giovedì 26 novembre 2020

Guidami Tu, Luce gentile


Guidami Tu, Luce gentile,
attraverso il buio che mi circonda,
sii Tu a condurmi!
La notte è oscura e sono lontano da casa,
sii Tu a condurmi!

Sostieni i miei piedi vacillanti:
io non chiedo di vedere
ciò che mi attende all'orizzonte,
un passo solo mi sarà sufficiente.

Non mi sono mai sentito come mi sento ora,
né ho pregato che fossi Tu a condurmi.
Amavo scegliere e scrutare il mio cammino;
ma ora sii Tu a condurmi!

Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura,
il mio cuore era schiavo dell’orgoglio;
non ricordare gli anni ormai passati.

Così a lungo la tua forza mi ha benedetto,
e certo mi condurrà ancora,
landa dopo landa, palude dopo palude,
oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà;
e con l’apparire del mattino
rivedrò il sorriso di quei volti angelici
che da tanto tempo amo
e per poco avevo perduto.


Beato John Henry Newman (1801 – 1890), cardinale, teologo e filosofo inglese

mercoledì 25 novembre 2020

Aforismi Vocazione II

 Aforismi sulla Vocazione tratti dai documenti del Concilio Vaticano II


La fede tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e perciò guida l'intelligenza verso soluzioni pienamente umane. (Gaudium et spes, 11)

La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. 
Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché creato per amore da Dio. (Gaudium et spes, 19)

L'uomo non è limitato al solo orizzonte temporale, ma, vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna. (Gaudium et spes, 76)


La santità è la sola vocazione del cristiano, qualunque sia la sua professione.
I genitori, curando l'educazione cristiana dei figli, coltivino e custodiscano nei loro cuori la vocazione religiosa. (Perfectae caritatis, 24)

Siccome "vi è comunità di interessi fra il nocchiero e i viaggiatori della nave", a tutto il popolo cristiano va insegnato che è suo dovere di collaborare con la preghiera insistente a far sì che la Chiesa disponga sempre dei sacerdoti di cui ha bisogno per compiere la propria missione divina. (Presbyterorum ordinis, 11)

Tutti i sacerdoti dimostrino il loro zelo apostolico massimamente nel favorire le vocazioni, e con la loro vita umile, operosa, vissuta con interiore gioia, attirino verso il sacerdozio l'animo degli adolescenti. (Optatam totius, 2)

Il dovere di dare incremento alle vocazioni sacerdotali spetta a tutta la comunità cristiana, che è tenuta ad assolvere questo compito anzitutto con una vita perfettamente cristiana. (Optatam totius, 2)

domenica 22 novembre 2020

Tutti chiamati a costruire la pace

Intervenendo alla Conferenza Internazionale della Gioventù per la Pace e il Disarmo tenutasi a Firenze nel 1964, Giorgio La Pira, allora sindaco di Firenze, richiama tutti, in particolare le giovani generazioni, all'impegno a costruire ponti di pace. È un discorso che risuona in un frangente storico, nel pieno della “Guerra fredda”, in cui toccare questi temi significava porsi più su un versante idealista, se non utopico, che pervaso di fiducioso ottimismo e ragionevole speranza. La storia ha dato ragione a La Pira e nello stesso tempo rende le sue parole e la sua visione storica “profetica” e perennemente attuale.

Cari amici,
permettete che dopo avervi dato il benvenuto più cordiale di Firenze - che è felice di aprire a voi, con tanta viva ed augurale amicizia, tutte le sue porte! - io vi comunichi le riflessioni che questo convegno internazionale giovanile sul disarmo e sulla pace ha in me suscitate. Che significato ha - mi sono chiesto - questo convegno? Come si situa nel contesto prospettico della storia presente del mondo? E quale specifica significazione ad esso dà la scelta di Firenze? La risposta a questa domanda il sindaco di Firenze la ha sinteticamente racchiusa nel testo della pergamena che al termine di questo convegno voi avrete la cortesia di firmare: una pergamena che costituirà, in certo senso, come il documento di un grande patto che le generazioni nuove di tutti i popoli della terra - idealmente presenti, attraverso di voi, a Firenze - stringono fra di loro per iniziare insieme da amici, anzi da fratelli, un lungo comune cammino: il cammino, ancora pieno di tante difficoltà e di tanti pericoli, verso le frontiere nuove del mondo! Le frontiere nuove ed inevitabili, cioè, della pace, dell’unità, della libertà e della elevazione ed illuminazione spirituale e civile di tutte le genti. Quelle frontiere nuove che ai popoli di tutto il mondo furono indicate - con tanta chiarezza, con tanta decisione e con tanto amore (in una provvidenziale coincidenza di tempi) - dalle due cattedre più elevate della terra: dalla cattedra religiosa e spirituale di Giovanni XXIII (la cattedra di Pietro!); e dalla cattedra politica e civile di John Kennedy. La Pacem in terris di Giovanni XXIII, per un verso, ed il discorso di investitura di Kennedy del 6 gennaio 1961; (integrato dal discorso del settembre 1961 all’ONU e dai successivi), per l’altro verso, costituiscono, in certo senso, quasi la carta di navigazione che indica ai popoli di tutto il pianeta (con particolare riguardo alle generazioni nuove) le inevitabili nuove frontiere - frontiere bibliche, apocalittiche! - della storia presente e futura del mondo. Il testo della pergamena dice, dunque, così: “le generazioni nuove di tutti i popoli della terra convenute a Firenze alzano dalla terrazza di Palazzo Vecchio il loro sguardo pieno di speranza verso le nuove frontiere storiche del mondo - le frontiere della pace, dell’unità, della libertà, della elevazione spirituale e civile di tutte le genti - e si impegnano di attraversarle insieme e di costruire insieme la nuova, universale, pacificata e fraterna casa degli uomini”.

