo: “L’erba è blu”.
La tigre accettò la punizione per 4 anni, ma prima chiese al leone: “Sua Maestà, perché mi ha punito? Dopo tutto, l’erba è verde”.
Il leone rispose: “In realtà, l’erba è verde”.
La tigre chiese: “Allora perché mi punisci?”
Il leone rispose: “Questo non ha nulla a che vedere con la domanda se l’erba è blu o verde.
La punizione è dovuta al fatto che non è possibile che una creatura coraggiosa e intelligente come te perda tempo a litigare con un asino, e soprattutto che venga a disturbare me con questa domanda”.


Mai perdere tempo in discussioni che non hanno senso.
Ci sono persone che non hanno la capacità di comprendere concetti semplici ed evidenti e altre che sono accecate dall’ego per cui l’unica cosa che desiderano è avere ragione.
La pace e la tranquillità valgono molto di più. 
Dunque, non perdete tempo a discutere con gli asini!

Il vostro valore

Questo è un lingotto di ferro, il suo valore è di circa 100 dollari. 

Se fosse ferro usato varrebbe circa 25 dollari. 

Se decideste di farne dei ferri da cavallo, il suo valore salirebbe a 250 dollari. 

Qualora, invece decideste  di farne aghi per cucire, il valore salirebbe a  circa 70.000 dollari. 

Se invece decideste di produrre molle per orologi il valore salirebbe a circa 6 milioni di dollari. 

Il vostro valore non è solo in ciò di cui siete fatti, ma soprattutto in quali modi siete in grado di trarre il meglio da ciò che siete.

domenica 11 dicembre 2022

Metterò in pratica la malvagità che ci insegnate!


Egli m’ha vilipeso in tutti i modi, e una volta m’ha impedito di concludere un affare per un milione.
Ha goduto per le mie perdite e ha dileggiato i miei guadagni,
ha disprezzato la mia razza, ha intralciato i miei buoni affari,
ha allontanato da me i miei buoni amici e mi ha aizzato contro i nemici!
E tutto questo per quale ragione? Perché sono ebreo! E dunque?
Non ha forse occhi un ebreo? Non ha mani, organi, membra, sensi, affetti e passioni?
Non si nutre egli forse dello stesso cibo di cui si nutre un cristiano?
Non viene ferito forse dalle stesse armi?
Non è soggetto alle sue stesse malattie?
Non è curato e guarito dagli stessi rimedi?
E non è infine scaldato e raggelato dallo stesso inverno e dalla stessa estate che un cristiano?
Se ci pungete non versiamo sangue, forse?
E se ci fate il solletico non ci mettiamo forse a ridere?
Se ci avvelenate, non moriamo?
E se ci usate torto non cercheremo di rifarci con la vendetta?
Se siamo uguali a voi in tutto il resto, dovremo rassomigliarvi anche in questo.
Se un ebreo fa un torto a un cristiano, a che si riduce la mansuetudine di costui? Nella vendetta.
E se un cristiano fa un torto a un ebreo quale esempio di sopportazione gli offre il cristiano? La vendetta.
La stessa malvagità che voi ci insegnate sarà da me praticata,
e non sarà certo difficile che io riesca persino ad andare oltre l’insegnamento.

Shylock ne Il Mercante di Venezia, Atto III – Scena 1

William Shakespeare (1564 – 1616), drammaturgo e poeta inglese


Al Pacino / Shylock ne Il Mercante di Venezia (2004) di Michael Radford


venerdì 9 dicembre 2022

É Gesù che cercate quando sognate la felicità

É Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.

Veglia di preghiera alla XV Giornata Mondiale della Gioventù, Tor Vergata, 19 agosto 2000

Giovanni Paolo II / Karol Jozef Wojtyla (1920 - 2005), papa 


giovedì 8 dicembre 2022

Lo zampognaro

Se comandasse lo zampognaro
che scende per il viale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale?
“Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d’oro e d’argento”
.

Se comandasse il passero
che sulla neve zampetta
sai che cosa direbbe
con la voce che cinguetta?
“Voglio che i bimbi trovino,
quando il lume sarà acceso,
tutti i doni sognati,
più uno, per buon peso”
.

Se comandasse il pastore
dal presepe di cartone
sai che legge farebbe
firmandola col lungo bastone?
“Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino”
.

Sapete che cosa vi dico
io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
accadranno facilmente;
se ci diamo la mano
i miracoli si fanno
e il giorno di Natale
durerà tutto l’anno.

Gianni Rodari (1920 – 1980), scrittore e pedagogista italiano


lunedì 5 dicembre 2022

Noi commerciamo illusioni


Perché io dico poveri noi? Perché voi, il pubblico, ed altri sessantadue milioni di Americani, ascoltate me in quest'istante. Perché meno del 3% di voialtri legge libri, capito? Perché meno del 15% di voi legge giornali o riviste. Perché l'unica verità che conoscete è quella che ricevete alla TV. Attualmente, c'è da noi un'intera generazione che non ha mai saputo niente che non fosse trasmesso alla TV. La TV è la loro Bibbia, la suprema rivelazione!

La TV può creare o distruggere presidenti, papi, primi ministri. La TV è la più spaventosa, maledettissima forza di questo mondo senza Dio. E poveri noi se cadesse nelle mani degli uomini sbagliati. [...] Perché questa società è ora nella mani della CCA, la Communication Corporation of America [...]. E quando una tra le più grandi corporazioni del mondo controlla la più efficiente macchina per una propaganda fasulla e vuota, in questo mondo senza Dio, io non so quali altre cazzate verranno spacciate per verità, qui!

Quindi ascoltatemi. Ascoltatemi! La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti, la televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere.

Quindi, se volete la verità andate da Dio, andate dal vostro guru. Andate dentro voi stessi, amici, perché quello è l'unico posto dove troverete mai la verità vera! Sapete, da noi non potrete mai ottenere la verità. Vi diremo tutto quello che volete sentire mentendo senza vergogna: noi vi diremo che... che Nero Wolfe trova sempre l'assassino e che nessuno muore di cancro in casa del dottor Kildare! E per quanto si trovi nei guai il nostro eroe, non temete: guardate l'orologio, alla fine dell'ora l'eroe vince. Vi diremo qualsiasi cazzata vogliate sentire!

