domenica 25 dicembre 2022

Il Figlio dell'Altissimo


Era nato il “Figlio dell'Altissimo”. Giuseppe mi guardava, non era figlio suo... ma era figlio suo! Il Signore Dio aveva scelto me come madre del figlio dell'Altissimo, ma aveva scelto anche lui come padre del Figlio dell'Altissimo. Giuseppe pianse, pianse per la gioia di quel figlio, pianse per me. Adesso comprendevo le parole di Elisabetta: “...e beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Capivo anche le mie stesse parole che qualche tempo prima mi erano sgorgate dalla bocca come un fiume in piena: “D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome”. Il bambino era nato, Gesù, “Dio-salva”, questo sarebbe stato il suo nome. È l'Emmanuele, l’Altissimo, fra noi. Presi il bambino, lo pulii e lo tenni stretto sul mio seno. Stavo accudendo il Figlio dell'Altissimo! Non riuscivo a pensare ad altro... com'era possibile? Ma era lì, con me, fra le mie braccia! Poi lo avvolsi in alcune fasce che mi aveva portato quella buona donna e lo poggiai in quella che sembrava una mangiatoia, al caldo. Non volevo lasciarlo, come facevo a non tenere su di me il Figlio dell'Altissimo? Quel tenero fagottino? Ma quella “mangiatoia” Giuseppe l'aveva sistemata bene, in modo che il bambino stesse più caldo. Era sera, ma fuori c'era ancora molta luce, argentea. La luna splendeva alta nel cielo, ma la luce non era solo la sua. Dalla finestrella, in lontananza si vedeva una stella molto brillante, era la stella che vedevamo in cielo da giorni, sembrava quasi che avesse seguito me e Giuseppe.
All'improvviso sentimmo bussare alla porta, semplici assi che chiudevano l'uscio di quella piccola stanza.Entrarono dei pastori: man mano che entravano si guardavano tra di loro, si facevano dei segni con gli occhi, come se riconoscessero qualcuno. Si guardarono intorno poi, timorosi, si addossarono lungo le pareti della grotta, erano un po' spaventati anche perché erano dei pastori, un lavoro che era disprezzato dalle autorità giudaiche, ma nessuno di noi li fermò: videro la mangiatoia e un fagottino dentro, e si diressero lì, capirono che il bambino era stato deposto lì. “Chi vi ha parlato di noi? Perché siete venuti qui da noi e vi siete diretti proprio verso il bambino?” chiese Giuseppe preoccupato e stupito alla vista di quei pastori. È vero, lui era originario di Betlemme, ma non aveva riconosciuto nessuno di quei pastori venuti lì. Giuseppe era andato via da Betlemme quando era ragazzo.
Anche prima, girando per le stradine del villaggio in cerca di un alloggio, Giuseppe non aveva incontrato persone che lo conoscevano. Non capiva il significato di quella visita. Un pastore, quello che sembrava il più anziano, si fece avanti e gli disse di non preoccuparci. Ci raccontò che tutti loro stavano vegliando per fare la guardia al loro gregge. Erano intenti a confabulare tra loro per tenersi sveglie, all'improvviso avevano visto uno che aveva addosso una luce particolare. Si erano spaventati per questa presenza strana. Quel messaggero gli aveva detto che era lì per annunciare una grande gioia, riguardava loro e tutto il popolo: “Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore”, questo ci ha detto. Poi ha continuato: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Il pastore continuò: “Prima, qualcuno di noi ha notato del trambusto qui vicino, abbiamo pensato che è questo il posto giusto qui; siamo venuti per vedere questo bambino. Siamo persone semplice, ma come tutto il nostro popolo, stiamo aspettando il Messia. Quel messaggero ha parlato in modo strano, ha parlato di Messia”. “Gesù, si chiama Gesù il nostro bambino. Gesù figlio di Giuseppe, Yeshùa bar Yosef” disse Giuseppe, con orgoglio, scoprendo un poco il bambino affinché i pastori lo potessero vedere meglio.

 "Non temere, Maria..." Romanzo storico (2020), p. 46 - 49

Claudio Penna, insegnante, autore e scrittore italiano 


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