Il testo della pergamena è sormontato e come inquadrato da tre grandiose citazioni bibliche che proiettano tanta luce di speranza sulla storia del nostro tempo: - la prima indica le dimensioni mondiali, unitive della grande avventura storica e spirituale di Abramo, il comune patriarca di tutti i credenti: “Alza gli occhi, e, dal luogo ove sei, guarda a settentrione ed a mezzogiorno, ad oriente e ad occidente: la tua discendenza sarà come la polvere della terra: se potrà un uomo contare i granellini della polvere della terra, potrà anche contare i tuoi discendenti”; - la seconda riporta l’invito di Cristo ad alzare gli occhi per guardare in prospettiva la certa primavera di grazia cui è destinata la storia millenaria dei popoli: “Non dite voi: ancora quattro mesi e poi la mietitura? Ebbene, io vi dico: alzate gli occhi e mirate i campi che già biondeggiano per le messi”; - la terza ha riferimento alle generazioni nuove internamente sollecitate e decisamente avviate verso la nuova avventura di grazia e di pace cui Dio le chiama: “Questa è la generazione di quelli che lo cercano, che cercano il volto del Dio di Giacobbe”. Ecco, cari amici, il contenuto ed il significato del patto che voi firmerete e di cui questa pergamena sarà - nei tempi futuri - l’inconsumabile documento! [...] Il vostro congresso a noi pare abbia un duplice significato ed un duplice fine: 1) prendere piena consapevolezza delle sconfinate dimensioni della nuova epoca storica e delle inevitabili frontiere nuove verso le quali essa chiama le nuove generazioni dei popoli di tutto il mondo; 2) iniziare insieme - partendo, per così dire, da Firenze - questo cammino arduo, ascensionale, pieno di resistenze e di pericoli, che attraversa le frontiere nuove del mondo e conduce - come abbiamo detto - alla terra della pace, dell’unità, della libertà e della illuminazione spirituale e civile di tutte le genti. Ebbene, questi due punti hanno bisogno di una certa precisazione e di un certo chiarimento. Ed anzitutto, amici, io vi domando: è espressione retorica o è precisa e sperimentata verità storica, l’affermazione che la storia umana è entrata in un’epoca radicalmente nuova e di sconfinate dimensioni? Ditemi ancora (a prova di questa affermazione): è vero o no che siamo sul crinale apocalittico della storia del mondo? che, cioè, per effetto della scienza e della tecnica nucleare e spaziale, la guerra non è più fisicamente possibile (pena la distruzione fisica della terra!) e che, perciò, non c’è alternativa alla pace millenaria - biblica! - dei popoli? [...] O distruzione apocalittica della terra e del mondo o edificazione millenaria - apocalittica anch’essa (Ap 20, 2 ss.) - della pace: altra alternativa non c’è: “tertium non datur!” 

[...] Ecco, amici, la nuova fondamentale frontiera della storia nuova del mondo: la frontiera biblica, apocalittica, della pace! Ma questa frontiera è collegata organicamente ad altre frontiere parimenti nuove che bisogna, con decisa volontà politica, attraversare: le frontiere, cioè, della unità, della libertà e della illuminazione spirituale e civile di tutti i popoli e di tutte le nazioni della terra. Cosa significa amici, tutto ciò? Significa che i popoli e le nazioni di tutto il mondo costituiscono, ormai, ogni giorno più - a tutti i livelli - una unità indissociabile (anche se - come ogni vera unità - plurima e, perciò, riccamente articolata: “multitudo ordinata!”), significa che i problemi scientifici, tecnici, economici, sociali, politici, culturali e religiosi di ogni popolo sono problemi la cui soluzione interessa organicamente tutti gli altri popoli del globo! Tutti i muri sono spezzati: tutte le barriere sono infrante; tutti gli schemi mentali di divisione sono tolti; i confini dei popoli sono trasformati da muri che dividono in ponti che uniscono!