Noi commerciamo illusioni, niente di tutto questo è vero! Ma voi tutti ve ne state seduti là, giorno dopo giorno, notte dopo notte, di ogni età, razza, fede. Conoscete soltanto noi. Già cominciate a credere alle illusioni che fabbrichiamo qui. Cominciate a credere che la TV è la realtà, e che le vostre vite sono irreali. Voi fate tutto quello che la TV vi dice: vi vestite come in TV, mangiate come in TV, tirate su bambini come in TV, persino pensate come in TV! Questa è pazzia di massa! Siete tutti matti! In nome di Dio, siete voialtri la realtà. Noi siamo le illusioni.

Quindi spegnete i vostri televisori, spegneteli ora. Spegneteli immediatamente! Spegneteli e lasciateli spenti! Spegnete i televisori proprio a metà della frase che sto dicendo adesso, spegneteli subito!

Questa non è più una nazione di individui indipendenti, oramai. È una nazione composta da duecento e oltre milioni di esseri transistorizzati, deodorizzati, più bianchi del bianco, tutti profumati al limone: dei tutto inutili come esseri umani, e rimpiazzabili come pezzi di un'auto.

Peter Finch (Howard Beale) nel film "Quinto potere" (1976) diretto da Sidney Lumet




venerdì 2 dicembre 2022

Aforismi Desiderio

Se a un bambino si regala tutto, gli si sottrae ciò che è fondamentale: il desiderio, ovvero il sentimento fondamentale per costruire una passione. (Paolo Crepet)

mercoledì 30 novembre 2022

Avvento

Celebrare l'Avvento significa saper attendere: attendere è un'arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Esso vuole staccare il frutto maturo non appena germoglia; ma gli occhi ingordi vengono soltanto illusi, perché un frutto apparentemente così prezioso è dentro ancora verde e mani prive di rispetto gettano via senza gratitudine ciò che li ha delusi. 

Chi non conosce la beatitudine acerba dell'attendere, cioè il mancare di qualcosa nella speranza, non potrà mai gustare la benedizione intera dell'adempimento.

Chi non conosce la necessità di lottare con le domande più profonde della vita, della sua vita e nell'attesa non tiene aperti gli occhi con desiderio finché la verità non gli si rivela, costui non può figurarsi nulla della magnificenza di questo momento in cui risplenderà la chiarezza; e chi vuole ambire all'amicizia e all'amore di altro, senza attendere che la sua anima si apra all'altra fino ad averne accesso, a costui rimarrà eternamente nascosta la profonda benedizione di una vita che si svolge tra due anime.

Nel mondo dobbiamo attendere le cose più grandi, più profonde, più delicate e questo non avviene in modo tempestoso, ma secondo la legge divina della germinazione, della crescita e dello sviluppo.

Dietrich Bonhoeffer (1906 - 1945), pastore e teologo protestante tedesco



lunedì 28 novembre 2022

Correre e leggere


Le chiavi della vita sono correre e leggere. Perché correre? Quando stai correndo, c'è una piccola persona che ti parla e dice: "Oh, sono stanco. Il mio polmone sta per scoppiare. Sono così ammaccato. Non c'è modo che io possa continuare!". Vuoi smettere. Se impari a sconfiggere quella persona mentre corri, scoprirai come non mollare quando le cose si fanno difficili nella tua vita. 

La seconda chiave per la vita è leggere. La ragione per cui leggere è così importante è che ci sono stati milioni e miliardi di persone che sono vissute prima di tutti noi. Non ci sono nuovi problemi che potresti avere con i tuoi genitori, con la scuola, con un bullo. Non c'è problema nuovo che qualcuno non abbia già avuto e non ne abbia scritto in un libro.

Will Smith, attore, produttore cinematografico statunitense


mercoledì 23 novembre 2022

La vita non ti lascia in pace


La vita ti disillude perché tu smetta di vivere di illusioni e veda la realtà. 

La vita ti distrugge tutto ciò che è superfluo, fino a che rimanga solo ciò che è importante. 

La vita non ti lascia in pace affinché tu smetta di combatterla e accetti ciò che è. 

La vita ti toglie ciò che hai, fino a che non smetti di lamentarti e inizi a ringraziare. 

La vita ti manda persone conflittuali affinché tu guarisca e smetta di proiettare fuori ciò che hai dentro.

La vita lascia che tu cada una e un’altra volta fino a che ti decidi ad imparare la lezione. 

La vita ti porta fuori strada e ti presenta incroci fino a che non smetti di voler controllare e fluisci come un fiume. 

La vita ti pone nemici sul cammino fino a che non smetti di “reagire”. 

La vita ti spaventa tutte le volte necessarie a perdere la paura e a riacquistare la fede.

La vita ti toglie il vero amore, non te lo concede né te lo permette, fino a che non smetti di volerlo comprare con fronzoli.

La vita ti allontana dalle persone che ami fino a che non comprendi che non siamo questo corpo ma l’anima che lo contiene. 

La vita ride di te molte volte, fino a che non smetti di prenderti tanto sul serio e impari a ridere di te stesso. 

La vita ti frantuma in tanti pezzi quanti sono necessari affinché da lì penetri la luce.

La vita ti ripete lo stesso messaggio con schiaffi e urla finché non ascolti. La vita ti invia fulmini e tempeste affinché tu possa svegliarti. La vita ti umilia e ti sconfigge fino a che non decidi di far morire il tuo Ego.

La vita ti nega i beni e la grandezza fino a che non smetti di volere beni e grandezza e inizi a servire. 

La vita ti taglia le ali e ti pota le radici, fino a che non avrai più bisogno né di ali né di radici, ma solo di sparire nella forma e volare dall’essere che sei. 

La vita ti nega i miracoli fino a che non comprendi che tutto è un miracolo. 

La vita ti accorcia il tempo affinché tu impari a vivere. 

La vita ti ridicolizza fino a diventare nulla, fino a diventare nessuno, così diventi tutto.

La vita non ti da ciò che vuoi, ma ciò di cui hai bisogno per evolvere. 

La vita ti fa male, ti ferisce, ti tormenta, fino a quando non lasci andare i tuoi capricci e godi del respirare. 

La vita ti nasconde tesori fino a che non inizi il tuo viaggio e non esci a cercarli. 

La vita ti nega Dio, fino a che non lo vedi in tutti e in tutto.

 La vita ti chiede, ti toglie, ti taglia, ti spezza, ti delude, ti rompe … fino a che in te rimanga solo Amore!


