venerdì 27 gennaio 2023

Yossl Rakover si rivolge a Dio


Credo nel Dio di Israele, anche se ha fatto di tutto perché non credessi in lui. 
Credo nelle sue leggi, anche se non posso giustificare i suoi atti. Il mio rapporto con lui non è più quello di uno servo di fronte al suo padrone, ma di un discepolo verso il suo maestro. 
Chino la testa dinanzi alla sua grandezza, ma non bacerò la verga con cui mi percuote. 
Io lo amo, ma amo di più la sua Legge, e continuerei a osservarla anche se perdessi la mia fiducia in lui. Dio significa religione, ma la sua Legge rappresenta un modello di vita, e quanto più moriamo in nome di quel modello di vita, tanto più esso diventa immortale.

Perciò concedimi, Dio, prima di morire, ora che in me non vi è traccia di paura e la mia condizione è di assoluta calma interiore e sicurezza, di chiederTi ragione, per l’ultima volta nella vita.
Tu dici che abbiamo peccato? Di certo è così. Che perciò veniamo puniti? Posso capire anche questo. Voglio però sapere da Te: esiste al mondo una colpa che meriti un castigo come quello che ci è stato inflitto? […]
Tu dici che ora non si tratta di colpa e punizione, ma che hai nascosto il Tuo volto, abbandonando gli uomini ai loro istinti? Ti voglio chiedere, Dio, e questa domanda brucia dentro di me come un fuoco divorante: che cosa ancora, sì, che cosa ancora deve accadere perché Tu mostri nuovamente il Tuo volto al mondo? […]

Il sole tramonta e io Ti ringrazio, Dio, perché non lo vedrò più sorgere. Dei raggi rossi piovono dalla finestra: il pezzetto di cielo che io posso vedere è fiammeggiante e fluido come un flusso di sangue. Tra un’ora al massimo sarò con la mia famiglia, e con milioni di altri uccisi del mio popolo, in quel mondo migliore in cui non vi sono più dubbi e Dio è l’unico pietoso sovrano. Muoio tranquillo, ma non appagato, colpito, ma non asservito, amareggiato, ma non deluso, credente, ma non supplice, colmo d’amore per Dio, ma senza rispondergli ciecamente “Amen”.
Ho seguito Dio anche quando mi ha respinto. Ho adempiuto il suo comando anche quando, per premiare la mia osservanza, Egli mi colpiva. Io L’ho amato, Lo amavo e Lo amo ancora, anche se mi ha abbassato fino a terra, mi ha torturato fino alla morte, mi ha ridotto alla vergogna e alla derisione. [...] 

Tu puoi torturarmi fino alla morte, io crederò sempre in Te; Ti amerò sempre, anche se non vuoi. E queste sono le mie ultime parole, mio Dio di collera: Tu non riuscirai a far si che io Ti rinneghi. Tu hai tentato di tutto per farmi cadere nel dubbio, ma io muoio come ho vissuto: in una fede incrollabile in Te. Lodato sia il Dio dei morti, il Dio della vendetta, il Dio della verità e della fede, che presto mostrerà nuovamente il Suo volto al mondo e ne farà tremare le fondamenta con la Sua voce onnipotente.

Shema’ Jsrael, Adonaj Elohenu, Adonaj echad. 
Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. (Deutonomio 6,4)
Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito. (Salmo 31,6)


Yossl Rakover si rivolge a Dio, Ed. Adelphi, Milano 1997, pp. 23-24 e 27-29.

Zvi Kolitz (1912 – 2002), scrittore lituano

Il libro, pubblicato per la prima volta nel 1946 come l'ultimo messaggio scritto da un combattente del ghetto di Varsavia mentre il cerchio della morte si stringeva, minuto dopo minuto, intorno a lui, fu definito da Emmanuel Lévinas, che ne scrive la postfazione, un «salmo moderno» nel quale «tutti noi superstiti riconosciamo con sbalordito turbamento la nostra vita».

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