[…] Le generazioni nuove sono, appunto, come gli uccelli migratori: come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale - che indica loro la rotta e i porti! - verso la terra ove la primavera è in fiore! Così le generazioni nuove del tempo nostro: “haec est generatio quaerentium eum”. Sentono il tempo: sentono la stagione storica nuova del mondo; sono internamente mosse da un invincibile istinto vitale che Dio loro comunica e che fa loro scoprire ed attraversare le frontiere nuove e le introduce - come Israele! - nella terra promessa ove scorre il latte ed il miele: la terra della pace, dell’unità, della libertà e della elevazione spirituale e civile di tutte le genti. Se tutto ciò è vero - ed è vero! - che fare allora? La risposta appartiene ad uno degli scopi essenziali di questo congresso: iniziare, appunto, insieme, (partendo da Firenze) arditamente, questa strada in ascesa - ancora ripiena di tante pietre di inciampo, di tante resistenze e di tanti pericoli - per attraversare le frontiere nuove della storia e pervenire così, come si è detto, alla terra promessa della pace, della unità, della libertà, della elevazione ed illuminazione spirituale e civile di tutte le genti.

[...] A questa strada noi, nella Tavola Rotonda di Mosca dello scorso dicembre, abbiamo dato il nome biblico di “strada di Isaia”: perché? Ascoltate il testo biblico: esso vi darà la spiegazione! “E sarà negli estremi giorni il monte della casa del Signore preparato in cima ai monti, innalzato sopra i colli, e vi affluiranno tutte le genti. E popoli numerosi accorreranno dicendo: venite, saliamo al monte del Signore e alla casa del Dio di Giacobbe, e ci insegnerà le sue vie e cammineremo per i suoi sentieri; perché da Sion la legge uscirà e la parola del Signore, da Gerusalemme. E giudicherà le nazioni, e farà da moderatore tra le moltitudini dei popoli; e trasformeranno le loro spade in aratri e le loro lance in falci, e non brandirà più spada gente contro gente, e non si eserciteranno più oltre a far battaglia”. Come è bello! Quale luce profetica! É stato scritto tremila anni or sono e proietta vivissima luce sul destino storico presente e futuro del mondo. Strada di Isaia: cioè non solo strada del disarmo (e, perciò, della cessazione delle guerre e della genesi della pace universale) ma altresì strada della fioritura della civiltà: della conversione delle spese per gli armamenti che distruggono, in spese per aratri che seminano e per falci che mietono! [...] Cioè spese per la fioritura della terra e della civiltà!

[...] I popoli giovani, le generazioni giovani, in generale hanno un potenziale religioso che è di immenso valore creativo per la storia del mondo.

Dobbiamo mettere questo potenziale creativo - questa immensa forza vitale - a servizio dei nostri ideali: per trasformare il mondo e non solo per interpretarlo [...]. Pensate alla luce, alla speranza, ed alla gioia che si spargerà su tutto il mondo (ed in modo tanto marcato in quello dei popoli nuovi) quando questa pietra d’inciampo non farà più da ostacolo al nostro cammino e la luce vivificante di Dio potrà tornare ad irradiarsi - senza ostacoli e senza intolleranza - per elevarli, nella bellezza, nella cultura, nella civiltà, nella pace, su tutti i popoli e su tutte le genti. 

Cari amici, ecco dunque, il significato - visto nel contesto storico presente - di questo vostro convegno. Le generazioni nuove di tutti i popoli della terra, presa coscienza della nuova grande epoca in cui la Provvidenza ha introdotto la storia del mondo, si apprestano ad attraversarne, insieme, fraternamente, arditamente, le frontiere: a camminare insieme, cioè, lungo la strada biblica di Isaia.

E permettete, cari amici, che a chiusura di questo mio discorso - pensando alla storia fiorentina di questi ultimi dieci anni - io vi dica: quale catena di pace è stata in questi anni qui, in questo Salone dei Cinquecento, costruita, aggiungendo anello ad anello! [...] Possiamo ben dirlo: abbiamo visto - a Firenze - malgrado tutto, fiorire la speranza! “Spes contra spem!” L’Arno è davvero il fiume della pace e le sue rive sono fiorite (per riferirmi ad un proverbio recentemente citato dal signor Krusciov!). 

Cari amici, ecco, dunque, - come noi lo vediamo - il senso di questo convegno; il senso di questa cerimonia; il senso di questa pergamena! Si alza di nuovo, in questi giorni, sulla torre di Arnolfo, il vessillo fiorentino della pace “spes contra spem”: una torre alta che viene idealmente vista - in certo senso - da ogni angolo della terra. Questo vessillo annunzia di nuovo ai popoli di tutto il mondo, alle generazioni nuove di tutto il mondo, il messaggio fiorentino - cristiano ed umano - della pace. La famiglia umana - dice questo messaggio - vivrà in pace, in unità; sarà in progressiva crescita spirituale e civile; sarà come una famiglia di fratelli che vivono nella stessa casa (la terra), sotto la stessa volta (la comune civiltà), e sotto la luce vivificante della stessa lampada; la luce e la benedizione del comune Padre che è nei cieli!

Discorso pronunciato il 26 febbraio 1964 alla Conferenza Internazionale della Gioventù per la pace e il disarmo di Firenze (passim) [ Fonte: www.operalapira.it ]

Giorgio La Pira, (1904 – 1977), politico e accademico italiano

sabato 21 novembre 2020

Al di là di tutto ciò che è mutabile


Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell'aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l'ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole... chi l'ha creata, se non la bellezza immutabile?