Bert Hellinger (1925 – 2019), psicologo e scrittore tedesco

martedì 22 novembre 2022

Ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide

Ho sentito qualcosa di meraviglioso, non solo musica, ma anche l'invito a questa celebrazione. È tutto così nuovo. Tutto quello che avevo conosciuto prima era una Terra che sembrava essere in subbuglio [...].

Ora il mondo sembra ancora più distante e diviso. Come possono riunirsi così tanti Paesi, lingue e culture, se solo un modo è accettato?

- Siamo stati educati a credere che eravamo dispersi su questa Terra come nazioni, come tribù, in modo da poter imparare gli uni dagli altri e trovare la bellezza nelle differenze.

Lo vedo, perché ciò che ci unisce qui in questo momento è molto più grande di ciò che ci divide. Come possiamo farlo durare più a lungo di oggi?

- Con tolleranza e rispetto: possiamo vivere insieme sotto un'unica grande tenda beduina, che ovunque viene costruita, là c'è la casa. Quando ti chiamiamo qui, ti diamo il benvenuto nella nostra casa.

Quindi ci riuniamo qui come una grande tribù e la Terra è la tenda in cui viviamo tutti.

- Insieme possiamo chiamare tutti a unirsi a noi. Questo è un appello al mondo intero. 

C’è un filo conduttore di speranza, giubilo e rispetto. Possiamo capire o meno le parole, ma nella parte più profonda di noi stessi dobbiamo capire e apprezzare le emozioni che ci uniscono tutti.

Discorso alla cerimonia d’apertura dei Mondiali di calcio del Qatar 2022 (20 Novembre 2022)


Morgan Freeman, attore, regista e narratore statunitense in dialogo con Ghanim al Muftah, imprenditore qatarino, nato con la sindrome da regressione caudale.

giovedì 17 novembre 2022

Aforismi Famiglia

Vedi anche #Figli #Coppia #Educazione

Famiglia: unità composta di individui che vivono nella stessa casa. É formata da marito, moglie, bambini, servi, cane, gatto, uccellino, scarafaggi, cimici e pulci. Tutti a costruire insieme la "base" della moderna società civile. (Ambrose Bierce)

La famiglia è un piccolo ministero di grazia e giustizia: il padre amministra la giustizia, e la madre concede la grazia. (Anonimo)

Le sole gioie pure e non venate di tristezza che l'uomo può godere sulla terra sono quelle della famiglia. (Anonimo)

I genitori si compatiscono, dei nonni si sorride, gli antenati si venerano. (Anonimo)

La famiglia, questa isola di sicurezza, può essere al tempo stesso il luogo della violenza estrema. (Boris Cyrulnik)

La famiglia è una scuola di umanità più completa e più ricca. (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes 52)

La famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa, è veramente il fondamento della società. (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes 52)

La famiglia è la prima scuola di virtù sociali, di cui appunto hanno bisogno tutte le società. (Concilio Vaticano II, Gravissimum educationis 3)

La forza di una nazione deriva dall’integrità della casa. (Confucio)

La famiglia è la grande scuola fondata da Dio per l'educazione del genere umano. (Ephraim Gotthold Lessing)

Ho sempre pensato che non v’è nessuna felicità maggiore di quella della famiglia. (Fëdor Dostoevskij)

Forse il più grande servizio sociale che possa essere reso da chiunque al Paese e all'umanità è formarsi una famiglia. (George Bernard Shaw)

Una famiglia felice non è che un anticipo del paradiso. (George Bernard Shaw)

L'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia. (Giovanni Paolo II)

Quanto più la famiglia è sana e unita, tanto più lo è la società. Al contrario, lo sfacelo della società ha inizio con lo sfacelo della famiglia. (Giovanni Paolo II)

Se la famiglia va, va anche la nazione e va il mondo intero in cui viviamo. (Papa Giovanni Paolo II)

La famiglia è la patria del cuore. (Giuseppe Mazzini)

La famiglia è il luogo dove si è trattati meglio e dove si brontola di più.  (John Garland Pollard)

Sullo stemma di ogni italiano c'è scritto: «Tengo famiglia». (Leo Longanesi)

Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo. (Lev Tolstoj, Anna Karenina)

Abbiamo ricevuto dalla nostra famiglia le idee di cui viviamo così come la malattia di cui morremo. (Marcel Proust)

Governare una famiglia è poco meno difficile che governare un regno. (Michel de Montaigne)

Una famiglia è anche, forse soprattutto, fatta di voci che si intrecciano, è un linguaggio comprensibile solo a chi lo pratica, una rete di ricordi e di richiami. (Natalia Ginzburg)

Dove amiamo è casa. I nostri piedi possono lasciarla, ma non i nostri cuori. (Oliver Wendell Holmes)

La casa è dove si trova il cuore. (Plinio il Vecchio)

Dappertutto bene, in famiglia meglio. (Proverbio) 

Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite. Di rado gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto. (Richard Bach)

L'unione del marito e della moglie è diretta al bene della specie. Perché il bene della specie è più importante del bene dell'individuo. (San Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles 3.136).

Non c’è dubbio che sia intorno alla famiglia e alla casa che tutte le più grandi virtù, le virtù più dominanti degli esseri umani, siano create, rafforzate e mantenute. (Winston Churchill)


Famiglia cristiana


I genitori facciano della famiglia «una piccola chiesa, dove si onora Dio, si pensa a santificarsi, e con i figli si danno alla società nuovi santi». (Agostino d’Ippona)

La famiglia ha ricevuto da Dio questa missione, di essere la prima e vitale cellula della società. E tale missione essa adempirà se, mediante il mutuo affetto dei membri e l'orazione fatta a Dio in comune, si mostri come il santuario domestico della Chiesa. (Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem 11)

L'apostolato dei coniugi e delle famiglie acquista una singolare importanza sia per la Chiesa sia per la società civile. (Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem 11

Le famiglie cristiane le quali in tutta la loro vita si mostrano coerenti con il Vangelo e mostrano con l'esempio cosa sia il matrimonio cristiano, offrono al mondo una preziosissima testimonianza cristiana. (Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem 11)

La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata. Così col suo esempio e con la sua testimonianza illumina quelli che cercano la verità. (Concilio Vaticano II, Lumen gentium 35)

Ad ogni famiglia compete il diritto di ordinare libera¬mente la propria vita religiosa domestica sotto la direzione dei genitori: ai quali spetta pure il diritto di de¬terminare l'educazione religiosa da impartire ai propri figli secondo la propria persuasione religiosa. (Concilio Vaticano II, Dignitatis humanae 5)

Quando non si minaccia, ma si ragiona, quando non si ha paura ma ci si vuole bene, quando Dio è il padrone di casa, allora nasce la famiglia. (Giovanni Bosco)

La famiglia è lo specchio in cui Dio si guarda e vede i due miracoli più belli che ha fatto: donare la vita e donare l'amore. (Giovanni Paolo II)

L'agonia della famiglia è l'agonia del cristianesimo. (Miguel de Unamuno)



Li riconosci subito


Li riconosci subito, quelli che hanno avuto un dolore. Un dolore vero, grande, qualcosa che segna un prima e un dopo. Qualcosa che ti ha portato a un centimetro dalla morte ma poi non sei morto.

