domenica 22 novembre 2020

Tutti chiamati a costruire la pace

Intervenendo alla Conferenza Internazionale della Gioventù per la Pace e il Disarmo tenutasi a Firenze nel 1964, Giorgio La Pira, allora sindaco di Firenze, richiama tutti, in particolare le giovani generazioni, all'impegno a costruire ponti di pace. È un discorso che risuona in un frangente storico, nel pieno della “Guerra fredda”, in cui toccare questi temi significava porsi più su un versante idealista, se non utopico, che pervaso di fiducioso ottimismo e ragionevole speranza. La storia ha dato ragione a La Pira e nello stesso tempo rende le sue parole e la sua visione storica “profetica” e perennemente attuale.

Cari amici,
permettete che dopo avervi dato il benvenuto più cordiale di Firenze - che è felice di aprire a voi, con tanta viva ed augurale amicizia, tutte le sue porte! - io vi comunichi le riflessioni che questo convegno internazionale giovanile sul disarmo e sulla pace ha in me suscitate. Che significato ha - mi sono chiesto - questo convegno? Come si situa nel contesto prospettico della storia presente del mondo? E quale specifica significazione ad esso dà la scelta di Firenze? La risposta a questa domanda il sindaco di Firenze la ha sinteticamente racchiusa nel testo della pergamena che al termine di questo convegno voi avrete la cortesia di firmare: una pergamena che costituirà, in certo senso, come il documento di un grande patto che le generazioni nuove di tutti i popoli della terra - idealmente presenti, attraverso di voi, a Firenze - stringono fra di loro per iniziare insieme da amici, anzi da fratelli, un lungo comune cammino: il cammino, ancora pieno di tante difficoltà e di tanti pericoli, verso le frontiere nuove del mondo! Le frontiere nuove ed inevitabili, cioè, della pace, dell’unità, della libertà e della elevazione ed illuminazione spirituale e civile di tutte le genti. Quelle frontiere nuove che ai popoli di tutto il mondo furono indicate - con tanta chiarezza, con tanta decisione e con tanto amore (in una provvidenziale coincidenza di tempi) - dalle due cattedre più elevate della terra: dalla cattedra religiosa e spirituale di Giovanni XXIII (la cattedra di Pietro!); e dalla cattedra politica e civile di John Kennedy. La Pacem in terris di Giovanni XXIII, per un verso, ed il discorso di investitura di Kennedy del 6 gennaio 1961; (integrato dal discorso del settembre 1961 all’ONU e dai successivi), per l’altro verso, costituiscono, in certo senso, quasi la carta di navigazione che indica ai popoli di tutto il pianeta (con particolare riguardo alle generazioni nuove) le inevitabili nuove frontiere - frontiere bibliche, apocalittiche! - della storia presente e futura del mondo. Il testo della pergamena dice, dunque, così: “le generazioni nuove di tutti i popoli della terra convenute a Firenze alzano dalla terrazza di Palazzo Vecchio il loro sguardo pieno di speranza verso le nuove frontiere storiche del mondo - le frontiere della pace, dell’unità, della libertà, della elevazione spirituale e civile di tutte le genti - e si impegnano di attraversarle insieme e di costruire insieme la nuova, universale, pacificata e fraterna casa degli uomini”.