[...] Per poter scoprire e riconoscere Dio, il creatore di tutto l'universo [...] hanno cercato cosí qualcosa di immutabile. E in questo modo sono giunti a riconoscere Dio.

Discorsi, 241, 2-3

Agostino di Ippona (354 – 430), vescovo, santo


giovedì 19 novembre 2020

Aforismi Denaro e ricchezza

L'uomo perde la salute per fare i soldi e poi perde i soldi per recuperare la salute. È così ansioso riguardo al futuro che dimentica di vivere il presente e il risultato è che non vive né il presente, né il futuro. Vive come se non dovesse morire mai e muore come se non avesse mai vissuto. (Dalai Lama)

L'uomo che ha sradicato da se stesso l'amore del denaro - radice di tutti i peccati - sarà libero dall'orgoglio, come dice il saggio Salomone: «La povertà mantiene l'uomo nell'umiltà» (Evagrio Pontico)

Maladetta sie tu, antica lupa (l'avarizia)
che piú che tutte l'altre bestie hai preda 
per la tua fame sanza fine cupa!
(Dante Alighieri, La Divina Commedia - Purgatorio, 20,10-12)

La sentenza di Gesù contro i ricchi, secondo cui «è più facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio», è stata evidentemente mutuata da Platone; Gesù ha alterato il detto platonico, in cui Platone afferma: «È impossibile per chi è eccezionalmente buono essere al contempo straordinariamente ricco». (Celso, Il discorso vero VI, 16)

Chi ha molto denaro non riuscirà, per questo, a comprarsi un posto in Paradiso, ma avrà molte probabilità di averne uno gratis all'Inferno. (Giuseppe Tobia)

Il denaro che si possiede è strumento di libertà; quello che si insegue è strumento di schiavitù. (Jean Jacques Rousseau, Le confessioni)

Con il denaro si possono avere tutti i beni che si possono commerciare, ma non i beni spirituali che non si possono vendere. Onde si dice nei Proverbi: «Che giova allo stolto avere ricchezze, dal momento che non può comprare la sapienza?» (San Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae)


Un uomo convinse i mortali a credere all'esistenza degli dei

Per Crizia, la divinità (gli dei, i demoni) è stata inventata dai governanti affinché gli uomini smettessero di infrangere le leggi di nascosto, convincendoli dell'esistenza di una forza soprannaturale in grado di osservarli in qualsiasi momento e in seguito giudicarli. La religione assume così le caratteristiche di uno strumento politico per controllare la sfera personale e più intima dell'uomola coscienza.  


Ci fu un tempo in cui la vita degli uomini non era governata da alcuna legge, e giaceva selvaggia e schiava della malvagità dell'animo, mentre nessun premio esisteva per i probi, né alcuna pena per gli empi. Mi sembra tuttavia che gli uomini abbiano inventato leggi adatte a creare degli obblighi, perché la giustizia esercitasse un ruolo da padrona ed avesse come sua schiava l'ingiustizia: si colpiva con una pena chi commetteva qualcosa di sbagliato, mentre le leggi impedivano che i delitti venissero perpetrati con la forza pubblicamente. Tuttavia gli uomini li commettevano di nascosto, allora un saggio dotato di straordinaria intelligenza – a mio avviso – finse per i mortali che esistessero gli dèi, perché negli empi si infondesse la paura, se solo avessero fatto, detto o finanche pensato qualcosa di nascosto. Così, il dio venne ritenuto un demone infiammato di vita immortale, intelligente, dotato di vista, dotato di pensiero, interessato in queste vicende e pervaso di una natura divina, che potesse ascoltare ogni parola pronunciata dai mortali ed osservarne ogni azione. In questo modo – penso – un uomo per primo convinse i mortali a credere all'esistenza del genere dei demoni.  

Sisifo, frammento 25

Crizia (460 - 403 a.C.), politico, scrittore e filosofo ateniese

domenica 15 novembre 2020

La nostra Patria Europa

In un’aula in cui solo qualche anno prima erano state approvate le sanzioni di guerra all'indomani del II conflitto mondiale, Alcide De Gasperi si rivolge ai parlamentari dei Paesi europei impegnati a elaborare un progetto comune auspicando che l'unione dei popoli europei nasca e si sviluppi da un progetto in grado di armonizzare differenti tendenze e con il contributo di tutte le forze democratiche che incarnano la tradizione politica, sociale e culturale del continente. Lo statista ricorda che il cristianesimo è all'origine della civiltà europea: un’eredità comune che riconosce come imprescindibile il ruolo centrale alla persona umana.


Signori presidenti, miei cari amici, permettetemi di richiamare la vostra attenzione sulla forma che abbiamo tentato di dare a questa nostra Conferenza. Voi sapete che il nostro obiettivo principale è di facilitare i lavori e di provocare l’incontro dei parlamentari delle nostre Assemblee.

Le nostre riunioni non sono destinate e prendere decisioni politiche che spettano ai Parlamentari, detentori delle sovranazionalità nazionali, ma sono liberi incontri, colloqui tra le varie tendenze e le varie nazionalità, un foro nel quale possono confrontarsi pareri diversi, ma tutti egualmente animati dalla preoccupazione del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa.