Qualcosa che un secondo prima eri bambino e uno dopo ti sei svegliato già grande.

Qualcosa che, anche se passano gli anni, non se ne va e si mostra ogni tanto nei dettagli, in certi sguardi, nella grafia, piccolino ma c'è, è lì e parla con te.

Li riconosci subito quelli che hanno avuto un vero dolore e non perché sono più stronzi, non perché hanno la scorza più dura.

Io non li sopporto quelli che con la scusa del dolore diventano più cattivi.

No, il vero tratto distintivo di chi ha sofferto per davvero è che in fondo è gentile.

C'è come un velo di clemenza sopra tutti i gesti.

Chi ha sofferto davvero non infierisce mai, non calpesta, sta attento a tutto, osserva.

Se può evita di ferire e se non può, preferisce ferire sé stesso.


Enrico Galiano, insegnante, autore, scrittore italiano

mercoledì 16 novembre 2022

Aforismi Natale

Quando Dio sta sul trono della sua grandezza e maestà, ispira timore e rispetto; ma quando si mostra sotto la forma di un bambino, ispira amore. (Bernardo di Chiaravalle)

Sappiamo che la vita e la salvezza dalla disperazione, si racchiudono nelle parole: "Il Verbo si è fatto carne". (Fedor Dostoevskij, I demoni)

Finché la pace sarà una fame insaziata, e finché non avremo sradicato dalla nostra civiltà la violenza, il Cristo non sarà nato. (Gandhi)

Pensate al grande mistero che si sta compiendo: un Dio che si fa uomo! Bisogna che la mia anima sia qualcosa di grande, se i cieli e la terra si commuovono e un Dio viene a farsi bambino proprio per me. (Giovanni Bosco)

Cristo ha rivestito il mio corpo, affinché io riceva in me la sua Parola; assumendo la mia carne, Egli mi ha gratificato del suo Spirito; [...] Egli ha preso il mio corpo per santificarmi, egli espande in me il suo Spirito per salvarmi. (San Giovanni Crisostomo, In nativitatis Christi diem, 2

A Natale il Verbo si è fatto carne, oggi celebriamo il fatto che la “carne diventa Verbo” (Hans Urs von Balthasar)

Pasqua è certo la festa più importante dell’anno. Però a me piace più il Natale, perché lì Gesù è crocifisso e mi fa soffrire, invece Gesù Bambino a Natale è così dolce! (San Pio da Pietrelcina)

Natale, notte di speranza e festa dell'amore! Per chi vivrai questa notte? Per te solo? Pover'uomo! Per la tua famiglia? Per i tuoi figli? E' bene, ma non basta. Natale dev'essere un atto d'amore universale. Per merito tuo quel giorno un vecchio non sarà più solo, un bambino sorriderà. (Raoul Follereau)

Felice Natale nel bene che vi preparate a fare! (Raoul Follereau) 

In un certo senso, il mistero dell'incarnazione si ripete in ogni donna. Ogni bambino che nasce è Dio che si fa uomo. (Simone de Beauvoir)



lunedì 7 novembre 2022

L'eterno riposo - 2


L'eterno riposo dona loro, o Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.
Riposino in pace. Amen.

Signore, dona la tua pace (Gv 14,27) ai nostri defunti. 
Fa’ risplendere su di essi la luce del tuo volto (Salmo 4,1).
Vivano in te (1 Cor 15,22) nella gioia infinita della comunione dei santi. Amen

Ricordati, Signore,
dei nostri fratelli e delle nostre sorelle
che si sono addormentati nella speranza della risurrezione.
Ammettili a godere la luce e la gioia del tuo volto.

Ricordati, Signore, dei nostri morti
splenda per loro la tua luce, 
vivano nella tua pace per sempre.

Ricordati, Signore, della nostra persona cara... che hai chiamato a te da questa vita: tu che con il battesimo l'hai unita alla morte di Cristo tuo figlio, rendila partecipe della sua risurrezione, quanto farà sorgere i morti dalla terra e trasformerà il nostro corpo mortale a immagine del suo corpo glorioso.

Dio, onnipotente ed eterno, Signore dei vivi e dei morti, 
pieno di misericordia verso tutte le tue creature, 
concedi il perdono e la pace a tutti i nostri fratelli e sorelle defunti, 
perché immersi nella tua beatitudine ti lodino senza fine. 
Per Cristo nostro Signore. Amen.

sabato 5 novembre 2022

Aforismi Compassione

L'uomo non troverà la pace interiore finché non imparerà ad estendere la sua compassione a tutti gli esseri viventi. (Albert Schweitzer)

Lo spirito dell'uomo non è morto. Continua a vivere in segreto... È giunto a credere che la compassione, sulla quale si devono basare tutte le filosofie morali, può raggiungere la massima estensione e profondità solo se riguarda tutti gli esseri viventi, e non solo gli esseri umani. (Albert Schweitzer)

Tutti gli uomini, senza eccezioni, sono degni di compassione, non fosse altro che perché vivono. (Alberto Moravia)

Una persona altruista e compassionevole è in genere una donna o un uomo più felice, più sereno. (Dalai Lama)

Credo profondamente che la compassione sia la strada non solo per l’evoluzione del pieno potenziale umano, ma anche per la sopravvivenza stessa degli uomini, dal concepimento alla nascita, alla crescita. Per questo dico che gentilezza e compassione sono la mia religione. Non c’è bisogno di filosofie complicate e nemmeno di templi. Il cuore è il nostro tempio. (Dalai Lama)

Non passione ci vuole, ma compassione, capacità cioè di estrarre dall’altro la radice prima del suo dolore e di farla propria senza esitazione. (Fedor M. Dostoevskij)