Il testo della pergamena è sormontato e come inquadrato da tre grandiose citazioni bibliche che proiettano tanta luce di speranza sulla storia del nostro tempo: - la prima indica le dimensioni mondiali, unitive della grande avventura storica e spirituale di Abramo, il comune patriarca di tutti i credenti: “Alza gli occhi, e, dal luogo ove sei, guarda a settentrione ed a mezzogiorno, ad oriente e ad occidente: la tua discendenza sarà come la polvere della terra: se potrà un uomo contare i granellini della polvere della terra, potrà anche contare i tuoi discendenti”; - la seconda riporta l’invito di Cristo ad alzare gli occhi per guardare in prospettiva la certa primavera di grazia cui è destinata la storia millenaria dei popoli: “Non dite voi: ancora quattro mesi e poi la mietitura? Ebbene, io vi dico: alzate gli occhi e mirate i campi che già biondeggiano per le messi”; - la terza ha riferimento alle generazioni nuove internamente sollecitate e decisamente avviate verso la nuova avventura di grazia e di pace cui Dio le chiama: “Questa è la generazione di quelli che lo cercano, che cercano il volto del Dio di Giacobbe”. Ecco, cari amici, il contenuto ed il significato del patto che voi firmerete e di cui questa pergamena sarà - nei tempi futuri - l’inconsumabile documento! [...] Il vostro congresso a noi pare abbia un duplice significato ed un duplice fine: 1) prendere piena consapevolezza delle sconfinate dimensioni della nuova epoca storica e delle inevitabili frontiere nuove verso le quali essa chiama le nuove generazioni dei popoli di tutto il mondo; 2) iniziare insieme - partendo, per così dire, da Firenze - questo cammino arduo, ascensionale, pieno di resistenze e di pericoli, che attraversa le frontiere nuove del mondo e conduce - come abbiamo detto - alla terra della pace, dell’unità, della libertà e della illuminazione spirituale e civile di tutte le genti. Ebbene, questi due punti hanno bisogno di una certa precisazione e di un certo chiarimento. Ed anzitutto, amici, io vi domando: è espressione retorica o è precisa e sperimentata verità storica, l’affermazione che la storia umana è entrata in un’epoca radicalmente nuova e di sconfinate dimensioni? Ditemi ancora (a prova di questa affermazione): è vero o no che siamo sul crinale apocalittico della storia del mondo? che, cioè, per effetto della scienza e della tecnica nucleare e spaziale, la guerra non è più fisicamente possibile (pena la distruzione fisica della terra!) e che, perciò, non c’è alternativa alla pace millenaria - biblica! - dei popoli? [...] O distruzione apocalittica della terra e del mondo o edificazione millenaria - apocalittica anch’essa (Ap 20, 2 ss.) - della pace: altra alternativa non c’è: “tertium non datur!” 

[...] Ecco, amici, la nuova fondamentale frontiera della storia nuova del mondo: la frontiera biblica, apocalittica, della pace! Ma questa frontiera è collegata organicamente ad altre frontiere parimenti nuove che bisogna, con decisa volontà politica, attraversare: le frontiere, cioè, della unità, della libertà e della illuminazione spirituale e civile di tutti i popoli e di tutte le nazioni della terra. Cosa significa amici, tutto ciò? Significa che i popoli e le nazioni di tutto il mondo costituiscono, ormai, ogni giorno più - a tutti i livelli - una unità indissociabile (anche se - come ogni vera unità - plurima e, perciò, riccamente articolata: “multitudo ordinata!”), significa che i problemi scientifici, tecnici, economici, sociali, politici, culturali e religiosi di ogni popolo sono problemi la cui soluzione interessa organicamente tutti gli altri popoli del globo! Tutti i muri sono spezzati: tutte le barriere sono infrante; tutti gli schemi mentali di divisione sono tolti; i confini dei popoli sono trasformati da muri che dividono in ponti che uniscono!

[…] Le generazioni nuove sono, appunto, come gli uccelli migratori: come le rondini: sentono il tempo, sentono la stagione: quando viene la primavera essi si muovono ordinatamente, sospinti da un invincibile istinto vitale - che indica loro la rotta e i porti! - verso la terra ove la primavera è in fiore! Così le generazioni nuove del tempo nostro: “haec est generatio quaerentium eum”. Sentono il tempo: sentono la stagione storica nuova del mondo; sono internamente mosse da un invincibile istinto vitale che Dio loro comunica e che fa loro scoprire ed attraversare le frontiere nuove e le introduce - come Israele! - nella terra promessa ove scorre il latte ed il miele: la terra della pace, dell’unità, della libertà e della elevazione spirituale e civile di tutte le genti. Se tutto ciò è vero - ed è vero! - che fare allora? La risposta appartiene ad uno degli scopi essenziali di questo congresso: iniziare, appunto, insieme, (partendo da Firenze) arditamente, questa strada in ascesa - ancora ripiena di tante pietre di inciampo, di tante resistenze e di tanti pericoli - per attraversare le frontiere nuove della storia e pervenire così, come si è detto, alla terra promessa della pace, della unità, della libertà, della elevazione ed illuminazione spirituale e civile di tutte le genti.