Tra i problemi che si pongono attualmente alle nostre coscienze, noi ne abbiamo scelti alcuni essenziali, e per trattare di ciascuno di essi abbiamo fatto appello a personalità, uomini politici o alti funzionari, la cui esperienza fosse considerevole. Le discussioni seguiranno i diversi rapporti. Ma la nostra Conferenza non voterà delle risoluzioni, non si dividerà in una maggioranza ed in una minoranza. Quali che siano le divergenze, che non cercheremo di dissimulare, le affinità profonde e le volontà comuni parleranno da sé.

Ciò premesso, circa il nostro programma, mi sia consentito di dirvi con quale animo io vengo tra voi. Dopo aver parlato al Congresso dell’Aia nell’ottobre scorso davanti ai rappresentanti dei paesi che si sono voluti chiamare la “Piccola Eu­ropa”, sono felice di poter ora levare lo sguardo verso più vasti orizzonti e di salutare qui i parlamentari di un’Europa formata dalla maggior parte dei paesi che si improntano alla sua civiltà e alla sua storia. Proprio in questa sala, io sono stato citato a comparire or non sono molti anni, per ascoltare le sensazioni della guerra. Oggi, noi ci riuniamo in piena fiducia per adoperarci all’unione dei nostri popoli.

Tutte le nazioni associate al Consiglio d’Europa sono rappresentate in questa Conferenza, nella quale vedo con soddisfazione la numerosa delegazione britannica, nella quale abbiamo anche il piacere e l’onore di accogliere degli emeriti parlamentari appartenenti a due paesi particolarmente cari europei: la Svizzera, culla della libertà e terreno di prova della democrazia, e la nuova repubblica austriaca, sentinella verso l’O­riente della civiltà occidentale.

Questa Assemblea Parlamentare, che non aveva finora mai raggiunto proporzioni così vaste e di tale genere, assume pertanto un significato ed un valore particolare; ma ci costringe a limitarne i compiti. Noi non discuteremo ad esempio di un argomento che, attualmente, costituisce uno dei più importanti che siano sottoposti alle decisioni sovrane di ogni Stato in particolare, vale a dire non parleremo della Comunità di Difesa.

Non, naturalmente, per misconoscenza capitale di questa struttura, nocciolo iniziale dell’integrazione desiderata, ma perché il soggetto ha oltrepassato il limite delle discussioni di carattere generale e si trova ormai già giudicato, o in procinto di esserlo, da parte dei Parlamenti nazionali.

È una questione in ogni modo che, per quanto possa essere considerata di massimo interesse europeo, non concerne direttamente o nella stessa misura tutti i paesi qui rappresentati.

Certo, le alleanze difensive e soprattutto gli armamenti che ne sono la conseguenza, costituiscono una dura necessità preliminare. Infatti, noi non possiamo erigere l’edificio della Comunità Europea se non abbiamo prima tracciato intorno al nostro suolo un bastione protettivo che ci permetta di intraprendere all’interno il lavoro costruttivo che esige tutti i nostri sforzi di paziente e lunga cooperazione.

Ma, appena saranno state prese le precauzioni necessarie al mantenimento della pace, bisogna riconoscere che la vera e solida garanzia della nostra unione consiste in una idea architettonica che sappia dominare dalla base alla cima, armonizzando le tendenze in una prospettiva di comunanza di vita pacifica ed evolutiva.

Io non credo che questo pensiero dominante possa essere imposto da una sola delle correnti di idee che ai giorni nostri si sono affermate nella civiltà europea come prodotti della sua evoluzione culturale, sociale e politica.

Mi pare che questa idea dominante non possa essere rappresentata dal solo concetto liberale sull’organizzazione e l’uso del potere politico. Questo concetto tuttavia, il quale presuppone le libertà essenziali alla base della vita pubblica, costituisce un elemento indispensabile all’elabora­zione di quelle linee architettoniche fondamentali per l’edificio che stiamo per costruire.

Né potrebbe bastare a questa costruzione la sola idea della solidarietà della classe operaia. Eppure questa solidarietà, superando col suo impulso internazionalista le frontiere degli Stati, potrebbe sembrare la meglio qualificata per frenare e reprimere gli eccessi dei nazionalismi, favorendo lo slargamento del mercato del lavoro e delle merci. In dati momenti storici, essa ha infatti agito in questo senso, ma talvolta anche in senso inverso.

Le cause di debolezza in questi casi sono diverse, e talune derivano precisamente dall’eccessiva limitazione dello spazio vitale della classe operaia. A causa di questa limitazione gli operai sono spinti a cercare la soluzione dei loro problemi nella lotta di classe all’interno dei rispettivi paesi; ed in questa lotta hanno, talvolta, perduto la coscienza di quella che è la caratteristica più importante del Movimento Europeo, cioè la coscienza della funzione eminente, non dello Stato o della collettività, ma dell’uomo e della persona umana.

Oggi una parte della classe operaia subisce la suggestione dello Stato e si trova per il momento in contrasto con l’ideale europeo, indebolendo il ruolo che potrebbe esercitare il movimento operaio in opposizione con le tendenze totalitarie del bolscevismo.