Quando sei nella sventura e cerchi compassione dal prossimo, gli porgi una parte del tuo cuore. Ti ringrazierà, se ha buon cuore; se ha il cuore duro, ti disprezzerà. (Khalil Gibran)

Se riesci a provare dolore, sei vivo, se riesci a sentire il dolore degli altri, sei umano. (Lev Tolstoj)

Se Dio ti prova oggi, è per renderti più compassionevole domani ai mali degli altri. Il cuore è come quella specie di alberi che non danno il loro balsamo per sanare le ferite, se non dopo essere stati feriti essi stessi.
Chi teme di soffrire, soffre già di ciò che teme. (Michel De Montaigne, Saggi)

L'amore è compassione, e più si ama, più si prova compassione. (Miguel De Unamuno)

Un cuore che non reagisce davanti alla miseria è un cuore miserabile. (Raoul Follereau)

Gli esseri umani sono membri di un tutto, creazione di un'essenza ed un'anima.
Se uno è afflitto dal dolore, gli altri saranno a disagio.
Se non avete compassione per il dolore dell'uomo, non potrete mantenere il nome di essere umano. (Saadi, Gulistan - Il roseto)

Se un uomo mostra una pietosa compassione verso gli animali, ancor più sarà disposto a comportarsi con pietà verso i propri simili. (San Tommaso D'Aquino)



lunedì 24 ottobre 2022

La pace non esiste se non è corroborata da verità e giustizia


Il momento in cui avviene questo incontro richiama tutti noi a corrispondere a una responsabilità esigente.

Lo “Spirito di Assisi” spira dal 27 ottobre del 1986, giorno in cui Giovanni Paolo II riunì, per la prima volta, rappresentanti delle religioni mondiali per chiedere la fine dei conflitti nella città di San Francesco.

Rappresentò una breve tregua universale, mentre si levava la preghiera interreligiosa per invocare la pace.

Testimonianza di quanto religioni e politica possano e debbano parlarsi; e della forza che le religioni racchiudono e possono esprimere nella loro accezione più alta e consapevole.

Dinanzi a un presente tanto inquietante, al proliferare di conflitti in tante parti del mondo, a una guerra che di nuovo insanguina l’Europa, si sarebbe indotti a pensare che l’umanità non sia in grado di imparare dai propri errori, che si sia smarrita quella memoria collettiva che dovrebbe guidare e dovrebbe impedire di commettere gli stessi tragici errori.

La preghiera di Assisi è stata un seme gettato consapevolmente dai leader religiosi di fronte alla aggressione recata al bene della vita, al diritto della persona – di ogni persona - a vivere in pace. È stata un’espressione vigorosa della loro capacità di raccogliere - come diceva poc’anzi il professor Riccardi – “gli aneliti, le sensibilità, le attese di comunità radicate nei territori vicini alle sofferenze, alle speranze, al sudore delle persone”. Ed è stata, altresì, un’espressione vigorosa della loro libertà.

Un seme fatto fruttare da chi, come la Comunità di Sant’Egidio opera quotidianamente, anche con una azione preziosa di mediazione per la pace: non “incontri casuali” ma tenace perseguimento di sentieri di pace.

È questo l’impegno di tanti protagonisti - di ispirazione religiosa e non - per costruire ponti di solidarietà e di dialogo: a loro va la nostra sincera riconoscenza.

Si tratta di un impegno che invoca il contributo di ciascuno affinché “il grido della pace” si diffonda con sempre nuova forza.

Per questo siamo qui oggi, in tanti, da diverse parti del mondo.

La sfida è sempre la stessa: realizzare con perseveranza percorsi di pace, attraverso un impegno collettivo della comunità internazionale che valorizzi il dialogo, i negoziati, il ricorso alla diplomazia in luogo delle armi.

Si tratta di un lavoro faticoso, che richiede cura e opera paziente, perché la pace è tale soltanto se porta con sé l’antidoto contro l’insorgere di nuove guerre, se è sostenibile nel tempo e se è ampiamente condivisa.

È un patrimonio che in Europa abbiamo dato per scontato e di cui oggi, invece, ci viene drammaticamente ricordata la fragilità.

La pace è un processo, non un momento della storia: ha bisogno di coraggio, di determinazione, di volontà politica e di impegno dei singoli.

L’opera delle religioni e dei loro leaders in questa direzione è fondamentale, a partire dal richiamo che uomini e donne sono “figli e figlie dello stesso cielo”.

Vale per il rispetto reciproco tra le diverse comunità dei credenti, vale per il rispetto della dignità di ogni persona e di ogni popolo.

Dunque, se le religioni sono - come ha ricordato Sua Santità Francesco - “parte della soluzione per una convivenza più armoniosa”, con l’affermazione di “un sacro valore della fraternità”, è il valore della solidarietà a dover ispirare l’ordinamento internazionale.

È la convinzione del Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayeb, quando ribadisce che “la pace fra i popoli è un frutto della pace tra le religioni e la fraternità religiosa è il motore della fraternità umana universale”.

Sono parole che rappresentano passi avanti fondamentali.

Non esiste una “guerra santa”!

Deve esistere, invece, una “pace santa”, per servire autenticamente l’umanità e il suo futuro.

Il disordine produce disordine. Le guerre hanno un effetto “domino”, moltiplicatore. Le guerre sono contagiose.

Ma, come ha scritto il rabbino Haïm Korsia “occorre reinventare le aurore”.

L’impegno genuino delle religioni sul terreno temporale non può prescindere da questo orizzonte. Ed è confortante registrare quanti passi sono stati compiuti nel dialogo tra i leader di diverse confessioni religiose e il contributo che recano alla causa della pace.

Esistono ampi spazi nei quali leader civili e religiosi, ciascuno nell’ambito e nel rispetto delle prerogative proprie, possono unire i loro sforzi per il bene collettivo universale.

Come è naturale, è compito delle istituzioni e dei leaders politici collaborare alla definizione di un ordine internazionale che sottragga alla tentazione della guerra.

La condizione dei popoli è caratterizzata da forti disuguaglianze. Il rapporto Nord-Sud, in particolare - gravato da eredità e da condizioni contemporanee di grande sofferenza - è lontano dall’aver raggiunto un accettabile equilibrio che riconosca la dignità di ogni essere umano. Il tema della emigrazione e della immigrazione, che ne sono conseguenza, chiama la coscienza di ciascuno a interrogarsi sulla effettiva, autentica applicazione della Carta internazionale dei diritti umani.