[...] A questa strada noi, nella Tavola Rotonda di Mosca dello scorso dicembre, abbiamo dato il nome biblico di “strada di Isaia”: perché? Ascoltate il testo biblico: esso vi darà la spiegazione! “E sarà negli estremi giorni il monte della casa del Signore preparato in cima ai monti, innalzato sopra i colli, e vi affluiranno tutte le genti. E popoli numerosi accorreranno dicendo: venite, saliamo al monte del Signore e alla casa del Dio di Giacobbe, e ci insegnerà le sue vie e cammineremo per i suoi sentieri; perché da Sion la legge uscirà e la parola del Signore, da Gerusalemme. E giudicherà le nazioni, e farà da moderatore tra le moltitudini dei popoli; e trasformeranno le loro spade in aratri e le loro lance in falci, e non brandirà più spada gente contro gente, e non si eserciteranno più oltre a far battaglia”. Come è bello! Quale luce profetica! É stato scritto tremila anni or sono e proietta vivissima luce sul destino storico presente e futuro del mondo. Strada di Isaia: cioè non solo strada del disarmo (e, perciò, della cessazione delle guerre e della genesi della pace universale) ma altresì strada della fioritura della civiltà: della conversione delle spese per gli armamenti che distruggono, in spese per aratri che seminano e per falci che mietono! [...] Cioè spese per la fioritura della terra e della civiltà!

[...] I popoli giovani, le generazioni giovani, in generale hanno un potenziale religioso che è di immenso valore creativo per la storia del mondo.

Dobbiamo mettere questo potenziale creativo - questa immensa forza vitale - a servizio dei nostri ideali: per trasformare il mondo e non solo per interpretarlo [...]. Pensate alla luce, alla speranza, ed alla gioia che si spargerà su tutto il mondo (ed in modo tanto marcato in quello dei popoli nuovi) quando questa pietra d’inciampo non farà più da ostacolo al nostro cammino e la luce vivificante di Dio potrà tornare ad irradiarsi - senza ostacoli e senza intolleranza - per elevarli, nella bellezza, nella cultura, nella civiltà, nella pace, su tutti i popoli e su tutte le genti. 

Cari amici, ecco dunque, il significato - visto nel contesto storico presente - di questo vostro convegno. Le generazioni nuove di tutti i popoli della terra, presa coscienza della nuova grande epoca in cui la Provvidenza ha introdotto la storia del mondo, si apprestano ad attraversarne, insieme, fraternamente, arditamente, le frontiere: a camminare insieme, cioè, lungo la strada biblica di Isaia.

E permettete, cari amici, che a chiusura di questo mio discorso - pensando alla storia fiorentina di questi ultimi dieci anni - io vi dica: quale catena di pace è stata in questi anni qui, in questo Salone dei Cinquecento, costruita, aggiungendo anello ad anello! [...] Possiamo ben dirlo: abbiamo visto - a Firenze - malgrado tutto, fiorire la speranza! “Spes contra spem!” L’Arno è davvero il fiume della pace e le sue rive sono fiorite (per riferirmi ad un proverbio recentemente citato dal signor Krusciov!). 

Cari amici, ecco, dunque, - come noi lo vediamo - il senso di questo convegno; il senso di questa cerimonia; il senso di questa pergamena! Si alza di nuovo, in questi giorni, sulla torre di Arnolfo, il vessillo fiorentino della pace “spes contra spem”: una torre alta che viene idealmente vista - in certo senso - da ogni angolo della terra. Questo vessillo annunzia di nuovo ai popoli di tutto il mondo, alle generazioni nuove di tutto il mondo, il messaggio fiorentino - cristiano ed umano - della pace. La famiglia umana - dice questo messaggio - vivrà in pace, in unità; sarà in progressiva crescita spirituale e civile; sarà come una famiglia di fratelli che vivono nella stessa casa (la terra), sotto la stessa volta (la comune civiltà), e sotto la luce vivificante della stessa lampada; la luce e la benedizione del comune Padre che è nei cieli!

Discorso pronunciato il 26 febbraio 1964 alla Conferenza Internazionale della Gioventù per la pace e il disarmo di Firenze (passim) [ Fonte: www.operalapira.it ]

Giorgio La Pira, (1904 – 1977), politico e accademico italiano

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