Né bisogna però sottovalutare il contributo che proprio dall’uma­nesimo che si trova all’origine del movimento socialista può essere portato alla formazione dell’unità morale dell’Europa. Se la solidarietà della classe operaia non è sufficiente a costituire da sola la base di quell’unità, la solidarietà di altri interessi industriali e agricoli, lo sarebbe ancor meno.

Certo, per l’unità europea lo slargamento del mercato comune è un argomento che offre la sua importanza, ma la libera concorrenza che ne sarebbe la conseguenza presenta anch’essa degli aspetti negativi che possono esser ridotti soltanto dalla forza di un sentimento o di un’idea capace di stimolare la coscienza e la volontà. Questo sentimento, quest’idea, appartengono al patrimonio culturale e spirituale della civiltà comune.

Se con Toynbee io affermo che all’origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo nell’apprezzamento della nostra storia. Soltanto voglio parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo colto del diritto ereditato degli antichi, col suo culto della bellezza affinatesi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria.

È vero che queste forze spirituali rimarrebbero inerti negli archivi e nei musei se l’idea cessasse di incarnarsi nella realtà viva di una libera democrazia che, ricorrendo alla ragione e all’esperienza, si dedichi alla ricerca della giustizia sociale; è vero anche che la macchina democratica e l’organizzazione spirituale e culturale girerebbero a vuoto se la struttura politica non aprisse le sue porte ai rappresentanti degli interessi generali e in primo luogo a quelli del lavoro.

Dunque, nessuna delle tendenze che prevalgono nell’una o l’altra zona della nostra civiltà può pretendere di trasformarsi da sola in idea dominante ed unica dell’architettura e della vitalità della nuova Europa, ma queste tre tendenze opposte debbono insieme contribuire a creare questa idea e ad alimentare il libero e progressivo sviluppo.

Ora sarà proprio questa nostra Assemblea che, nel corso dei prossimi dibattiti, si sforzerà di trovare i princìpi di una sintesi politica, sociale, economica e morale in base alla quale gli Stati sovrani possano decidere di edificare la casa comune.

Discorso pronunciato il 21 aprile 1954 alla Conferenza Parlamentare Europea di Parigi 

Alcide De Gasperi (1881 - 1954), politico e statista italiano

Lasciate che l'Europa sorga!


Vorrei parlarvi del dramma dell'Europa. Questo nobile continente, che comprende nel suo insieme le regioni più ricche e più favorite della terra, gode di un clima temperato ed uniforme ed è culla di tutte le grandi etnie del mondo occidentale. Qui è la fonte della fede cristiana e dell'etica cristiana. Qui è l'origine di gran parte delle culture, delle arti, della filosofia e della scienza, nell'antichità come nei tempi moderni. Se un giorno l'Europa si unisse per condividere questa eredità comune, allora tre o quattrocento milioni di persone godrebbero di felicità, prosperità e gloria in misura illimitata.

Tuttavia proprio in Europa è sorta quella serie di terribili conflitti nazionalistici, causati dalle Nazioni teutoniche nella loro aspirazione al potere, che in questo secolo ventesimo, e proprio durante la nostra generazione, abbiamo visto rovinare la pace e le speranze di tutta l'umanità.

E qual è la condizione in cui è stata ridotta l'Europa? Certo, alcuni piccoli Stati si sono ripresi veramente bene, ma in vaste regioni grandi masse tremanti di esseri umani tormentati, affamati, angosciati e confusi, guardano atterriti le rovine delle loro grandi città e delle loro case e scrutano il buio orizzonte nel timore di veder sorgere nuovi pericoli, una nuova tirannia o un nuovo terrore. Tra i vincitori, domina una babele di voci; tra i vinti il cupo silenzio della disperazione. A tutto questo sono arrivati gli europei, riuniti in così antichi Stati e Nazioni; a tutto questo sono arrivati i popoli germanici, sbranandosi a vicenda e spargendo rovina. Se la grande Repubblica al di là dell'Oceano Atlantico non si fosse infine resa conto che la distruzione o la riduzione in schiavitù dell'Europa avrebbe potuto coinvolgere anche il suo destino, e non ci avesse teso la mano in soccorso e guida, sarebbero tornate le poche buie in tutta la loro crudeltà ed il loro squallore. E, signori, possono ancora tornare. 

Eppure esiste un rimedio che, se fosse generalmente e spontaneamente adottato dalla grande maggioranza dei popoli in molti Paesi, come per miracolo potrebbe trasformare l'intera scena e rendere in pochi anni tutta l'Europa, o almeno la maggior parte di essa, libera e felice com'è oggi la Svizzera.

Qual è questo rimedio sovrano? Esso consiste nella ricostruzione della famiglia dei popoli europei, o in quanto più di essa possiamo ricostituire, e nel dotarla di una struttura che le permetta di vivere in pace, in sicurezza e in libertà. Dobbiamo creare una specie di Stati Uniti d'Europa. Solo in questo modo centinaia di milioni di lavoratori saranno in grado di riconquistare le semplici gioie e le speranze che rendono la vita degna di essere vissuta. Il procedimento è semplice. Tutto ciò che occorre è che centinaia di milioni di uomini e donne decidano di fare il bene invece del male e di meritare come ricompensa di essere benedetti invece che maledetti.