Tutto questo invita a riflettere su quale sia la base che può consentire l’edificazione di un ordine internazionale più giusto, consapevole che i destini dell’umanità sono inevitabilmente condivisi e che il bene comune di una singola comunità deve integrarsi con il bene comune di ciascun’altra, e non contrapporvisi.

Il “fare pace” parte da una esigenza urgente: quella di restaurare i rapporti fra gli uomini.

La fine delle guerre ha sovente rappresentato, a mezzo di convenzioni e la stipula di trattati, l’elemento costituente di un nuovo equilibrio internazionale, basato sul riconoscimento dell’esistenza di potenze vincitrici e di Stati soccombenti.

A settantasette anni dalla Carta di San Francisco delle Nazioni Unite è legittimo guardare al prezioso cammino percorso e, insieme, valutare i limiti dell’esperienza compiuta.

Serve il coraggio di un passo avanti.

È possibile immaginare che il potere costituente dell’ordine internazionale non sia più soltanto la auspicabile conclusione dei conflitti, ma che, alla base di un nuovo ordine globale, vi possa essere spirito di pace?

Se vuoi la pace preparala: è stata un’esortazione più volte ripetuta nei secoli.

Non si può giungere alla pace esaltando la guerra e la volontà di potenza.

Perché la pace è integrale o non esiste.

E non esiste se non è corroborata da verità e giustizia.

A questi principi si sono conformate la Costituzione e i comportamenti della Repubblica Italiana sin dal suo sorgere.

Una Costituzione frutto di una coscienza che abbiamo dolorosamente maturato nella ferocia devastante della Seconda guerra mondiale, cui ci avevano condotto le dittature del Novecento.

È lo stesso spirito che ha animato i fondatori della costruzione europea – a partire dalla Dichiarazione Schuman del 1950 sino all’odierna Unione - dove è prevalsa una cultura di pace laddove per secoli aveva imperversato la guerra.

All’indomani del conflitto, la comunità internazionale decise di dotarsi di un sistema multilaterale teso anzitutto a prevenire e gestire i conflitti.

La condizione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ben presto avrebbe limitato in larga misura il perseguimento di questa aspirazione e, ciò nonostante, innegabili sono stati i successi conseguiti nella cooperazione fra gli Stati.

Occorreva un ulteriore passo avanti che non riuscì a produrre - negli anni ‘90 del secolo scorso - neppure il venir meno della competizione tra sistemi politico-economici diversi che aveva caratterizzato la tensione bipolare del mondo.

Sono riapparse pulsioni che ci hanno ricondotto indietro. Persino ambiti fin qui dedicati a un comune impegno scientifico, come lo spazio, rischiano di diventare teatro di competizione militare.

Hanno fatto la loro ricomparsa i demoni, i fantasmi dell’aggressione dell’uomo contro l’uomo.

La sciagurata guerra mossa dalla Federazione Russa contro l’Ucraina rappresenta una sfida diretta ai valori della pace, mette ogni giorno in grave pericolo il popolo ucraino, colpisce anche il popolo russo, genera drammatiche conseguenze per il mondo intero.

Quella aggressione stravolge le regole, i principi e i valori della vita internazionale.

Approfondisce le divisioni nella comunità globale chiamata, invece, a trovare soluzioni cooperative urgenti a problemi comuni: le crisi sanitarie e alimentari, gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, le minacce terroristiche.

Più che mai, in questo momento, abbiamo bisogno di un multilateralismo efficace.

In questo impegno comune, accanto alle istituzioni internazionali e agli Stati, risulta sempre più importante il contributo di tutte le espressioni della società.

La minaccia che ci troviamo ad affrontare induce taluno a porre di fronte allo spettro di un ricorso all’arma nucleare.

Sarebbe la perversa tentazione dell’escalation, della spirale di violenze che si alimentano di violenza.

L’affermazione della logica dei più brutali e insensati rapporti di forza, che credevamo relegati a un oscuro passato.

Dinanzi all’evocazione di scenari tanto terribili le nostre coscienze invocano la difesa di quel diritto alla pace che ci riunisce qui, oggi.

Una pace che non ignori il diritto a difendersi e non distolga lo sguardo dal dovere di prestare soccorso a un popolo aggredito.

Avvenga in Europa, in Medio-Oriente, in Africa, ovunque nel mondo.

In Ucraina, come altrove, occorre riannodare i fili dell’umanità che la guerra spezza: vite, famiglie, legami umani e sociali.

Occorre impedire che una nuova linea di “faglia” attraversi il mondo e si aggiunga alle troppe che già caratterizzano l’Europa, il Medio-Oriente, in tanti luoghi del mondo, separando i popoli con rinnovate cortine di odio.

Per quanto ci riguarda è anzitutto una sfida in Europa e per l’Europa.

Non possiamo consegnarci all’ingiustizia delle situazioni di fatto, né allo strazio di guerre “infinite”.

L’Europa non può e non deve permettersi di cadere “prigioniera” della precarietà, incapace di assolvere al suo naturale ruolo di garante di pace e di stabilità nel continente e nelle aree vicine.

Ne va della nostra stessa libertà e prosperità.

Non saranno mai abbastanza numerose le iniziative dirette a promuovere la pace, qui, come a Parigi, con la imminente quinta edizione del Forum de Paris sur la Paix, con un’ambizione inclusiva per una pace integrale.

Dobbiamo saper raccogliere l’urlo della sofferenza e il grido della pace che viene dalle donne e dagli uomini del pianeta, per tradurli in atti concreti che diano forza a un impegno condiviso e traducano in realtà la comune speranza.


Intervento in occasione dell’Incontro Internazionale “Il grido della pace. Religioni e culture in dialogo” 
Roma, 23 Ottobre 2022

Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica italiana

mercoledì 19 ottobre 2022

Condividete la compassione


Per tutti la vita è un ritorno a casa, commessi viaggiatori, segretari, minatori, apicoltori, mangiatori di spade. Per tutti. Tutti i cuori irrequieti del mondo. Cercano tutti la strada di casa. È difficile descrivere che cosa provassi allora: immaginate di camminare per giorni in un turbine di neve, senza neppure accorgerti di camminare in tondo. La pesantezza delle gambe nei cumuli, le vostre grida che scompaiono nel vento. Con la sensazione di essere piccoli... e immensamente lontani da casa. Casa. Il dizionario la descrive sia come un luogo di origine, sia come uno scopo o una destinazione e la bufera? La bufera era tutta nella mia mente o come dice dante il divino poeta, nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura che la diritta via era smarrita. Alla fine ho ritrovato la diritta via ma nel posto più improbabile.

Signore, può definire la parola cura?

Certo.. definiamo cura l’attenzione data ad un paziente che richiede un intervento medico. Lei ha pazienti in cura signor Adams?

Io convivo con numerose persone che vanno e vengono liberamente alle quali offro il mio modesto aiuto.

Signor Adams, ammette o non ammette di prestare cure a pazienti nel suo ranch?

Chiunque venga al mio ranch è un paziente, sì.
E qualunque persona venga al ranch è anche un medico.

Come ha detto?

Ogni persona che venga al ranch e necessiti di un aiuto fisico o mentale in qualunque forma è un paziente, ma nello stesso tempo, ogni persona che venga al ranch e si incarichi di prendersi cura degli altri che sia cucinare per loro, lavarli o anche semplicemente ascoltarli, ecco che diventa un medico. Uso il termine in senso lato, signori, ma un medico non è qualcuno che aiuta qualcun altro? Quando il termine medico ha preso un eccezione referenziale? A che punto della storia un medico è diventato più di un fidato e dotto amico che visitava e curava gli infermi? Voi mi chiedete se esercito la medicina... se questo significa aprire la porta a chi ha bisogno, a chi è sofferente... accudirlo, ascoltarlo e mettergli un panno freddo in fronte, finché la febbre non si abbassa, se è questo fare il medico, se è questo curare un paziente allora mi dichiaro colpevole, signori.

Ha considerato le implicazioni del suo modo di agire?se uno dei suoi pazienti morisse?

Cos’ha la morte che non va? Di cosa abbiamo così mortalmente paura? Perché non trattare la morte con un po’ di umanità e dignità e decenza e, Dio non voglia, perfino di umorismo? Signori, il vero nemico non è la morte. Vogliamo combattere le malattie? Combattiamo la più terribile di tutte: l’indifferenza.

Nelle vostre aule ho assistito a disquisizioni sul transfert e la distanza professionale. Il transfert è inevitabile, signore. Ogni essere umano ha un impatto su di un altro. Perché vogliamo evitarlo in un rapporto paziente-medico? È sbagliato quello che insegnate nelle vostre lezioni, la missione di un medico non deve essere solo prevenire la morte ma anche migliorare la qualità della vita. Ecco perché se si cura una malattia si vince o si perde… se si cura una persona vi garantisco che, in quel caso, si vince qualunque esito abbia la terapia. Qui vedo oggi un’aula piena di studenti di medicina. Non lasciatevi anestetizzare, non lasciatevi intorpidire di fronte al miracolo della vita. Vivete sempre con stupore il glorioso meccanismo del corpo umano. Questo deve essere il fulcro dei vostri studi e non la caccia ai voti che non vi daranno alcuna idea di che tipo di medico potrete diventare.

E non aspettate di essere in corsia per acquistare la vostra umanità, sviluppate subito la capacità di comunicare. Parlate con gli estranei, con gli amici, con chi sbaglia numero... con chi vi capita! E coltivate l’amicizia di quelle stupende persone che vedete in fondo all’aula, infermiere che possono insegnarvi, stando con la gente tutti i giorni, tra sangue e merda e hanno un patrimonio di conoscenza da dividere con voi e così fate con quei professori che non sono morti dal cuore in su. Condividete la compassione che hanno, fatevi contagiare.

Signore io voglio fare il medico con tutto il mio cuore. Io volevo diventare medico per assistere il mio prossimo, e per questo motivo ho perso tutto, però così ho anche guadagnato tutto: ho condiviso le vite dei pazienti e del personale dell’ospedale, abbiamo riso insieme e pianto insieme. Questo è ciò che voglio fare nella mia vita. E Dio mi sia testimone, comunque decidiate oggi, signori, guarderò ancora con fiducia il mio scopo: diventare il miglior medico che il mondo abbia mai visto. Voi avete la facoltà di impedire che io mi laurei, potete impedirmi di ottenere il titolo, il camice bianco, ma non potete controllare il mio spirito, non potete impedirmi di apprendere, non potete impedirmi di studiare. A voi la scelta: avermi come collega di lavoro, passionale, oppure avermi come voce fuori dal coro, sincera e determinata. In entrambi i casi verrò forse considerato una spina, ma vi prometto una cosa: sarò una spina che non riuscirete a togliere.

...

Molto bene, e adesso? che cosa vuoi da me? Si potrei farlo, lo sai che tu che non mi fermeresti, quindi rispondimi ti prego.. dimmi che cosa stai facendo... va bene, analizziamo la logica, tu crei l’uomo, l’uomo sopporta dolori ed enormi sofferenze, l’uomo alla fine muore. Avresti potuto anche lavorarci sopra un po’ di più prima di passare direttamente alla creazione. Hai riposato il settimo giorno, potevi dedicare quel settimo giorno alla compassione. Sai che ti dico? Non ne vale la pena.


Robin Williams / Hunter "Patch" Adams nel film Patch Adams del 1998 diretto da Tom Shadyac




Ogni maledetta domenica

 

Non so cosa dirvi davvero.

Tre minuti alla nostra più difficile sfida professionale.

Tutto si decide oggi.

Ora noi, o risorgiamo come squadra, o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l'altro, sino alla disfatta. Siamo all'inferno adesso, signori miei. Credetemi.

E... possiamo rimanerci, farci prendere a schiaffi oppure aprirci la strada lottando verso la luce.

Possiamo scalare le pareti dell'inferno un centimetro alla volta.

Io però non posso farlo per voi, sono troppo vecchio.

Mi guardo intorno vedo i vostri giovani volti e penso... certo che... ho commesso tutti gli errori che un uomo di mezza età possa fare. Sì perché io ho sperperato tutti i miei soldi, che ci crediate o no. Ho cacciato via tutti quelli che mi volevano bene e da qualche anno mi dà anche fastidio la faccia che vedo nello specchio.

Sapete col tempo, con l'età tante cose ci vengono tolte ma questo fa... fa parte della vita.

Però tu lo impari solo quando quelle cose le cominci a perdere e scopri che la vita è un gioco di centimetri. E così è il football.

Perché in entrambi questi giochi, la vita e il football, il margine d'errore è ridottissimo. Capitelo...