Molto lavoro, signore e signori, è già stato fatto a tale scopo mediante gli sforzi dell'Unione paneuropea, che tanto deve al conte Coudenhoven-Kalergi e che orientò l'operato del famoso patriota e statista francese Aristide Liriand. Vi è anche questo immenso complesso di principi e procedure, che è stato creato tra grandi speranze dopo la Prima guerra mondiale, intendo dire, la Società delle Nazioni. La Società delle Nazioni non è fallita a causa dei suoi principi o delle sue concezioni. Essa è fallita perché gli Stati che l'avevano fondata hanno abbandonato i suoi principi. É fallita perché i governi di allora temevano di guardare in faccia la verità e di agire finché erano in tempo. Quel disastro non deve ripetersi. Vi sono quindi a disposizione molta conoscenza e lavoro preparatorio su cui ricostruire; ed anche dolorose esperienze pagate a caro prezzo per motivare i costruttori.

Sono stato molto felice di leggere due giorni fa nei giornali, che il mio amico presidente Truman ha espresso il suo interesse e la sua simpatia per questo grande progetto. Non esiste alcuna ragione per la quale un'organizzazione regionale europea debba in qualche modo entrare in conflitto con l'organizzazione mondiale delle Nazioni Unite. Al contrario, io credo che questa più ampia sintesi di Nazioni può sopravvivere solo se si fonda su omogenei raggruppamenti naturali. Nell'emisfero occidentale esiste già un raggruppamento naturale. Noi britannici abbiamo il nostro Commonwealth di Nazioni, che non indebolisce l'organizzazione mondiale, ma al contrario la rafforza. Infatti, ne costituisce il principale sostegno. E perché non dovrebbe esistere un raggruppamento europeo, che potrebbe dare un senso di più ampio patriottismo e di cittadinanza comune ai popoli smarriti di questo inquieto e potente continente? E perché non dovrebbe occupare il posto che gli spetta tra gli altri grandi raggruppamenti, e contribuire a modellare i futuri destini dell'umanità. Affinché ciò possa compiersi, occorre un atto di fede al quale milioni di famiglie, parlanti lingue diverse, devono consapevolmente associarsi.

Noi tutti sappiamo che le due guerre mondiali che abbiamo vissuto, sono scaturite dalla vana passione di una Germania appena unificata di svolgere un ruolo dominante nel mondo. In questo ultimo combattimento sono stati commessi crimini e massacri, che non hanno paralleli sin dall'invasione dei Mongoli nel XIV secolo e non hanno uguali in alcuna epoca della storia umana. La Germania dev'essere privata della capacità di riarmarsi e di scatenare un'altra guerra d'aggressione. Ma quando tutto questo sarà stato fatto, come verrà fatto, come si sta già facendo, bisogna finirla con la legge del taglione. Bisogna che vi sia quello che Gladstone, diversi anni fa, chiamava "un atto salutare di dimenticanza". Dobbiamo tutti voltare le spalle agli orrori del passato. Dobbiamo guardare al futuro. Non possiamo permetterci di trascinare per gli anni a venire gli odi e le vendette nate dalle ferite del passato. Se l'Europa dev’essere salvata da una miseria senza fine e, in definitiva, dalla rovina finale, bisogna che vi sia questo atto di fede nella famiglia europea e questo atto di oblio verso tutti i crimini e le follie del passato.

Possono i popoli liberi d'Europa elevarsi a livello di questa disposizione dell'animo e dell'istinto dello spirito umano? Se lo possono, i torti e le ferite che sono stati inflitti verranno cancellati da tutte le parti con le privazioni sopportate. Vi è ancora bisogno di altri fiumi di sofferenze? L'incorreggibilità umana è la sola lezione della Storia? Che regni la giustizia, la pietà e la libertà! I popoli devono solo volerlo, e tutti realizzeranno il loro desiderio più caro.

Vi dirò ora qualcosa che vi sorprenderà. II primo passo verso la ricostruzione della famiglia europea dev'essere un'alleanza fra la Francia e la Germania. Solo così la Francia potrà recuperare il suo  ruolo dì guida morale e culturale dell'Europa. Non vi può essere rinascita dell'Europa senza una Francia spiritualmente grande e senza una Germania spiritualmente grande. La struttura degli Stati Uniti d'Europa, se costruita bene e con lealtà, sarà tale da rendere meno importante la forza materiale di un singolo Stato. Le Nazioni piccole conteranno come le grandi e verranno considerate per il loro contributo alla causa comune. I vecchi Stati e principati della Germania, riuniti liberamente per reciproca convenienza in un sistema federale, potranno prendere i loro posti individuali in seno agli Stati Uniti d'Europa. Non tenterò di fare un programma dettagliato per centinaia di milioni di uomini che vogliono essere felici e liberi, prosperi e sicuri, e che vorrebbero godere delle quattro libertà di cui ha parlato il grande presidente Roosevelt, e vivere secondo i principi ancorati nella Carta Atlantica. Se tale è il loro desiderio, se tale è il desiderio degli europei di così tanti Paesi, devono soltanto dirlo, e si troverà certamente il mezzo e verranno create le istituzioni per portare questo desiderio alla sua piena realizzazione.