Mezzo passo fatto un po' in anticipo o in ritardo e voi non ce la fate. Mezzo secondo troppo veloci o troppo lenti e mancate la presa. Ma i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi, ci sono in ogni break della partita, ad ogni minuto, ad ogni secondo.

In questa squadra si combatte per un centimetro. In questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi, per un centimetro. Ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro.

Perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri, il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza tra vivere e morire.

E voglio dirvi una cosa: in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro.

E io so che se potrò avere un'esistenza appagante sarà perché sono disposto ancora a battermi e a morire per quel centimetro. La nostra vita è tutta lì. In questo consiste, e in quei 10 centimetri davanti alla faccia.

Ma io non posso obbligarvi a lottare! Dovrete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi. Che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che quando sarà il momento voi farete lo stesso per lui.

Questo è essere una squadra, signori miei!

Perciò... o noi risorgiamo adesso, come collettivo, o saremo annientati individualmente.

È il football ragazzi! È tutto qui.

Allora, che cosa volete fare?


Al Pacino / Tony D'Amato in Ogni maledetta domenica (Any Given Sunday) film del 1999 diretto da Oliver Stone



martedì 18 ottobre 2022

Agisci sempre con amore

Un imprenditore chiede ad un suo operaio di costruirgli una casa. L’operaio è molto risentito poiché mancano solo tre mesi al suo pensionamento e per costruire una casa, ce ne vogliono molti di più. “Guarda il progetto - disse l’imprenditore -: ci sono tre piani, un grande giardino ed una bella piscina. Voglio che tu faccia tutto come da progetto”

L’operaio sempre più furioso si mette subito all’opera deciso ad impiegarci meno tempo possibile. Addirittura per sbrigarsi, salta dei passaggi fondamentali, non rispetta i normali tempi di asciugatura di vernici e cemento, procede con l’unico obiettivo di farla pagare al suo datore di lavoro per avergli dato quell’arduo compito solo tre mesi prima della sua desiderata pensione. Era così adirato che decise anche di fregare l’imprenditore acquistando materiali scadenti e tenendo molti soldi per sè.

Finalmente la casa fu terminata. L’operaio convocò l’imprenditore sul posto: “Ecco questa è la casa che mi hai chiesto di costruire” disse.

“Tieni tu le chiavi” rispose l’imprenditore. “Questa casa è per te, è per ringraziarti per tutti gli anni che hai lavorato per me, qui potrai goderti al meglio la tua pensione” disse.

Chissà come si sarà sentito l’operaio. Stava raccogliendo quello che aveva seminato: una casa inagibile, pericolante e pericolosa. 

Morale: Agisci sempre con amore, non fare mai del male a nessuno. Perchè la vita è come un boomerang e tutto torna a te.

domenica 16 ottobre 2022

Non giudicare dalle apparenze

Un ragazzo guardando attraverso la finestra del bus gridò:
"Papà, guarda: gli alberi ci vengono incontro!"
Il padre alzò lo sguardo, lo guardò e sorrise.
Una giovane coppia seduta vicino rise per il comportamento infantile del ragazzo.
Il ragazzo tornò a esclamare: "Guarda, papà, le nuvole ci seguono!"
La coppia non potè resistere e disse al padre del ragazzo:
"Perché non porta suo figlio da un bravo medico?"
L'uomo sorrise e rispose: "Ci siamo appena stati. Siamo da poco usciti dall'ospedale: mio figlio era cieco dalla nascita e oggi per la prima volta può vedere!"

OGNI persona ha una storia, NON giudicate!

domenica 2 ottobre 2022

Quando i genitori invecchiano


Lasciali invecchiare con lo stesso amore con cui ti hanno fatto crescere.

Lasciali parlare e raccontare ripetutamente storie con la stessa pazienza e interesse con cui hanno ascoltato le tue quando eri bambino.

Lasciali vincere, come tante volte loro ti hanno lasciato vincere.

Lasciali godere dei loro amici, delle chiacchiere con i loro nipoti.

Lasciali godere vivendo tra gli oggetti che li hanno accompagnati per molto tempo, perché soffrono sentendo che gli strappi pezzi della loro vita.

Lasciali sbagliare, come tante volte ti sei sbagliato tu.

Lasciali vivere e cerca di renderli felici l’ultimo tratto del cammino che gli manca da percorrere, allo stesso modo in cui loro ti hanno dato la loro mano quando iniziavi il tuo.

Pablo Neruda (1904 - 1973), poeta, diplomatico e politico cileno


sabato 1 ottobre 2022

Come sono gli abitanti di questa città?


Un anziano trascorreva le giornate seduto accanto ad un pozzo.
Un giorno un giovane gli si avvicinò e gli chiese:
- Vengo da lontano. Come sono gli abitanti di questa città?
L’anziano rispose con un’altra domanda:
- Come erano gli abitanti della città dalla quale provieni?
- Erano egoisti, malvagi, invidiosi. Perciò me ne sono andato via.
- Purtroppo, anche gli abitanti di questa città hanno le stesse caratteristiche - rispose l’anziano.

Poco dopo arrivò un altro giovane e rivolse all’anziano la stessa domanda:
- Sto arrivando ora. Come sono gli abitanti di questa città?
L’anziano rispose nuovamente con una domanda:
- Come erano gli abitanti della tua città?
- Erano buoni, generosi, ottimi lavoratori. Avevo tanti amici e mi molto dispiaciuto lasciarli.
- Sei fortunato. Gli abitanti di questa città hanno le stesse caratteristiche -
gli rispose l’anziano.
 
Un uomo che aveva condotto i suoi animali al pozzo per farli bere ed aveva ascoltato la conversazione, quando il giovane si allontanò, disse all’anziano:
- Hai dato due risposte differenti alla stessa domanda. Come mai?
- Guarda -
rispose l’anziano - ciascuno porta l’universo nel suo cuore. Chi pensa di non aver incontrato niente di buono, non troverà il bene nemmeno qui.
Invece, chi aveva molti amici nell’ambiente di provenienza, anche qua troverà amici leali e fedeli.
Perchè ciascuno è quel che incontra in se stesso.
Noi incontriamo sempre ciò che speriamo di incontrare.
Tutto il buono e il bello della vita lo fai crescere dentro di te, devi farlo venir fuori e metterlo a disposizione degli altri. Sarai felice se saprai aiutare gli altri ad essere felici.