Ma devo avvertirvi. Forse rimane poco tempo. In questo momento godiamo di un periodo di tregua. I cannoni hanno smesso di sparare. I combattimenti sono cessati; ma non sono cessati i pericoli. Se dobbiamo costruire gli Stati Uniti d'Europa, non importa sotto quale nome, dobbiamo cominciare adesso. Attualmente viviamo abbastanza stranamente e in modo precario sotto lo scudo e vorrei persino dire la protezione della bomba atomica. Finora la bomba atomica si trova solo nelle mani di uno Stato, di una Nazione che sappiamo non la userà mai, se non per difendere il diritto e la libertà. Ma può darsi che tra qualche anno questo orribile ordigno di distruzione sarà largamente diffuso e la catastrofe che seguirebbe al suo impiego da parte di diversi paesi in guerra non solo metterebbe fine a tutto quello che noi chiamiamo civiltà, ma potrebbe persino disintegrare lo stesso globo terrestre.

Bisogna ora che vi riassuma le proposte che avete davanti. Il nostro fine costante deve essere di creare e rafforzare l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Sotto la direzione e nel quadro di questa organizzazione mondiale, dobbiamo ricreare la famiglia europea in una struttura che potrebbe chiamarsi Stati Uniti d'Europa. Ed il primo passo concreto sarà quello di costituire un Consiglio d'Europa. Se da principio non tutti gli Stati d'Europa vogliono o sono in grado di far parte dell'Unione, dobbiamo ciò nonostante continuare a riunire e ad organizzare quelli che vogliono e quelli che possono. Il mezzo per risparmiare agli uomini di ogni razza e di ogni paese la guerra e la schiavitù, deve poggiare su solide basi ed essere assicurato dalla disponibilità di tutti gli uomini e di tutte le donne a morire piuttosto che sottomettersi alla tirannia. E Francia e Germania devono prendere insieme la guida di questo urgente lavoro. La Gran Bretagna, il Commonwealth britannico, la potente America e, spero, la Russia Sovietica - perché allora tutto andrebbe bene - devono essere amici e sostenitori della nuova Europa e devono difendere il suo diritto a vivere e a risplendere.

Perciò vi dico: lasciate che l'Europa sorga! 

Discorso tenuto 19 settembre 1946 all'Università di Zurigo 

Winston Churchill (1874 - 1965), politico, storico, giornalista e militare britannico

venerdì 6 novembre 2020

La gara dei ranocchi

 C'era una volta una gara di... ranocchi.

L'obiettivo era arrivare in cima a una grande torre. Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro e cominciò la gara.

In realtà, la gente probabilmente non credeva possibile che i ranocchi raggiungessero la cima e tutto quello che si ascoltava erano frasi tipo: "Che pena! Non ce la faranno mai!"

I ranocchi cominciarono a desistere, tranne uno che continuava a cercare di raggiungere la cima. La gente continuava: "Non ce la faranno mai!"

Man mano i ranocchi si davano per vinti tranne il solito ranocchio testardo che continuava ad insistere. Alla fine, tutti desistettero tranne quel ranocchio che, solo e con  grande sforzo, raggiunse alla fine la cima.

Gli altri volevano sapere come avesse fatto. Uno degli altri ranocchi si avvicinò per chiedergli come avesse fatto a concludere la prova. Fu così che scoprirono che ...era sordo!


A volte capita di incontrare persone che hanno una visione limitante e pessimistica della realtà: esse non fanno altro che dissuadere e scoraggiare chi tenta di far qualcosa di nuovo o di diverso dal solito. É meglio non ascoltarle: siamo sempre sordi quando qualcuno ci dice che non possiamo realizzare i nostri progetti e i nostri sogni!



martedì 3 novembre 2020

Dio è la certezza che l'amore esiste

David: Dio è la certezza che l'amore esiste come cosa concreta in questo mondo di uomini. Intendi un amore particolare, non è vero?

Minus: Ogni genere d'amore: il più elevato e il più infimo, il più oscuro e il più splendido. Ogni specie d'amore.

David: Anche il desiderio d'amore?

Minus: Il desiderio e la repulsione, miscredenza e fede.

David: L'amore è una dimostrazione di Dio?

Minus: Non so se l'amore dimostri l'esistenza di Dio oppure se l'amore sia Dio stesso.

David: Per te amore e Dio sono la stessa cosa, allora?

Minus: Questo pensiero è il solo conforto alla mia miseria e alla mia disperazione. Di colpo la miseria è diventata ricchezza e la disperazione speranza. È come essere graziati in punto di morte.

Come in uno specchio (Säsom i en spegel), film drammatico (Svezia, 1961)

Ingmar Bergman (1918 - 2007), regista, sceneggiatore, drammaturgo, scrittore e produttore cinematografico svedese